calcio Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sun, 02 Jun 2024 07:42:28 +0000 it-IT hourly 1 Real Madrid: storia e curiosità https://cultura.biografieonline.it/real-madrid/ https://cultura.biografieonline.it/real-madrid/#comments Sat, 01 Jun 2024 21:55:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7464 Tra le società calcistiche più importanti del mondo

Real Madrid Club de Fútbol, abbreviato in Real Madrid, è il nome di una delle società calcistiche più note e vincenti del mondo; pochi sanno però che la società – fondata il 6 marzo 1902 – è una polisportiva composta, oltre che dalla citata sezione di calcio, anche da una cestistica legata al basket. In questo articolo si racconta la gloriosa storia di questa grande squadra e società.

Lo stemma del Real Madrid
Breve storia del Real Madrid

Real Madrid: l’inizio di un mito sportivo

Il 13 giugno del 1956 il Real Madrid vince la prima Coppa dei Campioni d’Europa, la prima in assoluto della competizione più famosa del mondo, poi trasformatasi in Uefa Champions League. A Parigi, città designata ad ospitare la prima edizione del torneo, i campioni spagnoli si impongono per 4 a 3 sui francesi dello Stade de Reims. Una vittoria che segna l’inizio di una lunga storia di successi, la quale porterà “i blancos” a diventare il club più amato di sempre, tra i più titolati della storia del calcio.

La provocazione della stampa

E pensare che la competizione calcistica per club attualmente più seguita al mondo, è nata da una sorta di provocazione giornalistica. La si deve al quotidiano L’Équipe, all’epoca diretto da Gabriel Hanot, il quale, esattamente nel 1954, si inserì nell’ampio dibattito scatenato dall’inglese Daily Mail, impegnato a quei tempi a sancire – sulla base di presunte superiorità tecniche evidenti ma di fatto mai dimostrate sul campo – l’indiscussa superiorità del Wolverhampton su tutti gli altri club europei, all’epoca dominatore della lega inglese.

Certo, l’idea di un Campionato del Mondo, o almeno d’Europa – scrisse a tal proposito Hanot – per club, più esteso, più significativo, e meno episodico della Mitropa Cup, e più originale di un Campionato d’Europa per squadre nazionali, merita di essere lanciata. Noi ci proveremo“.

La stampa francese cavalcò l’onda della provocazione, la quale assunse in breve tempo il carattere della vera e propria proposta istituzionale.

Intanto, il dibattito era acceso.

Qual era la squadra più forte del continente europeo?

  • Gli spagnoli del Real Madrid?
  • Gli italiani del Milan?
  • Gli ungheresi dell’Honvéd?
  • O proprio il tanto acclarato Wolverhampton?

Un nuovo torneo

La FIFA e l’UEFA dovettero prendere in considerazione la proposta del quotidiano d’oltralpe, seppure non in modo entusiastico.

L’idea di un campionato fra i maggiori club d’Europa, infatti, a dire delle due federazioni (per giunta appoggiate da quella inglese), avrebbe potuto scalfire il fascino dell’allora Coppa Rimet (l’odierno Campionato Mondiale, ormai seguitissimo) e, soprattutto, quello nascente della Coppa Europea per nazioni.

Tuttavia, i giornalisti de L’Équipe si mossero privatamente coi dirigenti di numerose società e, nell’aprile del 1955, portarono attorno ad un tavolo i vertici dei più importanti club europei, alla fine costringendo proprio la Fifa ad imporre all’Uefa l’organizzazione del nuovo torneo.

Si optò per un torneo organizzato sul meccanismo dell’eliminazione diretta e ammettendo una sola società, indicata dalle federazioni nazionali, per ciascun paese.

Determinante, va detto, fu l’intervento di uno dei personaggi più influenti e ormai leggendari della storia del calcio mondiale: l’allora presidente del Real Madrid, Santiago Bernabeu.

Santiago Bernabeu: l’uomo che fece la competizione

Non è un caso che il più amato presidente della storia delle “merengues” sia stato anche tra i promotori più attivi per quanto riguarda l’organizzazione di una competizione europea per club. Forse Santiago Bernabeu aveva fiutato la forza, non solo nazionale, dei propri campioni, tanto che il Real Madrid si aggiudicò le prime cinque edizioni della futura Champions League, portandosi a casa il trofeo originale (spettante appunto a chi si aggiudica per cinque volte la competizione).

Fatto sta che fu proprio lui, nel corso dello storico summit lanciato da Gabriel Hanot nel 1955, a convincere i vertici delle due federazioni di Fifa e Uefa a dare vita al torneo in questione.

L’incontro si tenne all’Hotel Ambassador di Parigi e diede vita ad una “mutuazione” della precedente Coppa Latina (torneo riservato a squadre di Francia, Spagna, Portogallo e Italia, e che il Real Madrid si aggiudicò nel 1954 e nel 1957): la Coppa dei Campioni.

Una foto del 1967 di Santiago Bernabeu
Santiago Bernabeu, il presidente del Real Madrid più amato, in una foto del 1967

Fu uno dei tanti risultati conseguiti dal presidente del Real. Eletto al vertice del team madrileno il 15 settembre del 1943, Santiago Bernabeu ha ricoperto e mantenuto la carica per 35 anni, praticamente fino alla sua scomparsa. A lui si deve la grande ristrutturazione del club su ogni livello, in una chiave ultramoderna per l’epoca, già proiettata verso il futuro.

L’impresa di Bernabeu

Per ogni sezione della società, diede un team tecnico autonomo e, soprattutto, diede vita alla costruzione del nuovo stadio Chamartín, terminato nel 1947, poi ribattezzato proprio in suo onore “Stadio Santiago Bernabéu”.

Una struttura che si spostava effettivamente solo di alcuni metri da quella precedente e che, all’epoca, risultò essere la più ampia del mondo, forte dei suoi 75mila spettatori (poi portati a 125mila), tanto che durante i lavori non mancarono le critiche al presidente madrileno, considerato una sorta di folle ad impegnarsi in un’impresa così esagerata per l’epoca.

Bernabeu però, ci riuscì eccome nell’impresa, grazie soprattutto al sostegno degli oltre 40.000 soci del club, i quali contribuirono di propria mano alla realizzazione dello stadio. Infine, intraprese la strategia ambiziosa di acquistare giocatori di classe mondiale provenienti dall’estero. Ex giocatore egli stesso del Real, dotato di enorme carisma, Santiago Bernabeu dotò la “Casa bianca” di una struttura societaria superiore a tutte quelle del suo tempo.

