festival Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 11 Feb 2023 10:03:39 +0000 it-IT hourly 1 Cactus Festival: i baby giudici nelle scuole italiane scelgono i cortometraggi https://cultura.biografieonline.it/cactus-festival-baby-giudici/ https://cultura.biografieonline.it/cactus-festival-baby-giudici/#respond Thu, 29 Apr 2021 12:53:38 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=33975 Partirà il prossimo 3 Maggio la prima edizione della rassegna Cactus international children’s and youth film festival, organizzata dalla associazione culturale Long neck doc. Per l’occasione sono stati coinvolti, nelle 20 regioni italiane, 12.576 alunni appartenenti a 687 classi della scuola dell’infanzia, primaria, e secondaria di primo grado.

Saranno proprio loro, gli studenti, a giudicare i 28 cortometraggi in concorso, naturalmente dopo averli visionati e valutati sulla base di alcuni precisi parametri. Tra i corto in gara ci sono anche 11 anteprime italiane, una europea ed una internazionale.

L’obiettivo principale di questo particolare Festival è quello di far scoprire storie appositamente realizzate per l’infanzia e la preadolescenza in modo da coinvolgere direttamente i bambini e i più giovani nella valutazione di quelle più emozionanti. Gli studenti potranno visionare i cortometraggi entro il prossimo 14 Maggio. La premiazione si svolgerà il 5 Giugno.

Alessandro Stevanon, direttore artistico del Cactus Festival, ha spiegato: “Abbiamo deciso di proporre un festival rivolto esclusivamente ai bambini e ai ragazzi perché questo periodo di pandemia ha messo a dura prova la centralità dell’infanzia e della preadolescenza nelle relazioni così come nelle espressioni culturali a esse dedicate“.

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Festival di Berlino, prima tranche in live streaming: ci sono due documentari italiani https://cultura.biografieonline.it/festival-di-berlino-prima-tranche-in-live-streaming-ci-sono-due-documentari-italiani/ https://cultura.biografieonline.it/festival-di-berlino-prima-tranche-in-live-streaming-ci-sono-due-documentari-italiani/#respond Fri, 12 Feb 2021 17:00:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=32720 Il 71° Festival del Cinema di Berlino aprirà i battenti dal 1° al 5 Marzo prossimo, ma nella prima parte sarà in live streaming a causa delle restrizioni dovute al Covid. Poi, a Giugno, quando è prevista la fase di finale, si svolgerà in presenza.

Il programma, presentato nei giorni scorsi, si annuncia comunque ricco e intenso, come al solito strutturato in varie sezioni. Grande assente l’Italia, quest’anno: tra i titoli selezionati per il concorso non figura neppure un film, ma in altre sezioni vi sono opere  realizzate nel nostro Paese.

Nella sezione “Berlinale Special” troviamo infatti un’opera del regista Pietro Marcello: si intitola “Per Lucio”, ed è interamente dedicata al grande cantautore bolognese Lucio Dalla, realizzata in coproduzione con Rai Cinema.

In “Forum” è invece compreso un altro documentario italiano interessante: “La veduta luminosa” di Fabrizio Ferraro.

A correre per l’Orso d’oro, quest’anno, ci sono parecchie opere tedesche: su 15 opere selezionate ben cinque titoli sono nazionali.

L’anno scorso l’attore italiano Elio Germano è stato premiato come miglior attore protagonista per la sua interpretazione di Antonio Ligabue nel film biografico Volevo nascondermi.

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Festival di Cannes https://cultura.biografieonline.it/festival-di-cannes/ https://cultura.biografieonline.it/festival-di-cannes/#comments Mon, 24 Aug 2015 16:13:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14824 Il Festival International du film di Cannes si svolge ogni anno a maggio per due settimane nella cittadina francese di Cannes, in Costa Azzurra. Si tratta di uno dei festival del cinema più famosi al mondo, che attira ogni anno registi, attori e celebrities del mondo dello spettacolo.

