Cristo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 27 Oct 2023 07:26:00 +0000 it-IT hourly 1 Corpo di Cristo morto nella tomba: quadro famoso di Hans Holbein il Giovane https://cultura.biografieonline.it/corpo-di-cristo-morto-nella-tomba-quadro/ https://cultura.biografieonline.it/corpo-di-cristo-morto-nella-tomba-quadro/#respond Tue, 29 Aug 2023 09:03:25 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41406 Il Corpo di Cristo morto nella tomba è un dipinto di Hans Holbein il Giovane, realizzato nel 1521 e attualmente esposto presso il Kunstmuseum di Basilea, in Svizzera. L’opera rappresenta il corpo di Gesù prima della resurrezione. Il quadro si sviluppa in orizzontale: le dimensioni sono 30,5 x 200 cm.

Corpo di Cristo morto nella tomba - Holbein
Corpo di Cristo morto nella tomba (1521, Hans Holbein il Giovane)

Descrizione dell’opera

Il corpo di Cristo appare sofferente, ferito sulle mani e ai piedi per i chiodi che hanno penetrato la carne quando è stato crocefisso.

Vediamo anche una ferita sul costato per via della punta della lancia con cui il soldato lo ha colpito.

Corpo di Cristo morto nella tomba - dettaglio delle ferite
Il dettaglio delle ferite

La morte carnale di Gesù appare in tutta la sua orribile verità.

La bocca aperta, il corpo in un’iniziale stato di putrefazione, gli occhi semi aperti: tutto è sofferenza, distruzione, morte.

Corpo di Cristo morto nella tomba - dettaglio del volto
Il dettaglio del volto

È il cadavere di un uomo, è il corpo di un essere umano che ha sofferto e che ai nostri occhi, visto così, non ha nulla di divino; non c’è alcuna differenza fra noi e il corpo del Gesù di Holbein.

Perché?

Il senso di colpa

Per quale motivo il pittore ha voluto realizzare questo dipinto mostrandoci Gesù in tutta la sua mortalità, o meglio, in tutta la sua fragilità?

È ipotizzabile che il pittore volesse suscitare un senso di colpa sullo spettatore, il quale si trova difronte al sacrifico di Gesù, alla sua morte violenta e sofferta.

Una morte affrontata per noi esseri umani, per la cristianità tutta che non è preparata ad assistere ad un tale sacrificio e a vedere un dio fattosi uomo anche nella morte.

Ed è proprio questo verismo che suscita tutto lo sgomento di chi lo osserva e vede il corpo del figlio di Dio preservato e mostrato in tutta la sua carnalità.

Il Corpo di Cristo morto nella tomba e l’Idiota di Dostoevskij

Dostoevskij, rimase sconvolto alla vista del dipinto – racconta nella sua biografia la moglie del grande scrittore russo. Così nel suo romanzo L’idiota il personaggio del principe Myškin, esclama:

«Quel quadro! Osservando quel quadro c’è da perdere ogni fede».

L’esperienza visiva e le domande scomode

L’umanità del Cristo di Holbein diventa un esperienza visiva attraverso la quale ci si pone una serie di domande molto scomode.

  • Quanto ha sofferto Cristo prima di morire?
  • Il suo corpo, oggetto di immagini e ricerche, era un corpo fragile, terribilmente umano quanto il nostro?

E, quindi, quella sua fragilità l’abbiamo distrutto, senza alcuna pietà.

Nel contesto storico in cui ha lavorato il pittore, il senso di colpa e la ricerca di una verità cristiana erano forse più forti di adesso, dove la secolarizzazione mette in discussione ogni passaggio della storia di Cristo.

Tuttavia, nel dipinto Corpo di Cristo morto nella tomba, oltre al significato teologico, non possiamo non osservare, con sgomento, la verità, carnale, oggettiva, eterna, della sofferenza dell’uomo Gesù.

Un altro celebre quadro dello stesso artista è il ritratto di Enrico VIII.

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Madonna di Port Lligat – 1950 (quadro di Dalì) https://cultura.biografieonline.it/dali-madonna-di-port-lligat-1950/ https://cultura.biografieonline.it/dali-madonna-di-port-lligat-1950/#respond Wed, 17 Nov 2021 15:34:39 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11993 Tra le opere più rappresentative del pittore spagnolo Salvador Dalí troviamo la “Madonna di Port Lligat“, nella sua nuova versione datata 1950. L’autore, dopo la prima versione del 1949, ne realizza un’altra nel 1950 usando gli stessi temi e lo stesso titolo ma con pose e dettagli differenti rispetto alla precedente. L’opera è attualmente esposta nella città di Fukuoka in Giappone, presso la Art Gallery.

Salvador Dalì - Madonna di Port Lligat - 1950
Salvador Dalì: la Madonna di Port Lligat, nella versione realizzata nel 1950, un anno dopo la prima versione.

