Dolce stil novo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 10 Nov 2023 09:45:15 +0000 it-IT hourly 1 Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io, sonetto di Dante Alighieri: analisi e parafrasi https://cultura.biografieonline.it/guido-vorrei-che-tu-lapo-ed-io/ https://cultura.biografieonline.it/guido-vorrei-che-tu-lapo-ed-io/#comments Fri, 10 Nov 2023 07:37:45 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20860 Il sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io è uno dei più celebri di tutta la produzione di Dante Alighieri. Probabilmente risale alla prima fase dell’attività lirica di Dante, databile intorno al periodo tra il 1283 e il 1290. Nella lirica in esame, il poeta si rivolge a Guido Cavalcanti, il “primo amico” (come viene definito nella Vita Nova), che gli risponde anche lui con un sonetto intitolato “S’io fosse quelli che d’amor fu degno“, di atmosfera però più cupa. Guido è citato dal padre Cavalcante dei Cavalcanti nel Canto X dell’Inferno. L’altro amico citato nel titolo è Lapo Gianni, anch’egli poeta.

Dante Alighieri - Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
Dante Alighieri

Il componimento dantesco fa parte delle Rime, che sono state raccolte non dall’autore ma dagli studiosi e filologi. Esse sono un corpus di poesie composte tra il 1283 e il 1307 che comprende:

  • rime giovanili (prestilnoviste su modello di Guittone d’Arezzo);
  • rime stilnoviste in senso stretto;
  • rime allegoriche e dottrinali;
  • le rime petrose dedicate alla donna Petra;
  • rime varie.

Alla raccolta appartengono anche tutte le rime che sono state poi inserite dall’autore all’interno della Vita Nova e del Convivio, lavori considerati tra le opere minori di Dante, rispetto al suo capolavoro La Divina Commedia. Le Rime, che racchiudono diversi stili al loro interno, sono un esempio importante dello sperimentalismo e del plurilinguismo dantesco, precedente alla Commedia.

La lirica in esame – Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io – è un sonetto, composto quindi da due quartine e due terzine con il seguente schema di rime:

ABBA, ABBA, CDE, EDC

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.

Parafrasi

Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io
fossimo soggetti ad un incantesimo
e posti su un vascello, che ad ogni soffio di vento
andasse lungo il mare secondo il nostro volere;

cosicché la tempesta od ogni altra sventura
non ci potesse essere d’ostacolo,
ma anzi, avendo gli stessi desideri,
crescesse il desiderio di stare assieme.

E che Monna Vanna e Monna Lagia,
oltre a colei che è la trentesima
il nostro mago ci ponesse vicino:

e qui discutere sempre sull’amore,
e ciascuna di loro fosse felice,
così come, credo, lo saremmo noi [poeti].

Analisi del testo

Il tema centrale del sonetto “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io” è incentrato sulla visione stilnovista dell’amore e dell’amicizia. Dante Alighieri sogna di trovarsi su una nave incantata con Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, i suoi migliori amici, circondati dalle donne che amano e a parlare d’amore. I modelli a cui Dante si ispira sono quelli del plazer, un componimento tipico francese che è un elenco di cose piacevoli e desideri, e del ciclo bretone e carolingio per il tema della magia e dell’incanto.

Le quartine

La prima quartina quindi inizia in un clima di amicizia tra tre poeti. L’incipit presenta i primi tre personaggi maschili. Dante li immagina presi da una magia e messi insieme in un piccolo vascello che può navigare con ogni tipo di vento. I termini rinviano tutti alla tradizione medievale del ciclo bretone, in particolare la nave incantata, che ricorda quella di Mago Merlino.

Nella seconda quartina Dante continua la descrizione dell’atmosfera magica del vascello. Egli auspica che essi possano continuare a navigare in qualunque condizione atmosferica e uniti sempre da una comune volontà (vivendo sempre in un talento, v.7).

Nella prima terzina vengono presentate le tre figure femminili:

  • Donna Vanna, amata da Cavalcanti (di questo poeta abbiamo analizzato la poesia d’amore Perch’i’ no spero di tornar giammai);
  • Donna Lagia, amata da Lapo;
  • quella che è sul numer de le trenta, ossia la donna che si trova al 30° posto. Ella non è Beatrice, bensì una donna schermo che Dante avrebbe nominato in un sirventese (composizione poetica) ormai perduto.