Cannes
Cannes: una foto della città

In queste due settimane di maggio, la cittadina si trasforma nella sede di innumerevoli sfilate sul tappeto rosso, la passerella dove si mostrano attori e registi chiamata Monteé des Marches. Un’occasione fondamentale per i produttori e i registi che fanno a gara per presentare i loro lavori, esponendosi così ad un pubblico di giudici esperti. Essi partecipano anche per avere maggiore visibilità e vendere i diritti ai distributori di tutto il mondo.

Di seguito andiamo a raccontare la storia del Festival, insieme ad alcuni dettagli sui premi e sulla selezione dei film per il Festival di Cannes.

La storia del Festival di Cannes

La prima edizione del Festival di Cannes fu quella del 1939: nacque come reazione alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, allora guidata dai gerarchi fascisti e nazisti che selezionavano arbitrariamente i film, basandosi esclusivamente su tematiche aderenti ai due regimi.

Il film presentato nel 1937 dai francesi, l’indiscusso capolavoro La grande illusione di Jean Renoir, venne escluso dalla premiazione a Venezia perché accusato di diffondere ideali pacifisti. Si preferì premiare pellicole vicine alle idee dei totalitarismi, quali il documentario Olympia di Leni Riefenstahl e Luciano Serra pilota di Goffredo Alessandrini.

In risposta a questa evidente disparità, l’allora Ministro francese della pubblica istruzione e delle belle arti Jean Zay, propose la creazione a Cannes di un festival di risonanza internazionale, volto a fare concorrenza a quello di Venezia. Così nel 1939 si avviò la prima edizione, presieduta eccezionalmente da Louis Lumiere.

La kermesse avrebbe dovuto svolgersi il 30 settembre ma la dichiarazione di guerra della Francia alla Germania del 3 settembre dello stesso anno mise fine allo spettacolo, che quindi si concluse ancora prima di iniziare. La prima vera edizione del Festival di Cannes si tenne nel 1946, dal 20 settembre al 3 ottobre e si stabilì la cadenza annuale. Il primo luogo scelto come ambientazione fu il Casinò, che venne poi sostituito negli anni con il Palais de la Croisette fino al 1983.

La prima giuria era composta da 18 elementi, tra cui critici, produttori ed esperti, ciascuno proveniente dai 18 paesi partecipanti. Il Festival di Cannes degli anni Quaranta ospitò tutti i grandi attori del tempo senza però dimenticare le macerie della guerra appena conclusa: uno dei Grand Prix della prima edizione venne infatti attribuito a Roma città aperta (1945) film di Roberto Rossellini.

Dagli anni Cinquanta in poi il cinema italiano riuscì ad ottenere importanti riconoscimenti a Cannes; tra i premiati si ricordano: Vittorio de Sica, Eduardo de Filippo, Silvana Mangano, Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini.

Da ricordare anche l’edizione del 1968 duramente contestata dai francesi a seguito di una serie di movimenti anti-capitalisti che si diffusero nel paese. Monica Vitti, che faceva parte della giuria, si dimise insieme a molti altri giurati in segno di solidarietà con studenti e operai in sciopero. Il Festival venne sospeso e non fu assegnato nessun premio.

Nel 2012 è stato il regista italiano Nanni Moretti a presiedere la giuria del Festival, grande motivo di vanto per l’Italia. Nel 2013 è toccato al regista americano Steven Spielberg. La 68° edizione del Festival del 2015, che ha avuto luogo dal 13 al 24 maggio, è stata presieduta eccezionalmente da due persone: i registi Joel ed Ethan Coen. Il film francese Dheepan si è aggiudicato la Palma d’oro ed Ingrid Bergman è stata omaggiata con un mega poster ed un documentario a lei dedicato.

Festival Cannes Logo
Il logo del Festival del cinema di Cannes

I premi e la selezione

La selezione dei film del Festival del cinema di Cannes è formata da due sezioni principali: il Concorso e Un Certain Regard, più i film fuori concorso, proiezioni speciali e cortometraggi. Il Concorso è la parte più importante del festival e quella più esposta ai media. La giuria, composta da personalità di spicco del mondo della cinematografia, nel corso della cerimonia di chiusura assegna i premi principali: la Palma d’oro per il miglior film, il Grand Prix, il premio per la miglior regia, i premi per la migliore interpretazione maschile e femminile, il premio per la migliore sceneggiatura e il premio della giuria. Possono essere ammessi sia film di registi famosi che di esordienti.