Madonna di Port Lligat: il quadro

Nel dipinto si può notare la Madonna seduta, impersonata da Gala, moglie di Dalí e musa nella vita reale, con il Cristo bambino in grembo, frutto del suo amore e di quello di Dio. Nella versione del 1950, Cristo ha il pane al centro della sua figura. L’effigie femminile presenta il capo leggermente chino verso sinistra e le mani giunte in preghiera per venerare il Bimbo.

Quest’ultimo, biondo e con gli occhi azzurri, è usato come ideale di bellezza nordica. La figura è sospesa, come la quasi totalità degli elementi presenti.

Si ha l’idea di un’istantanea veloce, ma allo stesso tempo anche di un dolce movimento infinito. Nel ventre della Vergine e in quello del bambino, convergono tutte le linee di prospettiva, tanto che chi ammira il quadro, ne rimane catturato.

Madonna di Port Lligat - 1950: dettaglio del pane
Madonna di Port Lligat, 1950 : il dettaglio del pane, al centro del celebre quadro.

Nello sfondo si trova, come spesso nelle opere di Salvador Dalí, la Baia di Port Lligat (suo paese natale).

Gli oggetti e i simboli di Dalí

Presenti nel dipinto alcuni elementi che richiamano alla sua pittura daliniana, come il pesce, la conchiglia, il pezzo di sughero attaccato al chiodo e infine il mare sullo sfondo. Il dipinto presenta diversi piani: orizzontali, verticali e di profondità.

Quelli orizzontali sono distinti in tre sezioni: la sezione inferiore, composta dall’altare e dal mare sottostante, quella centrale, delimitata tra l’altare e l’orizzonte e nella quale si trova la Madonna in trono, e quella superiore, caratterizzata dalle colonne, dalla volta, dalla conchiglia, dal cielo e dalle tende. I piani di profondità sono tre: quello dove si trova il paesaggio, quello dell’altare e quello della Madonna con le colonne. I piani verticali, invece, sono due. Nel dipinto si intravede come la parte del cordino che sostiene l’uovo passi per la spiga di grano, nelle rose sottostanti, poi nella sfera e termini infine nella vongola.

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Ecce homo (1475), analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-antonello-1475/ https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-antonello-1475/#respond Tue, 05 May 2020 19:03:24 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28983 Questo splendido “Ecce homo” datato 1475 e attualmente esposto a Piacenza, al Collegio Alberoni, riprende il tema degli “Ecce homo” di Antonello da Messina, ispirato autore del capolavoro.

Ecce homo (1475), opera di Antonello da Messina - Piacenza
Ecce homo (1475), opera di Antonello da Messina – Collegio Alberoni, (Via Emilia Parmense, 77 – Piacenza)

Ognuno di questi dipinti fu realizzato per stimolare la preghiera e la meditazione sulla Passione di Cristo. Elenchiamo di seguito i quadri della serie già trattati in precedenti articoli:

Ecce homo (1475): descrizione

La colonna

In quest’opera possiamo ammirare una colonna: la colonna della flagellazione, posta dietro al capo di Cristo e alla quale è legato.

La colonna è un’innovazione importante, perché crea ancor più pathos e drammaticità alla scena. Inoltre permette ad Antonello di utilizzare la luce e l’ombra per rendere il volto del Cristo ancora più vero.

La devozione per il Cristo

Probabilmente questo dipinto è stato commissionato da qualche collezionista che voleva utilizzarlo come opera di devozione; queste ultime erano molto considerate nel Quattrocento e Antonello fu sicuramente uno dei pittori più richiesti in tal senso, nonché uno dei più innovativi.

Era un’epoca in cui il dialogo con la Passione di Cristo assumeva un profilo individuale: i credenti cercavano un modo più raccolto per pregare; Antonello da Messina contribuì a rendere questa esperienza ancora più intima e intensa.

I dettagli

Indubbiamente in questo magistrale dipinto l’influenza fiamminga viene resa in tutta la sua forza stilistica con un lavoro di dettaglio incredibile; basti solo osservare con attenzione le gocce di sangue che sgorgano dalla fronte del Cristo o le lacrime che solcano il suo viso.

Ma tutto il dipinto è un capolavoro di dettagli: la corona di spine, la corda al collo, i capelli riccioluti bagnati dal sudore, conseguenza della sofferenza patita e il volto che implica sofferenza e drammaticità; il quadro pone anche molti interrogativi sulla sofferenza del Cristo e la sua reazione di fronte alla crudeltà umana.

La testa di Gesù è posta di tre quarti: è un’altra innovazione del maestro di Messina. Il suo volto sviluppa tratti psicologici, umani, personali molto intensi, che rendono il dialogo con il divino ancora più sentito.

