elezioni americane Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sun, 01 Nov 2020 15:26:42 +0000 it-IT hourly 1 Elezioni americane per la Presidenza, come funzionano https://cultura.biografieonline.it/elezioni-americane/ https://cultura.biografieonline.it/elezioni-americane/#comments Sun, 01 Nov 2020 15:21:32 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17520 Gli Stati Uniti d’America sono organizzati in una Repubblica presidenziale federale, la cui struttura è abbastanza complessa e determina l’assetto e l’ordinamento politico di ogni singolo Stato. In questo articolo vediamo come  funzionano le “presidenziali”, ovvero le elezioni americane per la Presidenza.

Elezioni americane per la Presidenza

Gli Stati Uniti sono formati da 50 Stati e dal distretto della Columbia. La capitale “federale” è Washington. Il Presidente degli Stati Uniti è il capo dell’esecutivo a livello federale, e non ha una funzione puramente rappresentativa (come succede ad esempio da noi in Italia). Alle Camere del Congresso (Senato e Camera dei Rappresentanti) è invece affidato il potere legislativo, quello che, in Italia, spetta al nostro Parlamento.

Chi può candidarsi alla Presidenza USA

La Costituzione americana stabilisce i requisiti  che bisogna possedere per candidarsi a Presidente degli Stati Uniti d’America:

  • cittadinanza americana dalla nascita;
  • aver compiuto i 35 anni di età;
  • risiedere negli Stati Uniti da almeno quattordici anni.

Come viene eletto il Presidente degli Stati Uniti

Tutti i cittadini che hanno compiuto diciotto anni e sono iscritti nelle liste elettorali possono esercitare il diritto di voto. Il Presidente americano viene eletto secondo un sistema elettorale “indiretto”: a votarlo non sono i singoli cittadini, ma un gruppo di 538 grandi elettori eletti su base statale, il cui numero corrisponde alla somma dei senatori e deputati di ogni singolo Stato.

In pratica ad essere eletta non è la singola persona, ma il gruppo di grandi elettori che a questa si associa.

Il candidato che totalizza più voti, ottiene i grandi elettori di quello Stato: se riesce ad avere il voto di almeno 270 grandi elettori diventa Presidente degli Stati Uniti d’America. Se nessun candidato raggiunge il quorum necessario, la decisione spetta alla Camera dei Rappresentanti, la cui scelta verterà sui primi tre candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti.

Ciò significa che potrebbe diventare Presidente anche il candidato non favorito dalla maggior parte degli elettori che ha votato. Nel 2000, ad esempio, Al Gore ottenne mezzo milione di voti in più rispetto al candidato George W. Bush del Partito repubblicano. I voti di quest’ultimo, però, erano stati distribuiti in maniera omogenea nei diversi Stati, per questo il numero dei grandi elettori ottenuti dai democratici che appoggiavano Al Gore furono inferiori. I “grandi elettori” associati al Presidente, votano anche per designare il Vicepresidente. Vince il candidato che riesce ad ottenere almeno 270 voti.

I grandi elettori

Negli Stati Uniti d’America si chiamano grandi elettori i delegati che si riuniscono poi per eleggere i presidenti degli Stati Uniti. Essi sono eletti su base statale e il loro numero è 538 pari alla somma di:

  • 100 senatori, due per ogni Stato;
  • 438 deputati: 435 assegnati proporzionalmente alla popolazione residente nello Stato, più 3 rappresentanti del Distretto di Columbia in cui si trova la capitale Washington (il XXIII emendamento prevede che il loro numero sia uguale a quello che le spetterebbe se fosse uno Stato ma comunque non superiore a quello degli elettori designati dallo Stato meno popoloso). Il Distretto della Columbia infatti non fa parte di nessuno Stato perché i padri fondatori volevano evitare che uno qualunque dei tredici Stati che si federarono potesse essere in un qualche modo avvantaggiato per il fatto di avere sul proprio territorio la capitale federale.

I grandi elettori sono distribuiti nei 50 Stati su base demografica.
Per conseguire la carica di Presidente serve la metà di questo numero più uno: 270.

Tecnicamente l’elezione del presidente USA è una elezione di secondo grado.

Considerazioni sulle differenze tra gli stati federati

Va sottolineato che vi sono effetti distorsivi: come accennato c’è la sottorappresentazione degli elettori del Distretto di Columbia; c’è anche la sovrarappresentazione di alcuni Stati scarsamente popolati; si aggiunge un altro effetto molto rilevante che può portare ad esiti opposti da quelli espressi dalla maggioranza degli elettori. Infatti in gran parte degli stati i grandi elettori vengono assegnati in blocco, escludendo ogni criterio di proporzionalità: essi vanno al partito che ottiene più consensi in quello Stato; ciò è possibile perché gli stati possono legiferare autonomamente, con larga spazio di manovra, sul proprio sistema elettorale locale relativo ai grandi elettori.

Un altro elemento di imprevedibilità è dato dal fatto che i grandi elettori di ogni Stato, benché si impegnino sulla parola a votare per uno dei due candidati, potrebbero poi rifiutarsi di farlo, preferendogli un altro candidato. E’ solo in alcuni stati che l’obbligo di “fedeltà” al mandato popolare si traduce in obbligo giuridico; l’eventuale infedeltà in questi stati è vietata e punita penalmente, tuttavia anche quando dovesse accadere, il voltagabbana conclamato non invaliderebbe il voto.

