fumettisti Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 19 Feb 2021 13:09:33 +0000 it-IT hourly 1 Paperino: breve storia https://cultura.biografieonline.it/paperino/ https://cultura.biografieonline.it/paperino/#comments Mon, 01 Jun 2015 09:39:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14339 Paolino Paperino (il cui nome originale americano è Donald Duck) è uno dei personaggi dei fumetti più amati al mondo. È un simpatico papero vestito con una blusa dal fiocco rosso e il berretto da marinaio, con le zampe gialle e lo sguardo vispo. È il protagonista di fortunati fumetti, racconti e film della Disney, entrato ormai nell’immaginario collettivo come personaggio simpatico, sfortunato e fannullone ma sempre pronto a lanciarsi in nuove avventure.

Paperino
Paperino

La storia di Paperino narra che sarebbe figlio della sorella di Paperon de’ Paperoni, chiamata Ortensia de’ Paperoni, e di Quackmore Duck, figlio di Nonna Papera. Ha una sorella gemella, Della Duck, che è la madre di Qui, Quo e Qua, i tre nipotini che Paperino cresce e che vivono insieme a lui.

Paperino è un antieroe, incarna il classico uomo moderno, pieno di nevrosi, alla perenne ricerca del lavoro che possa cambiare la sua vita, con molti problemi non solo economici. La differenza con Topolino, sempre in gamba e in linea in tutti in contesti, è proprio questa: essere sempre fuori luogo. È questa la sua caratteristica più evidente che attira maggiormente le simpatie del pubblico.

La nascita di Paperino

Il personaggio di Paperino esordì per la prima volta con Wilfred Jackson, direttore di molti cortometraggi di Topolino, come vicepresidente del Circolo dei Pigri in un corto incentrato proprio sul tema della pigrizia.

L’esordio sulla carta stampata avvenne nel 1934 grazie ad Al Taliaferro che iniziò a disegnare le daily strip americane (strisce a fumetto pubblicate sui quotidiani). Da quel momento il successo fu inarrestabile: Taliaferro continuò a disegnare giornalmente le avventure del papero più famoso del mondo fino al 1969. La prima storia settimanale, con i testi di Ted Osborne, era intitolata I due fannulloni e ottenne moltissimo successo diventando anche un film.

La prima apparizione nei cartoni animati risale al 9 giugno 1934, con “La gallinella saggia” (The wise little hen).

Il Paperino americano ha però alcune caratteristiche differenti da quello nostrano: si tratta sempre di un papero molto sfortunato ma in questo caso è anche un grande scansafatiche e fannullone, in linea con il clima dell’economia di guerra del tempo. Venne anche utilizzato per la propaganda anti nazista.

Nel 1935 debuttò sul giornale dedicato a Topolino, grazie al disegnatore Floyd Gottfredson. Egli li utilizzò prima in coppia, con Paperino in veste di spalla di Topolino, e poi in trio con Pippo. Paperino ottenne però un così grande successo che il disegnatore decise di separare i due personaggi creando storie diverse, che vengono riunite tutt’oggi solo in occasioni di festività, come il Natale.

Le strisce di Taliaferro divennero conosciutissime al punto che la Disney decise di creare delle tavole domenicali apposite, nelle quali fecero la comparsa per la prima volta nel 1937 i nipotini Qui, Quo e Qua, il cugino mangione Ciccio, la fidanzata Paperina, il professor Pico de Paperis e la celebre Nonna Papera.

Il successo degli anni Sessanta

Il vero successo di Paperino lo dobbiamo ad un altro disegnatore: Carl Barks, detto anche l’uomo dei paperi. Egli si occupò quasi esclusivamente di questo personaggio, diventando il creatore di Paperopoli.

Carl Barks
Carl Barks, “sindaco” di Paperopoli

Realizzò storie sulla vita quotidiana di Paperino ma anche delle trasposizioni in altre epoche storiche (es. Paperino e il mondo degli Incas) immersioni nel vecchio e selvaggio West, avventure e missioni in tutto il mondo.