La prospettiva

La prospettiva è un’altra qualità essenziale di questo dipinto Ecce homo: il gioco di luci e ombre che si proiettano sul volto del Cristo, provenendo dalla colonna, dona plasticità alla sua figura.

La luce intensifica ancora di più la sofferenza del volto e rende la scena profondamene vera.

In quest’opera possiamo dunque ammirare una sintesi meravigliosa fra dettagli fiamminghi e plasticità rinascimentale.

Ecce homo: analisi dell’opera e commento video

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Ecce homo e San Girolamo penitente, di Antonello da Messina: analisi dell’opera https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-san-girolamo-antonello/ https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-san-girolamo-antonello/#comments Wed, 29 Apr 2020 20:10:04 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28554 Questa tavoletta di dimensioni contenute, 19.5 x 14.3 cm, aveva lo scopo di indurre meditazione e preghiera nel fedele che l’ammirava e ne constatava le implicazioni religiose delle immagini. Il titolo è “Ecce homo e San Girolamo penitente”. E’ stata realizzata da Antonello da Messina fra il 1463 e il 1465. L’opera fa parte di una collezione privata newyorkese.

Tavoletta di Antonello da Messina: Ecce homo (fronte) e San Girolamo penitente (retro) - Analisi dell'opera
Ecce homo (fronte) e San Girolamo penitente (retro), sono le due immagini che compongono la tavoletta di Antonello da Messina

Un’opera votiva

Meraviglioso esemplare di opera votiva, la tavoletta aveva lo scopo di stimolare la preghiera, di contemplare la sofferenza di Cristo e di ammirare la dedizione del Santo.

Fronte e retro

Sulla parte frontale (recto) della tavoletta appare il Cristo dolente mentre si sporge da un parapetto. Dietro di lui il buio, espediente necessario per permettere allo spettatore di concentrarsi unicamente sul personaggio ritratto.

Ecce homo (recto), opera di Antonello da Messina
Ecce homo, il volto sofferente di Gesù Cristo. Nella parte bassa la scritta I.N.R.I. (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum «Gesù Nazareno Re dei Giudei»)

Cristo è mostrato nel suo dolore fisico, contorto dalla sofferenza per le ferite inflitte, umiliato perché deve apparire di fronte alla folla, trascinato sul luogo dove appare forse con la corda che gli vediamo al collo.

San Girolamo penitente (verso), opera di Antonello da Messina
San Girolamo penitente (verso)

Sull’altro lato, il retro (verso), appare la figura di San Girolamo penitente. In un altro dipinto con lo stesso titolo, sempre opera di Antonello dello stesso periodo, il santo appare in ginocchio di fronte ad un crocefisso.

San Girolamo penitente, Antonello da Messina, quadro picture
L’altro dipinto dal titolo San Girolamo penitente (1460-1465)

Nella pittura oggetto di questo articolo, il Santo è sempre inginocchiato ma rivolto verso il cielo. Girolamo si trova in un luogo solitario, circondato solo dalla natura e dalle rocce.

La sua missione è l’ascesi, la preghiera solitaria. San Girolamo ha abbandonato l’abito talare e ha deciso di passare gli ultimi anni della sua vita solo, nella meditazione sul mistero di Cristo.

Ecce homo e San Girolamo penitente: le emozioni

Entrambe le immagini sono profondamente commoventi. La prima serve per meditare sulla sofferenza senza speranza del Cristo, che certo poi risorgerà, ma in quel momento è nel pieno del suo dolore e del suo sacrificio; nella seconda invece c’è la tensione del santo verso la perfezione della preghiera e della sua ricerca del dialogo con Dio.

La tavoletta Ecce homo e San Girolamo penitente serviva a questo scopo: ad indurre la meditazione e la preghiera nel fedele, che poteva portarla con sé o tenerla in un luogo dove raccogliersi, in silenzio, nella meditazione.

I dettagli

I dettagli del volto del Cristo richiamano l’arte fiamminga innalzata dal talento di Antonello da Messina.

Anche il contesto in cui San Girolamo prega è ricco di dettagli perfetti: la genealogia delle rocce, l’armonia della natura morta, il sentiero che si apre verso un panorama ampio, ricordano la ricchezza dei dettagli di pittori nordici tanto amati da Antonello: prima della sua partenza per Venezia li studiò con intensa ammirazione.

Eppure i cambiamenti che il maestro di Messina porta in quest’opera sono decisivi per trasformare l’arte del ritratto e concentrare l’attenzione dello spettatore sulla narrativa delle immagini.

Ecce homo e San Girolamo penitente: analisi dell’opera e commento video

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Salvator Mundi: analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/salvator-mundi-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/salvator-mundi-antonello-da-messina/#comments Mon, 20 Apr 2020 12:48:08 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28399 Nel periodo 1465-1475 Antonello da Messina realizza un’opera dal titolo Salvator Mundi (Cristo benedicente). Come per gli altri suoi dipinti con protagonista la figura di Cristo – Ecce Homo, Cristo alla colonna – anche in quest’opera Antonello coniuga la perfezione del dettaglio, ispirata dai fiamminghi, con l’introspezione psicologica.