Grazie all’acquisto di calciatori di grande prestigio, riuscì nell’impresa di vincere, da presidente del Real Madrid, la bellezza di 16 campionati, 6 Coppe di Spagna, 6 Coppe dei Campioni e 1 Coppa Intercontinentale. La morte lo colse il 2 giugno del 1978.

Il primo titolo del Real Madrid

Il 4 settembre del 1955, a Lisbona, si gioca la prima, storica partita della nuova competizione per club europei. Si affrontano Sporting e Partizan e la partita termina con uno spettacolare 3 a 3. Ed è proprio una di queste due compagini che il Real Madrid, guidato dal bomber Alfredo Di Stefano e dall’allenatore José Villalonga, dopo aver facilmente superato gli svizzeri del Servette nel primo turno, si ritrova davanti nel corso dei quarti di finale.

Allo stadio Chamartin, il Real si sbarazza del Partizan con un sonoro 4 a 0 anche se, al ritorno, deve soffrire non poco contro gli jugoslavi: il Partizan sfiora l’impresa, imponendosi per 3 reti a zero. I rischi però, a conferma di una competizione tutt’altro che banale e dacché ne dicano gli inglesi, non finiscono qui per i blancos. In semifinale infatti, la squadra del presidente Bernabeu deve affrontare i rossoneri del Milan, tra i team più forti d’Europa.

Allo Chamartin, entrando nel vivo della partita, il 19 aprile del 1956, termina 4 a 2 per i padroni di casa. In quell’occasione, vanno a segno Rial, Joseito su rigore, Olsen e il grande Di Stefano, mentre per il Milan segnano Nordhal e Schiaffino, entrambi pareggiando momentaneamente il doppio vantaggio madrileno. Al ritorno però, tocca soffrire un po’ di più, perché al vantaggio di Joseito al ’65 minuto (il quale trafigge con un preciso rasoterra da fuori area il portiere milanista Buffon), replica la doppietta di Dal Monte, il quale mette a segno due rigori, l’ultimo al minuto 86, con circa cinque minuti di estrema sofferenza da parte dei blancos.

Tutto sommato però, la compagine guidata da Di Stefano, Gento, Olsen e Rial, riesce a staccare il biglietto per la Francia, in vista della finalissima.

La finale parigina

Il 13 giugno del 1956, allo stadio “Parco dei Principi” di Parigi, c’è il tutto esaurito. Il Real si trova di fronte lo Stade Reims, forte compagine francese che ha in squadra elementi del calibro di Michel Hidalgo e del mago del dribbling, Raimond Kopa.

Oltre a queste due stelle europee, fanno parte del team guidato dall’allenatore Albert Batteux, anche altri giocatori importanti per l’epoca, come il portiere Raoul Giraudo, Léon Glovacki, l’attaccante Jean Templin e il forte difensore Michel Leblond.

La cronaca

Proprio quest’ultimo apre le marcature, dopo appena sei minuti di gioco, mettendo sotto il Real. Allo shock iniziale, segue il raddoppio, al decimo minuto, firmato Jean Templin.

Gli spagnoli si ritrovano a sorpresa sotto di due gol: al diagonale che apre le segnature, fa seguito la rete rocambolesca del 2 a 0, frutto dell’indecisione in uscita del portiere iberico.

Nel Real però, oltre a Di Stefano giocano altri grandi campioni, come il capitano Miguel Munoz, che suona la carica, l’impeccabile mediano Joseito, la forte ala Zarraga e l’attaccante Juan Alonso.

Così, al ’14 e al ’30, prima il grande Di Stefano con un diagonale da posizione centrale (ben servito da Munoz), e poi il bomber Hector Rial, al termine di un’azione concitata, riportano il punteggio in parità.

Non è finita però, perché il Reims torna ancora in vantaggio, esattamente al minuto 62, con un preciso colpo di testa di Hidalgo. Passano però appena cinque minuti, e Marquitos pareggia ancora: 3 a 3.

A questo punto, è solo il Real Madrid a spingere e a tentare di portare a casa la vittoria, la quale arriva al minuto 79, con il terzo gol nella competizione di Hector Rial, agevolato ancora una volta da una grandissima giocata al limite dell’area di Alfredo Di Stefano.

I blancos del presidente Santiago Bernabeu alzano per la prima volta nella storia la Coppa Campioni.

Un trofeo che parla madrileno

Le merengues domineranno la scena per altre quattro edizioni della sempre più seguita competizione calcistica europea. Giocatori come Alfredo Di Stéfano, Ferenc Puskas, Raymond Kopa, José Santamaría e Miguel Muooz faranno la storia, anzi la leggenda del club spagnolo, il quale trionferà in Europa fino al 1960.

Proprio quest’ultima edizione pertanto, rimarrà per sempre negli albori del calcio, grazie alla vittoria del Real Madrid sull’Eintracht Francoforte per ben 7 reti a 3. In quell’occasione, si divisero il bottino i due giocatori più forti di quel periodo storico: Alfredo Di Stefano, autore di tre segnature, e il grande Ferenc Puskas, mattatore delle altre quattro.

La finale si giocò all’Hampden Park di Glasgow, davanti alle telecamere della BBC e dell’Eurovisione, forte di un pubblico di oltre 135.000 persone. Ancora oggi, si tratta di un vero e proprio recordo di spettatori per una finale di Coppa dei Campioni.

Dopo la prima edizione, va detto, i blancos superarono in finale, nel 1957, i campioni uscenti della Serie A italiana, ossia la Fiorentina, grazie a un gol di Di Stéfano su rigore e ad un altro di Gento. Nell’edizione 1957-1958, fu ancora una volta un’italiana a contendere il titolo ai madrileni: il Milan.

Dopo una partita bellissima ed equilibrata, protrattasi fino ai tempi supplementari per via del perdurante 2 a 2, a decidere fu ancora una volta Gento, al minuto 107. Infine, prima del record di Hampden Park, toccò nuovamente al Reims fare posto al Real sul primo gradino del podio europeo: a Stoccarda, decisive furono le marcature di Mateos e del solito Di Stéfano.

La Champions League vinta nel 2022 contro il Liverpool è la numero 14 per la società; a guidare la squadra in panchina l’italiano Carlo Ancelotti, primo allenatore della storia del calcio a vincere quattro volte la competizione.

La cavalcata di Ancelotti porta la squadra spagnola a conquistare l’ottava Coppa Intercontinentale nel 2023: il Real Madrid batte per 5-3 i sauditi dell’Al Hilal nella finale che si svolge in Marocco l’11 febbraio.