Dante immagina che il buon incantatore (l’artefice di questo sogno, forse Mago Merlino) possa portare su questo vascello le donne, e che tutti insieme (seconda terzina) possano parlare sempre dell’amore.

L’atmosfera è rarefatta. Questo gruppo di poeti è ovviamente isolato dal resto del mondo perché la nave è un luogo privilegiato dove essi possono immergersi completamente nei loro discorsi sull’amore. Il pubblico a cui l’autore si rivolge è elitario, infatti soltanto gli intellettuali possono apprezzare i valori di cortesia e gentilezza. Il lettore è quindi immerso in pieno clima stilnovistico.

Commento all’opera

Dal punto di vista stilistico bisogna evidenziare la presenza del polisindeto (presenza di congiunzioni) al v.1 “che tu e Lapo e io” e la forte ricorrenza di verbi al plurale. Dal punto di vista delle scelte lessicali, prevalgono i termini che ricordano la letizia, la felicità (es. ripetizione della parola “sempre” ai versi 7 e 12, la parola “disio” al v. 8, “contenta” al v. 13 etc.). Molti sono poi i termini che rinviano alla dimensione fiabesca: “incantamento” (v. 2), “incantatore” v. 11, “vasel” v. 3.

La poesia “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io” è senz’altro una delle più belle testimonianze che ci ha lasciato Dante Alighieri della sua produzione. E’ un componimento che proietta immediatamente il lettore in un mondo fantastico, in cui i letterati si dedicano all’amore tutto il giorno e rappresentano a pieno gli ideali del Dolce stil novo.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/guido-vorrei-che-tu-lapo-ed-io/feed/ 4
Tanto gentile e tanto onesta pare: parafrasi e significato https://cultura.biografieonline.it/tanto-gentile-tanto-onesta-pare-parafrasi/ https://cultura.biografieonline.it/tanto-gentile-tanto-onesta-pare-parafrasi/#respond Sat, 26 Feb 2022 16:07:38 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39356 Il sonetto intitolato Tanto gentile e tanto onesta pare è uno dei più famosi di Dante Alighieri ed è anche il manifesto del Dolce stil novo, movimento poetico di cui il Sommo Poeta è stato uno dei massimi esponenti. Esso è tratto dalla Vita Nova, un’opera mista di prosa e poesia dedicata al suo amore per Beatrice. in questa poesia elogia la sua donna per due qualità fondamentali:

  • la gentilezza, o nobiltà d’animo;
  • l’onestà, intesa come dignità.

Contesto

La Vita Nova racconta tutta la storia dell’amore di Dante per Beatrice ed è stata scritta tra il 1292 e il 1294. È formata da prosa e poesia (prosimetro), 31 liriche in totale tra sonetti, ballate e canzoni.

L’autore narra di incontrare per la prima volta Beatrice a nove anni, poi nuovamente a diciotto.

Ad un certo punto la morte della donna – avvenuta prematuramente quando ella aveva solo 24 anni – fa cambiare completamente al poeta la prospettiva di questo amore.

L’opera, infatti, si può suddividere in tre fasi:

  1. una prima fase in cui Beatrice gli concede il saluto;
  2. la seconda fase sull’amore fine a sé stesso;
  3. la terza, in cui Beatrice muore: il rapporto si sposta così sull’animo dell’amata, diventando un amore spirituale.
Tanto gentile e tanto onesta pare
Di seguito il testo della poesia “Tanto gentile e tanto onesta pare”

Testo completo della poesia “Tanto gentile e tanto onesta pare”

Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: sospira
.

Spiegazione

Il sonetto in esame si trova nel capitolo XXVI della Vita Nova. Qui Beatrice viene rappresentata come una donna angelo. E’ la rappresentazione di una donna che irradia luce; la sua è una bellezza sovrumana, capace di fare innamorare il poeta al primo sguardo.

Secondo il Dolce Stil Novo, infatti, la donna non è una figura umana, ma angelica. Diventa un modello di perfezione morale, che riesce a condurre l’uomo fino a Dio.

Questo sonetto è un elogio a Beatrice e al suo saluto, che assume una funzione salvifica, cioè in grado di donare grazia agli uomini.

Ella non viene percepita in alcun modo da un punto di vista fisico: non c’è una sua descrizione fisica; appare come fosse una figura angelica.

