Eccolo, è arrivato: “lupus in fabula”.
L’espressione “lupus in fabula” si potrebbe tradurre in italiano con
E probabilmente si commetterebbe comunque un errore.
Quel che riguarda il significato è il gioco della corrispondenza.
Così come il lupo nella favola, molto ricorrente e facilmente associato, allo stesso modo l’espressione – o il modo di dire – indica una determinata persona in arrivo, rispetto al discorso che si stava facendo un minuto prima che questa si palesasse.
Quando diciamo “lupus in fabula” stiamo utilizzando un parallelo fra la vita e la favola. Non è impensabile che questa espressione possa rimandare ad Esopo nelle cui favole il lupo è molto ricorrente. Lo usa spesso come incarnazione dell’antagonista.
Esopo è stato l’iniziatore della favola in forma scritta. Dopo di lui sono venuti altri grandi scrittori di fiabe come Fedro e Jean de La Fontaine.
C’è un “lupus in fabula” in Terenzio nell’opera Adelphoe. In forma poco diversa si legge in Plauto. Infine anche in Cicerone troviamo la frase “lupus in fabula venit enim ad me”. Ma per i latini questa fabula non è la favola, né il discorso. La fabula è la favella (la lingua, la parola o la facoltà di parlare).
Più che “parli del diavolo e spuntano le corna“, stando all’origine latina, “lupus in fabula” indicherebbe l’azione di smettere di parlare all’arrivo del lupo.
I latini credevano che quando qualcuno fosse visto per primo dal lupo, smettesse di parlare.
Allo stesso modo il sopraggiungere di una persona, tronca il discorso che si stava facendo. Tanto è vero che in alcune culture quando si ha mal di gola o la voce fioca per un raffreddore, si dice che quella persona abbia visto il lupo.
C’è un significato più superficiale che ci porta a pensare al protagonismo assoluto del lupo nella favola: lo stesso della persona di cui stavamo parlando un attimo prima che si palesasse. Meno superficialmente c’è una credenza che ci racconta che chi vede il lupo, smette di parlare come facciamo quando stiamo parlando di qualcuno che poi improvvisamente sopraggiunge.
L’espressione “lupus in fabula” è stata presa in prestito dal semiologo italiano Umberto Eco che nel 1979 ha pubblicato un testo dal titolo “Lector in fabula“. Nel saggio Eco parla di interpretazione testuale e di come il lettore in qualche modo si ponga egli stesso dentro la lettura di un testo. Eco spiega come, approcciando un volume, ognuno di noi porti dentro la comprensione dello stesso i suoi “non detti”, “già detti” e quell'”enciclopedia” di sensi epocali che cooperano in una direzione particolare di lettura.
]]>La storia dell’Acciarino Magico si ispira ai racconti delle Mille e una notte. Qui si racconta di un soldato che torna dalla guerra; con sé ha solo uno zaino quasi vuoto ma ha un carattere coraggioso ed ottimista.
Dopo l’incontro con una strega, il giovane soldato le offre il suo coraggio in cambio di ricchezza.
Un soldato marciava allegramente verso il suo villaggio: uno, due! Uno, due! Con lo zaino in spalla e la sciabola al fianco, ritornava dalla guerra. Improvvisamente incontrò una strega molto vecchia e brutta.
– Buongiorno, soldato, – gli disse, – hai una bella sciabola, ma il tuo zaino sembra vuoto. Ti piacerebbe possedere molti soldi?
– Si, certo, rispose il soldato.
– Bene, allora scendi nel tronco cavo di questo albero. Prima ti attaccherò una corda intorno alla vita, per farti poi risalire quando me lo domanderai – continuò la strega.
– Che cosa troverò in questo grosso albero? – domandò il giovane soldato.
– Denaro, soldato, tanto quanto ne vorrai. Quando sarai arrivato sul fondo, vedrai una galleria illuminata da un centinaio di lampade. Sulla sinistra troverai tre porte: ciascuna di esse apre una stanza. Nella prima camera vedrai un cofano sul quale è seduto un cane con due occhi grandi e piatti. Non averne paura, stendi per terra il mio grembiule blu a quadri, afferra poi il cane e mettilo su di esso: come per incanto, resterà immobile. Apri pure il cofano e prendi tutti i soldi di rame che desideri.