Il 1° giugno 2024 Ancelotti guida il Real Madrid alla conquista della sua 15ª Champions League: vince a Wembley contro il Borussia Dortmund per 2-0.

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Strage dell’Heysel: 29 maggio 1985 https://cultura.biografieonline.it/strage-heysel/ https://cultura.biografieonline.it/strage-heysel/#respond Thu, 25 Apr 2024 16:13:12 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41171 Poco prima del fischio d’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool, presso lo Stadio Heysel di Bruxelles, in Belgio, si verifica un gravissimo episodio, passato alla storia come strage dell’Heysel. È il 29 maggio 1985. In quella partita maledetta perdono la vita 39 persone, tra cui 32 italiani. I feriti sono invece circa seicento. È uno degli episodi più tristi della storia del calcio.

La cronaca: ricostruiamo i fatti

C’è molta attesa per il match, soprattutto da parte dei tifosi juventini, che accompagnano la squadra del cuore sperando che possa aggiudicarsi la prima Coppa dei Campioni della carriera.

Il Liverpool invece, campione d’Europa in carica, è intenzionato a ripetere l’ottima esperienza dell’anno precedente, ed è molto carico dopo aver sconfitto facilmente in semifinale la squadra greca del Panathinaikos.

Lo stadio scelto per disputare la partita è l’Heysel di Bruxelles, il fischio di inizio è fissato per le ore 20.15.

L’impianto, ristrutturato una prima volta negli anni Settanta, se valutato oggi sicuramente non rispetterebbe gli standard di sicurezza previsti per una finale europea. Ma quella partita si giocò lo stesso, in condizioni generali alquanto precarie.

Lo stadio

L’Heysel non dispone di vie di fuga adeguate, ed anche il servizio d’ordine fa acqua da tutte le parti.

Le tribune ed il campo di gioco, poi, non sono certo adatti ad una competizione calcistica di alto livello. Per non parlare dei muri divisori dei settori, che si sgretolano in calcinacci che colpiscono gli spettatori. Sono del tutto inadeguati i servizi igienici.

Lo stadio, predisposto per ospitare al massimo 60 mila spettatori, viene riempito con circa 400 mila persone (la maggior parte dei tagliandi viene venduta agli italiani).

I biglietti e le zone

La vendita dei ticket allo stadio viene gestita male, in maniera alquanto approssimativa. Ai tifosi bianconeri sono assegnati i settori M, N, O (posizionati nella zona sud-est dell’impianto), mentre gli Inglesi occupano la curva opposta (zone X e Y).

Il “settore Z”, adiacente a quello degli Ultrà del Liverpool, è separato da semplici reti metalliche, e viene destinato ai tifosi neutrali, ovvero non appartenenti ad un gruppo organizzato.

Sono i tifosi bianconeri ad acquistare la maggior parte dei biglietti, ma l’organizzazione sottovaluta l’eventualità che tra le due tifoserie opposte possa scoppiare qualche tafferuglio o scontro.

Probabilmente entrambe le società ritengono che la situazione possa essere facilmente gestita seguendo le regole burocratiche e il senso di civiltà e rispetto che dovrebbero contraddistinguere qualsiasi evento sportivo.

Gli scontri tra i tifosi

Nelle ore che precedono la partita i tifosi del Liverpool arrivano in città, abusano di alcol e accade qualche scaramuccia, ma nulla di preoccupante. O meglio, niente che lasci presagire la tragedia che sarebbe accaduta dopo, tra gli spalti dello stadio Heysel.

All’apertura dei cancelli i controlli sono pochi e disattenti.

Il settore Z viene occupato per lo più da persone tranquille, famiglie, non solo italiane ma anche di altri paesi, che simpatizzano per la Juventus. Circa seimila tifosi inglesi riescono ad entrare senza biglietto e vanno ad occupare la Curva: insieme a loro ci sono anche alcuni Ultrà del Chelsea, del gruppo Headhunters di estrema destra, particolarmente violenti e facinorosi.

Purtroppo ci sono tutti i presupposti per trasformare un evento sportivo in una tragedia di cui parlare a lungo.

Manca un’ora all’inizio della partita, e gli animi cominciano a riscaldarsi. I tifosi inglesi, molti dei quali entrati ubriachi allo stadio, iniziano a lanciare cori e slogan contro gli juventini.

I settori dello stadio dell'Heysel
I settori dello stadio dell’Heysel

La tragedia

Alcuni Ultras del Liverpool, credendo che i tifosi presenti nel settore Z siano tutti italiani, allo scopo di intimidirli cominciano ad ondeggiare con forza. Dopo tre cariche da parte degli Hooligans, le recinzioni cedono paurosamente.

I poliziotti non riescono a fronteggiare gli Ultras inglesi, che invadono letteralmente lo spazio occupato dagli altri tifosi.

Cominciano i lanci di bottiglie, che colpiscono i tifosi, ferendone qualcuno alla testa.

I tifosi del settore Z, terrorizzati dalla furia degli hooligans, cercando disperatamente di lasciare lo stadio.

I cancelli di uscita in alto dell’impianto sono serrati, e non è possibile raggiungere il terreno di gioco perché i poliziotti lo impediscono a suon di manganellate.

Presi dal panico, i tifosi italiani finiscono con l’asserragliarsi nell’angolo più basso e lontano del settore, schiacciati contro il muro che divide le opposte tifoserie.

Alcuni tentano di lanciarsi nel vuoto, nello spazio che separa il settore Z dalla tribuna. Altri però non ce la fanno, perché vengono raggiunti dalla calca in fuga e restano schiacciati. Ad un certo punto, il muretto crolla. È la strage.

Una pattuglia della polizia belga raggiunge lo stadio Heysel, ma solo dopo mezz’ora. L’impianto ha le sembianze di un campo di battaglia, ci sono morti e feriti ovunque.

La partita

Nonostante l’entità della tragedia, la partita si gioca comunque: si verifica solo un rinvio di un’ora e 25 minuti. Le autorità prendono tale decisione per motivi di ordine pubblico: si teme che i tifosi bianconeri possano rivendicare ciò che è successo.

Pare che i giocatori siano stati obbligati a giocare. Sia la Juventus che il Liverpool non hanno intenzione di scendere in campo, ma l’effetto rinuncia fa paura.

La Juventus vince per 1-0.

Molti ricorderanno per sempre la telecronaca di quella partita maledetta, i surreali festeggiamenti finali, e tutte le polemiche – legittime – che ne seguirono.

Alcune emittenti televisive, come quella tedesca ed austriaca, si rifiutarono di trasmettere la partita.

