clima Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 01 Oct 2024 12:39:35 +0000 it-IT hourly 1 “Come evitare un disastro climatico”: il libro di Bill Gates dal 16 febbraio in libreria https://cultura.biografieonline.it/come-evitare-disastro-climatico-bill-gates/ https://cultura.biografieonline.it/come-evitare-disastro-climatico-bill-gates/#respond Fri, 05 Feb 2021 12:58:23 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=32576 Salvare il mondo dalla catastrofe climatica è il desiderio in cima alla lista dei personaggi più influenti. Bill Gates, guru della tecnologia e filantropo, aveva infatti dichiarato dieci anni fa, durante il suo primo TEDx talk sul clima: “Se potessi esprimere un solo desiderio per i prossimi 50 anni, sarebbe che qualcuno potesse abbassare il costo dell’energia, eliminando pure le emissioni di anidride carbonica”.

Il desiderio di Gates non ancora si è realizzato, ma il suo lavoro prosegue sempre in tale direzione. In questi dieci anni di collaborazione con investitori, scienziati, inventori di tutto il mondo, Bill Gates ha imparato parecchio, e per questo ha voluto mettere tutto in un libro, che sta per uscire nei prossimi giorni.

Dal 16 febbraio sarà disponibile nelle librerie di tutto il mondo (in Italia per la casa editrice “La Nave di Teseo”) il volume intitolato “Come evitare un disastro climatico”.

In questo libro – ha spiegato Gates – propongo un piano decennale rivolto ad imprenditori, governi, istituzioni, ma anche passi quotidiani e concreti che ciascuno di noi può fare  per contribuire all’eliminazione dei gas serra, la causa del surriscaldamento globale”.

La lettura di questo libro potrebbe fornirci qualche utile “dritta” su come contribuire a salvare il Pianeta con le piccole azioni di ogni giorno.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/come-evitare-disastro-climatico-bill-gates/feed/ 0
La luce e gli impianti fotovoltaici: come funzionano? https://cultura.biografieonline.it/luce-impianti-fotovoltaici/ https://cultura.biografieonline.it/luce-impianti-fotovoltaici/#comments Thu, 16 Jun 2016 13:16:02 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18741 La radiazione solare consente la vita sulla Terra, fornendo l’energia necessaria al suo mantenimento e regolando, inoltre, la gran parte dei fenomeni meteorologici e il clima.

La luce e gli impianti fotovoltaici - I pannelli solari
Pannelli solari

La necessità di ottemperare ad un sempre più oppressivo fabbisogno energetico, accompagnata ad una progressiva sensibilizzazione alle tematiche ambientaliste, hanno indotto l’uomo a voler sfruttare questa grande risorsa donata dalla nostra stella, il sole, per produrre corrente elettrica. Gli impianti fotovoltaici sono costituiti essenzialmente da una serie di pannelli recanti sulla propria superficie moltissime celle fotovoltaiche.

Il materiale più utilizzato per la realizzazione di questi dispositivi è il Silicio.

Il silicio negli impianti fotovoltaici e nelle celle fotovoltaiche

Il silicio è un semiconduttore, ossia gli elettroni di valenza (che si trovano sull’orbitale più esterno e gli unici a formare legami atomici) non sono eccessivamente mobili, come accade nei materiali conduttori, né tantomeno bloccati, come avviene nei materiali isolanti, nella cosiddetta “banda di valenza”.

Nell’atomo di silicio, la quantità di energia necessaria ad accelerare gli elettroni della banda di valenza è molto piccola, pertanto le particelle in questione possono passare nella banda di conduzione solo nel caso di assorbimento d’energia proveniente dall’esterno, come quella fornita dalla radiazione solare che, attraverso l’effetto fotoelettrico, è in grado di trasformare un materiale semiconduttore come il silicio, in un materiale conduttore.

Gli elettroni, una volta scalzati dalla loro banda di valenza, vengono convogliati in apposite griglie metalliche incastonate sulla superficie del pannello, generando corrente elettrica continua, che per poter essere utilizzata necessita di essere alternata nell’apposito inverter che ha la funzione di rendere la corrente fruibile con la frequenza di utenza (50Hz).

La luce: onda o particella?

Prima di sviluppare il principio secondo cui è possibile produrre corrente elettrica dalle onde luminose, non è possibile, a questo punto, evitare le domande: “Che cos’è la luce?“, “Di cosa è composta?”.

