elettricità Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 12 Jan 2022 10:19:53 +0000 it-IT hourly 1 Chi ha inventato le luci di Natale? https://cultura.biografieonline.it/luci-di-natale/ https://cultura.biografieonline.it/luci-di-natale/#comments Wed, 09 Dec 2020 10:47:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20565 Le luci di Natale

Il periodo natalizio porta con sé svariate tradizioni. Una di queste è quella di illuminare il nostro Natale. In questo periodo dell’anno è piacevole rimanere incantati nell’osservare le luci di Natale e i giochi che producono. Esse rendono scintillanti le nostre case, i nostri giardini, le nostre strade. Un Natale di luce e calore.

Luci di Natale
Luci di Natale

L’invenzione delle luci di Natale

Un tempo, però, gli addobbi che si utilizzavano erano costituiti da nastri, ghirlande, fiocchi, candeline e piccoli frutti. Utilizzato come pianta decorativa già molto prima dell’avvento del Natale cristiano, era anche l’agrifoglio. A questi ornamenti se ne aggiunse un altro, più… lucente.

Nel 1882, Edward Hibberd Johnson, inventore e socio in affari di Thomas Edison, ebbe l’idea di attorcigliare un filo di lampadine colorate intorno al suo albero di Natale. Erano 80 lampadine rosse, bianche e blu delle dimensioni di una noce. Era il 22 dicembre 1882 e l’albero era quello nella sua casa a New York. La storia è stata riportata nel giornale Detroit Post and Tribune da un reporter di nome William Augustus Croffut.

Edward Hibberd Johnson
Edward Hibberd Johnson, il padre delle luci di Natale

Scriveva Croffut: “Ieri sera mi avvicinai al di là della Fifth Avenue, chiamato presso la residenza di Edward H. Johnson, vice presidente della Edison’s Electric Company. C’era, nella parte posteriore dei bellissimi saloni, un grande albero di Natale, che presentava un aspetto più pittoresco e sconcertante. Era brillantemente illuminato con molte sfere colorate grandi come una noce inglese. (…) C’erano ottanta luci in tutto, racchiuse in queste uova di vetro delicate, quasi equamente divise tra i colori bianco, rosso e blu. (…) Non ho bisogno di dirvi che il sempreverde scintillante è stato un bello spettacolo, difficilmente si può immaginare qualcosa di più bello”.

Le prime luci di Natale
Foto scattata il 25 dicembre 1882 che mostra l’albero di Natale di Edward Hibberd Johnson

Le prime luci di Natale

Da quel momento in poi, le luminarie sono entrate a far parte delle tradizioni natalizie. Non solo l’albero di Natale, ma anche le strade, gli esterni e gli interni delle case, sono resi scintillanti da ghirlande di luci di ogni colore, che rendono l’atmosfera più calda e festosa. Nel 1895, il presidente degli Stati Uniti Grover Cleveland sfoggiò il primo albero illuminato elettricamente alla Casa Bianca, con più di cento luci multicolori.

Le prime luci di Natale destinate ad essere commercializzate, furono fabbricate dalla Edison General Electric Company di Harrison, in New Jersey. Apparvero sulle riviste americane per la prima volta nel numero di dicembre del 1901 della rivista Ladies’ Home Journal.

Casa con luci di Natale

Grazie a Edward Hibberd Johnson, quindi, il Natale, oltre che ad essere bianco, magico, gioioso (ma per alcuni anche malinconico), è diventato anche luminoso, luccicante, scintillante!

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Domotica, cos’è, a chi serve e quali sono le ultime novità https://cultura.biografieonline.it/domotica/ https://cultura.biografieonline.it/domotica/#respond Wed, 19 Jun 2019 09:29:11 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26419 La domotica può essere definita come una scienza interdisciplinare che si occupa di tutte quelle tecnologie atte a migliorare la qualità della vita nella casa e in tutti quegli altri luoghi in cui la presenza dell’uomo è predominante. Quest’area fortemente multidisciplinare, richiede il contributo di molte tecnologie e professionalità differenti. Architettura, ingegneria edile, automazione, elettronica, telecomunicazioni ed informatica sono quelle discipline che interagendo danno vita ai progetti domotici.

domotica
Una casa domotica

Domotica: gli impianti domotici

Realizzare un impianto domotico, vuol dire realizzare un insieme di dispositivi e connessioni finalizzate ad una determinata funzione, sfruttando uno o più supporti di comunicazione comune a tutti i dispositivi ed avviando la comunicazione tra gli stessi seguendo un preciso protocollo prestabilito.