In Italia Bruno Pizzul, poco prima dell’inizio della telecronaca, rilascia queste dichiarazioni:

Gentili telespettatori, la partita verrà commentata in tono il più neutro, impersonale e asettico possibile.

Ancora oggi, a distanza di tanto tempo, rimane uno degli episodi più tristi del calcio e dello sport in genere.

Strage dell’Heysel
La targa commemorativa

Lo stadio è stato completamente ristrutturato nel periodo 1994-1995; il suo nome è cambiato ed è stato intitolato a Re Baldovino. Oggi è presente una targa commemorativa con i nomi delle vittime della strage dell’Heysel, a loro imperitura memoria.

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Milan, calcio: Storia del Milan https://cultura.biografieonline.it/milan-calcio-storia/ https://cultura.biografieonline.it/milan-calcio-storia/#comments Sun, 22 May 2022 18:32:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=4345 Che cosa ha portato il Milan a diventare una delle squadre di calcio più seguite in Italia ed una delle più forti in Europa? A contribuire alla forza di questo gruppo sportivo sono stati i vari calciatori, presidenti e allenatori che si sono avvicendati scommettendo nelle enormi potenzialità della squadra. Per ricostruire la storia dell’A.C. Milan dobbiamo risalire indietro nel tempo, alla fondazione ufficiale del “Milan Foot-Ball and Cricket Club”, che avviene presumibilmente il 13 o il 16 dicembre 1899.

Storia del Milan
Storia del Milan

E’ certo invece che il 18 dicembre 1899 La Gazzetta dello Sport rende nota la sua nascita: i soci fondatori fanno parte di un gruppo di inglesi e italiani animati dalla passione per il gioco del calcio e del cricket. Inizialmente la sede viene fissata in Via Berchet, a Torino, presso la Fiaschetteria Toscana.

L’attività ufficiale della squadra comincia con una partita contro l’F.C. Torinese, poi nel 1900/1901 arriva il primo scudetto, seguito dal secondo (nella stagione 1905/1906) e nella stagione successiva se ne aggiunge anche un terzo. Intanto la società comincia ad avere qualche problema interno: un gruppo di soci si stacca dalla compagine iniziale e fonda la società “Football Club Internazionale Milano”, oggi conosciuta da tutti come Inter.

Nel 1919 la società prende il nome di “Milan Football Club”: pur ottenendo buoni risultati, avvalendosi di grandi giocatori in campo (quali Giuseppe Meazza e Aldo Boffi), la squadra non riesce a superare il terzo posto, rimanendo fermo a metà classifica, dietro all’Inter e al Bologna. In questo periodo la società sportiva viene affidata a Piero Pirelli: durante la sua lunga presidenza viene inaugurato lo Stadio di San Siro, nel 1926. Dopo una serie di cambiamenti nella denominazione, si arriva nel 1945 alla nascita dell’Associazione Calcio Milan. Intanto Umberto Trabattoni dirige la squadra dal 1940 al 1954: il Milan però in questi anni va avanti tra alti e bassi, senza mai spiccare veramente il volo.

Il Milan vince lo scudetto nel 1956/1957, mentre è guidato dal Presidente Gipo Viani. La squadra può contare su una rosa di giocatori di grande livello, ai quali nel 1958 ai aggiunge anche Josè Altafini, il giocatore brasiliano che conquista subito il cuore dei tifosi. Questo è uno dei momenti d’oro del Milan, che vince il titolo sconfiggendo la Fiorentina. Il decennio successivo (1960-1970) è caratterizzato dalla presenza di molti calciatori italiani che si impongono a livello internazionale con la loro bravura (è il caso d Gianni Rivera).

Gianni Rivera
Gianni Rivera

Nel 1963 la Società cambia ancora nome in “Milan Associazione Sportiva”. Il risultato più importante di questo periodo è la conquista della Coppa dei Campioni, che avviene nella stagione 1962/63: il Benfica viene sconfitto in finale dal Milan per due gol ad uno. Il capitano che alza la coppa al cielo è Cesare Maldini. Nel 1967/68 il Milan vince lo scudetto, la Coppa dei Campioni ed anche la sua prima Coppa intercontinentale. Il Pallone d’Oro viene riconosciuto al mitico Gianni Rivera.

Gli anni Settanta non rappresentano un buon periodo per il Milan, che raccoglie ben poche soddisfazioni. Gianni Rivera in questi anni lascia il calcio, ma resta nella società milanista ricoprendo il ruolo di Vice Presidente. Gli anni Ottanta non sono granché, ma i tifosi li ricordano soprattutto per l’esordio del giocatore Paolo Maldini.

Nel 1986 Silvio Berlusconi diventa Presidente del Milan, e decide di ridare smalto alla squadra. A quanto pare ci riesce, perché nel 1987 il Milan va alla riscossa. Il Milan conquista l’undicesimo scudetto, schierando in campo gli olandesi Gullit e Van Basten.

Nel 1988/1989 il Milan conquista la Coppa dei Campioni a Barcellona. Con la guida di Arrigo Sacchi in panchina e Franco Baresi in campo, conquista due volte la Coppa Intercontinentale. Nel 1992/93 subentra Fabio Capello, che porta il Milan alla conquista di quattro scudetti, una Supercoppa Europea, tre Supercoppe di Lega e una Champions League. Davvero un bel traguardo per la squadra rossonera!

Negli anni Novanta in panchina si avvicendano diversi tecnici, ma la squadra decolla solo con Paolo Zaccheroni: nel 1999 il Milan ottiene il suo sedicesimo scudetto. Un altro tecnico che ha segnato la storia della società calcistica rossonera è Carlo Ancelotti: il suo arrivo apre nuovi scenari e la conquista di altri trofei. Nel 2009/2010 come allenatore subentra Leonardo, che vanta  un passato da calciatore (sempre nella compagine milanista).

Il dopo-Leonardo schiera in campo alcune stelle del calcio come Ronaldinho e Pato, due calciatori scelti dal Presidente Berlusconi. Da allora la stagione d’oro del Milan è in pieno svolgimento: di certo la squadra ha scritto e scriverà ancora pagine memorabili nella storia calcistica italiana e mondiale.

Nell’estate del 2016 la società viene venduta a una cordata di aziende orientali, perlopiù cinesi. Dopo varie vicissitudini necessarie al perfezionamento dell’accordo economico, diventa formalmente cinese nel mese di aprile 2017: dopo 31 anni finisce così l’era di Berlusconi. Il nuovo presidente è l’imprenditore cinese Yonghong Li.