Salvator Mundi - Gesù dipinto da Antonello da Messina (Salvatore del mondo)
Salvator Mundi: dipinto di Antonello da Messina (1465-1475 circa). Olio su tavola [38,7 x 29,8 cm]. Londra, National Gallery.

Salvator Mundi: analisi dell’opera e descrizione del dipinto

Ci troviamo di fronte ad un’opera di devozione creata per indurre i fedeli alla contemplazione e alla preghiera.

Di solito i dipinti di questo tipo non hanno uno scopo narrativo, ma servono a meditare e a commuoversi di fronte al mistero di Cristo.

In questo caso Antonello da Messina utilizza l’impianto delle icone bizantine dandogli una monumentalità classica.

Gesù compare di fronte allo spettatore: lo sfondo è nero per dare forza al soggetto che sembra predicare dalla balaustra posizionata in basso.

Salvator Mundi: salvatore del mondo

Il nome “Salvator Mundi” proveniente dalla lingua latina, significa Salvatore del mondo. Con tale nome latino si è soliti indicare l’iconografia di Gesù Cristo, raffigurato con due elementi ricorrenti:

  • la mano destra alzata, in segno di benedizione;
  • la mano sinistra che tiene un globo

In quest’opera di Antonello il secondo elemento iconografico è assente.

I dettagli e le modifiche successive

Lo sguardo è fisso e diretto verso lo spettatore. La mano destra è levata in segno benedicente. Entrambe le mani sono investite da una luce che le rende protagoniste: la mano benedicente è stata modificata in un secondo momento.

In un primo disegno la mano era stata realizzata con le due dita, indice e anulare, ripiegate all’interno. In seguito Antonello cambia idea e decide di dipingere le due dita in posizione diversa, dando così alla mano una posizione più evidente e importante, che permette allo spettatore un’osservazione diversa.

Dapprima ci si concentra sullo sguardo fisso di Gesù, che suscita un’emozione compita, poi lo spettatore è indotto ad osservare le dita, poi la mano, il braccio e infine l’abito. Anche quest’ultimo ha subìto una modifica.

Inizialmente era più accollato, mentre in un secondo intervento è stato aperto sul collo.

Le ombre sulla veste svolgono un importante gioco di contrasti di luci e ombre.

In questo dipinto il maestro messinese raggiunge una padronanza indubbia nell’utilizzo degli spazi e della prospettiva, così come nell’utilizzo della luce che ha lo scopo di indurre maggiore attenzione sul senso religioso del dipinto.

Salvator Mundi: dettaglio delle dita di Gesù con la scritta di Antonello da Messina
Il dettaglio delle dita della mano sinistra di Gesù, con la scritta e la firma di Antonello da Messina

Dove è possibile ammirare l’opera

Il dipinto Salvator Mundi di Antonello da Messina è conservato presso la National Gallery di Londra dal 1861, anno in cui lo acquistò.

Commento all’opera (video)

Salvator Mundi (Antonello da Messina): commento video all’opera
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Cristo alla colonna, quadro di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/cristo-alla-colonna-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/cristo-alla-colonna-antonello-da-messina/#comments Sat, 03 Aug 2019 16:40:24 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26846 Nel periodo 1476-1478 circa Antonello da Messina dipinge il Cristo alla colonna, un’opera potentissima che supera l’iconografia fiamminga e apre la strada ad un nuovo modo di realizzare i ritratti.

Cristo alla colonna Antonello da Messina Christ at the column
Cristo alla colonna (1476-1478): olio su tavola, 25.8 cm × 21 cm • Il dipinto è conservato presso il Museo del Louvre, a Parigi.

Cristo alla colonna: descrizione dell’opera

Prima di tutto la testa del Cristo non è rivolta verso lo spettatore ma è appoggiata alla colonna della flagellazione. Gli occhi di Gesù guardano verso il cielo in un momento altissimo di sofferenza fisica e morale.

Cristo non cerca la pietà dell’uomo ma quella di Dio che invoca in un momento di disperazione e dolore. L’emozione è fortissima perché in questo momento Antonello da Messina racchiude la disperazione della passione quando Gesù si domanda perché suo padre, Dio, lo ha abbandonato.

Eloi, Eloi, lema sabactàni? [In aramaico]

Secondo i Vangeli di Marco e Matteo sono le ultime parole di Gesù prima di morire.

La perfezione dei dettagli

A questo punto lo sguardo dello spettatore si concentra sulla realizzazione di dettagli perfetti. I capelli sciolti sono sudati a causa della sofferenza patita; la corona di spine, la barba rada, le lacrime si differenziano per un miracolo di luce e colore dalle gocce di sangue; il collo, la corda intorno al collo tirato per il dolore e alla bocca da cui sembra udire la voce di Gesù.

