ebrei Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 20 May 2024 12:15:31 +0000 it-IT hourly 1 L’ebreo in preghiera (rabbino di Vitebsk): storia e significato del quadro di Chagall https://cultura.biografieonline.it/chagall-ebreo-in-preghiera/ https://cultura.biografieonline.it/chagall-ebreo-in-preghiera/#respond Mon, 20 May 2024 12:11:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11986 Una delle opere più rappresentative e più belle del pittore Marc Chagall è “L’ebreo in preghiera“(Il rabbino di Vitebsk) che risale al 1914. Si tratta di un dipinto a olio su tela, conservato al Museo d’arte Moderna a Cà Pesaro di Venezia.

L'ebreo in preghiera (Il rabbino di Vitebsk): opera di Marc Chagall del 1914
L’ebreo in preghiera (The Jew praying) • Chagall, 1914

L’ebreo in preghiera: breve storia e analisi

Durante questo periodo, Marc Chagall fa ritorno a Vitebsk, in Bielorussia, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo costringe a una più lunga permanenza, durante la quale dipinge soggetti che rappresentano la vita reale della cittadina e soprattutto i personaggi che sono legati alla religione ebraica. Il pittore ha realizzato la prima versione di quest’opera nella sua città natale, Vitebsk, ritraendo un vecchio cui aveva fatto indossare l’abito delle preghiere del padre; in seguito ne avrebbe fatte due repliche, una delle quali sarebbe stata esposta.

L’ebreo in preghiera: il quadro

Il dipinto è caratterizzato da incastri di superfici bianche e nere, e rappresenta un ebreo con l’abito della preghiera del mattino. Nell’ebreo in preghiera, il protagonista è abbigliato con i vestiti rituali che gli ebrei ortodossi sono soliti indossare durante la preghiera del mattino o mentre si recano alla volta della loro sinagoga. L’ebreo viene rappresentato durante il momento di preghiera con uno scialle bianco con le frange, sulla testa e sulle spalle, denominato tallit.

Nel dipinto sono ben visibili anche i tefillim, due piccoli astucci quadrati che gli ebrei usano portare durante la preghiera del mattino, chiamata Shachrit. L’espressione del rabbino è intensa e assorta, e cattura l’attenzione.

Chagall - Ebreo in preghiera: dettaglio delle mani
Un dettaglio del celebre quadro di Chagall

La luce e i colori

Ciò si nota grazie all’attenta distribuzione delle luci, che creano un’atmosfera di assoluta e solenne spiritualità.

Nel dipinto, Chagall usa prettamente le cromie del bianco e del nero, servendosi di pochi altri colori.

Inoltre il pittore è solito accentuare i contrasti tra le zone bianche e quelle più scure, mentre lo sfondo è caratterizzato dalla presenza di alcune semplificazioni geometriche che documentano la conoscenza delle opere suprematiste e costruttiviste.

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Anno sabbatico: cos’è e come è regolamentato in Italia https://cultura.biografieonline.it/anno-sabbatico/ https://cultura.biografieonline.it/anno-sabbatico/#comments Tue, 20 Jun 2017 14:32:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22764 Che cos'è l'anno sabbatico

L’origine del termine anno sabbatico risale alla tradizione ebraica: in Italia ogni lavoratore dipendente sia pubblico che privato può farne richiesta.

Mi prendo un anno sabbatico”: quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase da parte di amici e conoscenti? L’anno sabbatico, chiamato anche “gap-year” o “career break”, rappresenta la possibilità di interrompere un lavoro per dedicarsi ad altro. Come inseguire una passione, realizzare un progetto o dedicarsi al volontariato. Potrebbe trattarsi, per molti, di un’esperienza che apre la strada ad una nuova vita.

L’origine dell’espressione: Anno sabbatico

Il nome anno sabbatico deriva dalla tradizione legata al calendario ebraico, e si riferisce per la precisione al periodo di un anno che ricorre ogni sette, durante il quale gli Ebrei erano soliti lasciar riposare la terra, condonare i debiti contratti e liberare gli schiavi. Questi erano individui costretti a lavorare per i familiari del creditore fino a quando non pagavano tutti i debiti contratti o espiavano i reati commessi.