Zio Paperone
Zio Paperone (Paperon de’ Paperoni) • Il nome originale è: Scrooge McDuck (Uncle Scrooge)

Barks inventò per Paperino i lavori più disparati e soprattutto il personaggio di Zio Paperone, parente taccagno e sfruttatore di Paperino che lo fa lavorare per 30 cent di dollaro l’ora guadagnati lucidando le monete del suo deposito. Lo trascina inoltre alla scoperta di tesori misteriosi o missioni impossibili, quasi tutte terminanti con un fallimento per colpa dello zio o del nipote e che si concludono con la fuga dell’uno e l’ira dell’altro. I siparietti tra i due sono senz’altro i momenti più divertenti della saga.

Paperino in Italia

Le prime storie di Paperino in Italia apparvero tra il 1937 e il 1940 ad opera di Federico Pedrocchi nella rivista chiamata Paperino Giornale. Il Paperino italiano è un uomo che incarna l’italiano medio, cerca lavoro ed è letteralmente perseguitato dalla sfortuna, incappando in problemi assurdi frutto di situazioni complicate. Vive in una villetta a Paperopoli, di proprietà dello zio Paperone, insieme ai suoi nipotini Qui, Quo e Qua.

Trascorre le sue giornate sull’amaca in giardino oppure sul divano a guardare la televisione e ogni volta che prova a trovare un lavoro fallisce nella ricerca o incappa in occupazioni stranissime, come il guaritore di automobili.

È fidanzato con Paperina ma il loro rapporto entra spesso in crisi a causa della pigrizia di lui, così lei preferisce uscire con il cugino fortunatissimo Gastone, che incarna l’esatto opposto di Paperino. Un altro cugino famoso è Paperoga, perseguitato dalla sfortuna ancor di più di Paperino stesso.

Nel 1969 Paperino assunse per la prima volta le vesti di supereroe con la maschera di Paperinik, grazie al disegnatore Guido Martina, che lo inserì in una riuscitissima atmosfera noir. Il supereroe è impegnato a combattere malvagi criminali e a risolvere i problemi della città, nascondendosi di giorno nella sua insospettabile vita da pigro cittadino.

Paperinik
Paperinik

Attualmente in Italia esistono cinque identità diverse di Paperino: Paolino Paperino (sfortunato), Paperinik (supereroe senza paura e quindi alter-ego del classico Paperino), Pikappa (supereroe ipertecnologico), agente segreto della P.I.A. (Paperon Intelligence Agency, servizio segreto ideato da Paperon de’ Paperoni a difesa del proprio patrimonio), e Double Duck (agente segreto).

A Paperino sono stati dedicati videogiochi, film, cartoni e chi più ne ha più ne metta. Forse ciò che più colpisce di lui è proprio il suo essere imperfetto, come un uomo comune con i suoi pregi e difetti, capace di ironizzare della sua sfortuna. Qui il segreto del suo enorme successo, che prosegue ancora oggi in tutto il mondo.

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Fabio Civitelli, l’altra faccia di Tex Willer https://cultura.biografieonline.it/fabio-civitelli-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/fabio-civitelli-intervista/#respond Tue, 10 Dec 2013 00:39:03 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8897 Fabio Civitelli nasce a Lucignano il 9 aprile 1955. Durante l’ultimo anno di Liceo Scientifico, nel 1974, ottiene il primo lavoro in ambito fumettistico, Lady Lust, per lo studio di Graziano Origa, pubblicato per i tipi della Edifumetto, casa editrice specializzata prevalentemente in tascabili erotici.

In un periodo particolarmente fervido per il mercato del fumetto in Italia, dato il proliferare negli anni Settanta di settimanali a fumetti e di fumetti in generale nelle edicole, collabora anche per la Editoriale Dardo (celebre per i fumetti di guerra della collana Supereroica, oltre che per il classico Il grande Blek e il più recente Gordon Link) e la Ediperiodici (anch’essa specializzata prevalentemente in pocket pornografici, più recentemente ha pubblicato qualche manga).

Per la casa editrice Universo ha disegnato nel 1977 sulle riviste Il Monello e Intrepido. In questo periodo utilizza lo pseudonimo Pablo de Almaviva, a causa del quale Sergio Bonelli lo taccerà di aver ritardato l’ingresso nel suo staff, perché non riusciva a capire chi fosse questo disegnatore che pure apprezzava. Nel 1979 è sulle pagine di Bliz, per la stessa Universo, con il personaggio di Doctor Salomon, scritto da Silverio Pisu. Sempre nel 1979 ha avuto un approccio con i personaggi di Marvel Comics disegnando storie autoprodotte in Italia dell’Uomo Ragno e dei Fantastici Quattro, per la rivista SuperGulp! (Arnoldo Mondadori Editore).