Se preferisci invece le monete d’argento, entra nella seconda stanza. Anche qui c’è un cofano difeso da un cane con due occhi grandi come le macine di un mulino. Agisci come la prima volta e prendi tutti i soldi d’argento che desideri.
Ma se vuoi l’oro, entra nella terza stanza. Anche là troverai un cane con due occhi grandi come la torre rotonda di Copenaghen. Fai come prima e prendi tutte le monete d’oro che desideri.
– Certo che mi conviene molto – mormorò il soldato.
– E voi cosa desiderate in cambio di queste ricchezze?
– Riportami solamente l’acciarino che mia madre ha dimenticato l’ultima volta che è scesa nell’albero.
– D’accordo. Dammi il tuo grembiule a quadri blu, attacca la corda intorno alla mia vita, poi scenderò subito in fondo all’albero – disse il giovanotto, risoluto.
Le cose andarono come aveva detto la strega. Il soldato trovò uno dopo l’altro i tre cani spaventosi con i loro occhi grandi. Si riempì le tasche di monete di rame, ma le svuotò subito dopo per prendere quelle d’argento ed infine per le monete d’oro di cui si riempì anche gli stivali e lo zaino. Ora era cosi ricco che avrebbe potuto comperare la città di Copenaghen!
Trovò l’acciarino, lo prese e chiamò la strega.
– Che cosa vuoi fare di questo acciarino? – le domandò il giovanotto quando fu nuovamente fuori sulla strada.
– Sei troppo curioso, soldato! Accontentati dell’oro che hai!
– Voglio anche l’acciarino! Ridammelo o ti ammazzerò!
La strega si rifiutò con fermezza; il soldato allora l’ammazzò e con passo pesante, perché era molto carico, si diresse verso la città vicina dove alloggiò nel miglior albergo.
Là condusse una bella vita, circondato da cortigiani che lo adulavano.
Un giorno sentì parlare dei pregi e della bellezza della principessa, figlia del re di Danimarca.
– Mi piacerebbe molto conoscerla – sospirò il soldato.
– È impossibile – gli fu risposto.
– La principessa vive rinchiusa in un castello, circondato da alte mura. Nessuno può avvicinarsi. Il re la sorveglia gelosamente perché un mago gli ha predetto che sposerà un semplice soldato.
Per dimenticare questa delusione il giovane uscì con i suoi amici e sperperò molti soldi; tanto che, un giorno, non gliene rimase nemmeno uno.
Lasciò l’albergo per andare a vivere in una povera mansarda. I suoi amici gli voltarono le spalle.
Una sera, volendo accendere la sua candela, batté l’acciarino della strega. Nell’attimo stesso che s’accese la scintilla, apparve uno dei tre cani con gli occhi grandi.
– Ordina, padrone! Io ti servirò – gli disse – e i miei compagni sono anch’essi pronti ad ubbidirti.
Il soldato capì che l’acciarino era magico e chiese alcune monete d’oro. In questo modo ridiventò presto ricco e adulato.
Tuttavia era triste, perché era innamorato segretamente della principessa.
Una notte, ormai disperato, incaricò uno dei cani di portargli la principessa. Era così bella, profondamente addormentata sul dorso dell’animale, che il soldato le diede un bacio. Il cane la riportò poi al castello.
Il giorno dopo la principessa raccontò ai genitori sovrani ciò che credeva fosse stato un sogno. Diffidente, il re la fece seguire dalle sue ancelle per vedere dove andasse di notte. Il cane, però, riuscì a far perdere le tracce.
Allora la regina fece cucire nei vestiti di sua figlia un taschino pieno d’orzo, forato all’estremità. Così, quando il cane, la notte seguente, portò via la principessa, i semi d’orzo caddero per terra indicando la strada che portava alla casa del soldato.
Il giovanotto fu immediatamente gettato in prigione e condannato all’impiccagione. Il giorno dell’esecuzione, moltissima gente si era riunita nella piazza. I sovrani e i giudici troneggiavano dall’alto di un palco.