Il creditore era però tenuto al mantenimento degli schiavi, e a versare loro una somma per tornare ad una vita normale dopo essere stati liberati. Ogni sette anni, in occasione appunto dell’anno sabbatico, avveniva la restituzione degli schiavi da parte dei creditori. Per tale motivo si riteneva particolarmente fortunato chiunque iniziava a pagare i debiti in prossimità dello scadere del settimo anno.

L’anno sabbatico in Italia

I congedi dei lavoratori dipendenti nel nostro Paese sono disciplinati dalla legge n. 53 del 2000, conosciuta anche come “legge Turco” (dal nome dell’allora ministro della Solidarietà sociale, Livia Turco). Questa normativa si pone l’obiettivo di assicurare un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione dei lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati.

Tra le forme di congedo dal lavoro previste dalla legge si colloca anche l’anno sabbatico, che corrisponde ad un periodo di interruzione di 11 mesi nella carriera lavorativa di una persona, allo scopo di impegnarsi in una particolare attività o alla realizzazione di un progetto, ai quali non ci si potrebbe dedicare se si continua a lavorare.

L’azienda, entro 10 giorni dalla richiesta inoltrata dal dipendente, è tenuta a dare una risposta, affermativa o negativa. La concessione dell’anno sabbatico resta facoltà esclusiva del datore di lavoro, che approva la richiesta solo se la ritiene compatibile con le esigenze e l’organizzazione del lavoro.

Chi può richiederlo

Può richiedere la concessione di un anno sabbatico ogni lavoratore, pubblico o privato, che abbia almeno cinque anni di anzianità. Può farne richiesta una sola volta nella vita lavorativa all’interno della medesima azienda.

Alla richiesta il lavoratore deve allegare un progetto in cui sono indicate motivazioni, obiettivi, piano di realizzazione del progetto. E’ opportuno che la descrizione di tali elementi sia dettagliata. Soprattutto nei vantaggi che l’azienda potrebbe ottenere dalla realizzazione dello stesso. Tra questi, ad esempio: crescita delle competenze professionali, acquisizione di una lingua straniera, formazione specifica in ambiti culturali diversi, realizzazione di opere di volontariato, ecc.

Il lavoratore che presenta domanda e ottiene il permesso di usufruire dell’anno sabbatico ha diritto al mantenimento del posto di lavoro al suo rientro o anche prima della scadenza del periodo richiesto, qualora venissero meno i motivi che ne hanno determinato la richiesta. Durante questo periodo il lavoratore non percepisce alcuno stipendio, non matura ferie né scatti di anzianità professionale, né contributi pensionistici. Inoltre la legge vieta in maniera categorica che il lavoratore dipendente possa svolgere altra attività retribuita durante l’anno sabbatico.

Opportunità per gli studenti

Secondo i dati diffusi dall’American Gap Association, sono in media 30-40 mila i ragazzi che ogni anno decidono, terminato il liceo, di allontanarsi dai banchi di scuola per un po’. Lo fanno per vivere un’esperienza diversa e poi riprendere il percorso interrotto. Perché staccare? Per viaggiare, visitare Paesi sconosciuti, fare volontariato, oppure mettersi alla prova con esperienze di lavoro. Comunque sia, per fare qualcosa di importante e formativo da aggiungere al curriculum.

In Italia, invece, per quanto il fenomeno risulti in crescita negli ultimi anni, l’anno sabbatico resta un’esperienza piuttosto di nicchia, contemplata soprattutto allo scopo di migliorare la conoscenza della lingua inglese.

Per i docenti universitari

Un anno intero di congedo retribuito da dedicare alla ricerca e all’aggiornamento professionale. E’ questo è l’anno sabbatico per i docenti universitari italiani. L’occasione arriva due volte ogni dieci anni nel nostro Paese. Mentre in America una ogni sette.