Il 1979 è anche l’anno della svolta della sua carriera: nell’ottobre, grazie a Fernando Fusco (suo amico e collega) viene presentato quasi casualmente a Sergio Bonelli, che lo ingaggia immediatamente. Inizialmente lavora su Mister No, per il quale realizza una manciata di storie (pubblicate dall’ottobre del 1980 al maggio 1984), su testi di Alfredo Castelli, Claudio Nizzi e Tiziano Sclavi. Al personaggio tornerà soltanto nel 1994 con un Almanacco dell’Avventura. Disegna anche la storia Pomeriggio cubano su testi di Giuseppe Ferrandino nel 1983, per la rivista Orient Express, sempre di Bonelli.

La vera affermazione è nel 1984 quando Fabio Civitelli viene chiamato a disegnare Tex, personaggio su cui lavora tutt’oggi e a cui ha lasciato la sua impronta. Le sue prime tavole compaiono nel 1985 nella prima parte di una storia intitolata I due killers nel n. 293, su testi di Claudio Nizzi, sceneggiatore con il quale ha collaborato quasi ininterrottamente fino al 2009 e col quale ha realizzato anche dei soggetti per alcune storie del personaggio.

Alle sue opera su Tex è stata dedicata una mostra itinerante nel 2005, con relativo ricco catalogo edito dalla casa editrice amatoriale Little Nemo. Gli è stato affidato l’incarico di realizzare una storia interamente a colori per il sessantennale di Tex, Sul sentiero dei ricordi, uscita in edicola nel 2008, mentre nel 2012 viene gratificato dalla Bonelli, che gli affida l’incarico di portare a compimento un Texone, La cavalcata del morto (pubblicata a giugno), su sceneggiatura di Mauro Boselli. Recentemente questa storia è stata ristampata in una prestigiosa edizione De Luxe dalla Casa Editrice Little Nemo di Torino (www.littlenemo.it).

Il suo stile è caratterizzato da una grande cura dei particolari, da un sapiente uso dei “neri” e da un’estrema pulizia del tratto. La sua versione di Tex, una delle più apprezzate dai numerosi lettori della serie Sergio Bonelli Editore, rispetta la tradizione, ma è al tempo stesso moderna ed accattivante. Tra le sue influenze principali ci sono sia autori Marvel che Bonelli, e Alex Raymond, grande disegnatore statunitense degli anni quaranta e cinquanta, padre di Flash Gordon fra gli altri.

Un’altra caratteristica di rilievo di Fabio Civitelli è l’abilità nel riprodurre visi di attori ed attrici famosi, che inserisce con una certa frequenza nelle sue tavole per raffigurare vari comprimari.

Fabio Civitelli con Tex (foto: Laura Bondi)
Fabio Civitelli con Tex (foto: Laura Bondi)

Fabio Civitelli mi accoglie nella sua casa piena di luce. Alle pareti, alcune sue opere pittoriche, foto ed incisioni. Mi introduce nello studio, anch’esso inondato di luce, avvolto in un’atmosfera da sogno: in cima alle scale, una tela gigante di Tex, scaffali pieni di volumi ed albi, autografi, riconoscimenti, e ancora tele… tutto rigorosamente in ordine. La cura del dettaglio e la precisione che hanno reso famoso quest’uomo non contraddistinguono solo i suoi disegni, ma tutto quello che fa e quello che lo circonda. Mi sembra di essere stata catapultata per magia dentro al mondo dei fumetti, o meglio, al mondo dell’Arte del fumetto, perché di Arte si tratta.

Fabio mostra le sue tele, le sue opere, un volume incredibile da collezione fresco di stampa, i lavori che sta preparando e quelli che ha in cantiere. Amabile conversatore, persona semplice, umile, gentile e sincera, un signore d’altri tempi, proprio come Tex…
Iniziamo la nostra conversazione, accompagnati da un sottofondo musicale che si diffonde nella stanza, in perfetta sintonia con l’ambiente.

