fisica Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 01 Oct 2024 12:39:35 +0000 it-IT hourly 1 Il bosone di Higgs: perché è chiamato la Particella di Dio https://cultura.biografieonline.it/bosone-di-higgs/ https://cultura.biografieonline.it/bosone-di-higgs/#comments Tue, 09 Apr 2024 21:10:46 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7595 Il Bosone di Higgs è una particella massiva che conferisce massa e quindi peso a tutte le altre particelle dell’universo. In altre parole, la sua esistenza stabilisce l’esistenza della materia. Il bosone, infatti, è un vettore di massa e il suo scopo è conferire densità alle altre particelle fondamentali, cioè ai mattoncini ultimi che costituiscono gli atomi e le molecole e che sono alla base della nostra realtà. Il bosone è stato scoperto teoricamente da Peter Higgs nel 1964.

Chi è Peter Higgs
Peter Higgs

Chi è Peter Higgs?

Peter Higgs è stato uno scienziato scozzese che si è specializzato al King’s College di Londra in Fisica teorica e che ha ricoperto l’incarico di professore di Fisica teorica all’Università di Edimburgo fino al 1996. È stato membro della Royal Society inglese.

Nel 1964 individuò l’esistenza del bosone che conferisce massa all’universo, ultima particella del Modello Standard.

Per questa scoperta è stato candidato al Premio Nobel per la Fisica.

Nel 2011, davanti a tutto il mondo,  fu mostrata l’esistenza empirica del bosone confermando, dopo 47 anni, la sua teoria.

Fotografia di Peter Higgs
Un’altra foto di Peter Higgs

La scoperta del bosone di Higgs

In un paese nel sud della Francia, sulla montagna di Crozet, si possono ammirare una serie di deliziose casette che punteggiano il panorama.

Il silenzio è assordante e la tranquillità di questi ambienti rimanda alle più pacifiche cartoline che illustrano le bellezze della Francia del sud. In realtà, sotto queste case, si trova una delle macchine più complesse che la mente umana abbia concepito. Si tratta di un anello enorme,  il cui diametro misura otto km, e la cui capacità di assorbimento di energia elettrica è pari a quella di una città di medie dimensioni.

È il Large Hadron Collider (LHC), il collisore di androni, una macchina costata miliardi e che vede impegnati migliaia di scienziati nella rilevazione dei dati. E’ stata costruita al CERN di Ginevra, l’Organizzazione europea per la Ricerca nucleare, e il suo scopo è portare alla collisione gli atomi.

Perché si studia la collisione degli atomi?

Schiantando gli atomi fra di loro, gli scienziati cercano di ricreare le condizioni grazie alle quali o durante le quali si è manifestato il Big Bang, cioè l’eruzione cosmica che ha portato alla nascita dell’universo.

Il punto centrale è che nessuno sa come mai le cose che costituiscono tutto ciò che vediamo, non vediamo sentiamo e non sentiamo hanno un peso. Gli scienziati sanno cos’è la materia, la massa, il peso ma non sanno il perché di questo peso. Non ne conoscono la causa.

Nel 1964 il fisico scozzese Peter Higgs ha teorizzato un campo invisibile che nella notte dei tempi permeava il cosmo. Questo campo cominciò a trasformarsi in materia e quindi a formare il peso delle molecole, degli atomi e delle particelle elementari quando l’universo iniziò ad espandersi e a raffreddarsi.

Grazie all’azione di questo campo gli elementi costituenti la materia acquisirono peso, quindi massa. La conseguenza ultima di questo fenomeno siamo noi.

La nostra vita.

Senza questo campo, definito campo di Higgs, le particelle che costituiscono il tutto si muoverebbero ad altissima velocità scontrandosi fra di loro senza produrre alcuna forma della materia.

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La particella di Dio

Il Large Hadron Collider è stato realizzato proprio per individuare le particelle che compongono il campo e che sono state denominate bosoni di Higgs. Il 4 luglio del 2012 i media diedero la notizia al mondo che il bosone di Higgs, che chiamarono la particella di Dio, era stato individuato dopo una serie di esperimenti che ne individuavano la presenza con un’approssimazione del 99%.

Tale scoperta assunse un’importanza straordinaria anche per il fatto che il bosone di Higgs era l’ultima particella mancante del Modello Standard, cioè l’insieme delle leggi che descrivono ed elencano tutte le particelle dell’universo.

La scoperta fu presentata dalla scienziata Fabiola Gianotti, ricercatrice presso il CERN di Ginevra e coordinatrice dell’esperimento Atlas (in seguito direttrice), il progetto di ricerca che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs.

Fabiola Gianotti al CERN
L’italiana Fabiola Gianotti, ricercatrice presso il CERN di Ginevra, è stata la coordinatrice dell’esperimento che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs

Un altro motivo per cui questa scoperta è estremamente interessante è che si tratta dell’ultimo capitolo di una storia iniziata nel 1964, quando su un foglio di carta  Higgs elaborò la sua teoria, dando vita ad una caccia costata miliardi, che ha impegnato più di 20 nazioni e quasi diecimila scienziati.

Il libro “Higgs e il suo bosone” di Ian Sample, edito dal Saggiatore, racconta questa storia e permette di approfondire tutti gli elementi di una scoperta che pone nuove questioni di fronte al mistero della creazione.

Peter Higgs per la sua straordinaria scoperta è stato insignito del Premio Nobel per la Fisica 2013.

Si è spento all’età di 94 anni il giorno 8 aprile 2024.

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Differenza tra atomo e molecola https://cultura.biografieonline.it/atomo-molecola-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/atomo-molecola-differenze/#comments Sat, 16 Mar 2024 17:47:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11189 Quali sono le differenze tra i due termini, atomo e molecola? L’atomo è considerato l’unità più piccola e indivisibile della materia.