Il sole
Il sole

L’esperienza quotidiana ci suggerisce che la luce si propaga in linea retta; si pensi, ad esempio, ad un raggio luminoso che penetra in una stanza buia attraverso una fenditura nel muro. Dall’osservazione notiamo, infatti, che il raggio è rettilineo, mentre se prendessimo uno specchio per deviarne la direzione, noteremmo anche in questo caso un andamento rettilineo, poiché l’angolo di incidenza del raggio luminoso sulla superficie è uguale a quello di riflessione.

A partire dalla metà del Seicento, le teorie fisiche sui fenomeni luminosi erano diverse, pertanto, sono stati necessari ben due secoli per dimostrare l’effettiva natura della luce, ponendo in tal modo fine a molte delle controversie.

Le teorie della luce

Il dibattito era incentrato su due modelli postulati negli stessi anni che, descrivendo perfettamente alcuni fenomeni propri della luce anche se in maniera differente, non sembravano trovare un punto di incontro, quindi una svolta.

Il modello corpuscolare descriveva la luce come un flusso di particelle microscopiche (i cosiddetti corpuscoli), emessi in forma CONTINUA da opportune sorgenti luminose. Si trattava di flussi rettilinei e in grado di attraversare alcune superfici (quelle trasparenti) mentre “rimbalzavano” sui materiali opachi alla luce, tanto da impedirne l’attraversamento.

Il modello ondulatorio, d’altra parte, descriveva la luce come un’onda la cui propagazione avveniva in maniera analoga alle onde elastiche (come quelle che diffondono un sisma dal proprio punto di origine).

La luce è intesa quindi come trasferimento di energia e non di materia (corpuscoli), tanto da essere definita “energia radiante“.

Isaac Newton
Isaac Newton

Newton e Huygens

Tra i sostenitori della teoria corpuscolare vi era Isaac Newton (1642-1727), secondo cui i fenomeni luminosi si riducono ad un mero movimento di particelle con le proprietà di qualsiasi punto materiale (si pensi al moto delle biglie sul tappetino del tavolo da biliardo) che, urtando la retina dell’occhio, stimolano il senso della vista.

Christiaan Huygens
Christiaan Huygens

Il modello ondulatorio fu sostenuto da Christiaan Huygens (1629-1695), uno scienziato olandese contemporaneo a Newton, il quale descriveva la luce non più come flusso di particelle interagenti grazie a continui urti, bensì come onde circolari.

Per comprendere il fenomeno si pensi, ad esempio, ad un sasso che precipita in un pozzo: le onde circolari che si sollevano ritmicamente sulla superficie dell’acqua, propagandosi in direzione radiale, si allontanano dalla sorgente.

La svolta: la teoria dei quanti

Le varie teorie descritte risultavano complementari per molti aspetti; mentre un modello riusciva a descrivere un fenomeno, l’altro ne approfondiva altri versanti.

Max Planck (1858-1947) avanzò una ipotesi rivoluzionaria, secondo cui l’energia radiante, precedentemente introdotta, non veniva emessa in forma continua, ma per piccolissime quantità fisiche (discontinue), dette quanti.

L’energia associata a un quanto con frequenza ν è pari a E = hν, dove h è la costante di Planck, pari a 6.625x Js.

Per capire la differenza tra emissione continua ed emissione discontinua, si può pensare ad un particolare molto comune nella vita di ogni giorno: il rubinetto aperto di un lavandino fornisce acqua in maniera continua mentre le bottiglie forniscono, invece, acqua per quantità discrete pari al volume della bottiglia stessa.

Il concetto di quantizzazione può essere descritto da un altro esempio altrettanto comune: una palla può rotolare verso il basso o su un piano inclinato oppure rimbalzare lungo una scala. Nel primo caso la sfera ha un moto continuo, mentre nel secondo, gradino dopo gradino, ha un moto discontinuo, cioè avviene per salti in cui ogni scalino rappresenta un quanto di energia.

Max Planck
Max Planck

L’effetto fotoelettrico: produrre corrente elettrica dalla luce

Ai tempi di Planck, si conosceva già da tempo il fenomeno secondo cui sottoponendo una lamina di metallo ad una certa radiazione luminosa di determinata frequenza, essa si caricava elettricamente con carica positiva, quindi emetteva elettroni, cioè corrente elettrica (opportunamente rilevabile da strumenti come il Galvanometro, nome che deriva dal nome di Luigi Galvani).