Il dipinto, perfetto nella sua realizzazione, suscita compassione, pietà e ammirazione per il gioco della luce che ci permette di osservare senza soluzione di continuità i particolari del volto di Cristo.

Un altro elemento di originalità si trova nella prospettiva che la particolare collocazione del viso crea nel perimetro del dipinto. L’osservazione parte da sotto e sale fino agli occhi: in questo modo il volto del Cristo prende tutto lo spazio e occupa completamente lo sguardo dello spettatore.

Commento e breve analisi dell’opera

Non si sfugge dalla tragedia che Gesù sta vivendo, bisogna guardarla, subirla e riflettere poi sul peso che ha dovuto affrontare. Questo è lo scopo di Antonello da Messina: fotografare la perfezione di un attimo.

Per nostra fortuna il dipinto Cristo alla colonna a differenza di altri quadri dell’artista messinese, è conservato molto bene; dunque la forza della luce si realizza appieno.

Il dipinto si colloca nella serie tematica di opere che comprende anche Ecce Homo e Crocifissione. “Cristo alla colonna” ebbe successo per la sua efficacia prospettica ma soprattutto per il capolavoro dei dettagli. Tuttavia ciò che colpisce, a mio modo di vedere, oltre alla luce, alla bellezza dei dettagli, alla perfezione dei particolari è la forza di attrazione verso la bellezza di Gesù; Cristo soffre, cerca Dio padre e vede forse in quell’attimo il Paradiso che lo attende.

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Crocifissione, opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/crocifissione-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/crocifissione-antonello-da-messina/#comments Wed, 31 Jul 2019 18:48:34 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26844 Nel 1475 Antonello da Messina dipinge un capolavoro sulla crocifissione. Mancano pochi anni alla sua morte e il maestro messinese possiede perfettamente la tecnica prospettica. Esistono due versioni della crocifissione di Cristo, dipinte da Antonello nello stesso anno, più una terza antecedente. Le opere vengono indicate con il nome della città in cui risiedono attualmente. Quella che andiamo ad analizzare qui è un olio su tavola, 52,5 x 42,5 cm, esposta in Belgio, presso il Koninklijk Museum di Anversa.

Crocifissione Antonello da Messina Crucifixion Calvary
Crocifissione (Calvary) • Antonello da Messina, 1475

Crocifissione: descrizione del quadro

Si può osservare la padronanza della tecnica prospettica nella realizzazione della balza rocciosa del Golgota, nella contorsione dei due ladroni e nella posizione opposta e complementare di Maria e Giovanni.

La balza rocciosa è cosparsa di teschi, erbe, pietre e alcuni animali si muovono fra le rocce e i crani. Il riferimento è ai fiamminghi e alla loro superba arte dei dettagli che Antonello da Messina conosceva molto bene.

I simboli

Gli animali e i teschi hanno però anche altri riferimenti simbolici. I teschi rappresentano la transitorietà della vita. I serpenti che escono dai bulbi oculari simboleggiano la tentazione e il male che spreca l’esistenza.

La civetta, invece, rappresenta coloro che sono persi nel buio più totale e sono incapaci di vedere la luce.

Alcuni riferimenti sono scontati altri sono più dotti e si riferiscono anche a simboli biblici.

I personaggi

Particolari invece sono le posizioni dei ladroni che si contorcono sui pali legnosi. La descrizione anatomica, la posizione dei corpi, la prospettiva delle posizioni sono un tratto caratteristico di Antonello da Messina; ma in questa tela raggiungono un vertice notevole.

La terza parte, il rapporto contrapposto fra Maria e Giovanni chiude il lavoro di Antonello. Lo sfondo infatti è più piatto rispetto alla parte del Golgota e forse non è di Antonello, ma di uno dei suoi discepoli. Oppure è opera del figlio Jacobello, il quale dopo la morte del padre prende in mano la bottega e conclude alcune commissioni che il genitore aveva firmato prima di morire.

La parte invece in cui si vedono i cavalieri mentre rientrano a Gerusalemme è ricca di dettagli e di rimandi all’arte fiamminga.

Un altro riferimento è il cartellino (o cartiglio) con il nome dell’opera che Antonello dipinge in basso a destra; esso forse è un saluto al suo amico Giovanni Bellini che utilizzava lo stesso espediente.

Lo stretto di Messina

Studi orografici – che riguardano la distribuzione dei rilievi montuosi – effettuati nel 2010, hanno messo a confronto il paesaggio reale dello stretto di Messina con le colline del quadro di Anversa. La tecnica della sovrapposizione mostra come lo sfondo sia stato forse ispirato dalla visione reale dello stretto di Messina. Il punto di vista sarebbe quello dalle colline della valle del torrente Camaro.