Due guardie portarono il condannato che, prima di morire, espresse l’ultimo desiderio: quello di fumare un’ultima volta la pipa; ciò gli fu concesso. Prese dalla tasca l’acciarino magico e lo batté tre volte: i tre cani comparvero, feroci con i loro grandi occhi. Balzarono sui sovrani e li fecero precipitare dall’alto del palco sulla piazza ove si sfracellarono.
– Viva il piccolo soldato! – urlò la folla che detestava i sovrani tiranni – viva il nostro re!
Il soldato, divenuto re, sposò la principessa e furono felici per moltissimi anni, ben protetti dai tre cani dai grandi occhi.
Alcune caratteristiche identificano un racconto come una fiaba. Tra queste troviamo la presenza dell’elemento magico: molti degli avvenimenti narrati nella fiaba possono avvenire soltanto attraverso una magia o un prodigio. Vi è inoltre l’indeterminatezza di tempi e luoghi, che non sono quasi mai definiti: le fiabe iniziano infatti con “C’era una volta… in un paese lontano lontano…”; il periodo storico non è quindi identificabile. I personaggi e le vicende sono ricavati dalla mitologia e dalle tradizioni popolari e sono quasi sempre inverosimili o inesistenti nella realtà quotidiana. Le fiabe si presentano inoltre con un linguaggio ripetitivo, per esempio “Cammina cammina…” e “Tanto tanto tempo fa…”, come ripetitivi sono a volte alcuni episodi, che troviamo presenti anche in più fiabe.
Il bene e il male, i buoni e i cattivi, i furbi e gli stupidi, sono sempre nettamente distinti. Il lieto fine è sempre presente, tranne che nelle fiabe letterarie nelle quali il finale può essere drammatico. La morale delle fiabe è presente, non dichiarata esplicitamente ma sottintesa. Tramandate oralmente da generazioni, le fiabe propongono un linguaggio popolare, molto semplice e a volte grammaticalmente non corretto; i modi di dire sono spesso inseriti in una fiaba, come anche le formule magiche.
I fratelli Jacob e Wilhelm Grimm sono ricordati nel mondo soprattutto per aver raccolto e rielaborato numerose fiabe popolari, alcune famosissime, come “Biancaneve”, “Cenerentola”, “Hansel e Gretel”, “Cappuccetto Rosso”, “I tre porcellini”, “Il gatto con gli stivali”, “Pollicino” e “La bella e la bestia”.
Il termine favola condivide con fiaba la stessa etimologia, ma si tratta di un genere narrativo diverso.
Le favole sono brevi racconti, in prosa o in versi, che solitamente hanno come protagonisti animali antropomorfi, cioè animali che incarnano caratteristiche umane, per esempio la capacità di parlare e di ragionare. Possono essere presenti anche esseri inanimati che interagiscono con i protagonisti. Gli ambienti in cui si svolge il racconto nella favola sono realistici: le vicende sono quindi aderenti alla vita quotidiana. A differenza della fiaba, nella favola è assente l’elemento magico e la morale è formulata esplicitamente di solito alla fine della narrazione, anche in forma di proverbio. Il linguaggio della favola è più curato di quello della fiaba.
Il più antico e noto autore di favole dell’antica Grecia e del mondo occidentale è Esopo: di lui si sono conservate circa 400 narrazioni appartenenti al genere letterario della favola. Molte di queste favole sono così celebri che hanno acquisito la funzione di proverbio, come “La volpe e l’uva”, “La cicala e la formica”, “Al lupo! Al lupo!”.
]]>Jacob Ludwig Karl Grimm nasce il 4 gennaio 1785 a Hanau, piccola città nei pressi di Francoforte; suo fratello Wilhelm Karl, invece, vede la luce un anno più tardi, il 24 febbraio 1786, sempre ad Hanau. Dopo aver frequentato il Ginnasio Friedrichs di Kassel, i due fratelli Grimm studiano legge presso l’Università di Marburgo, dove sono allievi, tra l’altro, di Friedrich Carl von Savigny, celebre giurista tedesco del quale diffondono e rielaborano gli studi di metodologia e il pensiero in materia di scienza giuridica.
