Cavour Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 31 May 2023 16:10:23 +0000 it-IT hourly 1 Battaglia di Magenta, riassunto. La storia e i protagonisti. https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-magenta/ https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-magenta/#respond Wed, 31 May 2023 16:09:55 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25931 Il nome di Magenta, una città della provincia di Milano, è legato ancora oggi alla famosa Battaglia che qui si combatté il 4 giugno 1859, durante la Seconda guerra di indipendenza italiana, tra gli schieramenti militari francesi e quelli dell’impero austriaco. La Battaglia di Magenta fu importante per la vittoria definitiva dei franco-piemontesi. Essa rappresenta un episodio significativo per l’avvio del processo di unificazione dell’Italia.

Battaglia di Magenta
Il campo della Battaglia di Magenta dopo gli scontri dipinto in un quadro di Giovanni Fattori: Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta (1859). Tela; 232 x 348cm; Galleria d’Arte Moderna, Firenze

Lo scenario europeo pre-Battaglia

Per comprendere le motivazioni e le dinamiche che hanno condotto alla battaglia di Magenta, è bene fare un passo indietro, per esaminare il contesto in cui si inserisce questo episodio della storia italiana.

A livello europeo vi è la presenza di due grandi poli di potenze contrapposte: l’impero francese e quello austro-ungarico. Da una parte c’è la Francia, che cerca di imporre una politica di espansione dei confini, dall’altra vi sono gli Austriaci che invece reprimono in maniera anche violenta ogni iniziativa di libertà e rinnovamento civile.  

Oltre a questi due imperi contrapposti, che vogliono imporre la loro politica a livello internazionale, c’è anche il regno di Piemonte e Sardegna, guidato da Vittorio Emanuele II, che gode di una discreta popolarità e che nella sua attività viene affiancato dal Primo Ministro Camillo Benso di Cavour.

Entrambi hanno un obiettivo ambizioso: trasformare l’Italia in una nazione moderna, eliminando le differenze e le divisioni esistenti. Per fare questo, lo stratega Cavour elabora un piano: allearsi con la Francia, e convincere Napoleone III a perorare la causa.

La contessa di Castiglione e la sua azione diplomatica

Il merito di convertire l’imperatore francese alla “causa italiana” va ad una donna straordinariamente bella ma anche molto abile nella diplomazia:  la contessa di Castiglione, il cui soprannome è “Nicchia”.

La nobildonna, molto ambita e sempre circondata da uno stuolo di ammiratori e spasimanti, sposa il conte Francesco di Castiglione (cugino di Camillo Benso di Cavour) e si trasferisce presso la sua lussuosa residenza. Ma i dissapori coniugali non tardano ad arrivare, tanto che il matrimonio capitola dopo poco tempo.

La donna fa il suo ingresso alla corte di Vittorio Emanuele II, e non passa certo inosservata.

Cavour espone all’imperatore il suo piano: incaricare “Nicchia” di sedurre Napoleone III e convincerlo a “sposare” la causa del Piemonte. La donna non se lo fa ripetere due volte, e accetta subito l’incarico.

Pochi mesi prima del Congresso di Parigi (16 aprile 1856) la donna si trasferisce nella capitale francese. L’incontro, che avviene nel mese di febbraio 1856, serve a ristabilire i confini dell’Europa dell’Est destabilizzati dopo la guerra di Crimea.

In tale circostanza il primo ministro Cavour riesce ad assicurarsi l’appoggio di Francia e Inghilterra, che si schierano ufficialmente contro l’Austria.

Cavour - Napoleone III - satira
La satira piemontese riconosceva nella Francia un’antagonista del Piemonte nel controllo della penisola. In questa vignetta che si rifà a “I promessi sposi” Don Abbondio è Cavour, Renzo è il Piemonte, Lucia è l’Italia e Don Rodrigo è Napoleone III.

La Battaglia di Magenta

Il 26 aprile 1859 gli Austriaci impongono il disarmo del Piemonte, ma la riposta di Cavour è negativa. Questo ultimatum segna l’inizio della Seconda Guerra di Indipendenza italiana.