Sovrapposizione Crocifissione Antonello da Messina Stretto di Messina
La sovrapposizione della Crocifissione con il paesaggio dello Stretto di Messina

Le altre crocifissioni di Antonello da Messina

Le altre due versioni a cui abbiamo accennato all’inizio sono esposte:

  • alla National Gallery di Londra: dipinto olio su tavola di tiglio (41,9×25,4 cm), datato al 1475. L’opera è successiva a quella di Anversa.
  • al Muzeul Naţional de Artă al României, a Bucarest (Romania). L’opera è datata 1463-1465 circa: è un dipinto realizzato con tempera e olio su tavola, 39×22,5 cm. E’ indicato come Crocifissione di Sibiu.
Crocifissione Antonello da Messina Londra London
La Crocifissione di Antonello da Messina esposta a Londra
Crocifissione di Sibiu Antonello da Messina Romania
Crocifissione di Sibiu

Analisi dell’opera con commento video

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Cristo Morto (opera di Andrea Mantegna) https://cultura.biografieonline.it/cristo-morto-mantegna/ https://cultura.biografieonline.it/cristo-morto-mantegna/#respond Mon, 26 Oct 2015 17:05:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15470 Il “Cristo Morto” (conosciuto anche come “Lamento sul Cristo morto” o “Cristo morto” e tre dolenti) è uno tra i più celebri dipinti di Andrea Mantegna, realizzato con tempera su tela, risalente al periodo compreso tra il 1475 e il 1478.

Cristo Morto - Mantegna
Cristo Morto, celebre quadro di Andrea Mantegna

Conservata oggi all’interno della Pinacoteca di Brera di Milano, quest’opera è particolarmente conosciuta e apprezzata per l’incredibile scorcio prospettico della figura del Cristo disteso che sembra seguire lo sguardo dello spettatore che, scorrendo davanti al quadro, fissa la tela a partire dai piedi.

Considerato uno dei capolavori artistici del Mantegna, questo dipinto ha una forza espressiva e allo stesso tempo una compostezza severa, e senza eguali,  che ne fanno senza alcun dubbio uno dei simboli più rappresentativi del Rinascimento italiano.

La storia del dipinto

Il “Cristo Morto” del Mantegna risale molto probabilmente al periodo compreso tra il 1475 e il 1478. Ma questa al momento è solo una delle ipotesi più accreditate, in quanto non si conosce ancora una datazione precisa, perché quest’opera risale ad un cinquantennio di produzione mantegnesca che va dall’era mantovana alla morte dell’artista.

In ogni caso questo celebre dipinto viene messo in relazione alla “Camera degli Sposi“, altro capolavoro di Andrea Mantegna, realizzato tra il 1465 ed il 1474, per via del suo contenuto illusionistico e della prospettiva utilizzata, molto più evoluta rispetto alle tecniche fino ad allora conosciute.

Una strana curiosità

Un “Cirsto in scurto”, destinato molto probabilmente alla devozione privata del Mantegna, è citato tra le opere rimaste all’interno della bottega del pittore dopo la sua morte, avvenuta nel 1506. Poco dopo però lo stesso dipinto veniva acquistato dal cardinale Sigismondo Gonzaga, nel 1507, e tutt’ora non è chiaro se si trattasse della stessa opera o di una fedele imitazione realizzata da un altro artista, anche se l’opera del cardinale appare piuttosto uguale a quella oggi esposta a Brera. Tuttavia, dopo diversi anni di studi e ricerche, alcuni studiosi sono giunti alla conclusione che le opere del “Cristo Morto” realizzate dal Mantegna fossero in realtà due.

Il percorso successivo della tela, che è passata attraverso le corti di diversi Re e Cardinali, è infatti documentato in maniera soltanto parziale e alquanto confusa.

Il pellegrinaggio della tela

Secondo alcune ricostruzioni essa sarebbe appartenuta, intorno al 1531, a Margherita Paleologa, futura sposa di Federico II Gonzaga. Nel XVII secolo, invece, l’opera si sarebbe sdoppiata perché nel 1603 era elencata tra i quadri di Pietro Aldobrandini mentre un secondo quadro, nel 1627, è elencato tra le proprietà di Ferdinando Gonzaga. Successivamente, secondo alcune ricostruzioni, la stessa tela sarebbe stata venduta, nel 1628, a Carlo I d’Inghilterra, assieme ai dipinti più prestigiosi dei Gonzaga. L’ultima traccia del “Cristo Morto” risale invece al mercato antiquario ed alla raccolta del cardinale Mazzarino. Da allora se ne persero le tracce per circa un secolo, finché nel 1806 il segretario dell’Accademia di Brera, Giuseppe Bossi, chiedeva ad Antonio Canova, il celebre autore di “Amore e Psiche“, di mediare per l’acquisto del suo “desiderato Mantegna”, che giunse in Pinacoteca nel 1824.