Nel 2022 il Milan vince il suo scudetto N° 19 grazie alla guida dell’allenatore Stefano Pioli.

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Miracolo di Belo Horizonte https://cultura.biografieonline.it/miracolo-di-belo-horizonte/ https://cultura.biografieonline.it/miracolo-di-belo-horizonte/#respond Fri, 28 Jan 2022 10:30:15 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=38548 Quando l’Inghilterra calcistica perse contro gli Stati Uniti d’America

Il Miracolo di Belo Horizonte è un’espressione con cui si ricorda un evento sportivo storico. Ai mondiali di calcio del 1950, che si svolsero in Brasile, l’Inghilterra perse contro gli USA.

Il contesto

Nel 1950 l’Inghilterra partecipa per la prima volta al campionato mondiale di calcio. Gli inglesi sono considerati gli inventori del gioco (ne abbiamo parlato nell’articolo sulla storia del calcio); prima di questa edizione tuttavia non avevano mai partecipato ai campionati del mondo. Si sono autoesclusi dalla FIFA (Fédération Internationale de Football Association) e non sono stati inclusi tra i partecipanti alle prime tre edizioni (1930, 1934, 1938).

Ma sono pur sempre i “maestri inglesi” e quando arrivano in Brasile, sede della manifestazione, hanno alle spalle una serie pressoché ininterrotta di successi, spesso travolgenti, colti nel secondo dopoguerra.

Di contro gli Stati Uniti hanno preso parte a tutte le edizioni precedenti, cogliendo anche un inatteso 3° posto nel corso della prima manifestazione assoluta, nel 1930. Negli anni che precedono questa 4ª edizione, hanno subito quasi solo sconfitte, anzi disfatte. Ciononostante trovano la forza di qualificarsi, a spese di Cuba.

Le squadre

Viste le premesse, i Maestri sono gli ovvi favoriti della manifestazione. Hanno sconfitto due volte in amichevole gli Azzurri, detentori del titolo dal 1938 (le edizioni del 1942 e del 1946 sono state annullate a causa della guerra). Tra i favori ci sono anche i padroni di casa verde-oro.

Per dare un’idea del livello, nella nazionale di Sua Maestà militavano attaccanti del calibro di:

  • Stanley Matthews, futuro baronetto e 1° vincitore del Pallone d’oro;
  • Stan Mortensen, celebre in Italia per un gol segnato alla Nazionale azzurra con un tiro a effetto dalla linea di fondo che beffò un sorpresissimo Valerio Bacigalupo.

Di contro, gli Americani erano quasi tutti dilettanti; alcuni addirittura in attesa della cittadinanza statunitense.

La partita: il Miracolo di Belo Horizonte

E’ giovedì 29 giugno 1950.

Le squadre di Inghilterra e USA si presentano sul terreno di gioco di Belo Horizonte, città capitale dello Stato del Minas Gerais.

Ad arbitrare la partita c’è l’italiano Generoso Dattilo.

Siamo alla seconda giornata del girone di qualificazione. Gli inglesi hanno vinto la loro prima partita; gli statunitensi sono invece stati sconfitti 3-1dalla Spagna, pur essendo rimasti in vantaggio fino ai 10 minuti finali.

Inizia la partita.

Gli inglesi partono subito all’attacco; creano numerose occasioni per portarsi in vantaggio, ma al 37° minuto è l’attaccante americano Joseph Gaetjens (detto Joe), di origine Haitiana, a segnare di testa, beffando clamorosamente l’incerto goalkeeper inglese (portiere) Bert Williams.

Per il resto del primo tempo e per tutta la ripresa, gli uomini del c.t. britannico Walter Winterbottom cercano di raggiungere almeno il pareggio, ma invano.

I minuti finali

Al minuto 82′, il difensore USA Charlie Colombo atterra fallosamente Mortensen al limite dell’area. Gli inglesi reclamano il calcio rigore, ma Dattilo assegna loro un calcio di punizione. Dagli sviluppi di quest’ultimo l’Inghilterra arriva a sfiorare il gol di testa sotto porta: il tiro viene bloccato da Borghi sulla linea. L’Inghilterra invoca il gol, ma per l’arbitro Dattilo la palla non ha superato la linea di porta.

L’autentico eroe della partita è proprio il portiere Frank Borghi, autore in questa storica giornata sportiva di epiche parate.

L’episodio e i l’avvicinarsi della fine del match minano il morale dei britannici, che rischiano addirittura di subire lo 0-2 pochi istanti dopo.

Si arriva al fischio finale: gli Stati Uniti d’America battono l’Inghilterra per 1-0.

La gioia degli americani è incontenibile. Anche il pubblico brasiliano è entusiasta della partita che viene vissuta come una vera impresa eroica, tanto che invade il terreno di gioco portando in trionfo Joe Gaetjens.

Miracolo di Belo Horizonte - Joe Gaetjens portato in trionfo
Il calciatore americano Joe Gaetjens portato in trionfo alla fine della partita

Curiosità

Prima della partita:

  • Il quotidiano britannico Daily Express scrisse: “Sarebbe giusto iniziare la partita dando [agli Stati Uniti] tre goal di vantaggio”.
  • Il Belfast Telegraph definì gli statunitensi “una squadra di uomini senza speranza”.
  • La vittoria degli Stati Uniti sull’Inghilterra fu quotata 50:1 dagli allibratori.

Dopo la partita:

  • Per la stampa anglosassone l’arbitro italiano parteggiò per gli americani.

L’evento e la partita hanno ispirato il libro The game of their lives (1996) dello scrittore statunitense Geoffrey Douglas; ad esso poi è seguito il del 2005 “In campo per la vittoria“, diretto da David Anspaugh, con Gerard Butler nei panni del protagonista Frank Borghi.

giornale americano che ricorda Frank Borghi
Un giornale USA ricorda l’impresa di Frank Borghi (Soccer America, 26 aprile 1990)

Il proseguimento del mondiale di calcio 1950

L’esito del match Inghilterra-USA venne conosciuto dal resto del mondo con un certo ritardo. Va considerato che l’efficienza delle comunicazioni dell’epoca non è paragonabile a quella odierna. Un giornale britannico credette a un terribile errore di trascrizione della “velina” in arrivo dal Brasile: venne così diffusa la notizia della vittoria inglese per 10-1.

Sebbene sia entrata nella storia, paradossalmente questa partita fu abbastanza ininfluente per le due nazionali: entrambe le squadre persero la loro 3ª e ultima partita del girone e furono eliminate. Gli Stati Uniti persero contro il Cile; gli inglesi persero contro la Spagna.