Atomo
Lo schema di una struttura di un atomo

L’atomo

Gli atomi sono formati da costituenti subatomici quali protoni, elettricamente positivi, neutroni, elettricamente neutri, ed elettroni, elettricamente negativi.

In un atomo, inoltre, il numero di protoni è uguale al numero di elettroni; protoni ed elettroni hanno carica uguale in valore assoluto, ma di segno opposto.

Il termine atomo deriva dal greco e significa “indivisibile”, ciò sta ad indicare che non può essere né creato né distrutto. Il primo che ipotizzò l’esistenza di queste piccole particelle fu John Dalton che ne parlò nella sua teoria atomica.

Verso la fine dell’Ottocento – con la scoperta dell’elettrone – venne dimostrato che l’atomo era in realtà divisibile, essendo a sua volta composto da particelle più piccole, definite particelle subatomiche, ma questa teoria non venne considerata attendibile anche se dimostrava la “vera” composizione della particella.

Molecola
Una struttua molecolare

La molecola

Il termine molecola, invece, deriva da moles che significa mole, piccola quantità. Per molecola si intende un insieme di atomi – dello stesso elemento o di elementi diversi – uniti da un legame chimico.

Una molecola può essere caratterizzata da più atomi di un solo elemento chimico o da atomi di elementi diversi.

Esistono le molecole semplici e le molecole complesse.

Una porzione di materia costituita da molecole tutte facente parte dello stesso elemento, viene denominata sostanza o composto chimico.

I composti

I composti più semplici sono quelli alla cui formula molecolare partecipano gli atomi di un solo elemento; questi sono i composti elementari e sono in numero di poco superiore a quello degli elementi stessi, perché ogni elemento ha almeno uno stato elementare ma alcuni ne possono avere due o più.

Di poco più complicati sono i composti binari, alla cui molecola partecipano atomi di due tipi di elementi diversi, e alquanto più complicati sono i composti ternari o di ordine superiore che vedono la loro composizione fatta da tre o più elementi.

La rappresentazione delle molecole viene denominata formula di struttura. Essa indica solo come gli atomi sono legati tra di loro, ma non contiene informazioni sulla geometria delle molecole.

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La luce e gli impianti fotovoltaici: come funzionano? https://cultura.biografieonline.it/luce-impianti-fotovoltaici/ https://cultura.biografieonline.it/luce-impianti-fotovoltaici/#comments Thu, 16 Jun 2016 13:16:02 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18741 La radiazione solare consente la vita sulla Terra, fornendo l’energia necessaria al suo mantenimento e regolando, inoltre, la gran parte dei fenomeni meteorologici e il clima.

La luce e gli impianti fotovoltaici - I pannelli solari
Pannelli solari

La necessità di ottemperare ad un sempre più oppressivo fabbisogno energetico, accompagnata ad una progressiva sensibilizzazione alle tematiche ambientaliste, hanno indotto l’uomo a voler sfruttare questa grande risorsa donata dalla nostra stella, il sole, per produrre corrente elettrica. Gli impianti fotovoltaici sono costituiti essenzialmente da una serie di pannelli recanti sulla propria superficie moltissime celle fotovoltaiche.

Il materiale più utilizzato per la realizzazione di questi dispositivi è il Silicio.

Il silicio negli impianti fotovoltaici e nelle celle fotovoltaiche

Il silicio è un semiconduttore, ossia gli elettroni di valenza (che si trovano sull’orbitale più esterno e gli unici a formare legami atomici) non sono eccessivamente mobili, come accade nei materiali conduttori, né tantomeno bloccati, come avviene nei materiali isolanti, nella cosiddetta “banda di valenza”.

Nell’atomo di silicio, la quantità di energia necessaria ad accelerare gli elettroni della banda di valenza è molto piccola, pertanto le particelle in questione possono passare nella banda di conduzione solo nel caso di assorbimento d’energia proveniente dall’esterno, come quella fornita dalla radiazione solare che, attraverso l’effetto fotoelettrico, è in grado di trasformare un materiale semiconduttore come il silicio, in un materiale conduttore.

Gli elettroni, una volta scalzati dalla loro banda di valenza, vengono convogliati in apposite griglie metalliche incastonate sulla superficie del pannello, generando corrente elettrica continua, che per poter essere utilizzata necessita di essere alternata nell’apposito inverter che ha la funzione di rendere la corrente fruibile con la frequenza di utenza (50Hz).

La luce: onda o particella?

Prima di sviluppare il principio secondo cui è possibile produrre corrente elettrica dalle onde luminose, non è possibile, a questo punto, evitare le domande: “Che cos’è la luce?“, “Di cosa è composta?”.

Il sole
Il sole

L’esperienza quotidiana ci suggerisce che la luce si propaga in linea retta; si pensi, ad esempio, ad un raggio luminoso che penetra in una stanza buia attraverso una fenditura nel muro. Dall’osservazione notiamo, infatti, che il raggio è rettilineo, mentre se prendessimo uno specchio per deviarne la direzione, noteremmo anche in questo caso un andamento rettilineo, poiché l’angolo di incidenza del raggio luminoso sulla superficie è uguale a quello di riflessione.

A partire dalla metà del Seicento, le teorie fisiche sui fenomeni luminosi erano diverse, pertanto, sono stati necessari ben due secoli per dimostrare l’effettiva natura della luce, ponendo in tal modo fine a molte delle controversie.

Le teorie della luce

Il dibattito era incentrato su due modelli postulati negli stessi anni che, descrivendo perfettamente alcuni fenomeni propri della luce anche se in maniera differente, non sembravano trovare un punto di incontro, quindi una svolta.

Il modello corpuscolare descriveva la luce come un flusso di particelle microscopiche (i cosiddetti corpuscoli), emessi in forma CONTINUA da opportune sorgenti luminose. Si trattava di flussi rettilinei e in grado di attraversare alcune superfici (quelle trasparenti) mentre “rimbalzavano” sui materiali opachi alla luce, tanto da impedirne l’attraversamento.