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Trump e la fine dell’American dream, libro di Sergio Romano https://cultura.biografieonline.it/trump-fine-american-dream/ https://cultura.biografieonline.it/trump-fine-american-dream/#comments Wed, 13 Dec 2017 18:55:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23746 Quando nel 2016 Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti d’America (vincendo le elezioni americane contro Hillary Clinton), molti commentatori hanno considerato la sua elezione pericolosa. Altri invece hanno immaginato che il neo presidente, dopo una campagna elettorale ridicola, dove venivano stigmatizzati tutti gli aspetti negativi della società americana – il suo egoismo, il razzismo, il capitalismo sfrenato, una politica estera chiusa intorno ai propri interessi – Trump avrebbe dovuto seguire i consigli del suo staff. Cioè quelli piegarsi alla saggezza del Congresso e limitarsi ad esprimere la sua politica all’interno di un preciso contesto di garanzie istituzionali e democratiche.

Trump - libro - Sergio Romano
Trump e la fine dell’American dream, Longanesi (2017): il libro di Sergio Romano.

La campagna elettorale di Trump

In realtà la sventatezza del presidente e una certa incapacità del suo staff hanno invece portato la sua presidenza sull’orlo dell’impeachment. Mentre scrivo, il suo ex consigliere per la sicurezza, Michael Flynn, ha dichiarato di aver mentito all’FBI sui suoi contatti con i russi durante la campagna elettorale. Inoltre sembra che abbia intenzione di collaborare con il procuratore Robert Mueller, che sta svolgendo l’inchiesta sul Russiagate, sulle presunte responsabilità di Trump e della sua famiglia sulle sempre presunte ingerenze dei russi nella campagna elettorale.

Se venisse dimostrato che Donald Trump ha ricevuto notizie compromettenti contro Hillary Clinton dai russi e le ha utilizzate  durante la campagna, verrebbe accusato di tradimento. Questo implicherebbe un procedimento contro il presidente. Anche se non è mai avvenuto nella storia degli Stati Uniti che un presidente venga processato durante il suo mandato.

Gli scandali dei presidenti americani

Successe con Richard Nixon che a causa delle accuse per il Watergate (venne accusato di aver spiato i democratici durante la campagna elettorale), stava per essere incriminato. Ma Nixon si dimise, proprio per evitare un impeachment dall’esito certo. E anche con Bill Clinton ci si avvicinò ad un procedimento per falsa testimonianza, sul caso Lewinsky, che però fu bloccato dall’intervento della Camera.

Ma se anche in questo caso – quello di Trump – non dovesse essere approvato, il rischio che il governo non finisca il primo mandato è concreto.

Il libro: Trump e la fine dell’American dream

Nel suo libro, Trump e la fine dell’American dream edito da Longanesi, ripercorre i mesi dell’ultima campagna elettorale americana e le decisioni prese da Trump durante il primo anno del suo mandato. Emergono due aspetti.

  1. Il primo riguarda l’America che lo ha votato e che si sta scontrando con l’America che lo vorrebbe vedere fuori dai giochi.
  2. Il secondo aspetto riguarda la genesi delle sue decisioni.

Sembra, infatti, che Trump voglia presentarsi come l’anti Obama. Ogni decisione che prende va contro ciò che il suo predecessore aveva deciso o caldeggiato. Dalla riforma sanitaria, al rispetto per l’autodeterminazione delle proprie scelte sessuali, al clima e alla politica internazionale.

Obama ha fatto diversi errori durante gli otto anni della sua presidenza, osserva lo storico e scrittore Sergio Romano, soprattutto nella politica estera. La sua decisione di intervenire in modo blando in Siria per poi lasciare campo libero alla Russia ha generato diversi problemi, fra cui un vuoto in un’area delicata. Così come quando ha appoggiato i Fratelli Mussulmani in modo troppo affettato per poi rendersi conto che Egitto e Libia sono diventati una polveriera pericolosa.

Donald Trump
Donald Trump

Donald Trump però sembra aver scelto una strada ancora più ardita. Si muove solo dove gli interessi degli USA vengono messi in pericolo, seguendo l’idea espressa in campagna elettorale. E cioè “America first”. Così anche per i diritti delle minoranze, Trump ha bloccato i procedimenti per l’accettazione dei transgender negli uffici e nelle cariche pubbliche. Cosa che invece Obama aveva caldeggiato con convinzione.

Chi crede ancora nella politica del presidente?

Secondo Sergio Romano, benché alcune decisioni siano state osteggiate anche da una parte del suo elettorato, Trump ha ancora un forte seguito. E ce l”ha proprio perché comunica con una parte dell’America che ha subìto con maggiore intensità negativa l’impatto della globalizzazione. E che ha vissuto come un trauma, cambiamenti come i diritti alle coppie gay.

Sergio Romano
Lo scrittore Sergio Romano ha scritto un libro anche su Putin

L’atteggiamento di Trump, che oscilla fra proclami assurdi, decisioni pericolose e attacchi pesanti verso gli avversari, sembra che gli consenta di mantenere in piedi, ancora per molto, un programma di governo spostato totalmente sul proibizionismo, l’isolazionismo e il conservatorismo.

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