Adesso sei un artista affermato e conosciuto in tutto il mondo. Ma come è nata questa passione per il disegno?

E’ nata molto presto, grazie soprattutto a mia madre che aveva notato come riusciva a tenermi buono per ore se solo mi metteva davanti matite e carta.

Come sono stati gli inizi?

Negli anni della scuola disegnavo sempre delle storielle a fumetti sui quaderni e poi compresi che era meglio usare cartoncini da disegno. A 17 anni avevo realizzato delle riduzioni a fumetti di alcuni racconti di Edgar Allan Poe e li avevo poi spediti allo studio Origa di Milano, di cui avevo letto in una rivista. Con infinita pazienza, Graziano Origa mi fece una specie di corso per corrispondenza, correggendo i miei tanti difetti e portandomi a realizzare con lui innumerevoli storie con vari editori.

Come sei arrivato alla Sergio Bonelli Editore?

Essenzialmente su sollecitazione di Fernando Fusco, che avevo scoperto con grande sorpresa abitare non lontano da me, in Val Tiberina. Da quel momento, siamo nell’autunno del 1979, è nata una collaborazione che dura tutt’ora.

Raccontaci come nasce una tavola: tempi, modalità e sceneggiature…

Nasce tutto da un’idea della trama, chiamata “soggetto” che lo scrittore presenta al curatore di ogni testata, il cosiddetto “editor”. Se questo soggetto è buono e non assomiglia troppo ad altre storie già pubblicate, viene trasformato in “sceneggiatura”: lo scrittore descrive pagina per pagina, vignetta per vignetta quello che il disegnatore è chiamato a illustrare, in più sono presenti anche i dialoghi, importanti per rendere al meglio la recitazione dei personaggi.

Come riesci a ‘trasformare’ una sceneggiatura in disegni?

Con un po’ di mestiere e molta cultura visiva, che mi aiuta a visualizzare la scena prima di disegnarla materialmente con la matita prima e con il pennello e l’inchiostro poi.

Preferisci il bianco ed il nero oppure il colore?

Oggi il colore sta prendendo piede anche in pubblicazioni più tradizionaliste, come quelle della Bonelli, ma personalmente amo molto il bianco e nero, che oltretutto mi permette di controllare la produzione fino in fondo. Col colore devo rapportarmi al colorista, che lavora al computer, e non sempre riesco a dargli dettagliate indicazioni, quindi il lavoro lo sento un po’ meno mio.
Incidentalmente ho appena terminato una storia che sarà interamente a colori e dovrebbe uscire ad agosto 2014, nella collana Color Tex.

Tu usi ancora le chine, che sono quasi introvabili. Che cosa offrono rispetto agli altri materiali?

Non mi fido della durata dei pennarelli e degli inchiostri a pigmento. Da alcuni anni lavoro molto con un agente (www.littlenemo.it) che cura la vendita dei miei originali nel mercato del collezionismo, per questo mi piace creare un prodotto che offra le massime garanzie di durata nel tempo. Per lo stesso motivo, e anche perché non mi piace, non disegno al computer, come invece hanno iniziato a fare molti colleghi.

Chi è stato il tuo maestro? A chi ti ispiri?

Se dovessi fare un solo nome direi Alex Raymond, il grande autore di Flah Gordon e Rip Kirby, ma in effetti molti altri mi hanno influenzato, soprattutto Giovanni Ticci, quando sono stato chiamato a disegnare Tex.

Il tuo nome è legato principalmente al personaggio di Tex. E’ un onore o un onere?

Per me è un grande onore, perché leggo le sue avventure fin da ragazzo, ed è sempre stato uno dei miei fumetti preferiti. E’ però anche una grande responsabilità, è fondamentale non deludere le nostre centinaia di migliaia di lettori.

Chi e cosa preferisci disegnare, oltre a Tex?