Cannes Festival - Palma d oro
La Palma d’oro è il premio che viene assegnato al Festival di Cannes

Un Certain Regard è invece una sezione dedicata alle opere più originali, che rappresentano l’avanguardia del cinema di oggi. La premiazione avviene nel teatro Debussy il giorno prima di quella del concorso.

Esistono poi anche un concorso di cortometraggi, in genere una decina; la sezione Cannes Classic che presenta film d’epoca restaurati; lezioni di cinema, di musica e di attori.

Cannes - Tappeto rosso
Il red carpet (tappeto rosso) de La Croisette, dove sfilano moltissime star del cinema. Nella foto: Monica Bellucci e Sophie Marceau (2009)

Il Festival è diventato un appuntamento importante non solo per lo showbusiness mondiale ma soprattutto per l’industria cinematografica, e viene seguito da milioni di persone in tutto il mondo. Da ricordare l’emendamento dell’articolo 1 dello statuto del Festival che riassume lo spirito e l’obiettivo della sua creazione: favorire la valorizzazione delle opere di qualità e lo sviluppo dell’industria del film nel mondo.

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Woodstock: il Festival del 1969 https://cultura.biografieonline.it/woodstock-1969/ https://cultura.biografieonline.it/woodstock-1969/#comments Fri, 06 Sep 2013 11:13:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7802 Il Festival di Woodstock fu un evento tanto importante, da diventare un aggettivo: utilizzato per rendere l’idea di una grande manifestazione, soprattutto se a carattere musicale e se popolata da un pubblico numeroso, perlopiù giovanile (e, anche, trasgressivo). È Woodstock, il più grande raduno della storia del rock, andato in scena nella piccola cittadina rurale di Bethel, situata nello stato di New York, in una distesa di prato aperto (per la precisione, si tenne nel caseificio di proprietà di Max Yasgur, poco fuori il White Lake).

Festival di Woodstock 1969
Il Festival di Woodstock si tenne dal 15 al 17 agosto del 1969

Il festival ebbe luogo dal 15 al 17 agosto del 1969, con un’appendice finale “debordata” al 18 agosto (per la verità non prevista), e può ben essere considerato il punto culminante, il vero apice, della diffusione della cultura hippy. Un happening mondiale organizzato allo scopo di riunire gli amanti della musica rock e del movimento della controcultura sessantottina, in tre giorni di “Peace And Music”. Vi presero parte alcune delle migliori espressioni musicali del tempo, vere e proprie leggende della musica, ancora oggi idolatrate in tutto il mondo: da Jimi Hendrix a Janis Joplin passando per Santana, David Crosby e Richie Havens.

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Tutto nacque da un annuncio sul giornale

Conosciuto anche come “An Aquarian Exposition”, Woodstock nacque grazie all’intuizione di quattro giovani organizzatori: John Roberts, Joel Rosenman, Artie Kornfeld e Mike Lang. Il più vecchio dei quattro, aveva appena ventisette anni.  Il gruppo diede vita ad un evento storico di una portata ben più grande rispetto a quella che, almeno all’inizio dei lavori, avevano intenzione di mettere in piedi.

Ad ogni modo, a dare l’abbrivo al festival fu un semplice annuncio pubblicato sul New York Times, il quale diceva pressapoco così: “Giovani con capitale illimitato sono alla ricerca di interessanti opportunità di investimento e business, legali”. I soldi, in pratica, erano quelli di Roberts, il quale li aveva ereditati dal ramo farmaceutico. Con lui, nella missione, era impiegato il suo migliore amico, Rosenman. Ma a far scoccare la scintilla furono i due nuovi arrivati, Kornfeld e Lang.

Il “Piano Woodstock”

La prima proposta di business era legata all’idea di dare vita ad uno studio di registrazione di grande portata, all’avanguardia, punto di riferimento per i rocker, in una località, New York, già famosa per accogliere alcuni dei musicisti più in voga del momento. Subito dopo però, Kornfeld e Lang pensarono che dare vita ad un concerto rock che potesse ospitare fino a cinquantamila persone, avrebbe fatto da trampolino di lancio sia per un successivo studio di registrazione e sia dal punto di vista finanziario.