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Cabala (o Kabbalah): ecco che cosa è https://cultura.biografieonline.it/cabala-kabbalah/ https://cultura.biografieonline.it/cabala-kabbalah/#respond Fri, 14 Apr 2017 09:45:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22225 La crescita spirituale e personale è un tema sempre più sentito dalle persone. A questo obiettivo ci si può avvicinare in diversi modi e seguendo varie strade: la Kabbalah – o Cabala – è una di queste. Che cosa è la Kabbalah? La Kabbalah è una disciplina che fonda i suoi insegnamenti sullo Zohar, il libro dei libri dell’antica saggezza ebraica.

Kabbalah - Cabala

I principi base della Kabbalah

I quattro pilastri della saggezza sono, secondo la Kabbalah:

  • la condivisione;
  • la consapevolezza;
  • l’essere tutti un Uno;
  • la conoscenza delle leggi spirituali.

Analizziamoli uno per uno.

I quattro pilastri della saggezza

Condivisione

Lo scopo della vita è la condivisione. Se lo si fa in modo sincero, ci si sentirà più felici e appagati. Quando si mette in moto uno scambio, ci si connette con quella che la Kabbalah chiama Luce, la Forza Divina del Creatore. Attraverso tale gesto, si può andare oltre l’ego, che rappresenta spesso i bisogni meno profondi e autentici dell’animo umano.

Consapevolezza

Essere coscienti di sé vuol dire portare in equilibrio tutti gli aspetti che compongono un individuo. Se invece ci si concentra soltanto sull’ego ci si sentirà spesso delusi, arrabbiati, negativi, limitati. Si risulterà antipatici e lamentosi agli occhi degli altri.

E’ l’ego che ci fa credere di essere separati gli uni dagli altri, ma in realtà non è così. Ognuno di noi è interconnesso con altri esseri umani. Portare l’attenzione sulla parte più profonda e saggia di sé, aiuta a non entrare in conflitto con se stessi e con il prossimo.

Essere Tutti un Uno

Ogni persona ha dentro di sé una “scintilla del Creatore” che la lega agli altri. Conoscere questo messaggio spirituale aiuta a comprendere che ognuno di noi, in qualsiasi circostanza, deve sentirsi trattato degnamente. Chi comprende questo aspetto si accorgerà di essere responsabile non solo di sé stesso, ma anche degli altri.

Non si può essere completamente felici se chi ci sta attorno, per un motivo qualsiasi, soffre.

Conoscere le leggi spirituali

Nulla succede per caso. Ecco perché è bene conoscere le leggi spirituali che influenzano la vita delle persone. Una di queste è la legge di causa-effetto: ciò che seminiamo è ciò che raccoglieremo. Non sempre questo avviene in tempi brevi, ma tutto torna e trova riscontro sul piano fisico. “Ama il prossimo tuo come te stesso” non è solo una bella frase: dovrebbe essere uno stile di vita.

A cosa serve la Kabbalah

Mettendo in pratica i suoi insegnamenti, la Kabbalah fornisce gli strumenti per migliorare la propria vita. Ad esempio, le relazioni diventano più soddisfacenti. Che si tratti di persone a noi vicine (come il partner, gli amici o i familiari) o di estranei, la Kabbalah aiuta a formare un nuovo modello di noi, più positivo e aperto verso il prossimo.

Se siamo connessi con la nostra coscienza, ogni problema sarà risolto grazie alla nostra fonte più saggia, che ci aiuterà a dare conforto agli altri, a migliorare i rapporti con il partner e con i figli. Nessuno è del tutto cattivo: molti non sanno come fare ad essere diversi da come credono di essere. Non hanno gli strumenti giusti per raggiungere la Luce che hanno dentro.

Espandendo la consapevolezza, allarghiamo i punti di vista e vediamo la vita sotto un aspetto diverso, meno ostile e più utile a seguire il percorso della nostra anima. Le sfide della vita non saranno più accolte come difficoltà, ma come un aiuto alla crescita.

La Cabala ci offre gli strumenti per comprendere la verità e i grandi perché della vita. Si tratta di una disciplina che “rafforza” il muscolo spirituale, per dare un senso anche alle cose più complicate.