Ho iniziato a collaborare con la Sergio Bonelli Editore disegnando le avventure “amazzoniche” di Mister No, che purtroppo non sono più pubblicate in modo regolare.
E’ un personaggio creato dallo stesso Sergio Bonelli, con lo pseudonimo di Guido Nolitta, ed è uno degli eroi più simpatici e intelligenti mai stampati.
Per lui ho sempre avuto una simpatia speciale, tanto che negli anni, nonostante l’impegno a Tex, sono tornato un paio di volte a disegnarlo. Proprio adesso sto lavorando ad una storia breve di Dylan Dog, che lo vedrà incontrare Mister No per combattere insieme un comune nemico.

Sei famoso in tutto il mondo, ti seguono lettori comuni e collezionisti. Che rapporto hai con il tuo pubblico?

I collezionisti amano acquistare disegni curati ed espressivi, e anche i semplici lettori penso che percepiscano quanta passione metto nel mio lavoro, e come cerchi di dare sempre il massimo.

Viaggi molto per promuovere il tuo lavoro. In Brasile sei già una star. Quali sono i Paesi che preferisci e perché?

Tex è pubblicato in molti paesi nel mondo, ed in alcuni di questi, come il Brasile, il Portogallo, la Croazia e la Finlandia, ho avuto il piacere di essere invitato, tanto da sentirmi quasi un “ambasciatore” texiano nel mondo. Dappertutto ho trovato dei lettori estremamente appassionati e preparati, ho fatto tavole rotonde ed esposizioni, e mi sono guadagnato la loro stima ed amicizia.
Sono incontri che faccio con passione, e il pubblico se ne accorge subito. Con molti di questi si sono stabiliti dei rapporti duraturi, soprattutto con i Portoghesi e i Brasiliani, ho perfino cercato di imparare un po’ la loro lingua!

Puoi raccontare un episodio curioso della tua carriera?

Quando mi presentai per la prima volta alla Bonelli, nell’autunno del 1979, mi stupii di venire ricevuto da Sergio Bonelli in persona, e rimasi anche colpito dalla facilità, dopo avere esaminato attentamente le tavole che avevo con me, con cui ottenni la mia prima sceneggiatura. A quei tempi mi firmavo con uno pseudonimo poiché lavoravo ancora presso lo Studio Origa, e solo alcuni mesi dopo venni a sapere che lui stesso mi aveva cercato senza successo, ma al nostro incontro aveva subito riconosciuto il mio stile e non ci aveva pensato un minuto ad arruolarmi!

Il momento (o i momenti) più emozionante in assoluto?

Ogni volta che esce un mio albo! Ma anche quando incontro il grande pubblico dei lettori “texiani”, gente appassionata e che regala sempre delle belle soddisfazioni!
Forse, però, quello che ricordo con più emozione è stato ricevere la telefonata di Sergio Bonelli che mi chiedeva di disegnare un “Texone”.

E quello che non vorresti mai rivivere?

Quando ho ricevuto la notizia della scomparsa di Sergio, è stato un momento veramente terribile.

Hai conosciuto tanti personaggi, famosi e non. Hai qualche ricordo particolare legato ad uno di loro?

Il pubblico degli appassionati lettori di Tex è veramente molto vasto, trasversale ai ceti sociali e alle differenze culturali. Negli anni ho conosciuto tanti “texiani” illustri come Sergio Cofferati, Giulio Giorello, il grande fotografo recentemente scomparso Gabriele Basilico, Giorgetto Giugiaro, Enrico Rava, che mi ha scritto una bella lettera dopo aver letto il mio Texone, e molti, molti altri. Un ricordo che mi è particolarmente caro riguarda una cena di un paio di anni fa a casa di Basilico e della moglie Giovanna: restammo per ore a chiacchierare di Tex, e in quell’occasione gli mostrai in anteprima tutte le tavole del mio Texone.

Spesso il fumetto viene considerato un genere letterario inferiore, mentre invece richiede una maestria ed una professionalità pari a tutte le altre arti. Perché, secondo te, e come si potrebbe cambiare questo modo di pensare?

Se penso a come il fumetto era considerato quando ero ragazzo, adesso la considerazione del pubblico è decisamente migliorata, anche grazie alle tante mostre ed iniziative che si svolgono numerose nel nostro Paese. Non nego però che ci sia ancora molta strada da fare, ma piano piano stiamo cercando di entrare a pieno titolo nel mondo dell’Arte (con la A maiuscola).