Le altre versioni del Cristo Morto

Una seconda versione del Cristo Morto del Mantegna  è invece riconosciuta in una collezione privata di Glen Head, ma gli studiosi più esperti la ritengono una copia modesta della tela originale ad opera del genio di Andrea Mantegna.

Cristo Morto - Glen Head
La copia del “Cristo Morto” di Glen Head

Tuttavia in essa non sono rappresentati i tre dolenti al capezzale del Cristo, che alcuni ipotizzano essere stati inseriti solo successivamente dall’autore, e sono presenti altre varianti che la rendono simile e allo stesso tempo del tutto differente dal famoso dipinto tardo-cinquecentesco.

Esiste inoltre un disegno a penna di un uomo giacente su una lastra di pietra, che attualmente si trova nel Trustee del British Musum di Londra, che presenta anch’essa alcune profonde similitudini con il capolavoro del Mantegna.

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La Bibbia https://cultura.biografieonline.it/bibbia-storia/ https://cultura.biografieonline.it/bibbia-storia/#comments Fri, 23 Oct 2015 15:25:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15441 Il testo di riferimento per le religioni monoteiste ebraica e cristiana è da sempre la Bibbia, libro che negli ultimi cinquant’anni risulta essere il più venduto e letto con una tiratura che raggiunge quasi i 4 miliardi di copie. Diversamente dalla Bibbia ebraica, la Bibbia Cristiana è suddivisa in due parti: l’Antico Testamento, che comprende quarantasei libri, i cui testi sono stati redatti prima del “ministero” di Gesù (tranne Sapienza) e il Nuovo Testamento (o Nuova Alleanza), che narra in modo minuzioso l’avvento del Messia.

La Bibbia - Storia e riassunto
La Bibbia

Nell’Antico Testamento viene narrata la storia di un popolo, quello ebraico. Alcuni libri narrano della storia del popolo, dei suoi padri, Re e profeti. Ci sono anche testi appartenenti all’epoca ellenistica, prima della nascita di Gesù. Il Nuovo Testamento, invece, è composto dai quattro Vangeli, dagli Atti degli Apostoli, dalle lettere dell’apostolo Paolo, dalle Lettere Cattoliche e dall’Apocalisse, per un totale di ventisette scritti.

Nel Nuovo Testamento viene descritto in modo minuzioso la venuta del Messia. Il suo nome era Gesù. Egli è il Dio incarnato e la Sua venuta è l’evento principale che ha influenzato la storia del mondo. Nel testo, si raccontano le sue gesta, le profezie che si sono avverate, si narra della sua morte per salvarci dal peccato originale e della sua resurrezione. La Bibbia è dunque caratterizzata da libri differenti per origine, genere, composizione, lingua e datazione, scritti in un periodo di tempo molto lungo. Nella Bibbia, troviamo testi poetici, come i Salmi e l’Ecclesiaste, di profezia, come Isaia e Apocalisse, le biografie, come Matteo e Giovanni, le epistole (lettere formali), come ad esempio Tito e Ebrei, testi contenenti leggi, come il Levitico e Deuteronomio e, in ultimo, libri storici, come Ezra e Atti.

Nella prima parte della Bibbia viene narrata la creazione da parte di Dio del creato e degli uomini che tuttavia si sono ribellati alla Sua volontà cadendo in tentazione. L’uomo e la donna conoscono il peccato, chiamato nei sacri testi “peccato originale” e Dio li caccia dal paradiso terrestre, da qui la storia di Adamo ed Eva e dei loro figli Caino e Abele. In seguito, viene messa in luce la figura chiave di Abramo. Dio ha promesso ad Abramo, al figlio Isacco e a suo nipote Giacobbe (anche chiamato Israele), che avrebbe di nuovo riportato il mondo alla situazione originaria attraverso la nascita di un loro discendente che espierà le colpe del “peccato originale”. Seguono poi le concitate pagine in cui si narra del diluvio universale e della storia di Noè che costruisce l’arca.

Continuando nell’analisi del testo troviamo la storia di Mosè con la conseguente e fondamentale apparizione delle tavole della legge (i dieci comandamenti) che gli vennero dettate da Dio, mentre Mosè portava il popolo ebraico attraverso un’interminabile viaggio nel deserto che lo porterà verso la “terra promessa”. In seguito, si parla dei regni di Davide e di suo figlio Salomone, che nel suo periodo divenne uno dei più grandi e potenti del mondo allora conosciuto. Dio promise a Davide e Salomone che un loro discendente avrebbe regnato come Re per sempre. La discendenza di Davide porterà poi fino alla figura di Gesù. Dopo il regno di Salomone, il popolo ebraico visse un periodo di estrema difficoltà. L’Antico Testamento si chiude con Gerusalemme, la città più importante di allora, che viene ricostruita intorno al 444 a.C. e con il ritorno del popolo ebraico che ricomincia a risplendere dopo varie peripezie sostenute.