A proseguire il cammino furono poi le Furie Rosse, che approdarono al girone finale, arrivando quarti al termine del campionato.

Al Miracolo di Belo Horizonte seguì un’altra partita capace di ribaltare clamorosamente il pronostico: fu proprio la finale del 1950, ricordata come la notte del Maracanazo. I favoritissimi padroni di casa del Brasile vennero sconfitti dall’Uruguay (che peraltro schierava fuoriclasse del calibro di Obdulio Varela, Alcides Ghiggia e Juan Alberto Schiaffino).

Ma questa è un’altra storia.

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Zona Cesarini: cos’è, cosa significa e dove ha origine https://cultura.biografieonline.it/zona-cesarini/ https://cultura.biografieonline.it/zona-cesarini/#respond Wed, 12 Jan 2022 22:37:37 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=38045 Salvarsi in zona Cesarini. Quante volte l’abbiamo detto o lo abbiamo sentito dire? Sicuramente tantissime. Lo abbiamo usato consapevolmente per indicare un fatto o un’azione avvenuta in extremis. Sappiamo davvero, però, da dove deriva questa espressione e per quale motivo la utilizziamo?

Il fatto: Juventus anni ’30

L’espressione Zona Cesarini fa riferimento diretto al calciatore Renato Cesarini, mezzala della Juventus in campo nella prima metà degli anni Trenta.

Renato Cesarini - zona Cesarini
Il modo di dire Zona Cesarini si deve al calciatore Renato Cesarini

Renato Cesarini realizzò tanti gol nei minuti finali di diverse partite, in diversi campionati. Per questo si è fatto detentore delle sorti (vincenti) di più match.

Ha fatto questa magia anche in incontri molto importanti. L’ha fatto pure al cospetto di grandi squadre come il Napoli o il Torino, nel derby.

La prima volta

La locuzione “Zona Cesarini” è stata coniata il 13 dicembre del 1931, in occasione di un incontro tra nazionali. In campo, a Torino, c’erano gli azzurri della nazionale italiana e l’Ungheria. Si trattava di una partita per la Coppa internazionale.

La partita si risolse al 90° minuto, a tutti gli effetti durante i tempi regolamentari.

La svolta fu una rete di Renato Cesarini che portò alla vittoria l’Italia con il risultato finale di 3 a 2.

Quando entra in uso il modo di dire Zona Cesarini

La domenica successiva il giornalista Eugenio Danese utilizzò l’espressione “caso Cesarini” per qualificare una rete segnata all’89° minuto. Si trattava di un incontro tra l’Ambrosiana Inter (così si chiamava l’Inter allora) e la Roma. Finì 2 a 1.

Il passaggio da caso a zona avvenne probabilmente mutuando dal gioco del bridge, dove il termine zona indica la fase finale di una partita.

Renato Cesarini breve biografia

  • Nacque a Senigallia il giorno 11 aprile 1906. Nella sua carriera è stato prima calciatore e poi allenatore.
    Ebbe anche cittadinanza argentina, ciò gli permise di giocare sia in Italia che in Argentina, sia con squadre di club che nelle nazionali.
  • La sua carriera è legata perlopiù alla Juventus dove giocò come centrocampista e attaccante dal 1929 al 1935.
    Nel suo percorso da allenatore guidò i bianconeri negli anni del secondo dopoguerra, dal 1946 al 1948.
  • Con la nazionale argentina giocò 2 partite segnando 1 gol.
    Con l’Italia totalizzò 11 presenze e 3 gol – uno dei quali gli diede gloria imperitura nel lessico italiano, come abbiamo visto.
  • Terminò la sua carriera sportiva allenando la nazionale bianco-celeste nel periodo 1967-1968.
  • Renato Cesarini morì a Buenos Aires il 24 marzo 1969, pochi giorni prima di compiere 63 anni.
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Subbuteo: origine del nome e breve storia del gioco https://cultura.biografieonline.it/subbuteo-origini-nome-storia/ https://cultura.biografieonline.it/subbuteo-origini-nome-storia/#respond Sat, 07 Nov 2020 21:07:52 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30725 Subbuteo, calcio in miniatura

“Il calcio da tavolo”, o Subbuteo, è un gioco interattivo che permette di riprodurre le dinamiche di una partita di calcio tra giocatori appartenenti a squadre diverse. Chiunque può cimentarsi in un campionato di calcio senza uscire di casa, provando anche l’ebbrezza di sentirsi “mister” della propria squadra, come succede nel “calcio vero”.

Il classico tavolo verde del Subbuteo
Il classico tavolo verde del Subbuteo

Le origini

La storia del calcio affonda le sue radici nel Medioevo; per trovare i primi “calciatori in miniatura” dobbiamo tornare “solo” agli inizi degli anni Venti.

Alcuni marinai inglesi, appassionati di calcio, essendo impossibilitati a giocare a causa della ristretto spazio a disposizione sulle navi, pensarono bene di realizzare figure di calciatori utilizzando il piombo, ed una pallina delle stesse dimensioni di quella da ping pong.

Il primo calcio da tavolo di cui si ha traccia è quello inventato dall’inglese William Lane Keeling, che riuscì a realizzare il suo “Table Soccer” utilizzando materiali come il cartone, caucciù e bottoni per ottenere i giocatori e il pallone da gioco. Con un gesso tracciò le linee per delimitare il campo, e costruì le porte con il fil di ferro.

Il gioco originale così realizzato da Keelings nacque nel 1929 (con la sua società Newfooty) e fu prodotto e diffuso in modo crescente fino al 1939. Qualche tempo dopo, con la diffusione della plastica, il calcio da tavolo venne costruito con questo materiale più duraturo e resistente.

Subbuteo: il curioso nome

Da dove deriva la parola “Subbuteo” con cui si usa definire il calcio da tavolo?

L’etimologia della parola è alquanto curiosa, poiché si riferisce al nome latino di un volatile, il falco Subbuteo. Il “padre” inventore del Subbuteo con cui ci divertiamo oggi, Peter Adolph (1916-1994), aveva due grandi passioni: il calcio e l’ornitologia.

Rispetto alle miniature del predecessore Keeling, Adolph nel suo gioco fu capace di riprodurre giocatori in rilievo, senza utilizzare i materiali “grezzi” che rendevano il gioco poco funzionale e piacevole esteticamente.