Una lettura sull’argomento

Karen Berg è la fondatrice e direttrice spirituale del Kabbalah Centre di New York (Usa). Ha scritto un interessante libro sulla Kabbalah, intitolato “Dio porta il rossetto”. Karen Berg è stata la prima donna a permettere lo studio della disciplina alle donne.

In questo libro svela la metodologia del potere kabbalistico proprio di ogni donna. Sonda il significato più profondo della vita, offrendo esempi dei problemi da affrontare ogni giorno a casa, al lavoro e con i figli, senza scordare di aiutare chi ha perduto una persona cara. Il volume è in vendita sul sito www.kabbalahcentre.it.

La Kabbalah: disciplina dei Vip?

Quale sarà stata la ragione che ha spinto Madonna, Gwyneth Paltrow, Paris Hilton, Demi Moore, Victoria Beckham con il marito David, e tanti altri vip ad avvicinarsi alla Kabbalah?

Indagare sulle reali intenzioni di ciascuno è impossibile, ma una cosa è certa: la Kabbalah non è solo un “capriccio” da star.

Essa è trasmessa da millenni ed è seguita da migliaia di persone in tutto il mondo. Lo studio della Cabala fa bene a tutti: aiuta ad aprire la mente e gli occhi, per conoscere la Forza Creativa presente in ognuno di noi e ad utilizzarla a proprio favore, per trasformare in meglio le qualità che si possiedono.

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Sansone e Dalila, opera lirica in tre atti di Camille Saint-Saëns https://cultura.biografieonline.it/sansone-e-dalila-saint-saens/ https://cultura.biografieonline.it/sansone-e-dalila-saint-saens/#respond Wed, 01 Mar 2017 17:32:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21601 L’opera lirica “Samson et Dalila” – in italiano Sansone e Dalila – scritta di Camille Saint-Saëns (1835-1921) si ispira, come è facilmente intuibile, all’episodio biblico di Dalila e Sansone. L’opera si compone di tre atti e quattro quadri; il libretto è di Ferdinand Lemaire (1832-1879) autore creolo, originario della Martinica.

Sansone e Dalila - Rubens
Dettaglio del quadro di Rubens Sansone e Dalila

L’opera Sansone e Dalila debuttò il giorno 2 dicembre 1877 al Teatro Granducale di Weimar, in Germania. La prima rappresentazione fu pertanto presentata in lingua tedesca con il titolo Simson und Delila. Da subito riscosse un grande successo. La prima esecuzione in lingua francese avvenne molti anni dopo. Essa risale al 23 marzo 1890, a Rouen. In tale occasione non suscitò l’entusiasmo del pubblico. Trovò comunque riscatto e merito in seguito, diventando l’opera più celebre di Saint-Saëns. Ad oggi i principali teatri del mondo la annoverano nel proprio repertorio operistico. Le prolusione e l’analisi musicale seguenti, sono state redatte del maestro Pietro Busolini.

Personaggi dell’opera

  • Dalila (Mezzosoprano);
  • Sansone (Tenore);
  • il Gran Sacerdote di Dagon (Baritono);
  • Abimélech Satrapo di Gaza (Basso);
  • un vecchio ebreo (Basso);
  • un messaggero filisteo (Tenore);
  • due filistei (Tenore, Basso);
  • ebrei, filistei;
  • coro di ebrei;
  • coro di donne filistei;
  • danzatori d’ambo i sessi

L’azione si svolge a Gaza-Palestina, in epoca biblica.

Camille Saint-Saëns
Camille Saint-Saëns

Samson et Dalila (Sansone e Dalila), genesi dell’opera

Nel giugno 1870, Camille Saint-Saëns si sentì offrire da Franz Liszt, la disponibilità del teatro di Weimar, per tenere a battesimo Samson et Dalila, in quanto egli ne era direttore artistico. Il Maestro felicemente accettò l’invito. Sicuramente egli non pensava ancora, quanto sarebbe stato arduo farla rappresentare.