Il modello ondulatorio, d’altra parte, descriveva la luce come un’onda la cui propagazione avveniva in maniera analoga alle onde elastiche (come quelle che diffondono un sisma dal proprio punto di origine).

La luce è intesa quindi come trasferimento di energia e non di materia (corpuscoli), tanto da essere definita “energia radiante“.

Isaac Newton
Isaac Newton

Newton e Huygens

Tra i sostenitori della teoria corpuscolare vi era Isaac Newton (1642-1727), secondo cui i fenomeni luminosi si riducono ad un mero movimento di particelle con le proprietà di qualsiasi punto materiale (si pensi al moto delle biglie sul tappetino del tavolo da biliardo) che, urtando la retina dell’occhio, stimolano il senso della vista.

Christiaan Huygens
Christiaan Huygens

Il modello ondulatorio fu sostenuto da Christiaan Huygens (1629-1695), uno scienziato olandese contemporaneo a Newton, il quale descriveva la luce non più come flusso di particelle interagenti grazie a continui urti, bensì come onde circolari.

Per comprendere il fenomeno si pensi, ad esempio, ad un sasso che precipita in un pozzo: le onde circolari che si sollevano ritmicamente sulla superficie dell’acqua, propagandosi in direzione radiale, si allontanano dalla sorgente.

La svolta: la teoria dei quanti

Le varie teorie descritte risultavano complementari per molti aspetti; mentre un modello riusciva a descrivere un fenomeno, l’altro ne approfondiva altri versanti.

Max Planck (1858-1947) avanzò una ipotesi rivoluzionaria, secondo cui l’energia radiante, precedentemente introdotta, non veniva emessa in forma continua, ma per piccolissime quantità fisiche (discontinue), dette quanti.

L’energia associata a un quanto con frequenza ν è pari a E = hν, dove h è la costante di Planck, pari a 6.625x Js.

Per capire la differenza tra emissione continua ed emissione discontinua, si può pensare ad un particolare molto comune nella vita di ogni giorno: il rubinetto aperto di un lavandino fornisce acqua in maniera continua mentre le bottiglie forniscono, invece, acqua per quantità discrete pari al volume della bottiglia stessa.

Il concetto di quantizzazione può essere descritto da un altro esempio altrettanto comune: una palla può rotolare verso il basso o su un piano inclinato oppure rimbalzare lungo una scala. Nel primo caso la sfera ha un moto continuo, mentre nel secondo, gradino dopo gradino, ha un moto discontinuo, cioè avviene per salti in cui ogni scalino rappresenta un quanto di energia.

Max Planck
Max Planck

L’effetto fotoelettrico: produrre corrente elettrica dalla luce

Ai tempi di Planck, si conosceva già da tempo il fenomeno secondo cui sottoponendo una lamina di metallo ad una certa radiazione luminosa di determinata frequenza, essa si caricava elettricamente con carica positiva, quindi emetteva elettroni, cioè corrente elettrica (opportunamente rilevabile da strumenti come il Galvanometro, nome che deriva dal nome di Luigi Galvani).

Gli elettroni sono trattenuti all’interno del metallo da una certa energia, quindi per espellerli è necessario investire la lamina metallica da una radiazione luminosa avente energia E = hν, pari all’energia che trattiene le particelle all’interno del materiale.

Per comprendere meglio il fenomeno, si immagini di dover calciare un pallone oltre una staccionata: se l’energia impressa al corpo è troppo bassa, l’oggetto colpirà l’ostacolo e tornerà indietro, ma se il bersaglio venisse colpito con la forza necessaria, solo a quel punto, il pallone riuscirebbe a superare la barriera.

Nell’effetto fotoelettrico, l’energia necessaria E è proporzionale alla frequenza della radiazione luminosa incidente la lamina; se si supera la frequenza critica di radiazione (propria del materiale colpito dalla luce), si raggiunge la condizione sufficiente per cui si riesce a “scalzare” gli elettroni dalla lamina e quindi produrre corrente elettrica (su vasta scala).

Albert Einstein
Albert Einstein

Einstein e i fotoni

Queste osservazioni indussero Einstein a confermare l’ipotesi secondo cui la luce fosse sia un’onda elettromagnetica (descritta dalle equazioni di Maxwell) ma che avesse anche una natura corpuscolare. Solo le particelle cariche di energia, infatti, sarebbero in grado non solo di spostare altre particelle (in questo caso elettroni), ma di impartire ad esse una accelerazione tanto maggiore quanto più intensa è la radiazione.

A queste particelle di luce venne dato il nome di fotoni e la scoperta dell’effetto fotoelettrico (principio alla base dei comuni impianti fotovoltaici) valse ad Einstein il premio Nobel del 1921.

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Come funziona il frigorifero https://cultura.biografieonline.it/come-funziona-il-frigorifero/ https://cultura.biografieonline.it/come-funziona-il-frigorifero/#comments Fri, 03 Jun 2016 10:12:20 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18664 In che modo il frigorifero, elettrodomestico dalla presenza imprescindibile in ogni abitazione (ma anche luogo di lavoro), produce il freddo che permette di mantenere e conservare a lungo il cibo? Prima di spiegare come funziona il frigorifero e arrivare a rispondere a questa curiosità, facciamo una breve introduzione scientifica.

Come funziona il frigo

In natura, il processo che vede il trasferimento di calore da un corpo più caldo a un corpo più freddo, avviene spontaneamente e senza dispendio di energia esterna. Il trasferimento in questione, comporta una cessione di calore (quindi di energia in transito) ed è tanto più rapido e marcato quanto più elevata è la differenza di temperatura tra i due corpi, arrestandosi, infine, quando si raggiunge l’equilibrio termico, ossia la parità di temperatura. La comprensione del processo indicato fin qui, risulta immediatamente più limpida nella considerazione dell’enunciato esposto dal fisico tedesco Rudolf Clausius (1822-1888), il quale, nella considerazione di altri principi formulanti la medesima considerazione, esprime l’inesorabile aumento dell’Entropia, quale grandezza indicante il grado di “disordine” molecolare dell’Universo. L’enunciato recita:

E’ impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia far passare calore da un corpo più freddo ad uno più caldo.

