figure retoriche Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 03 Jan 2023 16:48:54 +0000 it-IT hourly 1 Il bove (poesia di Carducci): analisi, parafrasi e commento https://cultura.biografieonline.it/il-bove-carducci/ https://cultura.biografieonline.it/il-bove-carducci/#comments Fri, 29 Apr 2016 06:18:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18062 Inserita nella raccolta “Rime Nuove“, la poesia “Il bove scritta da Giosuè Carducci in realtà è un sonetto, il cui testo autografo risale al 23 novembre 1872. Questo componimento può essere considerato una valida sintesi dello stile e della poetica di Carducci. Nonostante il tema sia agreste (il protagonista del sonetto è un bue che pascola placido nei campi della Maremma toscana) in realtà lo stile della poesia è piuttosto ricercato.

Il bove

L’occhio del poeta coglie il bue in una tipica scena rurale, e quindi ancora una volta predomina nel componimento l’idea della Natura che dona pace e serenità all’uomo che la contempla. Accanto ai concetti di lavoro e fertilità che si associano alla terra, il Carducci introduce quelli di “forte tranquillità” e “serenità virile“.

La Natura è infatti lontana dalle inquietudini e dalle suggestioni del mondo, è un luogo in cui rifugiarsi per ritrovare vigore e forza. Il placido bue, “fotografato” dall’autore nell’atto di pascolare, diventa l’emblema di una realtà priva di “contaminazioni” e bassezze moderne. Proprio questo animale serve al poeta per richiamare la sua concezione del mondo, che è appunto caratterizzato dall’osservanza di principi etico-morali e dalla serenità d’animo.

Il bove: testo della poesia

T’amo, o pio bove; e mite un sentimento
Di vigore e di pace al cor m’infondi,
O che solenne come un monumento
Tu guardi i campi liberi e fecondi,

0 che al giogo inchinandoti contento
L’agil opra de l’uom grave secondi:
Ei t’esorta e ti punge, e tu co ‘l lento
Giro de’ pazienti occhi rispondi.

Da la larga narice umida e nera
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto
Il mugghio nel sereno aer si perde;

E del grave occhio glauco entro l’austera
Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde.

Il bove: parafrasi

Ti amo, o pio bove; che mite mi infondi nel cuore
un sentimento di forza e di pace,
e che imponente come un monumento
guardi i campi vasti e fertili.

O che piegandoti di buon grado al giogo
assecondi lento il veloce lavoro dell’uomo:
egli ti esorta e ti pungola, e tu gli rispondi con il lento
movimento dei tuoi occhi pazienti.

Dalla larga narice umida e nera
esala il tuo alito, e come un canto felice
il muggito si perde nel cielo sereno;

E nella severa dolcezza dell’austero occhio azzurro
si rispecchia vasto e tranquillo il celeste
silenzio della verde pianura.

Analisi e commento

Il testo del sonetto riprende argomenti cari al poeta e che ritroviamo in altre famose opere di Carducci delle “Rime nuove” (ad esempio “Pianto antico“, “San Martino“, “Davanti San Guido“, “Maggiolata“): il mondo bucolico, la funzione morale ed etica dell’arte e la sincerità dei valori.

Nella prima strofa de “Il bove” Giosuè Carducci si sofferma a descrivere il bue mansueto che pascola nei campi fertili e che infonde calma e serenità a chiunque lo guardi.

Nella seconda strofa, invece, si mette in evidenza che il bue aiuta l’uomo a lavorare la terra ma da questo viene purtroppo spesso sfruttato. Girando gli occhi verso il suo padrone, che gli tende le redini per stimolarlo, il bue dimostra di apprezzare con pazienza e gioia il suo duro lavoro.

Nell’ultima strofa il poeta coglie il colore azzurro degli occhi dell’animale, e termina il sonetto scrivendo che in essi si rispecchia il silenzio della verde pianura.

Mansuetudine e laboriosità sono le due caratteristiche che il poeta attribuisce al bue e che suscitano in lui serenità e tranquillità d’animo. Nonostante il duro lavoro che l’animale compie per aiutare l’uomo nel coltivare i campi il bue appare fermo e soddisfatto in quanto consapevole di aver compiuto il suo dovere. In un certo qual modo il bue è contento di aver alleviato, con il suo aiuto, il lavoro campestre del padrone che, invece, spesso non lo tratta come dovrebbe (sfruttando anzi la sua tipica mansuetudine). Il bue acquisisce quindi la solennità di un monumento che si erge placido in mezzo ai campi.

L’esordio del Carducci in questo sonetto è: “T’amo o pio bove“, in cui traspare un sentimento di benevolenza del poeta nei riguardi di uno degli animali più devoti e servili. Il riferimento alla natura e agli animali rende la poetica del Carducci assai vicina a quella virgiliana. Virgilio è infatti il poeta prediletto di Carducci. Si coglie anche una vena nostalgica del paesaggio maremmano, che è particolarmente amato dal poeta per la sua bellezza.