Gli inizi non sono entusiasmanti. I quattro individuano un luogo utile per lavorare all’allestimento dell’evento e lo trovano in un parco industriale nella vicina Wallkill, sempre nello stato di New York. Stampano biglietti da 7, 13 e 18 dollari ciascuno, rispettivamente per una, due o tre giornate di concerto. Vengono venduti in alcuni negozi selezionati o, anche, per corrispondenza. Tuttavia, la cittadinanza di Wallkill non sembra vedere di buon occhio la cosa: la gente del luogo, semplice e perlopiù operaia e contadina, non vuole “un mucchio di drogati” nella propria località e così, dopo molte dispute legali, la cittadina riesce a far approvare una legge esattamente il 2 luglio del 1969, nella quale viene vietato il concerto tanto a Walkill che nelle immediate vicinanze.

In pratica, ad un mese e mezzo dal Festival, tutto è in alto mare: senza località, il rischio di far saltare tutto all’aria è concreto. Intanto, a seguito dell’ordinanza cittadina, molti musicisti cominciano a declinare l’invito e anche i rivenditori dei biglietti non hanno più intenzione di sostenere un evento così in bilico.

L’uomo della Provvidenza. Anzi, del caseificio

A tirare in ballo Max Yasgur fu il proprietario del Motel El Monaco, Elliot Tiber, titolare di una tenuta di circa quindici acri. Quest’ultimo infatti, contattato dagli organizzatori, pur avendo accettato di dare asilo agli ospiti, ben presto si rese conto che non avrebbe mai potuto accogliere, con i propri mezzi, l’enorme mole di gente prevista. A metà luglio infatti, con il festival in alto mare e nonostante l’annuncio di spostamento della località, erano già stati venduti oltre centocinquantamila biglietti. Per tale ragione allora, Tiber suggerì di interpellare Max Yasgur, proprietario di un caseificio di 600 acri a ridosso di uno stagno il quale a propria volta, successivamente, sarebbe stato reso famoso proprio dagli hippy intervenuti alla tre giorni di concerto (il bagno completamente svestiti divenne infatti uno dei momenti leggendari di Woodstock).

Woodstock 1969 - una foto della folla
Woodstock 1969 – una foto della folla

La nuova location si prestava bene ma l’intera organizzazione era molto, molto in ritardo: tutti i contratti di locazione (e non solo) dovevano essere ancora redatti, stesso dicasi per quanto riguarda la costruzione e l’allestimento del palco, i padiglioni, un parco giochi per i bambini e molto altro ancora, bagni compresi. Infine, cosa ancora più grave, non si riuscì mai a mettere in piedi le biglietterie e le cancellate di recinzione: cosa che trasformò il festival di Bethel in una enorme kermesse gratuita. Da ogni dove, prima e immediatamente dopo il concerto, fioccarono le accuse di aver dato vita ad un evento disorganizzato e pericoloso.

Ciononostante, fu proprio il titolare del caseificio, Max Yasgur, a dare la definizione più giusta del festival di Woodstock, parlando di come mezzo milione di persone, in una situazione che avrebbe permesso risse e saccheggi, avessero creato realmente una comunità motivata dagli ideali di pace e amore: “Se ci ispirassimo a loro potremmo superare quelle avversità che sono i problemi attuali dell’America – dichiarò Yasgur – nella speranza di un futuro più luminoso e pacifico“.

Un festival “free” in tutto e per tutto

Woodstock divenne Woodstock già nei giorni precedenti all’inizio vero e proprio del festival. I quattro organizzatori intesero che non avrebbero mai potuto nulla contro l’enorme quantità di gente in arrivo da ogni parte degli States. Già mercoledì 13 agosto, due giorni prima dell’inizio della rassegna musicale, circa 50.000 persone campeggiavano nell’area adiacente il palco. La zona infatti, non era recintata e non lo fu mai, in realtà. Le stime salirono ben presto a duecentomila persone, ma alla fine ve ne presero parte circa cinquecentomila (anche se stime mai confermate parlano di un milione di partecipanti).

woodstock 1969 - una scena
Woodstock

La dichiarazione ufficiale di una tre giorni di musica gratuita fu proprio ad opera degli organizzatori ed ebbe un effetto devastante sull’intera cittadina di Bethel (e suoi suoi immediati dintorni). Frotte di giovani si misero in marcia, le automobili vennero abbandonate per strada e ben presto si campeggiò un po’ ovunque, a totale danno dell’ordine pubblico. Per favorire gli spostamenti degli artisti dagli alberghi al palcoscenico, vennero noleggiati degli elicotteri, utilizzati come vere e proprie navette.