Nel conflitto vengono coinvolti circa un milione di uomini. Gli Austriaci vogliono sconfiggere l’esercito sabaudo prima che accorrano in suo aiuto i Francesi guidati da Napoleone III, ma i piani non vanno come desiderano.

Il re francese, servendosi delle rete ferroviaria, trasporta velocemente le sue truppe in Italia. Queste sferrano un primo attacco agli Austriaci a Montebello. Le forze franco-piemontesi decidono di attraversare il fiume Ticino e puntare verso Magenta, mentre gli Austriaci fanno male i loro calcoli e attendono l’attacco nella zona più a sud, in Lomellina.

Magenta diventa così teatro di una sanguinosa battaglia tra l’esercito austriaco (formato da circa 58 mila uomini) e l’armata franco-piemontese (costituita da circa 59 mila uomini) alla guida di Napoleone III.

E’ il 4 giugno 1859. I morti sul campo di battaglia sono circa seimila, la maggior parte dei quali austriaci. La vittoria delle truppe franco-piemontesi apre la strada alla liberazione di Milano, e alla successiva unificazione del nostro Paese.

Rievocazione storica della Battaglia

Ogni anno a Magenta si rievoca questo episodio cruciale del periodo che prelude all’Unità d’Italia. Gli storici ritengono infatti che, senza la vittoria della compagine franco-piemontese, sicuramente la storia del nostro Paese avrebbe preso una piega diversa.

Rievocazione della Battaglia di Magenta
Magenta, in provincia di Milano: foto da una annuale rievocazione storica. Per maggiori info: www.battagliadimagenta.it

L’evento che si tiene annualmente nella città lombarda serve a ricordare questa decisiva battaglia affermando i valori della solidarietà, dell’amicizia, e della fratellanza tra i popoli.

La rievocazione storica della Battaglia di Magenta con le sue interessanti celebrazioni, richiama migliaia di persone da tutta Italia, e ha l’obiettivo di rinsaldare il senso di appartenenza nazionale e le forti radici comuni che ci legano in quanto italiani.

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Congresso di Parigi e Trattato di Parigi del 1856 https://cultura.biografieonline.it/congresso-trattato-parigi-1856/ https://cultura.biografieonline.it/congresso-trattato-parigi-1856/#comments Wed, 27 Mar 2019 11:12:35 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26165 All’indomani della Guerra di Crimea, i massimi rappresentanti di Turchia, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna, da una parte, e Russia, dall’altra, si riunirono per discutere gli equilibri politici ed egemonici dell’Est Europa. Il Congresso di Parigi che si prolungò dal 25 febbraio al 16 aprile del 1856 fu presieduto dal Ministro degli esteri francese Alexandre Colonna Walewski.

Congresso di Parigi - Trattato di Parigi 1856
Tra i partecipanti al congresso di Parigi del 1856 ci fu anche Cavour, primo a sinistra.

I 4 punti del Congresso di Parigi: le richieste degli Alleati

Tutte le questioni territoriali che conseguirono alla guerra di Crimea si riassunsero, almeno per gli alleati, in 4 punti. Questi stessi erano stati già portati al tavolo della Conferenza di Vienna che si svolse durante le ultime battute del conflitto sul Mar Nero.

Questo quanto richiesero le potenze del fronte capeggiato dalla Francia:

  1. Abolire il protettorato russo sui principati turchi di Moldavia e Valacchia per farli passare all’egida europea;
  2. abolire il controllo russo sulla foce del Danubio;
  3. revisionare la Convenzione di Londra del 1841 in merito a Stretto dei Dardanelli e sul Bosforo per limitare la potenza navale russa sul Mar Nero;
  4. abolire la protezione russa sui cristiani dell’Impero ottomano a favore invece di una copertura di tipo “collettiva” di Francia, Gran Bretagna, Austria, Russia e Prussia insieme.

Il Trattato di Parigi

I principati di Moldavia e Valacchia, nell’impero ottomano ma sotto il protettorato russo dal 1829, furono uno snodo del tavolo internazionale di Parigi. Diverse le posizioni.

Cavour rifiutò la possibilità di annessione di questi territori all’Austria che, in quel modo, sarebbe divenuta una superpotenza con un territorio esteso da Ticino a Danubio. Propose quindi di insediarvi i duchi di Modena e Parma.