Gli elettroni sono trattenuti all’interno del metallo da una certa energia, quindi per espellerli è necessario investire la lamina metallica da una radiazione luminosa avente energia E = hν, pari all’energia che trattiene le particelle all’interno del materiale.

Per comprendere meglio il fenomeno, si immagini di dover calciare un pallone oltre una staccionata: se l’energia impressa al corpo è troppo bassa, l’oggetto colpirà l’ostacolo e tornerà indietro, ma se il bersaglio venisse colpito con la forza necessaria, solo a quel punto, il pallone riuscirebbe a superare la barriera.

Nell’effetto fotoelettrico, l’energia necessaria E è proporzionale alla frequenza della radiazione luminosa incidente la lamina; se si supera la frequenza critica di radiazione (propria del materiale colpito dalla luce), si raggiunge la condizione sufficiente per cui si riesce a “scalzare” gli elettroni dalla lamina e quindi produrre corrente elettrica (su vasta scala).

Albert Einstein
Albert Einstein

Einstein e i fotoni

Queste osservazioni indussero Einstein a confermare l’ipotesi secondo cui la luce fosse sia un’onda elettromagnetica (descritta dalle equazioni di Maxwell) ma che avesse anche una natura corpuscolare. Solo le particelle cariche di energia, infatti, sarebbero in grado non solo di spostare altre particelle (in questo caso elettroni), ma di impartire ad esse una accelerazione tanto maggiore quanto più intensa è la radiazione.

A queste particelle di luce venne dato il nome di fotoni e la scoperta dell’effetto fotoelettrico (principio alla base dei comuni impianti fotovoltaici) valse ad Einstein il premio Nobel del 1921.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/luce-impianti-fotovoltaici/feed/ 1
Differenza tra ciclone, uragano e tornado https://cultura.biografieonline.it/ciclone-uragano-tornado-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/ciclone-uragano-tornado-differenze/#comments Fri, 04 Apr 2014 22:48:41 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10371 Facciamo chiarezza sulle differenze tra uragano, tornado e cicloni. Iniziamo da questi ultimi.

I cicloni, o perturbazioni atmosferiche, vengono definiti come tempeste violente, associate ad un moto di traslazione con un centro di bassa pressione. Questi fenomeni sono in grado di arrecare danni ingenti a cose e a persone, attraverso lo scatenarsi di piogge e venti molto intensi. Di minor portata e meno violenti, per nostra fortuna, sono invece le tempeste extra-tropicali che però sono di gran lunga più estese.

Un ciclone
Foto aerea di un ciclone

Invece con il termine tornado si indica una tromba d’aria di limitata estensione ma distruttiva. La sua velocità media è di circa 50 km/h, mentre la durata del fenomeno è di soli pochi secondi. Se i venti si mantengono sotto i 117 km/h si parla di tempeste tropicali e non di uragani. Se le tempeste raggiungono una velocità maggiore vengono definite dei veri e propri uragani.

Tornado: foto di una tromba d'aria
Un tornado con la sua tromba d’aria

Secondo la Scala Saffir-Simpson, gli uragani vengono classificati in cinque categorie a seconda della pericolosità. Il primo grado è il minimo, può causare danni limitati ad alberi, insegne o tegole dei tetti e provocare limitate inondazioni delle zone costiere. Il secondo, moderato, riesce a causare danni già di una certa rilevanza come possibili rotture di finestre, abbattimento di alberi, danneggiamenti alle strutture mobili e nelle zone costiere può portare inondazioni fino ad un massimo di 2,5 metri oltre il livello standard e rompere gli ormeggi più deboli delle imbarcazioni.

Dal terzo, forte, incominciamo a registrare i danni maggiori: grandi alberi divelti, distruzione di tetti e danni rilevanti alle strutture abitative. Per il rischio di un innalzamento del mare fino a 4/5 metri, nelle zone costiere, viene effettuata l’evacuazione dei residenti. Il quarto è fortissimo, provoca danni ingenti ad edifici, abbattimento di tutti gli alberi e di tutte le cose che incontra sul suo cammino.

Nelle zone costiere si può verificare un aumento del livello del mare di 5/6 metri a partire da cinque ore prima dell’arrivo dell’occhio del ciclone. È obbligatorio evacuare tutte le persone residenti. Infine, il quinto livello, quello disastroso. Provoca danni irreparabili ad abitazioni, edifici, strutture, vegetazione e tutte le cose presenti sul suo tragitto.