La musica ha inizio

Nonostante tutti i problemi degli organizzatori (non solo non si alzarono mai i cancelli a recinzione dell’area delimitata al concerto, ma non si riuscì neanche a provvedere per i servizi igienici), il Festival di Woodstock cominciò quasi in orario. Venerdì 15 agosto, intorno alle 17, Richie Havens salì sul palco e cominciò ufficialmente la rassegna più importante della storia della musica rock.

Il grande cantante e chitarrista afroamericano aprì con il brano “High flyin’ bird”, per poi suonare un paio di cover dei Beatles – ufficialmente già sciolti all’epoca e assenti a causa del rifiuto degli organizzatori di voler includere anche la Plastic Ono Band, secondo le pretese di John Lennon – e per intonare, infine, una delle canzoni improvvisate più note di sempre: “Freedom”.

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L’esecuzione durò diversi minuti e divenne una sorta di inno di Woodstock, il quale in quelle ore di venerdì cominciava a diventare anche per i cittadini della contea ciò che sarebbe stato per tutti: un raduno di giovani desiderosi di cambiare il modo di vivere, la cultura dominante, la società circostante, e di farlo a ritmo di musica, senza rinunciare ad esperienze al limite, come l’uso di droghe a scopo totalmente pacifico.

Venerdì folk

La prima giornata venne dedicata ufficialmente al folk: vero nume ispiratore del movimento giovanile di quegli anni. Assente giustificato Bob Dylan (alle prese con problemi di famiglia piuttosto gravi), dopo Havens suonarono Country Joe (che sarebbe ritornato sul palco domenica, con i suoi “The Fish”), gli Sweetwater, Bert Sommer, Tim Hardin, Ravi Shankar, Melanie, The Incredible String Band e i due grandi musicisti folk americani di quel periodo: il leggendario Arlo Guthrie e la madrina Joan Baez. Quest’ultima, al sesto mese di gravidanza durante la sua performance, successivamente avrebbe dichiarato che suo marito, David Harris, proprio mentre lei suonava a Woodstock, veniva arrestato dall’esercito statunitense in quanto obiettore di coscienza.

Il Sabato degli Who (e non solo)

Fu Quill, poco dopo mezzogiorno, ad aprire le danze della seconda giornata, la quale durò praticamente fino alle nove della domenica. Sul palco si alternarono artisti strepitosi come Carlos Santana (leggendaria l’esecuzione di una delle versioni più spettacolari di sempre del celebre brano “Soul Sacrifice”, senza dimenticare “Evil ways” ed altre canzoni altrettanto importanti) Janis Joplin, i Grateful Dead (che presero “la scossa” sul palco) e gli Who. Questi ultimi salirono sul palcoscenico intorno alle quattro del mattino, molto probabilmente perché non riuscirono subito ad accordarsi economicamente con gli organizzatori.

La loro performance fu importante, con la consueta distruzione della chitarra da parte di Pete Townshend e conseguente lancio dello strumento tra il pubblico presente. Suonarono brani storici come “My Generation”, “I’m free” e “I can’t explain”, oltre ad un’altra dozzina altrettanto importanti. Keef Hartley, i Creedence (altra band leggendaria), i Mountain, i Canned Heat e gli psichedelici Jefferson Airplane completarono la giornata di sabato, che di fatto si concluse intorno alle nove del mattino di domenica. Canzoni come “Somebody to love”, “Volunteers” e “White Rabbit”, a forte connotazione politica e anche acida, firmate proprio dai Jefferson, caratterizzarono definitivamente il festival di Woodstock.