Tanto gentile e tanto onesta pare, parafrasi

Tanto nobile e tanto degna appare
la mia donna quando saluta gli altri,
che ogni lingua diventa muta per l’emozione,
e gli occhi non osano guardarla.

Ella cammina, sentendosi lodare,
vestita di bontà e di umiltà;
e sembra che sia una creatura venuta
dal cielo sulla terra per mostrare un miracolo di Dio.

Appare così bella a chi la guarda,
che infonde attraverso gli occhi una dolcezza al cuore,
che non può capirla chi non la prova.

E sembra che le sue labbra emanino
uno spirito dolce pieno d’amore
che invita l’anima a sospirare.

Analisi

Il sonetto ha le seguenti caratteristiche:

  • formato da 14 versi;
  • i versi sono divisi in 2 quartine e 2 terzine;
  • ogni quartina e terzina è formata da endecasillabi;
  • lo schema metrico è:
    • ABBA
    • ABBA
    • CDE
    • EDC

Lo stile è dolce e chiaro. E’ rappresentativo dell’aspetto di Beatrice, donna che infonde dolcezza e desiderio di amore spirituale in chi la ammira.

Importante è il significato dei due aggettivi del primo verso:

  • gentile, che qui rappresenta la nobiltà d’animo e di sentimenti;
  • onesta, che indica la dignità e il decoro della donna.

Nel testo della poesia sono presenti latinismi (onesta, labbia) e sicilianismi (vestuta).

È presente anche l’anafora nel primo verso “tanto…tanto”.

Tutte le parole chiave del componimento si trovano alla fine di ciascun verso per dare maggiore rilievo, fino al definitivo “sospira”.

Dante e Beatrice
Dante e Beatrice

Dolce stil novo: altre poesie con parafrasi e analisi

]]>
https://cultura.biografieonline.it/tanto-gentile-tanto-onesta-pare-parafrasi/feed/ 0
Perch’i’ no spero di tornar giammai, poesia di Guido Cavalcanti: analisi e parafrasi https://cultura.biografieonline.it/perchi-no-spero-di-tornar-giammai/ https://cultura.biografieonline.it/perchi-no-spero-di-tornar-giammai/#comments Thu, 24 Feb 2022 14:31:13 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39117 Perch’i’ no spero di tornar giammai è il titolo di uno dei più famosi componimenti di Guido Cavalcanti. E’ conosciuto anche come Ballata dell’esilio. Viene scritto dall’autore durante il suo esilio a Sarzana (cittadina in provincia di La Spezia), in un momento in cui è tormentato dalla solitudine. Si tratta di un dialogo tra il poeta e la ballata stessa; è un vero e proprio colloquio intimo in cui il dolore si trasforma in malinconia.

Guido Cavalcanti
Guido Cavalcanti

Guido Cavalcanti

Il poeta toscano Guido Cavalcanti nacque a Firenze intorno al 1259 da una nobile e potente famiglia.

Fu amico di Dante Alighieri; come lui si schierò con i Guelfi bianchi, la fazione che difendeva l’autonomia e l’indipendenza del comune.

Il 24 giugno 1300 Dante – che era priore di Firenze – fu costretto a mandare in esilio l’amico. Cavalcanti si ritirò così a Sarzana, in Liguria. Poche settimane dopo, il 19 agosto, Guido Cavalcanti ritornò a Firenze grazie ad un’amnistia, considerate le sue precarie condizione di salute. Morì dieci giorni più tardi, il 29 agosto 1300.

Cavalcanti è considerato uno dei più importanti rappresentanti del Dolce stil novo, movimento poetico nato tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento.

Gli Stilnovisti, di cui fa parte anche Dante Alighieri, erano grandi innovatori sia per quanto riguarda il linguaggio (dolce, gentile), che per quanto riguarda le tematiche (amore spirituale, donna angelo).

Guido Cavalcanti intende infatti l’amore come una forza spirituale, ma anche come un sentimento che getta l’animo nello smarrimento, e che si accompagna all’idea di morte.

Perch'i' no spero di tornar giammai

Perch’i’ no spero di tornar giammai, testo completo

Perch’i’ no spero di tornar giammai,
ballatetta, in Toscana,
va’ tu, leggera e piana,
dritt’a la donna mia,
che per sua cortesia
ti farà molto onore.

