cavalli Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 01 Apr 2024 14:41:29 +0000 it-IT hourly 1 Il cavallo bianco, opera di Gauguin: storia e descrizione https://cultura.biografieonline.it/gauguin-cavallo-bianco/ https://cultura.biografieonline.it/gauguin-cavallo-bianco/#respond Mon, 01 Apr 2024 14:11:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=12306 E’ il 1898 quando Paul Gauguin dipinge “Il cavallo bianco“, un’opera che in seguito diventerà molto famosa. È il suo secondo soggiorno a Tahiti. E Gauguin ama esplorare i paesaggi selvaggi che circondano i villaggi, in cui spesso trova ristoro.

In quegli anni, Tahiti conserva un paesaggio incontaminato e lussureggiante, dove facilmente si possono incontrare animali allo stato brado, che si muovono liberi nella foresta.

Ciò che Gauguin vede e dipinge, non è solo la realtà del paesaggio o la bellezza della vegetazione, ma una sorta di visione onirica del mondo caraibico.

Il cavallo bianco (Gauguin, 1898)
Paul Gauguin: Il cavallo bianco (1898)

Il cavallo bianco: analisi del quadro

In questo quadro Gauguin dipinge immagini che evocano altre immagini ma che non corrispondono alla realtà: si tratta di una sorta di sogno che riprende però molti aspetti del paesaggio selvatico di cui era un appassionato osservatore. Non si vede il cielo ma solo un albero dai rami intrecciati con a fianco un cavallo che si disseta bevendo da un ruscello. Il corso d’acqua attraversa il dipinto partendo dall’alto e concludendo il suo viaggio in un piccolo laghetto.

Il protagonista del dipinto è il cavallo e il titolo si riferisce al colore del manto che però appare verde per via del riflesso della vegetazione. In primo piano sono visibili anche dei fiori, gigli per lo più, che insieme al disegno dell’albero rendono l’opera ancora più decorativa.

Simbolo spirituale

Il cavallo è un simbolo di spiritualità, rappresenta un passaggio fra la vita e la morte. Il bianco è un colore con importanti valenze spirituali per le popolazioni che abitano quei territori.

Il dipinto è privo di profondità e la posizione del cavallo e dei due cavalieri che cavalcano nudi sui loro destrieri, spostandosi verso l’alto del quadro, evidenziano ancora di più la verticalità dell’opera.

Un altro aspetto importante del quadro sono i colori. La scelta di Gauguin di utilizzare colori così accesi, come il verde della vegetazione e il blu dell’acqua, furono alla base del disappunto del committente dell’opera, che non gradì il fatto che il cavallo avesse un manto verdeggiante.

Invece la scelta del colore è coraggiosa perché rende l’opera ancor più decorativa ma allo stesso tempo la carica di rilevanti significati simbolici, che risaltano anche grazie alla luminosità del colore. E infatti proprio l’utilizzo di questi colori accentua ancor di più il bianco del cavallo e la carnagione dei cavalieri, che si muovono in un contesto di paradisiaca tranquillità.

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Vincere a mani basse e Fare man bassa: da dove vengono i modi di dire? https://cultura.biografieonline.it/a-mani-basse-man-bassa/ https://cultura.biografieonline.it/a-mani-basse-man-bassa/#respond Tue, 06 Oct 2020 11:27:24 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30531 In questo articolo analizziamo e raccontiamo la curiosa origine di due diffusi modi di dire della lingua italiana: vincere a mani basse e fare man bassa. Scopriamo assieme il significato di queste due espressioni che hanno a che fare con le mani. Ma prima una breve premessa.

La lingua italiana conta circa 160mila vocaboli

Ogni giorno maneggiamo un vocabolario, il nostro, selezionando fra 160mila parole utili a definire tutto ciò che ci circonda e tutto quello che interiormente cerchiamo di comunicare all’esterno. Tuttavia, non basterebbe nemmeno avere il tempo e la testa per imparare una tal quantità di parole per dire di conoscere la lingua nella sua interezza. Questo perché la lingua è dinamica: nascono nuove parole e le parole si confrontano fra loro in una dialettica sempre in divenire. Una parola, cioè, ha il suo significato e ne assume ulteriori legandosi ad altre parole in quello che è eccellenza della lingua italiana ovvero le locuzioni o, meglio, i modi di dire.

La lingua in una… mano

Questa dinamica fra le parole è anche presente nelle espressioni che partono dal lemma – come si definisce teoricamente – “mano”. Parliamo in particolare di “vincere a mani basse” e “fare man bassa”. La parola mano, infatti, è un vocabolo molto noto e circoscritto, ma muta legandosi con altre parole per creare espressioni di uso comune.