Il Congresso pensò allora di mandare il Duca di Modena nei due principati e la Duchessa di Parma a Modena, annettendo poi il Ducato di Parma al Piemonte. Tuonò così il no dell’Austria che si sarebbe visto sottrarre un duca per lui filogoverantivo, quello di Modena, in Italia.

Si aggiunsero anche i no di Turchia, contraria a cedere territori, e Gran Bretagna più convinta a mantenere integro l’Impero ottomano. Alla fine, fu istituita una commissione per verificare la volontà delle popolazioni danubiane interessate.

Quanto al punto due, si susseguirono una serie di discussioni e accordi che videro protagoniste prima la Russia e poi la Turchia. Si aggiunse poi il particolare interesse della Gran Bretagna, visto l’accesso a Oriente che questi territori rappresentarono. Infine, i territori in questione ovvero la Bessarabia meridionale furono ceduti alla Moldavia.

Per il terzo punto, furono accolte le modifiche alla convenzione del 1841. Lo zar venne lasciato scoperto dal punto di vista navale e strategico.

Quanto, infine, al quarto punto il Sultano dichiarò che da lì in poi avrebbe migliorato le condizioni dei sudditi, di tutti i sudditi, a prescindere dal credo. In questo novero, quindi, anche i cristiani residenti nell’impero.

Tutte le decisioni prese durante il Congresso di Parigi sono raccolte nel Trattato di Parigi firmato il 30 marzo del 1856.

Il “primato italiano”: la questione della Penisola in prima linea

Uno dei temi del Congresso di Parigi fu la questione italiana. Cavour giunse a congresso con alte aspettative, visto lo sforzo bellico. In particolare, a parte l’interesse pari a quello degli altri protagonisti del tavolo sui principati di Moldavia e Valacchia, ci si aspettava di ottenere il Lombardo Veneto e di risolvere la questione della presenza austriaca nelle Legazioni pontifice.

Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna invece erano sotto l’assedio dell’Austria.

La richiesta di Cavour fu di trasmutare i territori in aree laiche e solo debolmente legate a Roma. Ma la Francia, issatasi ancora a difesa della cristianità, non fece passare la mozione.

Restò però il primato, in questo evento, della messa a verbale della (nascente) “questione italiana”. In particolare, sui registri del Congresso di Vienna venne vergata la necessità di risolvere l’occupazione straniera degli Stati pontifici e il malgoverno del Regno delle Due Sicilie. Anche l’Europa ufficialmente riconobbe questo legittimo problema del popolo italiano.

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La Spedizione dei Mille di Garibaldi https://cultura.biografieonline.it/la-spedizione-dei-mille-di-garibaldi/ https://cultura.biografieonline.it/la-spedizione-dei-mille-di-garibaldi/#comments Wed, 15 Aug 2012 19:27:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3481 Siamo in pieno Risorgimento: nel 1859 il primo ministro Cavour manifesta con decisione la volontà di liberare il Nord Italia e di conseguenza iniziare le ostilità belliche contro l’Austria. La guerra comincia il 27 aprile dello stesso anno, e termina l’11 luglio, con l’armistizio di Villafranca, in base al quale la Lombardia (con esclusione di Mantova) viene annessa al Regno di Sardegna.

Cavour
Camillo Benso conte di Cavour

Per l’annessione del Veneto bisogna invece aspettare la Terza Guerra di Indipendenza. In altre zone (Bologna, Romagna, Granducato di Toscana, Ducato di Parma e Ducato di Modena) c’è grande fermento, perché gli abitanti chiedono a gran voce l’annessione al Regno di Sardegna.

Le popolazioni di Marche e Umbria, invece, patiscono la sovranità dello governo pontificio.

Il compromesso tra Cavour e Napoleone III

Il 24 marzo 1860 Cavour e Napoleone III giungono ad un compromesso: Cavour cede alla Francia il circondario di Nizza e la Savoia, ottenendo in cambio il consenso di Napoleone ad unire l’Emilia Romagna e la Toscana al Regno di Sardegna. Nel 1860 in Italia vi sono quindi tre Stati: oltre al Regno di Sardegna (che riunisce grosso modo il Nord), vi è lo Stato della Chiesa (che comprende, oltre a Roma, anche le zone centrali dell’Umbria, delle Marche e del Lazio) ed il Regno delle Due Sicilie (che raccoglie i territori del Sud).