Tu porterai novelle di sospiri
piene di dogli’ e di molta paura;
ma guarda che persona non ti miri
che sia nemica di gentil natura:
ché certo per la mia disaventura
tu saresti contesa,
tanto da lei ripresa
che mi sarebbe angoscia;
dopo la morte, poscia,
pianto e novel dolore.

Tu senti, ballatetta, che la morte
mi stringe sì, che vita m’abbandona;
e senti come ’l cor si sbatte forte
per quel che ciascun spirito ragiona.
Tanto è distrutta già la mia persona,
ch’i’ non posso soffrire:
se tu mi vuoi servire,
mena l’anima teco
(molto di ciò ti preco)
quando uscirà del core.

Deh, ballatetta, a la tu’ amistate
quest’anima che trema raccomando:
menala teco, nella sua pietate,
a quella bella donna a cu’ ti mando.
Deh, ballatetta, dille sospirando,
quando le se’ presente:
«Questa vostra servente
vien per istar con voi,
partita da colui
che fu servo d’Amore».

Tu, voce sbigottita e deboletta
ch’esci piangendo de lo cor dolente,
coll’anima e con questa ballatetta
va’ ragionando della strutta mente.
Voi troverete una donna piacente,
di sì dolce intelletto
che vi sarà diletto
starle davanti ognora.
Anim’, e tu l’adora
sempre, nel su’ valore.

Analisi e spiegazione

Il componimento in esame è una ballata.

E’ composta da:

  • una ripresa – o ritornello; è chiamato così perché l’ultimo verso è in rima con l’ultimo di tutte le strofe;
  • quattro stanze con dieci versi di endecasillabi e settenari.

Lo schema metrico è:

  • ABAB
  • CDD
  • EEF

Nella poesia Perch’i’ no spero di tornar giammai, il poeta affida alla ballata i sospiri della sua anima sperando che possano giungere alla donna amata.

Il termine ballatetta significa appunto «cara ballata».

Cavalcanti lo utilizza per rivolgersi direttamente alla poesia in un dialogo malinconico; lo fa perché sente che tra poco la morte sopraggiungerà ed egli non potrà più rivedere la sua amata.

Sarà la ballata che dovrà presentarsi alla sua donna; dovrà stare attenta a non farsi leggere dai nemici del poeta, che potrebbero criticarla.

L’ultima stanza è una sorta di congedo: qui la ballata si unisce alla voce del poeta come in un corteo funebre per andare incontro all’amata.

Parafrasi

Perché io non spero di tornare mai più,
o piccola ballata, in Toscana,
vai tu, lieve e semplice, direttamente dalla mia donna,
la quale, grazie alla sua gentilezza,
ti accoglierà con molto onore.

Tu porterai notizie dei miei sospiri,
pieni di dolore e paura della morte
ma bada che non ti veda una persona nemica
di un animo gentile, nobile
perché certamente, per mia sfortuna,
tu saresti contesa
e tanto da lei criticata
che ciò sarebbe per me motivo di pianto
e di nuovo dolore,
dopo la morte.

Tu senti, o ballatetta, che la morte
m’incalza così da vicino che avverto venir meno le forze;
e senti come il mio cuore batte forte
per tutto quello che provo e sento dentro di me.
Tanto è malato ormai il mio corpo
che non riesco più a resistere;
se vuoi fare qualcosa per me,
conduci la mia anima con te,
(ti prego vivamente)
quando si staccherà dal corpo.

Oh, ballatetta, alla tua amicizia
raccomando questa mia anima che trema al pensiero della morte:
portala con te, nello stato pietoso in cui si trova,
a quella bella donna alla quale io ti invio.
Deh, ballatetta, dille sospirando
quando sarai davanti a lei:
«questa vostra anima devota
viene per restare con voi,
distaccatasi da colui
che fu servo d’Amore».

Tu, voce impaurita e debole,
che esci piangendo dal mio cuore addolorato,
insieme alla mia anima e a questa piccola ballata
parla della mia mente distrutta.
Voi troverete una bella donna,
di animo così gentile
che sarà per voi una gioia
starle sempre dinanzi.
E tu, anima mia, adorala
sempre per la sua virtù.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/perchi-no-spero-di-tornar-giammai/feed/ 2