La domenica di Hendrix

Durate questa ultima giornata, la gran parte della gente abbandonò l’accampamento. Woodstock era agli sgoccioli e quando l’ultimo artista in scaletta suonò la sua strabiliante musica, esattamente alle ore nove del lunedì successivo, ad ascoltarlo erano “solo” in duecentomila. Peccato, perché l’artista in questione è considerato il chitarrista rock più grande di sempre e la sua performance (durata oltre due ore) fu la più importante dell’intera rassegna e, forse, della sua stessa carriera.

Jimi Hendrix passò alla storia per il brano The Star-Spangled Banner: una reinterpretazione “molto personale” dell’inno degli Stati Uniti, da interpretare come un vero e proprio inno di protesta nei confronti dell’esercito americano, in quel tempo impegnato nella contestatissima guerra nel Vietnam (una delle motivazioni principali dello stesso festival di Woodstock). Hendrix e la sua Fender Stratocaster destrorsa rovesciata passarono letteralmente alla storia: il chitarrista di Seattle simulò le bombe con le sei corde della sua chitarra, facendole vibrare con il suo grosso anello dorato inserito nell’indice della mano sinistra, evocando anche le urla e il suono dei missili aerei, e intersecando tutto all’interno del contestato inno nazionale statunitense.

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Fu un delirio, naturalmente. E ancora oggi, il video della sua esibizione (e le infinite registrazioni “pirata”) rappresentano uno punto di riferimento per i musicisti di tutto il mondo. Fantastiche anche le esecuzioni di canzoni ormai “classiche” della storia del rock: da “Hey Joe” a Purple Haze”, passando per “Foxy Lady”, “Fire” e “Voodoo Chile”.

La domenica “degli altri”

L’ultima giornata non fu solo Hendrix. Sul palco si alternarono artisti importanti come il bluesman bianco Johnny Winter, i Blood Sweet & Tears, The Band, Sha-Na-Na, The Grease Band e Paul Butterfly. Una menzione a parte la merita anche l’allora giovanissimo Joe Cocker, il quale aprì ufficialmente il festival alle due del pomeriggio, oltre alla chitarra impazzita di Alvin Lee, front-man dei leggendari Ten Years After (straordinario il suo “I’m going home” eseguito alla velocità della luce).

Tuttavia, a riscuotere un grande successo fu soprattutto il quartetto vocale e strumentale di David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young. Questi ultimi iniziarono intorno alle tre del mattino e diedero vita a due esibizioni distinte: una vocale ed una (successiva) strumentale. Magnifiche le esecuzioni di brani come “Helplessy hoping”, “Blackbird”, “Marrakesh Express”, “Bluebird” e “Wooden Ships”.

Da segnalare, infine, un’altra nota di colore: alla fine dell’esibizione di Joe Cocker, su Bethel si abbatté un fortissimo temporale che arrestò il concerto per diverse ore, prima della ripresa di Country Joe and The Fish, intorno alle 18. Durante quelle ore di pioggia, le centinaia di migliaia di persone assiepate diedero vita ad una vera e propria danza della pioggia, intonando un coro improvvisato che diceva solamente le seguenti parole “No rain, no rain, no rain”.

Dopo Woodstock? Un paio di film e tanti, tanti debiti

Gli organizzatori di Woodstock si ritrovarono letteralmente travolti dalla rassegna e dal successo incredibile della tre giorni di musica. Più che altro, non ebbero il tempo di rendersi conto di ciò che erano stati in grado di organizzare. Questo perché immediatamente dovettero fare i conti con il loro debito accumulato, il quale ammontava a circa un milione di dollari. Successivamente, dovettero provvedere alle settanta cause giudiziarie presentate contro di loro: altra grana non da poco.

A dare conforto al gruppo però, furono i diritti ricavati dal film originale del Festival di Woodstock, il quale risultò un grande successo e diede la possibilità ai quattro organizzatori di coprire una larga fetta del debito accumulato. Il titolo del film cui si fa riferimento è “Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica”, per la regia di Michael Wadleigh, datato 1970. Successivamente, nel 2009, anche il regista Ang Lee provò a raccontare la grande esperienza del 1969, con il suo “Motel Woodstock”, il quale però non riscosse un grande successo né di pubblico e né di critica.

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