Il Nuovo Testamento, invece, descrive in modo minuzioso la nascita e la vita del “Messia”, ovvero il Salvatore, Gesù Cristo. Che viene alla luce da due dei più importanti personaggi del testo, Giuseppe e Maria, grazie all’incedere dello Spirito Santo. Gesù era il discendente che Dio aveva promesso ad Abramo e a Davide, nato per compiere il piano di Dio e con il suo sacrificio, riscattare l’umanità per la colpa commessa nel “peccato originale”. Vengono così narrati in modo minuzioso gli insegnamenti di Gesù, il suo rapporto con gli Apostoli e tutte le vicissitudini che nel tempo coinvolgono Gesù e i suoi profeti. In seguito, il testo si occupa del racconto del tradimento di Giuda e della crocifissione di Cristo.

Continuando nell’analisi del libro sacro, troviamo a questo punto la descrizione della morte di Gesù e della sua conseguente resurrezione che lo porta all’ascesa al cielo al fianco del Padre (Dio). Il sacrificio della sua vita terrena compensa quella mal vissuta dal primo uomo, Adamo, che era caduto nel baratro del peccato. Dopo la morte di Gesù e la sua resurrezione, i discepoli andarono in tutto il mondo allora conosciuto a divulgare gli insegnamenti e la parola di Gesù all’intera umanità per avvisarla che la salvezza eterna era possibile. Viaggiarono in Asia Minore, Grecia e in tutto l’Impero Romano.

Il Nuovo Testamento si conclude con il ritorno di Gesù che si presenta per giudicare il mondo e per liberarci dal “peccato originale”. Alla fine dei tempi, quando avverrà il Giudizio Universale, Dio si prodigherà nel ristabilire le condizioni originali del Creato, esistenti prima del peccato originale e annullerà il male e la morte. Il Nuovo Testamento o, per meglio dire, il secondo volume della Bibbia, si chiude con la tanto profetizzata Apocalisse, che viene descritta ed illustrata seguendo il messaggio universale del figlio di Dio, Gesù Cristo e della sua Fede.

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Corpus Hypercubus (opera di Salvador Dalí) https://cultura.biografieonline.it/corpus-hypercubus-dali-crocefissione/ https://cultura.biografieonline.it/corpus-hypercubus-dali-crocefissione/#comments Fri, 13 Jun 2014 12:42:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11286 Il pittore Salvador Dalí realizzò nel 1954 la sua opera intitolata Corpus Hypercubus. Si tratta di un dipinto a olio su tela delle misure di 58,4 centimetri x 73,7 centimetri, che tratta del tema religioso-sociale della Crocifissione. Il quadro si trova al momento presso il Metropolitan Museum of Art di New York.

Corpus Hypercubus (1954) • Celebre opera di Salvador Dalì
Salvador Dalì, Corpus Hypercubus (1954), a volte indicato come “Crocefissione”

Si tratta di un quadro sensazionale che mette in risalto la figura di Cristo crocifisso sulla rete di un iper cubo. La figura di Gesù Cristo, infatti, non è inchiodata alla croce ma magicamente fluttuante nell’aria. È costituita da una struttura caratterizzata da otto cubi che simulano la forma della croce. Dalì, nel suo dipinto a olio, utilizza una tecnica classica e una formula accademica, ma composta da elementi cubici. L’artista catalano predilige i temi dell’arte sacra e, contemporaneamente, si avvale della fascinazione enigmatica di strutture geometriche.

In primo piano possiamo osservare la figura della Madonna che presenta un’acconciatura moderna dei capelli (e non importa se riconosciamo o meno in lei il volto di Gala), con lussuosi mantelli dalle tinte metalliche. Sullo sfondo di un infinito pavimento a scacchiera, ci immergiamo nell’atmosfera cupa del paesaggio notturno, quasi a simboleggiare lo straordinario evento della morte di Cristo; evento che ai nostri occhi ci appare, nello stesso tempo, umano e metafisico. In basso a sinistra che guarda Gesù Crocifisso, troviamo Gala (moglie di Dalí). La scena si svolge di fronte alla baia di Port Lligat.

La Crocifissione è senza dubbio uno dei capolavori più importanti di Dalì, caratterizzata da elementi del misticismo nucleare e dal conseguente ritorno alla sua eredità cattolica. Si tratta di una crocifissione intesa e vissuta artisticamente al tempo della scienza moderna. Un particolare da non sottovalutare è la mancanza di chiodi nelle mani e nei piedi del Cristo. Questo sta ad indicare la sua perfetta e completa redenzione, mentre la croce viene intesa come il possibile riflesso di un mondo in quattro dimensioni e sottolinea la inintelligibile distanza tra il naturale e il soprannaturale.

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