L’espressione “unico risultato” risulta essenziale per la comprensione del meccanismo regolante il funzionamento della macchina frigorifera.

Come funziona il frigorifero

Un frigorifero, infatti, preleva calore da un recipiente (il comparto interno isolato termicamente) che è freddo e lo riversa nell’ambiente esterno circostante, caratterizzato da una temperatura superiore.

A questo punto è opportuno sottolineare che l’ultimo processo descritto NON esprime l’unico risultato della trasformazione, poiché per garantire il funzionamento del frigorifero è stata fornita energia elettrica dall’esterno, con il conseguente trasferimento di energia, quindi di calore, avvenuto in maniera tutt’altro che spontanea.

Le macchine frigorifere sono sistemi in cui il fluido evolvente, ossia la sostanza che subisce le trasformazioni, è chiamato refrigerante.

Esistono, a parità sostanziale di proprietà fisiche, diversi tipi di refrigerante: in passato il fluido evolvente più diffuso era “Freon“; impiegato nella costruzione dei frigoriferi sin dal 1970, fu bandito poiché inquinante e particolarmente aggressivo nei confronti dell’ozono atmosferico, e per tale motivo soppiantato dal meno dannoso R134a (CH2FCF3).

Il ciclo termodinamico

Nel frigorifero il R134a subisce una successione ciclica di trasformazioni all’interno dei diversi componenti dell’impianto, in modo che, una volta ottenuto l’effetto utile (in questo caso il raffreddamento progressivo del contenuto del frigorifero), il refrigerante in questione ritorni alle condizioni iniziali, compiendo, di fatti, il cosiddetto ciclo termodinamico.

Un frigorifero è costituito, in sostanza, da:

  1. un ambiente chiuso che deve essere raffreddato
  2. un tubicino nel quale fluisce il refrigerante,
  3. un compressore alimentato ad energia elettrica
  4. una valvola di laminazione, applicata precisamente tra condensatore e evaporatore.

Il compressore volumetrico, costituito da uno stantuffo che scorre all’interno di un cilindro, comprime il gas aumentandone, oltre che la temperatura, la pressione, scorrendo in un secondo momento all’interno del condensatore, uno scambiatore di calore dove il tubicino in cui fluisce il refrigerante è avvolto su se stesso a serpentino (questi multipli ripiegamenti del condotto massimizzano lo scambio termico, quindi la cessione di calore all’ambiente esterno).

Una volta completato il passaggio all’interno del condensatore, il fluido, che prima era gas, ormai raffreddato diviene liquido saturo (ossia senza alcuna traccia della fase vapore).

Come funziona il frigorifero
Come funziona il frigorifero

Il refrigerante, in questa fase liquida, scorre attraverso la valvola di laminazione “L” che costituisce, semplicemente, una strozzatura del condotto in cui fluisce il liquido; a causa della repentina riduzione della sezione di passaggio, la pressione alla quale si trova il liquido, cala improvvisamente e proprio a causa delle particolari proprietà fisiche del refrigerante, questa variazione è in grado d’indurre il processo di evaporazione.

Questa trasformazione, attivata a valle della valvola di laminazione, procede e si completa all’interno dell’evaporatore posto all’interno del frigorifero, ossia l’ambiente da raffreddare; il processo di evaporazione del refrigerante comporta una sottrazione di calore all’interno dello scomparto del frigorifero, che a questo punto risulta quindi più freddo dell’ambiente esterno.

Una volta completato il passaggio di fase, il vapore, ormai saturo (ossia privo di tracce di liquido) passa all’interno del compressore dove è portato ad una pressione più alta, questo permette il ripristino delle condizioni iniziali, concludendo, dunque, il ciclo termodinamico.

Cibo nel frigorifero
Un esempio di corretta disposizione del cibo nel frigorifero

La macchina frigorifera per funzionare richiede un certo dispendio di energia elettrica tanto maggiore quanto più la temperatura esterna al frigorifero è elevata. Per questo motivo, paradossalmente, il rendimento della macchina è più basso in estate, giacché la rapidità con cui il fluido refrigerante cede calore all’ambiente circostante è minore che in inverno. Questo comporta un sensibile aumento dei consumi e quindi una lievitazione dei costi in bolletta proprio nel periodo dell’anno in cui il frigorifero è indispensabile. Per ottimizzare i consumi è inoltre importante conservare e disporre correttamente i cibi nel frigorifero.

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Diamante e grafite: differenze https://cultura.biografieonline.it/diamante-grafite-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/diamante-grafite-differenze/#comments Wed, 25 May 2016 12:29:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18622 Il diamante è molto ricercato non solo per la sua incredibile limpidezza, proprietà capace di conferire a questo minerale il posto d’onore tra i materiali più preziosi nell’ambito della compravendita di oggetti di lusso, ma soprattutto per le sue proprietà intrinseche, quest’ultime molto apprezzate nel campo delle lavorazioni industriali. Il diamante, assieme alla grafite, costituisce una delle forme allotropiche (elementi chimici che esistono in diverse forme) del carbonio: un elemento, difatti, può esistere in due o più forme fisiche, le quali essenzialmente differiscono per il modo in cui sono legati e quindi disposti gli atomi all’interno del reticolo cristallino. Vediamo in questo articolo quali sono le differenze tra diamante e grafite, due forme dello stesso elemento che hanno però un valore commerciale sensibilmente diverso.

Differenze tra diamante e grafite
Diamanti e matite (grafite) – appaiono molto diversi ma sono due forme dello stesso elemento: il Carbonio.