Che consiglio daresti a chi aspira a diventare un disegnatore di fumetti?

Per diventare autori, bisogna avere innanzitutto una grande passione per il fumetto, non è certo un lavoro di ripiego. Poi bisogna sviluppare una grande cultura visiva: leggere molto, guardare molti film, documentarsi su libri e riviste, e oggi anche su Internet.

Oltre al disegno, un’altra tua passione è la fotografia.

E’ una passione che prosegue da tanti anni parallela al mio lavoro di disegnatore, ma in questo caso in modo assolutamente amatoriale e non professionale. Ho maturato piano piano un mio stile e una mia precisa tematica: il mio lavoro più importante si intitola “Luoghi Comuni, Riflessioni sul Paesaggio Urbano” di cui curo personalmente anche la stampa a colori.

Inoltre, sei appena tornato da Padova…

Ho accennato già al mio interesse per l’Arte Contemporanea: da alcuni anni collaboro con la Galleria Ca’ Di Fra’ di Milano, per la quale realizzo quadri in stile fumetto con soggetto Tex, naturalmente! Questo sta suscitando un certo interesse e sto frequentando molte fiere specializzate. A Padova ho avuto il grande onore di essere invitato dall’organizzazione a presentare una mostra antologica molto vasta, che comprendeva quadri su tela, ma anche illustrazioni su carta e tavole a fumetti. E’ stato veramente emozionante trovarmi di fronte ad un allestimento sontuoso ed esteso (otto pareti diverse per complessive 45 opere!). Abbiamo anche tenuto una tavola rotonda con critici ed esperti, dal titolo “IL FUMETTO E’ARTE”.

Insomma, il fumetto è Arte, e Fabio Civitelli ne è il testimone. Quali progetti hai ancora in cantiere?

Disegnare tanto, ma anche dipingere e fotografare! Appena terminata la storia per il Dylan Dog Color Fest, tornerò a dedicarmi alla lunga (330 pagine) storia che vedrà il ritorno di Yama, il figlio di Mefisto, e che mi terrà impegnato per circa tre anni!

Un desiderio?

Continuare a fare questo lavoro bellissimo, e continuare a godere della fiducia della Casa Editrice e dell’affetto dei lettori.

Una massima di vita di Fabio Civitelli, o di Tex…

Il tempo corre ed io non sono un disegnatore molto veloce, quindi è meglio che mi rimetta a lavorare!

Fabio Civitelli al lavoro nel suo studio (foto: Laura Bondi)
Fabio Civitelli al lavoro nel suo studio (foto: Laura Bondi)

Il tempo stringe e l’intervista è finita. Una montagna di lavoro attende Fabio Civitelli.
Mentre esco, non posso non gettare un’ultima occhiata allo studio, per imprimere nella memoria i particolari di un luogo che appare quasi sacro. Si fatica a credere che un personaggio della sua importanza possa essere così garbato e disponibile. Ma il mio stupore aumenta quando su un tavolo nell’atrio scorgo il mio romanzo, in bella vista insieme ad altri libri, in attesa di essere letti, intanto che lui mi saluta con un sorriso cordiale.
Signore e signori, questo è Fabio Civitelli.

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I Peanuts https://cultura.biografieonline.it/strisce-peanuts/ https://cultura.biografieonline.it/strisce-peanuts/#comments Wed, 13 Feb 2013 04:41:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6258 Un gruppo di bambini e un cane, anche se un po’ particolare. Questi sono i protagonisti dei Peanuts (in italiano noccioline), una saga di fumetti durata cinquant’anni, creata da Charles M. Schulz, la quale ha attraversato tutti i momenti più importanti della storia occidentale, cambiando con il mondo, talvolta persino influenzandolo. Entrando nella cultura del popolo americano, insediandosi tra le pagine dei giornali epocali, fino a farsi conoscere anche in Europa e poi ovunque, praticamente in tutto il mondo.