Quando si recò all’ufficio brevetti per registrare il marchio del gioco inventato, propose di chiamarlo “Hobby”, come una razza di falcone che a lui piaceva particolarmente. Chiese anche che il volatile diventasse il logo del gioco. Alla prima proposta l’ufficio brevetti rispose negativamente perché il nome “Hobby” in inglese ha il significato piuttosto generico di “passatempo”, quindi poco adatto per un gioco specifico. Fu invece accettato il falco come logo.

Ma l’inventore non si arrese e così adottò il nome latino del medesimo volatile: il falco Subbuteo. Non solo ne depositò il brevetto, ma dopo poco tempo creò la società “Subbuteo Sport Games” rilevando pure la Newfooty che apparteneva a Keeling.

Le evoluzioni

Oggi il calcio da tavolo Subbuteo è universalmente riconosciuto con il nome latino di un uccello il cui becco ricorda proprio la posizione e il gesto del dito che colpisce il singolo giocatore in campo per spingere la palla.

Negli anni Il gioco ha attraversato diverse fasi. Dalle miniature arrotondate, che però non permettevano di direzionare l’omino nella maniera migliore, si è passati alle più moderne “sport figures” e “toccer”, miniature più grandi con una base piatta.

Infine, sono state introdotte le “ProfiBase”, ossia figurine che si infilano su un corpo unico di plastica rigida con il fondo piatto. Con queste è possibile tirare la palla in modo più forte e preciso.

Le regole e i campionati

Il Subbuteo ha le sue regole precise, ed ogni giocatore deve conoscerle prima di cominciare una partita.

Ad esempio:

  • il giocatore va colpito con il dito indice o medio;
  • non si deve lisciare la palla mentre è in campo;
  • ogni giocatore può fare solo tre tocchi (comprensivi del tiro in porta).

Una miniatura sarà mossa posizionando il dito indice o medio di qualsiasi mano in prossimità della stessa, colpendo con l’unghia qualsiasi parte della sua base. Non è permesso toccare la parte superiore della miniatura (la figura) quando si esegue un colpo.
Le miniature non possono essere sospinte, trascinate, accompagnate, né può essere sfruttata leva o supporto con qualsiasi superficie eccetto quella di gioco. La miniatura colpita lascerà immediatamente l’unghia del dito usato. La mano del giocatore ed il suo avambraccio non possono muoversi durante il colpo. Un colpo a punta di dito sarà considerato eseguito se un giocatore ha toccato una qualsiasi parte di una qualsiasi miniatura.

Dal regolamento ufficiale. REGOLA 1 (COLPO A PUNTA DI DITO)
Subbuteo dito finger

Le norme sono ovviamente più rigide se si gioca all’interno della Federazione: in Italia FISCT (Federazione Italiana Sportiva Calcio da Tavolo); nel mondo: FISTF (Federation International Sports Table Football).

Nel calcio da tavolo l’Italia ha ottenuto più volte il titolo di Campione del Mondo.

Oltre al Mondiale, ogni Paese organizza anche due Open e un Gran Premio.

Il Campionato europeo si tiene invece ogni anno (è la Coppa dei Campioni, il torneo più importante di tutti), a cui accedono due squadre per ogni nazione.

Le scatole del gioco sono spesso personalizzate e dedicate alle squadre reali, così da soddisfare le esigenze dei tifosi più appassionati. Come quelle di Milan e Juventus, ad esempio. Anche in versione retrò.

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Juventus, breve storia della squadra e della società https://cultura.biografieonline.it/juventus-storia/ https://cultura.biografieonline.it/juventus-storia/#comments Fri, 05 Jul 2019 05:01:04 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26603 Juventus: oltre 100 anni di storia calcistica

La storia della Juventus, l’inizio dell’avventura bianconera, risale al 1° novembre 1897, nel secolo XIX. Un gruppo di giovani del Liceo classico Massimo D’Azeglio di Torino (il più grande all’epoca aveva solo 17 anni) decide di mettere su una squadra di calcio. E’ un gioco che da poco è stato importato dall’Inghilterra.

Storia della Juventus- logo simbolo

Juventus: il nome e i colori bianco e nero

Vista la loro età e la loro estrazione culturale, scelgono un nome latino e la chiamano Juventus (dal latino: gioventù). Il primo presidente è Eugenio Canfari. La prima maglia è di colore rosa. Il primo campionato giocato è datato 1900.

Il “bianconero”, oramai sinonimo a tutti gli effetti di Juventus, arriva nel 1903. Due anni dopo il primo titolo italiano con Alfredo Dick alla presidenza, poi uscito dalla società per andare a fondare il Torino.

A cavallo della Prima guerra mondiale la squadra si fa sempre più forte e nel 1923 arriva un nuovo capitolo con la nomina a presidente di Edoardo Agnelli, figlio del fondatore della Fiat. Questa pietra miliare della storia della Juve viene suggellata con la definizione di un campo proprio della squadra in corso Marsiglia.

Fra il 1930 e il 1935 arrivano titoli nazionali e scudetti fino alle semifinali della Coppa Europa e della Coppa dei Campioni. Arriva ancora un altro successo dopo la Seconda Guerra Mondiale; nel 1947 avviene un fatto cardine: a seguito della morte di Edoardo, in un tragico incidente aereo nel 1936, il figlio Giovanni Agnelli (detto Gianni) prende le redini della società.

Con Gianni Agnelli arrivano gli scudetti del 1950 e del 1952. In questo periodo entra in campo Giampiero Boniperti che segnerà la storia della squadra prima come giocatore e poi, dal 1971, come presidente (succeduto a Umberto Agnelli, fratello di Gianni).

La Juventus negli anni Settanta e Ottanta

Quelli con Boniperti alla presidenza della società sono anni d’oro per i bianconeri: si contano due vittorie in campionato, nove scudetti, la Coppa Uefa nel 1977, la Coppa delle Coppe nel 1984 e una Coppa dei Campioni.

Nella lista di queste vittorie c’è anche quella amarissima del 29 maggio 1985 in concomitanza con la tragedia dell’Heysel, a Bruxelles (in cui morirono 39 persone). I bianconeri volano poi a Tokyo e si laureano Campioni del Mondo.

Questa è la stagione di grandi nomi traghettati nella squadra dal mister Giovanni Trapattoni: Zoff, Scirea, Tardelli, Cabrini, Causio, Gentile e Paolo Rossi, pallone d’oro 1982, Platini, Boniek.

Gli Anni Ottanta si chiudono con una seconda tragedia ovvero la morte per incidente d’auto del campione e, in quel momento braccio destro dell’allenatore Dino Zoff, Gaetano Scirea, passato a miglior via il 3 settembre del 1989, a soli 36 anni.