Le differenze tra diamante e grafite a livello fisico e chimico

Tutte le forme allotropiche del carbonio (diamante incluso) rientrano nella categoria dei solidi covalenti, ossia quei materiali caratterizzati microscopicamente dalla presenza di cristalli, all’interno dei quali è possibile osservare dei siti popolati da atomi legati gli uni agli altri attraverso l’intenso legame covalente; tale tipo di legame atomico è il più forte esistente ed ha la particolarità di non essere di natura elettrostatica, come invece avviene nel caso del legame ionico tra sodio (Na) e cloro(Cl) nel composto NaCl (sale da cucina).

Grafite e Diamante - struttura chimica
La struttura cristallina della grafite e del diamante schematizzate

L’energia necessaria a rompere i legami, cioè le forze esistenti tra gli atomi, risulta essere molto elevata, tant’è che materiali come il diamante presentano un’elevatissima temperatura di fusione e una straordinaria durezza, tanto da occupare, con quattro volte la durezza assoluta del corindone (altro minerale), il primo posto nella scala di Rosiwal (evoluzione della scala di Mohs, utilizzata per identificare la durezza di un minerale).

Resta da chiedersi perché diamante e grafite, entrambi costituiti da solo Carbonio, siano così differenti non solo nell’aspetto, ma soprattutto in termini di proprietà meccaniche.

Entrambi i solidi (diamante e grafite) si differenziano principalmente nel tipo di legame covalente e nella disposizione di atomi all’interno della struttura cristallina: nel cristallo di diamante, il carbonio è disposto lungo i quattro vertici di un tetraedro e TUTTI gli elettroni sono impiegati nel formare dei legami, mentre nella grafite gli atomi di carbonio sono disposti in strati di anelli esagonali e NON tutti gli elettroni formano lo stesso tipo di legame, ma vi è una coppia di elettroni in grado di formare un debole legame in direzione perpendicolare agli strati reticolari.

diamanti - diamonds
I diamanti si presentano con diverse sfaccettature

Questo debole legame tra gli strati di atomi, in quella conformazione particolarmente facile da individuare grazie alla caratteristica forma esagonale, giustifica l’estrema facilità con cui la grafite si sfalda (si pensi alla mina della matita, dove scrivendo non si fa altro che lasciare strati di grafite sul foglio), mentre il diamante è utilizzato per la sua proprietà abrasive, in ogni misura derivanti dall’eccessiva durezza: per sfaccettare un diamante, infatti, è necessario usare un altro diamante.

Come nascono i diamanti

Tuttavia, la grafite può trasformarsi in diamante in determinate condizioni di temperatura e pressione, questa trasformazione vede il coinvolgimento di un processo che avviene naturalmente all’interno del mantello terrestre, dove tali grandezze raggiungono valori estremi. Una volta formatosi nelle profondità del nostro pianeta, il diamante, riaffiora nella crosta terreste grazie ai movimenti tellurici che avvengono nel corso di millenni.

E’ inoltre possibile la creazione di diamanti artificiali, ma questi ultimi sono utilizzati specialmente per le lavorazioni degli acciai particolarmente tenaci nelle macchine utensili (come tornitura o lucidatura).

E’ dunque la rarità del diamante, la sua struttura atomica, a definirne la preziosità e pertanto il maggior valore in termini economici sul mercato mondiale. Gioiellieri e orefici – che adornano collier e parure – lo sanno bene.

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Sette brevi lezioni di fisica, di Carlo Rovelli https://cultura.biografieonline.it/sette-brevi-lezioni-di-fisica/ https://cultura.biografieonline.it/sette-brevi-lezioni-di-fisica/#respond Mon, 18 Apr 2016 16:41:33 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17927 Scoprire la fisica dopo alcuni anni di inutili studi liceali è una sorpresa altrettanto entusiasmante come leggere la Divina Commedia o I promessi sposi senza il commento dell’insegnante o l’obbligo di spiegarli durante l’interrogazione. Se poi a farlo è uno studioso di fama internazionale, che con semplicità e ironia, ti racconta le teorie più importanti del XX secolo, allora vale la pena leggerlo e, come tutti i libri che hanno senso, seguire la strada che ti indicano per cercare altri libri e approfondire altre teorie e altre conoscenza. Il libro in questione è un saggio curioso, anche dal punto di vista editoriale, che, dopo aver scalato le classifiche italiane, ha ottenuto un buon successo anche fra i lettori  inglesi e americani. Si tratta delle “Sette brevi lezioni di fisica” di Carlo Rovelli, pubblicato dalla casa editrice Adelphi.

Sette brevi lezioni di fisica - libro
Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi, 2014)

E’ un saggio piccolo, consta solo di 85 pagine e si leggerebbe in un’oretta, se non avesse il fascino del piccolo gioiello editoriale, che ti spinge a rileggerlo più volte, per trovare ogni volta qualcosa in più. La fisica è una materia ostica, ci sono appassionati che vi dedicano la vita e che, probabilmente, già sanno tutto delle lezioni di Carlo Rovelli e ci sono profani che trovano in questo libro un modo diverso di raccontare una materia che, magari, non li ha mai affascinati, anzi forse a volte li ha respinti.

Non è un miracolo di semplicità, intendiamoci. Anche se la rivista Nature lo ha definito una meraviglia, e confermo che le prime sei lezioni sono davvero interessanti, si tratta pur sempre della condensazione in poche pagine della legge generale della relatività di Einstein, delle teorie che hanno costruito la meccanica quantistica, della sostanza del calore, delle particelle elementari che compongono e costituiscono la realtà, della struttura del cosmo e della composizione dei buchi neri, quindi di temi importanti e che, come nel caso della relatività, hanno cambiato la storia della conoscenza.