Parlando ancora di zone costiere, qui si possono verificare intense e distruttive inondazioni, visto che il livello del mare può arrivare a superare i 6 metri oltre il normale livello delle acque. Obbligatorio è evacuare totalmente tutta la popolazione sulle coste ed anche nelle vicinanze delle stesse.

Uragano
Foto di un uragano (in lingua inglese, hurricane)

Il nome urgano deriva da Hurrican, il dio caraibico del male. In base alle zone prendono diverse denominazioni: tifone (typhoon) in Asia, baguyo nelle Filippine, uragano (hurricane) negli Usa, willy-willy in Australia.

Una regione centrale degli Stati Uniti, nella quale i tornado si presentano con alta frequenza, è comunemente nota come Tornado Alley, il “viale dei tornado“.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/ciclone-uragano-tornado-differenze/feed/ 2
Gli iceberg https://cultura.biografieonline.it/iceberg/ https://cultura.biografieonline.it/iceberg/#comments Sat, 30 Nov 2013 13:18:11 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8865 Con il termine iceberg si intende un’enorme massa di ghiaccio che si stacca da un ghiacciaio o da una piattaforma di ghiaccio a seguito di conseguenti variazioni climatiche, atmosferiche, e che galleggia alla deriva in mare. Gli iceberg sono stati da sempre un serio pericolo nell’ambito della navigazione a causa, non tanto della loro superficie visibile ma quanto per la loro parte sommersa.

Un imponente iceberg
Il pericolo degli Iceberg

Il movimento di queste enormi masse di ghiaccio è pressoché inaspettato e le navi non sempre riescono ad evitarne l’impatto, soprattutto quando navigano in condizioni di scarsa visibilità.

Quelli sicuramente più insidiosi sono i più piccoli che riescono a sfuggire al normale avvistamento da parte dell’uomo, rendendosi particolarmente pericolosi per la navigazione. I battelli e le navi devono mantenere una distanza di sicurezza, dai blocchi di ghiaccio, di circa due miglia per navigare in sicurezza.

Tra i più grandi disastri di tutti i tempi, quello più conosciuto è quello del Titanic, il più grande transatlantico del tempo che il 14 aprile 1912 entrò in collisione con un iceberg che fece inabissare la nave sui fondali oceanici. Oltre alla collisione con la massa di ghiaccio, gli studiosi più tardi hanno dichiarato che la nave si sarebbe inabissata anche per altri motivi.

Da lì in seguito si tentò di trovare rimedi e soluzioni per contrastare il pericolo “bianco” nei mari.

Nel 1913 si formò la “pattuglia internazionale dei ghiacci” ad opera di sedici nazioni per controllare tale fenomeno ed avvisare le navi in movimento. Le “navi di pattuglia” avvertivano per radiogramma delle posizioni degli iceberg sulle rotte marittime.

Ai giorni nostri il NIC (National Ice Center degli Usa), utilizza un nome per identificare tutti gli iceberg avvistati. In Antartide, il servizio di vigilanza utilizza invece delle lettere che stanno ad indicare la provenienza degli iceberg e un numero che indica il loro avvistamento.

L’iceberg più grande mai avvistato fu il quindicesimo iceberg, nel settore B, che si staccò dalla piattaforma Orientale di Ross, nel 2000 con i suoi 11.000 km quadrati, denominato B-15A.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/iceberg/feed/ 1
Perché nel centro dell’uragano c’è assenza di vento? https://cultura.biografieonline.it/uragani-cicloni/ https://cultura.biografieonline.it/uragani-cicloni/#comments Fri, 29 Nov 2013 14:12:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8838 Gli uragani sono tra i fenomeni climatici più violenti e catastrofici che colpiscono il nostro pianeta in modo imprevedibile; negli ultimi anni sono anche aumentati di intensità. La formazione di un uragano è generata da un processo di forte evaporazione dalla superficie riscaldata dell’acqua del mare che favorisce l’umidità dell’aria sovrastante, provocando delle correnti ventose circolari molto intense.

L'occhio del ciclone
Nel centro dell’uragano vi è totale assenza di vento

Un sistema nuvoloso che acquista una notevole energia, interagisce con la rotazione terrestre ed i venti al suo interno, quindi, vengono dirottati verso destra, rispetto al moto di spostamento nell’emisfero settentrionale, e verso sinistra, rispetto al moto in quello meridionale. La forza che devia le correnti viene chiamata “Forza di Coriolis”. La forza centrifuga che ne scaturisce spinge tutta la nuvolosità via dal centro della perturbazione dando così la formazione “dell’occhio”.