Quindi, i Grimm si uniscono ad alcuni docenti dell’ateneo di Gottinga, e tra il 1837 e il 1841 danno vita a una protesta nei confronti della decisione del re Ernesto Augusto I di abrogare nello stato di Hannover la costituzione liberale. Il gruppo di protesta in Germania diventa noto con il nome de “I sette di Gottinga” (“Die Goettinger Sieben”): tutti e sette, però, vengono licenziati dai rispettivi incarichi universitari. Anche se alcuni di loro vengono addirittura deportati, “I sette di Gottinga” possono contare sul sostegno e sul favore delle accademie tedesche e dell’opinione pubblica.
Nel frattempo, i fratelli Grimm si dedicano all’attività letteraria, iniziata già negli anni Dieci del Secolo XIX: dopo aver elaborato e raccolto numerose fiabe appartenenti alla tradizione tedesca (su intuizione di Jacob, bibliotecario e professore di lettere), i due pubblicano anche diverse fiabe francesi. Le storie create dai due linguisti tedeschi non sono pensate per i bambini, come si può dedurre dall’ambientazione tenebrosa e oscura, e dalla quantità di particolari cruenti (spesso edulcorati e tagliati in seguito alla traduzione in lingua inglese della settima edizione, pubblicata nel 1857, delle loro raccolte).
Lupi, streghe, troll e goblin sono i protagonisti delle storie dei fratelli Grimm, tra foreste pericolose e fatti di sangue fin troppo terribili (secondo gli standard tipici della tradizione popolare germanica). Nelle loro fiabe, invece, mancano contenuti sessuali espliciti, a differenza di quello che accade nella maggior parte dei racconti favolistici del tempo. Le storie raccontate dai Grimm, secondo gli antropologi e gli psicologi moderni, non sono altro che rappresentazioni simboliche di sentimenti negativi come l’abuso dei genitori, la paura di essere abbandonati e lo sviluppo sessuale. Tra chi parla di rappresentazione dei miti freudiani, come Bruno Bettelheim nel volume “Il mondo incantato”, e chi vede un retaggio proveniente dalla tradizione alchemica, le opere dei Grimm costituiscono in ogni caso un patrimonio inestimabile in Germania e in Europa.
Ritenuti i padri del movimento democratico della Germania, i Grimm hanno contribuito a formare la cultura e l’opinione pubblica tedesca, ma anche la lingua. All’inizio dell’Ottocento, infatti, la Germania si compone di centinaia di piccole nazioni e principati, il cui minimo comun denominatore è rappresentato dalla lingua tedesca. Anche per questo motivo i fratelli Grimm decidono di trascrivere le fiabe con cui entrano in contatto o che ideano: per contribuire alla nascita di un’identità tedesca. Ciò viene reso possibile, tra l’altro, dalla realizzazione del “Deutsches Woerterbuch”, un dizionario tedesco poco noto al pubblico moderno ma che rappresenta una tappa fondamentale per la costituzione della lingua tedesca attuale.
Non è un caso che il dizionario dei Grimm, composto da trentatré volumi, venga ritenuto ancora oggi la più autorevole fonte e risorsa per l’etimologia delle parole tedesche. Jacob Grimm, in particolare, ha formulato in linguistica la legge relativa alla prima mutazione consonantica, chiamata appunto “legge di Grimm”.
Wilhelm Grimm muore nel 1859, mentre Jacob scompare nel 1863: i loro corpi vengono sepolti a Schonberg, un quartiere di Berlino, nel cimitero di St. Matthaeus Kirchoof.
Cavalieri dell’Ordine di Massimiliano per le Arti e per le Scienze e Cavalieri dell’Ordine Pour le Mérite, i fratelli Grimm hanno influenzato a tal punto la cultura moderna da vedersi dedicare un film (“I fratelli Grimm e l’incantevole strega”, titolo originale “The brothers Grimm”) uscito nel 2005, e una serie tv (chiamata semplicemente “Grimm”) di carattere fantasy con tinte poliziesche.
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