Per quanto concerne la metrica, appare chiaro che il sonetto “Il bove” viene praticamente diviso in due parti. Il passaggio dalla prima alla seconda avviene però in maniera delicata e senza alcuna forzatura, tanto che solo un lettore accorto ed esperto se ne accorge.

Dal punto di vista sintattico si nota la presenza di diverse figure retoriche. Il lessico appare classicheggiante come in tutte le liriche carducciane, anche se non mancano termini più concreti e “rustici” che servono a descrivere la realtà agreste.

Pio bove

Molti critici letterari si sono soffermati a dare un’interpretazione del soggetto scelto dal Carducci nella poesia “Il bove”: il bue, essendo “pio” è in realtà una manifestazione del Divino. L’animale viene descritto in un’ottica religiosa che lo rende appunto solenne come un monumento, poiché ricorda la solennità di una statua, e questo lo fa ancora più amorevole agli occhi degli uomini.

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Mattina (M’illumino d’immenso): parafrasi e analisi https://cultura.biografieonline.it/mattina-ungaretti/ https://cultura.biografieonline.it/mattina-ungaretti/#comments Mon, 14 Mar 2016 17:05:10 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17471 Si intitola “Mattina” ed è composta da quattro sole parole divise in due celebri versi: M’illumino d’immenso. La lirica, può essere considerata il manifesto della poetica ungarettiana per la sua brevità e il messaggio lampante che lancia, ed è sicuramente una tra i componimenti più brevi dell’interno Novecento. È stata scritta da Giuseppe Ungaretti a Santa Maria La Longa (UD) il 26 gennaio del 1917.

Mattina
“Mattina”, celebre poesia di Ungaretti composta dai versi “M’illumino d’immenso”.

La raccolta di poesie, “L’Allegria”

La poesia “Mattina” fa parte della terza sezione, intitolata Naufragi, della raccolta L’Allegria, pubblicata per la prima volta nel 1931. Inizialmente l’intera raccolta era intitolata Allegria di Naufragi ma il poeta decise poi di semplificare il titolo e renderlo più diretto.

L’edizione definitiva è del 1942 e contiene diverse sezioni:

  • Il porto sepolto, con l’omonima celebre poesia, e che raccoglie le prime poesie dedicate all’esperienza della Prima Guerra Mondiale, vissuta da Ungaretti come soldato arruolato sul Carso;
  • Naufragi, che contiene ancora poesie di guerra composte sul fronte;
  • Girovago, poesie composte durante l’esperienza di guerra in Francia;
  • Prime, testi composti nel dopo guerra.

Le tematiche della raccolta esprimono i sentimenti di dolore nei confronti dell’esperienza della guerra che il poeta visse in prima persona e il senso di attaccamento alla vita che ne deriva. Un’altra tematica rilevabile è la fratellanza tra gli uomini. Essa diventa un valore fondamentale da perseguire nei momenti bui della guerra. Il titolo, Allegria, allude infatti allo slancio positivo dell’uomo che sopravvive nonostante i dolori e i naufragi della vita.

Mattina : storia, parafrasi e analisi

La poesia Mattina è composta da due soli versi e per comprenderla a pieno bisogna necessariamente leggere anche il titolo, al quale si riferisce imprescindibilmente il contenuto. Il famoso critico letterario Romano Luperini ha notato come il poeta abbia rappresentato la grandezza attraverso la luce.

Inizialmente la poesia doveva essere leggermente più lunga e doveva intitolarsi “Cielo e mare”:

M’illumino
d’immenso
con un breve
moto
di sguardo.

La ragione della riduzione sta nella volontà dell’autore di rappresentare su carta la sensazione del momento senza ricorrere a parole inutili. Il verso viene ridotto all’osso, in questo caso a sole poche parole (le parole-verso) per potenziare il valore semantico di ognuna di esse.

M’illumino d’immenso significa questo: lo splendore del sole che è sorto da poco regala al poeta una sensazione interiore che lo ricollega al senso di vastità. Egli si sente vivo e parte dell’infinito mistero della natura. Lo stato d’animo descritto è quasi mistico, di unione con l’universo.

I due versi sono dei ternari senza rima che, letti insieme, diventano un settenario perfetto. Tra i due versi ci sono anche alcune consonanze (ritorno del suono –m) che contribuiscono all’unificazione di essi.

È presente anche la figura retorica della sinestesia (accostamento di due termini appartenenti a sfere sensoriali differenti). La sensazione fisica della luce del sole (illuminare) viene riferita ad un sentimento interiore (scambio di sensazione e pensiero).

Si tratta di un componimento geniale. Il poeta, con sole poche parole, trasmette la sensazione forte e maestosa del risveglio mattutino. Esso rappresenta la voglia di vita e di grandezza, nonostante il continuo perpetrarsi degli orrori della guerra.

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