Comunque un pubblico entusiasta e festante decretò il trionfo di “Samson und Dalila“. Tredici anni dovettero passare prima che, Samson fosse unito a Dalila, dalla più appropriata congiunzione “et ” e questo accadde a Rouen, il 3 marzo 1890. L’esito fu trionfale, ripagando così il sessantacinquenne compositore da amarezze e delusioni, e consacrando formalmente l’opera alla storia, dopo tribolati periodi di attesa.

Quando iniziò la composizione del Samson et Dalila, il Maestro aveva già scritto Le Timbre d’argent (1865) e pensava a un opéra-comique, la “Princesse Jaune“. Ma questa partitura non era ancora stata presentata a nessun impresario teatrale.

Il nuovo lavoro ebbe una lunga e travagliata storia: un primo intoppo lo ebbe nel 1870, quando, l’audizione privata di un brano, si risolse in una cocente bocciatura.

Foto di Franz Liszt
Franz Liszt

L’offerta lisztiana per Sansone e Dalila nacque proprio in questo periodo. Essa rincuorò Saint-Saëns, il quale, ripresa la composizione, la terminò nel 1874. Una prima esecuzione in forma di concerto del primo atto, il 12 marzo 1875, non dette purtroppo esiti molto incoraggianti. Tantomeno la prima rappresentazione di “Le Timbre d’argent“, accolta freddamente all’Opéra di Parigi nel 1871. Nulla al tempo, giocava a favore di una messa in scena francese del Samson em Dalila, che, come si è visto, prese la strada di Weimar.

Concepito inizialmente per un allestimento oratoriale, il soggetto dell’opera in esame era stato scelto dallo stesso compositore. Non mancavano illustri precedenti letterari: il Samson Agonistes (I nemici di Sansone) tragedia di John Milton del 1671; il Samson, libretto scritto da Voltaire per l’opera di Jean-Philippe Rameau
nel 1733; né era ignoto a Saint-Saëns, il Samson del venerato Händel (1741-1742).

Il libretto verseggiato con cura, da Lemaire per Saint-Saëns (si dice abbia messo mano anche il compositore, che del resto era un fine letterato), sembra risentirne nella scansione drammaturgica dell’originaria destinazione. Una caratteristica questa che lo accomuna a molti dei testi letterari musicati in seguito, da Saint-Saëns.

Riassunto e trama dell’opera Sansone e Dalila

Atto primo

Prima che si apra il sipario, s’ode in lontananza il pianto degli ebrei, abbandonati dal Signore per la loro empietà. Sono ora sconfitti dai filistei e ridotti in schiavitù a Gaza. S’alza il sipario su di una enorme piazza nella città di Gaza. Gli ebrei piangono la schiavitù che li assoggetta ai filistei: “Dieu d’Israel“. Sansone li rimprovera di aver perso la fiducia in Dio e si dice pronto a spezzare il giogo che li opprime: “Arrêtez ô mes frères“.

Le grida di entusiasmo con cui sono accolte le sue parole fanno intervenire il Satrapo di Gaza, Abimélech, il quale schernisce il Dio degli israeliti, sordo ai loro lamenti: “Ce Dieu que votre voix implore“. Affrontato da Sansone, il Satrapo vorrebbe trafiggerlo con la spada, ma l’ebreo Sansone gliela strappa di mano, e lo uccide.

Animato da una forza che sembra sovrumana, Sansone mette in fuga i soldati filistei che scortano Abimélech. Abbandona poi la piazza seguito dagli ebrei. Appare sulla soglia del tempio il Gran Sacerdote, davanti al cadavere di Abimélech. Egli ordina che Sansone e il suo popolo siano sterminati. Un messaggero porta la notizia che gli ebrei, ormai senza freni, stanno devastando il paese. Il Gran Sacerdote, maledice i ribelli, parte con i filistei per rifugiarsi sulle montagne: “Maudite à jamais“.

Col nuovo giorno la piazza si riempie di ebrei, che elevano un inno di ringraziamento al Signore: “Hymne de joie“. Dal tempio escono uno stuolo di fanciulle filistee, guidate dalla bellissima Dalila. Esse lodano la vittoria di Sansone: “Voici la printemps“. Dalila venuta a coronare la fronte dell’eroe gli svela il proprio amore, invitandolo a raggiungerla nella sua dimora, nella vallata di Sorek: “Printemps qui commence“.