Peanuts
I Peanuts

Lezioni di vita, concentrate in una serie di battute e scenette indimenticabili, per raccontare la società, per far pensare, per ridere e far ridere. E pensare che nel 1947, quando per la prima volta vedono la luce i Peanuts, questi sono ancora molto lontani da come diventeranno famosi. Il giornale St. Paul Pioneer Press, dà una chance a Schulz ma la prima pubblicazione vede i personaggi chiamati con un altro nome: “Li’l Folks”, ossia “personcine”. Il prodotto è ancora lontano da quello che conoscono tutti ma, tre anni dopo, la United Feature Syndicate, azienda leader in America nelle strisce a fumetti e colonne editoriali, decide di appropriarsene, cambiando però il nome in Peanuts.

2 ottobre 1950: la prima striscia dei Peanuts
2 ottobre 1950: la prima striscia dei Peanuts

A Schulz non piace il nome, che definisce ridicolo, ma gli tocca accettarlo, visto che in poco tempo, dal 2 ottobre 1950 in poi, le sue strisce vengono pubblicate sui migliori quotidiani statunitensi, dal Washington Post al Chicago Tribune, iniziando una vera e propria ascesa nell’olimpo dei fumetti. Sarà enorme il successo e nessuno, a quel tempo, pur scommettendo sulle grandi capacità dell’autore, avrebbe mai potuto immaginare un risultato di tale portata

Peanuts, arachidi: perché si chiamano così?

Il termine peanuts (in italiano: arachidi o noccioline) venne scelto perché indicava nel teatro la sezione con i posti più economici: così a volte il termine veniva usato per estensione, per indicare il giovane pubblico composto da bambini. E bambini sono proprio i protagonisti delle celebri strisce.

I personaggi principali

C’è Charlie Brown – e chi non lo conosce? – testardo, eterno perdente, timido e insicuro, giocatore di baseball sciagurato, del tutto simile per biografia al suo vero creatore: anche lui figlio di un barbiere, come il padre di Schulz, anche lui innamorato di “una ragazzina dai capelli rossi”, proprio come la donna amata dal disegnatore in gioventù e che, si racconta, finì per abbandonarlo poco prima del matrimonio. Nasce negli anni cinquanta, all’età di quattro anni. Per cinquant’anni poi, fedele al genio di Schulz, non crescerà che di quattro anni ancora, fermandosi per sempre ad otto. È, con Snoopy, il grande protagonista della storia dei Peanuts. D’altronde, l’uno è il padrone dell’altro, anche se il bracchetto di Charlie Brown non è proprio un cane qualsiasi, anzi.

Snoopy è più umano degli umani: pensa, cammina a due zampe, scrive, cucina, gioca come interbase nella squadra di baseball di Charlie e, soprattutto, immagina. Sogna, di continuo. Il beagle ha una fantasia eccezionale e nel corso della sua lunga storia è riuscito ad immedesimarsi in centinaia di personaggi differenti, raccontando storie nelle storie, strisce nelle strisce che, soprattutto negli anni ’60, hanno fatto letteralmente impazzire i bambini (e non solo) di tutti i paesi.

Indimenticabili, le strisce che lo vedono come un pilota della Prima Guerra Mondiale, alle prese con il temibile Barone Rosso, senza dimenticare gli altri alter ego che l’hanno visto protagonista, dall’avvocato al chirurgo, fino all’aspirante scrittore, cui si deve l’incipit più abusato e famoso di sempre: “Era una notte buia e tempestosa”.

C’è poi Lucy van Pelt, sorella maggiore di Linus, prepotente, egoista e dispettosa: a conti fatti il personaggio più temuto dall’intera banda. Picchia spesso il fratello Linus, altro personaggio molto amato, con la sua coperta che lo difende dal mondo, oltre che migliore amico di Charlie Brown. Tuttavia, è proprio quest’ultimo il vero bersaglio della prepotenza di Lucy, che si diverte ad umiliare davanti agli altri bambini non appena ha occasione per mettersi in mostra. È, secondo molti, il primo esemplare di personaggio femminista della storia dei fumetti.

Chiude la carrellata Piperita Patty, all’anagrafe dei fumetti Patricia Reichardt. Mascolina, sportiva e discola, si rivolge a Charlie chiamandolo “Ciccio”, mentre tratta il suo cane come fosse un bambino con il nasone. I suoi amici sono la secchiona Marcie, che la chiama “capo”, e Franklin, l’unico bambino di colore della saga. È innamorata di Charlie Brown, senza essere però corrisposta.