La Repubblica di San Marino rimane del tutto indipendente. Il Veneto, il Friuli, il Trentino e il territorio di Mantova restano invece nelle mani dell’imperatore austriaco Francesco Giuseppe.

Napoleone come ago della bilancia

Con la sua funzione di “ago della bilancia” Napoleone mantiene la sua influenza, impedendo al Regno di Sardegna di avviare un’azione militare sia contro Roma che contro l’Austria.

L’obiettivo dei piemontesi si sposta quindi sul Regno delle Due Sicilie, guidato dall’inesperto successore di Ferdinando II, Francesco II. Il regno borbonico è territorialmente assai esteso e dispone sia di un esercito di terra molto numeroso, che di una flotta potente.

Il casus belli

Per attaccare il Regno delle Due Sicilie, però, occorre un “casus belli”, un motivo valido. Questo è un principio che vige nella politica estera di Cavour, e al quale non si può transigere. L’unica ragione per rendere plausibile un attacco viene dall’interno, da una sollevazione popolare. D’altronde, in Sicilia ci sono già fermenti di questo tipo, guidati dai liberali meridionali.

Ed infatti in passato i Borboni sono dovuti intervenire spesso per sedare le frequenti ribellioni. Francesco II di Borbone è incapace di mantenere l’ordine pubblico. Tra le forze popolari che si oppongono con decisione alla dinastia dei Borboni vi sono quelle che fanno capo all’autonomismo siciliano.

Nella sollevazione in Sicilia un posto di primo piano è occupato da Rosolino Pilo, che coinvolge ricche famiglie e latifondisti nell’organizzazione della rivolta. I primi episodi cominciano nell’aprile 1860, con la rivolta di Palermo.

Garibaldi
Giuseppe Garibaldi

Rosolino chiede a Giuseppe Garibaldi di schierarsi a fianco dei rivoltosi. Mentre Giuseppe Mazzini esorta il popolo a mettersi insieme per realizzare l’unità di Italia, Vittorio Emanuele II decide di appoggiare i rivoltosi. La posizione di Cavour, invece, è differente: egli non può discostarsi dagli interessi di Napoleone. Infarciti di idee patriottiche, i mille volontari raccolti da Giuseppe Garibaldi passano all’azione nei primi giorni di maggio del 1860.

La Spedizione dei Mille di Garibaldi

E’ il 5 maggio 1860 quando da Quarto di Genova partono i due piroscafi, il Piemonte ed il Lombardo. Politicamente i volontari (tra cui vi è anche una donna) appartengono alla Sinistra, mentre la composizione è formata da professionisti, intellettuali, commercianti, artigiani, affaristi, operai.

I Mille di Garibaldi indossano una camicia rossa, divenuta ormai leggendaria. A loro si uniscono contadini e braccianti che chiedono a gran voce una riforma agraria per eliminare ingiustizie e soprusi.

Dopo la battaglia di Calatafimi (vinta dai Mille di Garibaldi), il condottiero Eroe dei Due Mondi riesce anche a battere le truppe regie a Milazzo. Il re di Napoli cerca di fermare Garibaldi ed i suoi volontari, ma invano. La spedizione viaggia ormai verso la completa liberazione dell’Italia meridionale.

Garibaldi incontra Vittorio Emanuele II
Garibaldi incontra Vittorio Emanuele II

Il 7 settembre 1860, accolto da liberatore, Giuseppe Garibaldi entra a Napoli con il suo esercito dei Mille. La battaglia di Volturno vede le truppe garibaldine trionfare su quelle borboniche, che vengono costrette a ritirarsi a Gaeta.

Il 20 ottobre 1860 Garibaldi e Vittorio Emanuele II si incontrano: il risultato di tale incontro è l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno Sabaudo. Finisce così la Spedizione dei Mille di Garibaldi.

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