Sansone è dilaniato da opposti sentimenti, ma, nonostante gli ammonimenti di un vecchio, decide di raggiungere la donna nella sua casa. Dalila attende l’arrivo di Samson mentre le fanciulle danzano. Dalila rivolge ancora all’eroe un dolcissimo invito d’amore.

Sansone e Dalila - coro degli ebrei
Una foto tratta da una rappresentazione di Sansone e Dalila: il coro degli ebrei

Atto secondo

La scena si svolge nella vallata di Sorek. A sinistra c’è la casa di Dalila. E’ sera. Dalila attende Sansone. Arriva il Gran Sacerdote che narra la situazione disperata dei filistei. Per eccitare Dalila a conquistare Sansone, il sacerdote ne tocca la vanità dicendole che Sansone un tempo innamorato di lei ora si è stancato. Ma tutto ciò è inutile: Dalila sa bene che non è vero, ella rifiuta i doni che il Gran Sacerdote le offre per aver nelle sue mani Sansone col proposito di vendicare i filistei: “Amour, viens aider ma faiblesse“.

Dalila non vuole nulla: “anche perché essa odia Sansone come egli – odia lei“. Ella, donna debole ed imbelle, sarà invece lo strumento della vittoria del suo popolo. Infine giunge il Grande Eroe: Sansone è agitato dal desiderio e dal pentimento. Egli sa che il suo popolo l’attende per esser liberato. Sa che il Signore lo ha eletto per compiere una missione.

In Sansone però prevalgono i sensi. Si odono ancor lontani i primi suoni e i primi bagliori d’un violento temporale che avanza. Dalila lo accoglie dolcissimamente, alternando voluttà e lusinghe, pronunciando lunghe frasi d’amore. Sansone invoca l’aiuto al Signore, ma cede al suo fascino, alla sua passione. Egli per ben tre volte le dichiara il suo amore ed ogni volta più intensamente: “Mon coeur s’ouvre a ta voix“.

Dalila si fa sempre più languida, più sensuale e chiede a Sansone di provargli il suo amore, di darle la prova d’essere un amante fedele e non solo fedele al suo Dio. Ella vuole che le provi veramente il suo amore, rivelandole il segreto della sua potenza. Sansone, però, non vuole cedere anche su questo. Lei allora lo sprezza come vile, come un amante debole. Dopo averlo ancora accusato di non amarla veramente, lo scaccia e si rifugia in casa. Intanto imperversa il temporale. Sansone la segue: si arrende del tutto alla sua dominatrice.

Qualche istante dopo giungono i filistei del Gran Sacerdote, essi si appostano nei pressi della casa ed attendono. Si ode la voce di Dalila chiamare: “Sansone!“, ora è in mano sua.

Atto terzo

Scena nella prigione di Gaza. Sansone incatenato, langue. È cieco, privo dei capelli che erano l’origine della sua forza. E’ legato ad una macina. Dalle sue labbra sale un’invocazione a Dio affinché sottragga al loro destino gli ebrei nuovamente in cattività :”Vois ma misère“.

Da lontano si odono le voci degli ebrei piangenti che accusano Sansone di averli traditi per amore di una donna. Giungono alcune guardie che devono condurre il prigioniero al tempio di Dagon. Nel tempio si festeggia, con un’orgia sfrenata, la vittoria filistea.

L’arrivo di Samson è salutato dallo scherno generale. Il gran sacerdote sfida ironicamente Jehova, il Dio degli ebrei: restituisca quel Dio, la forza e la vista a Samson se ne è capace. Eleva quindi un inno a Dagon, unico vero Dio, cui si uniscono Dalila e tutto il popolo.

Sansone invoca allora l’aiuto divino, chiedendo gli venga restituita ancora una volta la forza di un tempo. Appoggiando quindi le sue nerborute braccia a due dei pilastri del tempio, ritrova per un momento la sua potenza formidabile. Il tempio sprofonda, inghiottendo Sansone e tutti i filistei.