L’ultima “striscia”

Il 13 febbraio 2000, squilla il telefono. Risponde Charlie Brown, ma è Snoopy che vogliono dall’altra parte della cornetta. Il “ragazzo dalla testa tonda” dice che il cane più famoso – e umano – della storia dei fumetti non c’è, probabilmente occupato a dare vita alla sua grande – e poco redditizia – passione. “No, I think he’s writing”, dice Charlie Brown: “credo che stia scrivendo”. E infatti, accanto a lui, nella striscia successiva, Snoopy è sul tetto della propria cuccetta, con la sua macchina da scrivere, intento a battere i tasti sul foglio bianco.

Peanuts, l'ultima striscia a fumetti
13 febbraio 2000: l’ultima striscia a fumetti dei Peanuts con il saluto di Charles M. Schulz

Sopra di lui, compare una scritta: “Dear friends” – “Cari amici”. Sotto, in un’unica striscia, scorrono le immagine storiche che hanno reso Peanuts il fumetto più famoso del mondo, il più amato, il più seguito. C’è Lucy che ruba il pallone a Charlie Brown, Snoopy che attenta alla coperta di Linus, ancora Lucy colpita sulla testa da una palla da baseball, senza dimenticare Snoopy in versione aviatore della Prima Guerra Mondiale, con tanto di occhialini e caschetto. È, questa, l’ultima striscia di Charlie Schulz, morto esattamente il giorno prima, all’età di settantasette anni, il 12 febbraio 2000.

Dopo di ciò, i Peanuts non esisteranno più.

Charles M. Schulz

Si è spento durante la notte, dormendo, il papà dei Peanuts. Da tempo malato di cancro, aveva sofferto a causa di alcune complicazioni seguite al suo intervento di qualche mese prima, esattamente nel novembre del 1999. Proprio dopo quell’operazione di chirurgia addominale, Schulz aveva annunciato al mondo il suo ritiro dalle scene. La striscia di congedo, vedeva Charlie Brown e Snoopy abbracciarsi forte, con un cuore disegnato poco vicino a loro.

Charles M. Schulz
Charles M. Schulz, padre dei Peanuts

Schulz ha disegnato ininterrottamente la striscia per 50 anni, senza avvalersi di assistenti, nemmeno per i testi e la colorazione: un caso raro di dedizione al lavoro, ma anche di originalità e autenticità di stile. I Peanuts sono cambiati, durante gli anni, e la stessa mano dell’autore ha avuto i suoi momenti di difficoltà nel corso del tempo, soprattutto a cominciare dai primi anni ottanta, quando il suo tratto inizia visibilmente a tremare. Pur a fatica, Schulz ha continuato a creare, sino alla pubblicazione della sua ultima striscia: vero e proprio testamento da pubblicare l’indomani della sua morte, in realtà realizzata il 3 gennaio del ‘2000. Oltre a ciò, tra le effettive volontà post mortem, il creatore di Charlie Brown ha proibito la continuazione della serie a fumetti dopo la sua dipartita. Volontà, ad oggi, rispettata, se è vero che in tutto il mondo le uniche cose a firma Schulz che vengono pubblicate, non sono altro che vecchie riedizioni di Peanuts ormai classici, riproposte senza cambiare una virgola dal loro primo concepimento.

La lettera di “Snoopy”

Firmata Charlie Schulz, la lettera di concedo dai suoi lettori, come detto pubblicata esattamente il giorno dopo la morte del disegnatore, recitava così:

«Cari amici sono stato abbastanza fortunato da disegnare Charlie Brown e i suoi amici per quasi 50 anni. Ho realizzato le ambizioni che avevo fin da bambino. Ma sfortunatamente non posso più mantenere i ritmi richiesti da una puntata quotidiana.

La mia famiglia non vuole che nessun altro continui a disegnare i Peanuts al posto mio e per questo devo annunciare il mio ritiro, perciò annuncio il mio ritiro. Per anni – prosegue il messaggio – sono grato ai miei editori per la fedeltà che mi hanno dimostrato in tutti questi anni e ai fan dei miei fumetti per l’affetto e il sostegno che mi hanno dato. Charlie e Sally Brown, Snoopy, Linus, Lucy… come potrò mai dimenticarli…»

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