Vincere a mani basse

L’espressione vincere a mani basse significa, notoriamente, ottenere una vittoria senza grande sforzo, senza fatica. Questo modo di dire trae, probabilmente, dal mondo ippico. In maniera figurata, infatti, il fantino può vincere agevolmente senza aver alzato le mani per tirare o strattonare il suo cavallo, procedendo tranquillamente nella sua posizione di inizio gara.

Fantino a cavallo durante una corsa di cavalli

Questo modo di dire si ritrova anche nelle lingue anglosassoni. In inglese “vincere a mani basse” si traduce con to win hands down dove hand down è perfettamente in linea con il corrispettivo italiano tanto da avere come sinonimo, in lingua, l’avverbio easily (facilmente).

Fare man bassa

Appartiene alla stessa area semantica – parliamo ancora di mani – l’espressione, altrettanto in uso, fare man bassa. Il modo di dire ha provenienza militare. In particolare, l’ordine di fare man bassa o, come originariamente, procedere “mani a basso” veniva dato ai soldati al termine della battaglia quando, da vincitori, potevano procedere a fare razzia di tutto quanto potesse essere portato via dal nemico.

Saccheggio di Roma, 6 maggio 1527
Il Saccheggio di Roma, del 6 maggio 1527. I Lanzichenecchi di Carlo V d’Asburgo, antagonista di Francesco I di Francia, saccheggiano la città

Certamente, a sua volta, anche la scelta di denominare a tal modo l’ordine avrà una sua origine. Non è difficile trovare un parallelo anche figurato all’azione espressa. Possiamo cioè immagine il soldato vittorioso abbassare le mani dall’arma appena utilizzata per dedicarsi, infine, al saccheggio del territorio conquistato.

… e non solo

La parola mano, infine, è protagonista di altre numerose espressioni della lingua italiana. Questo lemma infatti è utilizzato nel parlato per descrivere le persone (essere alla mano) o alcune particolari caratteristiche (avere le mani bucate) o, infine, alcune condizioni in cui ci si può trovare (restare con le mani in mano, avere le mani legate, essere in buone mani).

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Cavallina storna (La cavalla storna), testo della poesia di Pascoli https://cultura.biografieonline.it/cavalla-storna-testo/ https://cultura.biografieonline.it/cavalla-storna-testo/#comments Mon, 12 Sep 2016 09:43:45 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19809 Quello che segue è il testo completo della famosa poesia di Giovanni Pascoli, “La cavalla storna”. E’ possibile inoltre leggere un articolo di approfondimento con una breve analisi e commento alla poesia “La cavalla storna”.

Cavalla Storna - cavallina storna

La cavalla storna: testo della poesia

Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.

I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.

Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;

che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.

Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:

“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;

tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;

il primo d’otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.

Tu che ti senti ai fianchi l’uragano
tu dai retta alla sua piccola mano.

Tu ch’hai nel cuore la marina brulla,
tu dai retta alla sua voce fanciulla„

La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:

“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;

lo so, lo so, che tu l’amavi forte!
Con lui c’eri tu sola e la sua morte.

O nata in selve tra l’ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;

sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:

adagio seguitasti la tua via,
perchè facesse in pace l’agonia…„

La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.

“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;

oh! due parole egli dovè pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.

Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,

con negli orecchi l’eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:

lo riportavi tra il morir del sole,
perchè udissimo noi le sue parole„

Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l’abbracciò su la criniera.

“O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!

a me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona… Ma parlar non sai!

Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!

Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:
esso t’è qui nelle pupille fise.

Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t’insegni, come„

Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.

La paglia non battean con l’unghie vuote;
dormian sognando il rullo delle ruote.

Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome… Sonò alto un nitrito.

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Da dove deriva il detto “a caval donato non si guarda in bocca” ? https://cultura.biografieonline.it/a-caval-donato-non-si-guarda-in-bocca/ https://cultura.biografieonline.it/a-caval-donato-non-si-guarda-in-bocca/#comments Mon, 25 Jun 2012 19:22:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2816
A caval donato non si guarda in bocca
A caval donato non si guarda in bocca

Il modo di dire “A caval donato non si guarda in bocca”, deriva dall’usanza di valutare la dentizione di un cavallo per valutarne l’età, in quanto in passato possedere un cavallo era fonte di ricchezza.

Deriva dalla citazione latina di San Girolamo, scrittore, teologo e santo romano che, nella sua Commentariorum In Epistolam Beati Pauli Ad Ephesios, scrive “Noli equi dentes inspicere donati”.

Il detto è un rimprovero per coloro che anziché essere grati di un dono, hanno la pessima abitudine di criticarlo, sempre all’insaputa del donatore, denotando anche scarsa educazione. Insegna che i regali devono essere sempre bene accetti, senza lamentarne il valore, in quanto il dono non dovrebbe avere valore materiale ma bensì sentimentale.

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