Sansone e Dalila - Scena danza del Baccanale
L’orgia sfrenata: una scena teatrale della danza e del baccanale

Analisi musicale

Musica strepitosa, concertazione fantastica. Queste sono le prime considerazioni – dopo una prima lettura veloce alla partitura di: “Sansone e Dalila“. Sono già evidentissime, dalle varie sezioni del primo coro l’iterazione continua e tormentosa, tonalmente cangiante, dalla base di partenza di si minore, acefalica e sincopata la frase, di “Dieu d’Israel“, dalla sovrapposizione contrappuntistica di “Un jour de nous tu detournas la face“, ed il cromatico motivo di fuga, non sviluppato, seppur l’orchestra lo sorregge.

La vera e propria fuga, in stile rigoroso e plasticamente haendeliana, è un altro vero e proprio calco stilistico su : “Nous avons vu nos citees renversees“, un blocco di brani che apre l’opera con solennità singolare, ed un senso del recupero, che ha del prodigioso, proprio per la sua vitalità. Ma giova notare che l’arcaismo “neoclassico” della scrittura non è visto in funzione esclusivamente sacra, sol riferito agli ebrei. Cosa che sarebbe troppo facile e troppo ingenua. Essa si lega, anzi, strettamente alla presenza dei filistei, determinando una loro cifra stilistica ben netta per tutta l’opera.

Notiamo già nella splendida aria del povero Abimalèch “Ce dieu que votre voix implore“, la voce all’unisono con gli ottoni e interventi acutissimi e volutamente volgari degli strumentini, volti a riaffermare l’atmosfera esotica nella severità del contesto. Ma è particolare ed in esteso, il gran sacerdote ad essere caratterizzato da tale procedimento. Sapore arcaico ho la sua aria nel primo atto “Mautide a jamais soit la race“.

E ancor più il suo duetto con Dalila, al termine del primo quadro del secondo atto “Il faut pour assouvir ma haine“, formalmente nettissimo e con le voci in imitazione, e pur dotato di intensa carica drammatica, per culminare nel brano più eclatante, il duetto di Dalila con il coro: “Glorie a Dagon“, nel terzo atto. Esso è regolare e squadrato così poco scolastico ed accademico, da poter sembrare addirittura una pagina stravinskiana, per l’impudico sprezzo dell’originale matrice del materiale.

Questo Gran Sacerdote permea nella sua aura arcaistica, ogni brano in cui compare, salvo parte del secondo quadro del terzo atto, sarcasticamente parallela, sintetizzando le grandi scene d’amore dei due atti precedenti. Ed il baccanale, sfrenata orgia di sensualità con le sue asimmetrie ritmiche alla percussione, sul finale, a sostegno d’una melodia il cui carattere orientale è dato dal consueto uso dell’intervallo di seconda aumentata.

Ed è comunque personaggio forse non inferiore alla dolcissima e tanto perversa Dalila, e certo tanto più interessante e riuscito di Sansone: “eroico”, spesso di maniera, e talora povero nella sua vocalità “di forza”. Questo si evince seguendo la partitura e, per quanto oggi sia facile irridere la crudele Dalila, simile alle fredde “Donne – Gatto“, di Baudelaire, da cui ogni poeta vorrebbe essere dilaniato. Concludendo come dice il poeta nel monologo: “Pour dire les plus longues phrases, elle n’à pas besoin de mots“, ella è tra i personaggi più riusciti e forse conturbanti della sua epoca, slittante dolcemente su di un’armonia languida e vaporosa, in cui la dissonanza acquista per lo più funzione coloristica, tra i sussurri d’una curatissima orchestrazione, la provocazione erotica di Dalila, la sua sublime impudicizia, già contengono, nella scoperta tensione della sua melodia, tutti i germi del suo sadico dominio.

La più atroce beffa è che, quell’amore appassionatissimo e delicato, colmo come pochi di dolcezze, anche da noi godibili, al cui livello Sansone nemmeno tenta di portarsi, è solo finzione. L’impotenza, certo!…elevata a sistema è la categoria attraverso cui l’autore stesso di Sansone e Dalila vede il suo personaggio che… non può possedere!

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