Cosa rende allora speciale questo saggio? Prima di tutto il fatto che “Sette brevi lezioni di fisica” racconta perché queste scoperte ci riguardano e ci spiegano qualcosa in più del mistero della natura, della nostra vita e della realtà in cui viviamo. Poi perché ci racconta che la semplicità alla base di teorie molto complesse, racchiude la verità scientifica di queste teorie. Cioè che il fatto che una teoria complessa come quella della relatività generale o della meccanica quantistica, possano essere spiegate in poche righe non le rende banali, ma anzi ci fa intuire la loro eterna bellezza. Infine, ma ci sono anche altri motivi, che si tratta di un libro entusiasmante. Perché il prof. Carlo Rovelli, fisico teorico e membro dell’Institut universitaire de France, mostra come la teoria della relatività spieghi lo spazio e il tempo grazie ad un’idea folgorante: lo spazio è materia e la gravità, cioè il peso della massa, piega lo spazio e lo curva.

Carlo Rovelli
Una foto del Prof. Carlo Rovelli

Per questo motivo il nostro pianeta non procede all’infinito ma gira su se stesso, perché piega lo spazio che lo contiene. Poi il professore ci spiega come la meccanica quantistica, che nessuno è riuscito ancora a sistematizzare in una teoria completa ed esauriente, svela però il mistero dietro al comportamento delle particelle elementari e come la sua applicazione matematica abbia permesso, ad esempio – ma non solo – la creazione dei computer.

Carlo Rovelli spiega queste due teorie con la sicurezza di chi le ha studiate per tutta la vita e le deve raccontare a chi vorrebbe comprendere la fisica ma non ha strumenti e conoscenze per poterlo fare e certamente non tornerà all’università o al liceo per imparare i fondamentali.

Ma il viaggio non finisce qui, perché nelle pagine seguenti, in “Sette brevi lezioni di fisica“, ci spiega l’origine e la sostanza dei buchi neri e come le particelle elementari sono studiate per ricostruire i mattoni della realtà. E il lettore si sposta con piacere dall’universo al piccolo infinitesimale, cercando di capire perché tutto si tiene.

Le domande, come se fossimo ad una lezione vera e propria, nascono spontanee e solo una parte trova risposta. Il resto va cercato in altri libri, ma il fatto che un piccolo libro ci porti in un nuovo mondo e ci spinga a sollevare altri veli sulla realtà, non è poca cosa.

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La sostanza delle cose, libro di Mark Miodownik https://cultura.biografieonline.it/sostanza-delle-cose/ https://cultura.biografieonline.it/sostanza-delle-cose/#respond Mon, 28 Dec 2015 10:58:08 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16096 Nell’arco degli ultimi 60 anni gli scienziati che si sono occupati di chimica, biologia e fisica, sono stati in grado di creare tecnologie incredibili per la molteplicità delle loro applicazioni. Lo sviluppo di tali tecnologie appare inarrestabile e le scoperte nel campo dell’uso dei materiali sembrano davvero non avere fine e forse è l’unico vero cambiamento che la storia recente ha potuto registrare in modo così radicale e veloce. Mark Miodownik, un ingegnere dei materiali che insegna all’University College di Londra, ha cercato di raccontare la natura dei materiali e le loro applicazioni con un libro meravigliosamente semplice e al contempo complesso: “La sostanza delle cose” edito da Bollati Boringhieri nel 2015.

La sostanza delle cose (copertina del libro)
La sostanza delle cose. Storie incredibili dei materiali meravigliosi di cui è fatto il mondo.

Il libro consta di  249 pagine che si leggono d’un fiato, perché l’autore, con uno stile semplice, ci racconta come le tecnologie abbiano cambiato le nostre vite e stiano influenzando sempre di più il nostro destino. Mark Miodownik, prendendo spunto dalle cose che ci circondano,  racconta la storia di alcuni materiali come l’acciaio, la plastica, la carta, il vetro, il grafene e l’aerogel.

La sostanza delle cose: il libro

L’autore narra la complessità dei materiali attraverso un linguaggio e uno stile narrativo che ricordano l’autobiografia e in parte il romanzo. Attraverso il suo  racconto comprendiamo l’identità complessa dei materiali. La sua capacità divulgativa regala al lettore un viaggio stimolante in cui ogni materiale che accompagna la nostra vita diventa un protagonista stimolante.

Prendiamo ad esempio il cemento, la cui scoperta si deve ai romani, che lo hanno utilizzato un po’ dappertutto, come ad esempio nel Pantheon, la cui cupola è costituita da calcestruzzo rinforzato. Ma il cemento, materiale comune alla base di moltissime nostre abitazioni, non ha una genesi tanto semplice, anzi la sua composizione è ricca di altri materiali come carbonato di calcio, silicati, acqua, ma anche rocce ricche di alluminio e ferro.

Ogni materiale non ha un’unica composizione, anzi ogni singolo elemento si lega e si scioglie in altri, su diversi livelli e con diverse proporzioni. Come ad esempio l’oro che ha bisogno del rame per diventare più duro e resistente. Le strutture che compongono i materiali si incastrano e uniscono fra loro in una scala di grandezze che ci porta dal visibile all’invisibile.

Mark Miodownik
Una foto di Mark Miodownik

Ogni materiale, ci spiega l’autore Mark Miodownik, è composto di parti talmente piccole che sono necessari super microscopi per individuarle. E queste strutture o parti del materiale sono governate da forze intensissime che riparano e congiungono altre parti del materiale stesso.

L’autore ci trascina così in un’analisi dell’infinitamente piccolo che oltre a stupire affascina per le sue infinite applicazioni. Ma non si ferma a questo l’ingegnere inglese, che vanta una conoscenza dei materiali notevole. Il saggio, infatti, ci trasporta in un futuro in cui gli uomini saranno formati da materiali sintetici che ricostruiranno organi, ossa, capelli e forse il cervello, sconvolgendo il tema stesso dell’identità umana. In realtà la scienza, che non vede confine, può, attraverso le sue esplorazioni, scoprire elementi che chiarificano l’origine della vita e che spiegano, grazie alla natura degli atomi, come si costituisce la realtà.