Il meccanismo è simile a quando si prende una curva ad alta velocità in auto ed il nostro corpo viene spinto dalla forza centrifuga, obbligandoci ad afferrare un sostegno per non essere sbattuti contro la portiera. Così, le nubi presenti all’interno del sistema perturbato, sono libere di muoversi e vengono allontanate dal centro che di conseguenza si presenta sempre con un cielo sereno, privo di vento e con un’aria più secca.

Se potessimo rimanere “nell’occhio del ciclone”, seguendone il suo movimento, osserveremo la distruzione tutta attorno a noi, mentre sulla nostra verticale il cielo resterebbe sempre sereno ed in quiete. La formazione di un uragano può avvenire in modo rapido in 6-12 ore, oppure lentamente, impiegando vari giorni.

Il vortice atmosferico soffia intorno all’area centrale, l’ “occhio del ciclone”, con venti di forte intensità che raggiungono anche picchi di 250 km orari. I cicloni cominciano ad indebolirsi e finalmente cessano di esistere, solo quando la loro fonte di energia, rappresentata dal calore latente di evaporazione, si esaurisce.

Gli studiosi, denominati “cacciatori di uragani”, anticipano con sicurezza l’arrivo di un evento catastrofico, assegnandogli un nome per identificarlo più facilmente ed avvisando in tempo la popolazione per aiutarla a limitare i danni a cose e persone.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/uragani-cicloni/feed/ 2
Il Protocollo di Kyoto https://cultura.biografieonline.it/kyoto-protocollo/ https://cultura.biografieonline.it/kyoto-protocollo/#comments Sat, 03 Nov 2012 09:55:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=4570 Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale, di natura volontaria, sottoscritto nell’omonima città giapponese il giorno 11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Terza Conferenza delle Parti (COP3) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e il riscaldamento globale.

Riscaldamento globale: inquinamento prodotto dalle fabbriche
Riscaldamento globale: inquinamento prodotto dalle fabbriche

Perché il trattato potesse entrare in vigore, doveva essere ratificato da almeno 55 nazioni produttrici di almeno il 55% delle emissioni inquinanti. Questo obiettivo è stato raggiunto solo nel novembre del 2004 grazie all’adesione della Russia, che produce il 17,6% delle emissioni totali. L’accordo è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.

Il trattato prevede l’obbligo dei paesi industrializzati di ridurre nel periodo 2008-2012 le emissioni di gas serra, che alterano il clima terrestre riscaldandolo, quali il biossido di carbonio, il metano, l’ossido di azoto, gli idrofluorocarburi, il perfluorocarburi ed l’esafluoro di zolfo in misura non inferiore al 5,2% rispetto a quelle registrate nel 1990.

Le indicazioni del Protocollo di Kyoto per la mitigazione climatica si riferiscono sia a misure di prevenzione e riduzione delle emissioni di gas serra, sia ad attività di sviluppo dell’assorbimento forestale compensativo di CO2.

Considerato che nel mondo vengono immesse 6.000 Mt di CO2, di cui 3.000 prodotte dai Paesi industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo, con il trattato di Kyoto le immissioni dovrebbero passare da 6.000 a 5.850 Mt.

A causa dei costi elevati degli interventi di riduzione delle emissioni il Protocollo di Kyoto non ha avuto grandi adesioni. Tra i principali Paesi astenutesi dall’accordo ci sono gli Stati Uniti d’America (responsabili del 36,1% del totale delle emissioni) e l’Australia.

L’Italia si è impegnata a ridurre le emissioni del 6,5% e per il raggiungimento di tale obiettivo, sono stati realizzati strumenti normativi di recepimento ed attuazione del Protocollo che definiscono e ripartiscono la riduzione a ciascun settore del Paese.

Il Protocollo di Kyoto è solo il primo passo, ma da solo è insufficiente a contenere i cambiamenti climatici in atto. Si tratta comunque di un inizio importante.

Conferenza sui cambiamenti climatici del pianeta (2007)
Conferenza sui cambiamenti climatici del pianeta (2007)

Oltre allo sforzo di riduzione emissiva identificato dal Protocollo di Kyoto a carico degli Stati nazionali, il contrasto al cambiamento climatico deve coinvolgere anche cittadini, aziende e realtà locali che sono corresponsabili del problema climatico e quindi moralmente chiamati ad intervenire in maniera volontaria in attività di tutela climatica limitando le proprie emissioni e i propri consumi.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/kyoto-protocollo/feed/ 2