Questa scienza si rivolge a tutti i professionisti che progettano o realizzano un impianto elettrico all’interno di un edificio. Si può affermare che la domotica ha un campo di applicazione così vasto che può essere applicata ad ogni settore della tecnologia applicata agli edifici. Ma a cosa serve?

Obiettivi

Sicuramente l’obiettivo principale è quello di migliorare la qualità della vita, migliorare la sicurezza, semplificare la tecnologia in termini di progettazione, installazione e manutenzione e infine un aspetto non indifferente è quello della riduzione dei costi di gestione.

Tutti gli edifici, sia che ci riferiamo alle abitazioni private che agli uffici, sono dotati di elementi tecnologici diversi ed eterogenei tra loro. Facilmente infatti troviamo al loro interno climatizzatori, caldaie e allarmi, nel caso ad esempio di edifici pubblici possiamo imbatterci in sensori per il circuito di video sorveglianza o ancora in dispositivi per il funzionamento dei montacarichi per disabili. La domotica è in grado di controllare, gestire e supervisionare nel migliore dei modi dal punto di vista del comfort tutti quei dispositivi che concorrono anche alle politiche di sicurezze e prevenzione allarmi.

I sensori e gli attuatori compongono la domotica e gestiscono grazie al loro uso combinato ogni apparecchio che svolge un attività di incremento dell’efficienza energetica e gestionale.

Case intelligenti: i sensori

I sensori, sono gli elementi essenziali di un impianto domotico, consentono di recepire dall’ambiente quei dati utili che una volta trasmessi ed elaborati vengono analizzati e resi utili per la gestione dell’intero sistema. I sensori più importanti sono quelli relativi a rilevare la temperatura, la luminosità degli ambienti, o il movimento; questi consentono di rendere l’ambiente confortevole nel momento più opportuno.

I sensori per la temperatura permettono di gestire ad esempio l’impianto di raffreddamento o riscaldamento in base alla stagione, o regolare una sauna o un impianto antigelo.

I sensori luminosi invece adeguano la luce alla visibilità ottimale, regolandosi autonomamente combinando la luce naturale e quella artificiale, pensate ad esempio ad una facciata di un edificio con una doppia pelle con lamelle mobili che regolano l’inclinazione in base alla luce.

I sensori di movimento come già accennato precedentemente possono rilevare la presenza di persone come nel caso di un intruso nella propria abitazione.

E infine ci sono quei sensori utili al rilevamento di fughe di gas, fumo o allagamento che combinate permettono di prevenire disastri e muoversi nei tempi limite di sicurezza.

Come ormai è chiaro il sistema dei sensori è fondamentale per coordinare tutte quelle azioni che dovranno regolare gli impianti domotici, ed essenziali per permettere il massimo risultato di comfort con il massimo risparmio economico ed energetico desiderato.

Attuatori, scenari e automatismi

Gli attuatori invece, sono quei dispositivi elettronici che vengono avviati nel momento in cui l’utente vuole attuare l’automatismo desiderato. Gli attuatori sono generalmente dei relè.

Gli scenari sono invece una serie di funzioni e azioni preconfigurate e prestabilite eseguibili tramite un interfaccia utente o un comando manuale. La loro configurazione consiste semplicemente nel definire le azioni che devono eseguire. Possiamo ad esempio decidere di far abbassare tutte le tapparelle prima di uscire da casa o azionare l’allarme semplicemente premendo un tasto.

L’impianto può essere collegato ad esempio ad uno smartphone e può attuare numerose azioni come ad esempio accendere l’impianto di riscaldamento prima dell’arrivo a casa, oppure regolare il grado d’intensità delle luci del giardino.

Gli automatismi invece sono un po’ come gli scenari, solo che vengono regolati dal sistema che valuterà appunto autonomamente, dopo aver considerato variabili e condizioni, se azionare o meno il comando.