Le riflessioni che nascono dalla lettura del libro

Ciò che però nemmeno i materiali e il loro studio spiega è la vera natura della nostra coscienza che contiene il mistero della vita. Per fortuna lo spirito e la coscienza, due temi molto dibattuti nell’arco degli ultimi 5000 anni, non possono essere analizzati e studiati al microscopio e soprattutto non possono essere giudicati con l’occhio di chi desidera scomporre e ricomporre un materiale per comprenderne la natura più intima.

Il libro “La sostanza delle cose” di Miodownik è un testo interessante, scritto con un piglio da scrittore che vuole tenere i propri lettori attaccati alla pagina, grazie ad esempi suggestivi e soprattutto grazie all’utilità di un ragionamento che ci spiega come è fatta la sostanza degli oggetti che utilizziamo tutti i giorni senza rendercene più conto.

Inoltre, il libro contiene una spiegazione storica dell’evoluzione degli oggetti che identifica lo sviluppo straordinario che il progresso scientifico nel campo dei materiali ha raggiunto da quando l’uomo ha cominciato a fabbricare i primi utensili.

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Differenze tra sospensioni e ammortizzatori https://cultura.biografieonline.it/sospensioni-ammortizzatori/ https://cultura.biografieonline.it/sospensioni-ammortizzatori/#respond Thu, 01 Oct 2015 10:11:39 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15257 Che differenza c’è tra le sospensioni e gli ammortizzatori? Il dubbio, che aleggia tra chi non ha una grande esperienza in fatto di macchine, è molto diffuso. Vale la pena, quindi, di risolvere il mistero. Per prima cosa, è bene sottolineare che sia le sospensioni che gli ammortizzatori sono importanti non solo per le prestazioni, ma anche per la sicurezza dei veicoli, in quanto servono a garantirne la tenuta di strada.

Sospensioni e ammortizzatori
Sospensioni e ammortizzatori

Le sospensioni, in particolare, sono costituite da componenti elastiche che collegano il telaio (cioè la struttura principale) della macchina alle ruote: il loro scopo è quello di assorbire i colpi e le sollecitazioni provenienti dal terreno (per esempio quando si incontra una buca o un dosso), favorendo la stabilità del veicolo e quindi offrendo il massimo comfort possibile a chi si trova alla guida e ai passeggeri.

L’importanza del ruolo delle sospensioni è facile da capire se si pensa a cosa accadrebbe se l’intera massa della macchina fosse collegata direttamente alle ruote: in pratica, tutti i movimenti delle ruote sarebbero trasmessi al telaio, e quindi a chi si trova a bordo, con sobbalzi a dir poco pericolosi. Insomma, riuscire a controllare il mezzo sarebbe pressoché impossibile, senza scordare la scomodità di un viaggio di questo tipo.

Le sospensioni si chiamano così in quanto separano le masse sospese (cioè la carrozzeria, gli interni, il motore, eccetera) dalle masse non sospese (cioè le gomme, i cerchioni e i freni) del veicolo.

E’ possibile vedere degli esempi di sospensione, qui.

I tipi di sospensione

Si può distinguere tra diversi generi di sospensioni: quelle a barre di torsione, quelle a balestra, quelle a molle e quelle pneumatiche. Le più utilizzate sono le sospensioni a molle elicoidali, che si basano su molle a torsione che agiscono per compressione. Per evitare che le molle si flettano lateralmente (come accade quando proviamo a premere una molla con le mani), esse sono dotate di una guida.

Sospensioni a molla
Sospensioni a molla elicoeidale

Le molle, a loro volta, possono essere lineari, vale a dire a flessibilità costante, o progressive, vale a dire a flessibilità variabile. In questo secondo caso, la flessibilità cambia in funzione della sollecitazione che si ottiene da spirali di dimensioni differenti.

Gli ammortizzatori

Gli ammortizzatori, invece, sono componenti associati alle sospensioni: il loro compito è quello di rallentare e di attenuare proprio il movimento delle sospensioni, le quali – essendo strumenti elastici – dopo una sollecitazione tendono a tornare allo stato iniziale non in modo fluido, ma con una certa violenza.

In assenza degli ammortizzatori, le sospensioni darebbero vita a reazioni tali da rendere nulla la loro azione, e di conseguenza il comfort di guida sarebbe comunque compromesso. Insomma, le sospensioni senza gli ammortizzatori non hanno ragion d’essere.

Senza gli ammortizzatori si potrebbero verificare anche delle conseguenze più gravi: per esempio, in presenza di una deformazione del manto stradale particolarmente evidente, come un buco più ampio della norma, le ruote della macchina rischierebbero addirittura di staccarsi da terra, con il veicolo che perderebbe aderenza e il conducente che farebbe molta fatica a controllarlo.

Sospensione - Ammortizzatore

Gli ammortizzatori, dunque, assorbono le oscillazioni e gli urti controllando il movimento delle sospensioni. Grazie ad essi le molle delle sospensioni possono essere morbide, in quanto la velocità di movimento delle sospensioni in corrispondenza degli urti viene tenuta sotto controllo.

Anche per gli ammortizzatori, così come per le sospensioni, si possono distinguere tipologie diverse: ammortizzatori idraulici, ammortizzatori a frizione, ammortizzatori pneumatici, ammortizzatori magnetici e mass damper.

Particolarmente interessanti sono gli ammortizzatori pneumatici, che si basano sulla presenza di un gas che passa attraverso una fessura nel momento dell’estensione e della compressione: in questo modo, l’energia che lo preme viene assorbita. Essendo il gas elastico, questi ammortizzatori possono essere adoperati anche come sospensioni. Una delle aziende leader nella produzione di questi componenti meccanici è bilstein.com

Ecco spiegata, dunque, la differenza tra sospensioni e ammortizzatori: le prime, in pratica, assorbono gli urti durante la circolazione, ma senza i secondi non potrebbero funzionare.

