camorra Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sun, 29 Nov 2020 18:13:04 +0000 it-IT hourly 1 Camorra, Cosa nostra e ‘ndrangheta (mafie): differenze e cose in comune https://cultura.biografieonline.it/camorra-cosa-nostra-ndrangheta-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/camorra-cosa-nostra-ndrangheta-differenze/#comments Sun, 29 Nov 2020 17:54:41 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=31321 Se si potessero analizzare al microscopio, si scoprirebbe che camorra, Cosa nostra e ‘ndrangheta si distinguono una dall’altra. E’ vero, che condividono diverse caratteristiche – le analizziamo dopo – tuttavia, nella loro essenza sono diverse dalla criminalità organizzata, quella oggetto del diritto comune.

Il libro

Tale dichiarazione, come le informazioni qui sintetizzate, sono tratte dal seguente libro di Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro noto per la sua lunga attività antimafia, e Antonio Nicaso, giornalista e storico delle organizzazioni criminali.

Differenze

Camorra, Cosa nostra e ‘ndrangheta sono differenti perché ognuna, nel proprio ambito, riflette il contesto geografico, sociale, economico e culturale da cui ha avuto origine.

  • La camorra è più cittadina, pulviscolare, senza una struttura unitaria.
  • Cosa nostra nasce come fenomeno rurale e comincia a dotarsi di una struttura di coordinamento già alla fine dell’Ottocento.
  • La ’ndrangheta nacque sul modello della camorra ottocentesca, ma con il tempo ha mutuato le caratteristiche della consorteria siciliana, dando vita a un’organizzazione più «familistica», prevalentemente incentrata sul vincolo di sangue.

Un’inchiesta di fine ‘800 su Cosa nostra

Il rapporto di un’inchiesta condotta dall’allora questore di Palermo Ermanno Sangiorgi alla fine del secolo XIX, include una mappa dettagliata delle otto cosche mafiose che dominano i sobborghi e i paesi satelliti situati a nord e a ovest di Palermo:

  1. Piana dei Colli;
  2. l’Acquasanta;
  3. Falde;
  4. Malaspina;
  5. l’Uditore;
  6. Passo di Rigano;
  7. Perpignano;
  8. l’Olivuzza.

Oltre ai profili di 218 uomini d’onore, tale rapporto ricostruisce il rituale d’iniziazione e illustra i metodi imprenditoriali della mafia, la maniera in cui si infiltra e controlla le aziende ortofrutticole, falsifica banconote, commette rapine, terrorizza e uccide testimoni.

In quel lungimirante rapporto, Sangiorgi spiega anche come la mafia centralizzi i fondi per il sostegno delle famiglie dei detenuti e il pagamento degli avvocati. Racconta come i capi delle cosche lavorino assieme per la gestione degli affari dell’associazione e il controllo del territorio.

Tre sorelle

Pertanto le prime a manifestarsi storicamente sono state nell’ordine camorra e Cosa nostra. Negli anni ’60 del XIX secolo si aggiunse un’altra mafia: la ‘ndrangheta. Le origini territoriali sono quelle calabresi: la particolarità di quest’ultima è che successivamente, per oltre un secolo, è stata sottovalutata. Oggi è la più ricca, potente e ramificata.

Queste tre «sorelle» come è facile immaginare hanno diverse cose in comune.

Le cose in comune

  • La cosa più importante che hanno in comune è quella di essersi date un nome che le distingue, un nome con il quale i loro affiliati si identificano.
  • Hanno tutte un modello organizzativo, seppure diverso l’uno dall’altro.
  • Hanno tutte un apparato normativo, costituito da leggi e tribunali interni.
  • Usano riti, miti e simboli per creare senso di identità e senso di appartenenza.
  • Come è noto, gestiscono attività illecite di varia natura.
  • Godono di consenso sociale e fanno di tutto per mantenerlo.
  • Creano e gestiscono relazioni, grazie alle quali riescono a fare sistema.
  • Usano la violenza in modo strategico.
  • Governano il territorio.
  • Reinvestono direttamente o indirettamente nell’economia legale gran parte dei proventi ricavati dai loro traffici illeciti.
  • Sanno adattarsi ai cambiamenti.

Ognuno di questi aspetti è ben articolato e approfondito nel libro su citato.

Andrea Camilleri in una intervista del 2009 disse:

Non si può fare di un mafioso un protagonista, perché diventa eroe e viene nobilitato dalla scrittura. Don Mariano Arena, il capomafia del Giorno della civetta, giganteggia. Quella sua classificazione degli uomini – omini, sott’omini, ominicchi, piglia ‘n culo e quaquaraquà – la condividiamo tutti. Quindi finisce con l’essere indirettamente una sorta di illustrazione positiva del mafioso e ci fa dimenticare che è il mandante di omicidi e fatti di sangue. Questi sono i pericoli che si corrono quando si scrive di mafia. La letteratura migliore per parlare di mafia sono i verbali dei poliziotti e le sentenze dei giudici.

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“Per amore del mio popolo”: la lettera di Don Peppe Diana https://cultura.biografieonline.it/lettera-don-peppe-diana/ https://cultura.biografieonline.it/lettera-don-peppe-diana/#comments Tue, 18 Mar 2014 14:39:29 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10167 Quello che segue è il testo di una lettera di Don Peppe Diana, vittima di camorra, ucciso il 19 marzo dell’anno 1994 a Casal di Principe, la sua città natale, in provincia di Caserta. La lettera è nota con il titolo Per amore del mio popolo.

Scritta nel periodo di Natale del 1991, nel giorno della natività di Gesù è stata letta in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona dell’Aversano.

Don Giuseppe Diana
Giuseppe Diana, detto Don Peppe. Fu ucciso dalla camorra a causa delle sue ferme posizioni contro il crimine organizzato.

Per amore del mio popolo

Lettera di Don Giuseppe Diana

Siamo preoccupati

Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.

La Camorra

La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.

Precise responsabilità politiche

È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.

Impegno dei cristiani

Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.

Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.

NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO

Appello

Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”.

Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26).

Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”.

Storia e vita di Don Peppino Diana

Per un approfondimento sulla storia della sua vita e della vicenda del suo assassinio, vi invitiamo a leggere la biografia di Giuseppe Diana.

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