Le condizioni prese in esame possono essere ad esempio un orario o lo stato dei sensori o l’esecuzione di altre azioni, oppure la combinazione di queste, attraverso l’alternanza (OR) o la contemporaneità (AND). Gli automatismi rappresentano forse la massima espressione di ciò che può fare un impianto domotico. In base alle azioni e agli automatismi che vengono programmati, saremo in grado di raggiungere delle condizioni di benessere sia fisico che ambientale.

Costi e benefici

Immaginiamo di programmare la chiusura delle finestre qualora il sistema rilevi il fattore pioggia, oppure possiamo programmare l’accensione dei climatizzatori, e attivarla tramite smartphone prima di rientrare a casa, troveremo un ambiente già raffrescato avendo inviato solo un sms all’impianto.

L’interfaccia è duplice, installatore ed utente, due aspetti fondamentali di un unico sistema. Lo SCADA, Supervisory Control And Data Acquisition è ciò che mette in contatto l’utente con il sistema. L’interfaccia per un ottimo utilizzo dell’impianto deve essere chiara, completa ed immediata in modo da sfruttare al massimo la potenzialità dell’impianto domotico.

Ovviamente più l’impianto è sofisticato più è costoso, ma sicuramente il prezzo che si paga sarà proporzionale ai benefici che se ne possono trarre da esso.

Un buon sistema domotico è quello che riesce a far interagire tra loro diversi sistemi in maniera efficiente; ogni produttore integra e sviluppa i propri protocolli di comunicazione, più sensori e connettori si hanno da fare interagire più sarà complesso il sistema da realizzare. Quando non è possibile la connessione tra i protocolli, tramite l’uso di appositi gateway si trasformeranno i segnali che verranno trasmessi da un formato all’altro.

L’importazione della progettazione

L’ambiente residenziale è uno di quegli ambienti applicativi in cui il sistema domotico è maggiormente richiesto. La progettazione ex-novo di un edificio è la miglior condizione in cui applicare un sistema di questo tipo. Mentre è sicuramente più limitativo l’applicazione in ambito delle ristrutturazioni, in quanto a volte alcuni vincoli strutturali impongono delle scelte e ne escludono delle altre.

Per quanto riguarda gli edifici storici vincolati dai Beni Culturali l’impossibilità di realizzare opere murarie o intervenire su di esso, viene adoperata quella che è la tecnologia wireless, si sarà in grado quindi di attuare tutti quei benefici economici ed energetici. Si pensi ad esempio allo spegnimento del riscaldamento o delle luci di un edificio storico monumentale: questo risulterebbe uno spreco economico ed energetico sicuramente non irrilevante quando la sera vi sarà l’assenza dei visitatori.

edifici storici

Negli ambienti adibiti all’accoglienza di disabili o anziani, data l’alta percentuale di persone con possibile ridotta capacità motoria, la domotica può dare una mano e fare la differenza. Si pensi a tutti i sistemi di monitoraggio dei sensori di movimento: è facile capire se un anziano è caduto e non riesce da solo a rialzarsi; oppure si può pensare al famoso salvavita.

Fortunatamente ci troviamo in un era in cui la tecnologia fa giornalmente passi da gigante nel trovare soluzioni che possono aiutare e mettere in sicurezza la vita delle persone. Per questo l’approccio alla domotica è ben visto dal consumatore che infatti si approccia con uno spirito positivo a questo tipo di sistema.

Inoltre, maggiore sarà la richiesta più alta sarà la possibilità di abbassare i costi e rendere sempre più accessibile a tutti questo nuovo modo di vivere gli ambienti. Lo stato italiano cerca di incentivare l’uso della domotica permettendo al contribuente di accedere ad alcune agevolazioni, ovvero la detrazione IRPEF anche sulle spese effettuate per la domotica.

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Differenza tra analogico e digitale https://cultura.biografieonline.it/analogico-digitale-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/analogico-digitale-differenze/#comments Sat, 15 Mar 2014 15:04:58 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10113 Nel  cosiddetto segnale digitale, il messaggio è convertito in simboli. Il termine deriva dall’inglese digital, ovvero cifra, derivato dal latino ‘digitus’, ovvero dito. Attualmente la codifica digitale in uso è quella relativa al sistema binario di 1 e 0. Di conseguenza, convertire un fenomeno naturale in digitale vuol dire convertirlo in una sequenza di bit. Tale tipo di segnale solitamente non subisce molti disturbi e viene ricevuto quasi identico rispetto a quello emesso. L’apparato che riceve il segnale deve quindi decodificare il segnale digitale e trasformarlo in un linguaggio comprensibile.