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Differenza tra evaporazione ed ebollizione https://cultura.biografieonline.it/evaporazione-ebollizione-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/evaporazione-ebollizione-differenze/#respond Wed, 09 Jul 2014 07:48:51 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11511 Parlando di fenomeni fisici, molto stesso vengono utilizzati i termini evaporazione ed ebollizione. Vediamo quali sono le principali differenze tra le due parole.

Acqua che bolle - evaporazione ed ebollizione
Acqua che bolle ed evapora

Evaporazione

Per evaporazione si intende un processo fisico dove viene messo in evidenza il passaggio dallo stato liquido a quello aeriforme (gas o vapore) che coinvolge la sola superficie del liquido. In questo caso, vengono coinvolti solo gli strati superficiali ed il processo avviene a qualsiasi temperatura in cui si trova il nostro liquido. Nel caso dell’evaporazione, una molecola evapora dalla superficie liquida, abbandonando il liquido stesso, passando allo stato gassoso solo se acquista energia cinetica sufficiente a sfuggire; il che avviene in maniera del tutto casuale e secondo le leggi dettate dalla fisica. Più elevata risulta l’evaporazione del liquido, maggiore risulterà la diminuzione di temperatura che ne consegue. Differente è invece il fenomeno dell’ebollizione.

Ebollizione

Per ebollizione si intende il processo fisico in cui si ha la vaporizzazione che coinvolge l’intera massa del liquido. Tale processo consente il formarsi di bolle, che risalendo in superficie, sfuggono attraverso essa. A differenza dell’evaporazione, l’ebollizione coinvolge tutto il volume del liquido e il relativo valore di tale temperatura dipende dalla pressione esterna al liquido. Se si vuole portare allo stato di ebollizione un liquido, si aumenta sensibilmente la temperatura e di conseguenza se ne abbassa la relativa pressione.

Temperatura di ebollizione

Importante infatti è la temperatura di ebollizione, una caratteristica di una sostanza pura o miscuglio, denominata punto di ebollizione, caratterizzata dai valori di temperatura e pressione in cui coesistono le fasi liquida e aeriforme. Ogni liquido, infatti, possiede una sua temperatura di ebollizione, definita in modo esatto. Inoltre, la temperatura di ebollizione varia in presenza di sostanze disciolte nel liquido in esame. All’aumentare della temperatura, la tensione di vapore aumenta; a parità di pressione, scaldando un liquido che non si trova ancora nello stato di ebollizione, lo si porta in ebollizione; mentre viceversa, se si raffredda un liquido in ebollizione, l’ebollizione termina di esistere.

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Differenza tra temperatura e calore https://cultura.biografieonline.it/temperatura-calore-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/temperatura-calore-differenze/#comments Wed, 04 Jun 2014 10:53:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11127 Temperatura e calore sono due termini completamente diversi anche se sono tra di loro connessi.

La temperatura

Con il termine temperatura si intende una proprietà fisica intensiva definita per mezzo di una grandezza fisica che interviene nella descrizione dei fenomeni termici e che viene definita operativamente mediante un criterio di misura. Viene definita come la misura di quanto un corpo sia caldo oppure freddo.

Termometro elettronico e termometro tradizionale con scale che misurano i gradi Centigradi e Fahrenheit
Temperatura e Calore: foto di due tipi di termometri

Il concetto di temperatura nasce dal comune tentativo di quantificare le sensazioni di “caldo” e “freddo”. La temperatura svolge un ruolo determinante in svariati campi della scienza a partire dalla fisica, alla chimica ed infine alla biologia.

Scale di temperatura

Per misurare la temperatura vengono utilizzati il termometro a liquido oppure in altri casi, tra gli altri strumenti importanti, compaiono: termocoppia, termistore, resistance temperature detector e pirometro. Uno dei metodi più diffusi per misurare la temperatura è quello della misurazione della dilatazione termica che subiscono due corpi. Molti studiosi, tra cui il fisico tedesco Gabriel Daniel Fahrenheit, hanno introdotto la scala di temperatura per le varie misurazioni.

Nella scala Fahrenheit viene indicato il punto di congelamento (e di fusione) del ghiaccio dove è attribuito il valore di temperatura di 32 °F, mentre al punto di ebollizione è attribuito il valore di 212° F. L’astronomo svedese Anders Celsius invece, nella sua scala centigrada, o Celsius, indica il punto di fusione che corrisponde a 0 °C e quello di ebollizione a 100° C. La scala Rankine invece considera lo zero assoluto a – 459,67 °F, che corrisponde a 0° R, e il punto di congelamento a 491,67 °R. Nella scala assoluta, o Kelvin, ispirata al matematico e fisico britannico William Thomson Kelvin, lo zero assoluto è a -273,15 °C (che corrisponde a 0° K) e l’intervallo di temperatura assegnato a un grado è uguale a quello della scala centigrada.

Il calore

Con il termine calore, invece, si intende una forma di energia che fluisce da un corpo ad un altro per colmare una differenza di temperatura. L’unità di misura del calore è il joule ma in chimica viene usata anche la caloria, definita come la quantità di calore necessaria a portare la temperatura di un grammo di acqua distillata, sottoposta alla pressione di una atmosfera, da 14,5 °C a 15,5°C.

Per lungo tempo, si è pensato al calore come ad un gas impalpabile “il calorico”, che attraversava i corpi passando dall’uno all’altro. In realtà, altre esperienze come la sensazione di caldo che si ha sfregando le mani, fanno supporre che il calore possa essere prodotto a spese di un qualunque tipo di energia. Dunque è corretto pensare al calore non come ad un fluido che passa, ne come ad una forma di energia, ma come ad un modo di trasferire energia da un corpo all’altro.

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