Analogico e digitale differenze
Qual è la differenza tra segnale analogico e segnale digitale?

Nel sistema analogico, invece, il messaggio non è convertito in simboli e il segnale è prodotto per analogia. Il segnale analogico è una grandezza che varia con continuità. Difatti, una variabile analogica considera un numero infinito di valori. In questo caso l’apparecchio ricevente modifica per analogia i segnali elettrici di nuovo in segnali audio e video.

La nascita del segnale digitale terrestre ha portato una ventata di novità nel sistema di comunicazione radio – televisivo. Spesso si è parlato della differenza tra segnale digitale ed analogico. I vantaggi del primo sono molteplici: dalla funzione del doppio audio, a quella di moltiplicazione dei canali, ad una più accurata informazione sui programmi del palinsesto televisivo, alle funzioni relative alle e-mail ed ai videogames.

Di contro, basta un piccolo disturbo di ricezione, per far sì che il segnale digitale si blocchi, al contrario di quello analogico più stabile; ma al contempo il sistema digitale non conosce i disturbi denominati effetto neve o rumore video.

Anche la telefonia mobile e la produzione musicale hanno subito dei cambiamenti di qualità e formato, con l’avvento dei sistemi digitali: in tal senso, passando dal sistema analogico a quello più innovativo.

Per la telefonia si è passati dal Etacs al Gsm per finire con il 4G e 5G. Nel campo musicale, dal vecchio vinile (disco a 33 o 45 giri) al cd, per finire agli mp3 e mp4. Insomma quella digital è stata una vera e propria rivoluzione che è entrata a far parte della nostra vita quotidiana.

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Perché non prendiamo la scossa toccando i fili del telefono? https://cultura.biografieonline.it/fili-telefono-scossa/ https://cultura.biografieonline.it/fili-telefono-scossa/#respond Thu, 06 Mar 2014 22:47:02 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9854 Una delle domande che spesso ci poniamo è: “Toccando i fili del telefono è possibile prendere la scossa?”. Non possiamo prendere la scossa quando tocchiamo i fili del telefono perché solitamente interveniamo quando non lo stiamo “usando”. Questo ci mostra che quando la linea è a “riposo”, ovvero quando non è in corso una comunicazione, la tensione presente in una linea telefonica analogica risulta compresa fra i 30 e i 48 volt in Italia, e può aumentare fino a raggiungere il livello di 70 volt in altri Paesi esteri.

Fili del telefono e cavi telefonici
Toccando i fili del telefono non si prende la scossa

Questa bassa tensione elettrica ci chiarisce il perché non la percepiamo quando tocchiamo i fili. Quando invece il telefono squilla, la tensione aumenta fino a raggiungere il valore di 150 volt nella maggioranza dei Paesi ed addirittura raggiunge i 200 volt negli Stati Uniti d’America. Dai 150 volt in su, ci troviamo di fronte ad un livello di tensione sufficiente per percepire una scossa quando tocchiamo i fili del doppino telefonico, ma assolutamente non pericolosa, per nostra fortuna, grazie al suo amperaggio molto basso.

In ultimo dobbiamo ricordare che durante il corso di una conversazione telefonica, la tensione arriva a scendere fino ai 2 o 3 volt, un valore praticamente impossibile da percepire senza appositi strumenti. Tutti questi riferimenti, però, sono da attribuire solo alle linee analogiche che ormai pian piano vengono sostituite da quelle digitali, come l’ADSL, che addirittura raggiungono un voltaggio pari a zero durante le telefonate. Quindi, ricordiamoci che possiamo toccare i fili della nostra linea telefonica per effettuare qualche piccola riparazione ma dobbiamo stare attenti che durante il nostro intervento non arrivi inaspettatamente una chiamata, altrimenti ahimè una piccola scossa ci colpirà.

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La Pila di Volta https://cultura.biografieonline.it/pila-voltaica/ https://cultura.biografieonline.it/pila-voltaica/#comments Sun, 02 Dec 2012 15:45:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5051 L’invenzione della Pila è da attribuirsi allo scienziato comasco Alessandro Volta (1745-1827), che arriva a tale scoperta dopo una serie di esperimenti. L’intuizione di Volta è geniale, riprende alcuni studi effettuati in precedenza da Luigi Galvani, e si basa sul presupposto che aumentando i contatti metallici cresce in maniera proporzionale il fenomeno elettrico. Da questo si sprigiona un potenziale elettrico di grande intensità.

Pila di Volta (o Pila voltaica)
Pila a colonna di Volta

Il prototipo della Pila è formato da elementi simili tra loro (c.d. elementi voltaici) sovrapposti fino a formare una colonna. Ciascun elemento voltaico è costituito da un disco di rame e da uno di zinco, uniti da uno strato di cartone o feltro, imbevuto di acido solforico. In sostituzione del rame si può utilizzare anche l’argento, mentre lo zinco può essere sostituito dallo stagno.

La pila funziona con il collegamento degli estremi tramite un conduttore elettrico che riesce a creare un circuito nel quale scorre corrente continua. Per mantenere il flusso di corrente continua è necessario mantenere una differenza tra i due poli opposti, e proprio a questo serve la Pila, che è il primo generatore di elettricità inventato nella storia. Per comprendere il funzionamento della Pila è necessario ricordare che non tutti i metalli presentano lo stesso legame con il nucleo. In alcuni di essi, come per esempio lo zinco, gli elettroni sono legati in modo più debole con il nucleo.

Per questo, se proviamo a collegare una barretta di zinco con una di rame, avviene un passaggio di elettroni dal primo al secondo. Se nello zinco si verifica un difetto di elettroni, nel rame vi è un eccesso. Alla luce di questo lo zinco rappresenta il polo negativo, mentre il rame sarà il polo positivo. Il passaggio di elettroni dura poco, fino a quando non si raggiunge una situazione di equilibrio. Questo fenomeno di scambio di elettroni e le sue conseguenze viene denominato “Effetto Volta”.

I due elettrodi di carica opposta generano una corrente elettrica di verso opposto. La soluzione elettrolitica contenuta negli elementi voltaici (acqua e acido solforico) contribuisce a creare un’energia chimica che consente un flusso di corrente continua. Tale flusso produce energia elettrica in grado di tenere accesa una lampadina. Le due barre di metallo (di zinco e rame)sono gli elettrodi della Pila: polo negativo (catodo), e polo positivo (anodo).

Alessandro Volta
Alessandro Volta

Alessandro Volta costruisce il primo prototipo della Pila nel mese di dicembre 1799, ma pare si sia trattato di un dispositivo assai generico. L’esperimento di Volta si basa sull’osservazione del flusso elettrico tramite la contrazione dei muscoli di una rana morta, cui vengono applicati due elettrodi collegati alle parti estreme della pila. Il fenomeno osservato prende il nome di “galvanismo”. E’ in una lettera del 20 marzo 1800 inviata a Joseph Banks, Presidente della Royal Society di Londra, che Alessandro Volta annuncia e descrive l’invenzione della sua famosa pila.

Nel 1801 lo scienziato mostra la pila a Napoleone Bonaparte, presso l’Institut de France. Volta riceve una medaglia d’oro per la sua geniale scoperta, ed anche una discreta somma di denaro.

Inoltre, sfruttando la riproduzione della pila, i due scienziati  William Nicholson ed Anthony Carlisle ottengono i gas idrogeno ed ossigeno, tramite il processo di elettrolisi dell’acqua. Alcuni anni dopo la scoperta della pila di Volta, lo scienziato Humphry Davy ipotizza che gli effetti elettrici teorizzati da Volta sono provocati da mutamenti di tipo chimico. Inizialmente la scoperta di Volta viene denominata “apparecchio elettromotore” oppure “organo elettrico artificiale”, poi le viene attribuito il nome di “Pila” che è in uso ancora oggi. La pila di Alessandro Volta è servita per studiare la trasmissione dei segnali nel telegrafo elettrico.

Per “Pila” noi intendiamo tutte le batterie per il funzionamento degli apparecchi elettrici, a prescindere dalla forma. Le pile utilizzate attualmente sono a secco, e funzionano essenzialmente come quella inventata da Alessandro Volta, ma oltre ad essere più pratiche, le pile a secco hanno una maggiore durata.

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