Un uomo straordinario e un calciatore straordinario. Un esempio di stile e classe sia in campo che fuori. Con lui abbiamo condiviso tanti momenti, in ritiro stavamo sempre nella stessa stanza. […] Sarebbe stato un ottimo allenatore, se ne avesse avuto l’opportunità: sapeva convincere, gli piaceva insegnare. Il calcio di oggi gli sarebbe piaciuto, anche se non era il tipo da rincorrere miraggi di protagonismo. Non sarebbe mai diventato un personaggio da copertina, ma avrebbe saputo farsi ascoltare da tutti.

Dino Zoff, su Gaetano Scirea, nel 2009

La Juventus negli anni Novanta

Accanto a campioni di più lungo rodaggio come Vialli e Baggio a metà degli anni Novanta arriva in squadra Alessandro Del Piero, poi detto “Pinturicchio”. Alex sarà protagonista assoluto di una fase trionfale, segnata negativamente soltanto dalla dipartita di Andrea Fortunato.

La Juventus con lui ottiene la Coppa Italia e la Coppa dei Campioni fino a diventare Campione d’Europa nel 1996. Nel 1997 arrivano Boksic, Vieri, Amoruso, Montero, Zidane e altre nuove vittorie.

Gli anni 2000

Questa è la stagione di Buffon, Thuram, Nedved, Del Piero e Trezeguet che festeggiano il 26esimo scudetto. Intanto, nel 2003, un nuovo lutto colpisce la società: muore Gianni Agnelli. Dopo un anno avviene anche la scomparsa del fratello Umberto.

L’allenatore è Fabio Capello; altri grandi nomi in campo sono quelli di Emerson, Cannavaro, Ibrahimovic: il team ottiene grandi successi in Italia, ma poche soddisfazioni in Europa.

Calciopoli e la serie B

Sul finale della stagione 2005-2006 la società della Juventus – soprattutto la sua dirigenza, tra cui Luciano Moggi – viene coinvolta nel cosiddetto scandalo di “Calciopoli”. Come conseguenza dell’illecito associativo, la squadra si ritrova a giocare per la prima volta nella sua storia in serie B; oltre a ciò subisce 9 punti di penalizzazione e la revoca degli scudetti dei due anni precedenti.

La rinascita della Juventus

Il nuovo allenatore è Didier Deschamps che riparte dai suoi campioni più rappresentativi: Del Piero, Buffon, e Camoranesi, freschi del titolo mondiale conquistato a Berlino, oltre a Trezeguet e Nedved.

Il 2006 è l’anno del tragico incidente a Ferramosca e Neri a cui viene dedicata la vittoria a Bologna e il rientro in A.

Si avvicendano fra alti e bassi gli allenatori Ranieri, Ferrara, Zaccheroni. Fra inciampi e riprese il nuovo capitolo è affidato alla presidenza che torna in “casa Fiat” con Andrea Agnelli (figlio di Umberto). Dopo una fase di assestamento, porta la squadra nuovamente ai vertici.

L’allenatore della rinascita bianconera è Antonio Conte; i grandi nomi in campo sono, fra gli altri, quelli di Vucinic, Vidal e Pirlo. La squadra ha inoltre il suo Juventus Stadium. È una stagione di ripresa (arriva un nuovo scudetto e la Supercoppa italiana) a cui ne segue una da record: terzo tricolore di seguito ottenuto e 102 punti a fine campionato nel 2014.

Possono cambiare gli uomini, possono cambiare i dirigenti, però quello che ha di forte questa società sono i giocatori cui è stata tramandata una voglia di vincere, di primeggiare, che non è pari in nessuna altra squadra.

Gigi Buffon – da: Frasi sulla Juventus
Juventus logo e simbolo

Dal 2015

Con Allegri, arriva il quarto scudetto consecutivo, e la decima Coppa Italia, oltre a un grande successo in Champions League.

Con il cambio squadra e una prima fase di rodaggio, il 2015 regala alla squadra 25 vittorie su 26 partite: la Juventus è Campione d’Italia.

Le vittorie in Italia sono rafforzate dall’arrivo di campioni come Pjanic, Benatia, Dani Alves, Higuain, Pjaca: il sesto scudetto è certezza. Nuovo record, in accoppiata ancora alla Coppia Italia.

Il culto bianconero

L’Allianz Stadium o Juventus Stadium è stato edificato nei primi anni 2000 sul preesistente e demolito Stadio delle Alpi. È ospitato dai quartieri Vallette e Lucento di Torino. Ospita 41.507 spettatori ed è il primo stadio italiano privo di barriere architettoniche.

Accanto allo stadio, per celebrare il mito bianconero, è sorto il J-Museum. All’interno dello spazio espositivo tantissimi visitatori hanno già potuto godere del racconto della storia della Juventus e della nascita della leggenda bianconera, dalla fine dell’Ottocento ad oggi.

Fra le iniziative fuori dal campo la squadra torinese ha istituito il Liceo Juventus: si tratta di un programma innovativo riservato ai ragazzi del Settore Giovanile per mettere insieme la pratica calcistica con la scuola.

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Moviola negli eventi sportivi. Dal tennis al calcio e le possibili polemiche https://cultura.biografieonline.it/la-moviola-nello-sport/ https://cultura.biografieonline.it/la-moviola-nello-sport/#comments Wed, 19 Jul 2017 15:50:35 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22866 La “moviola“, termine cinematografico che indica una particolare tecnica di montaggio dei film, è ormai da quarant’anni una parola associata allo sport. E alle polemiche che purtroppo spesso provoca.

Molti anni fa, durante il torneo di tennis femminile WTA che si teneva a Palermo al Country Time Club e che seguivo per il Giornale di Sicilia, ebbi la fortuna e il privilegio di intervistare Eva Asderaki. Un nome che certamente dice nulla a chi non segue il tennis, ma che invece dice tantissimo agli appassionati. La giovane e spigliata ragazza greca è infatti da anni uno dei giudici di sedia più apprezzati del circuito di tennis professionistico. E’ un arbitro cosiddetto “gold badge”, il livello più alto. Lo dimostra la sua designazione per la finale femminile del torneo di Wimbledon 2017 tra Garbine Muguruza e Venus Williams.

Eva Asderaki
Eva Asderaki, arbitro internazionale di tennis (nata in Grecia il 27 gennaio 1982). A destra con Novak Djokovic e Roger Federer: nel 2015 è stata la prima finale Us Open arbitrata da una donna.

Alla Asderaki feci una domanda che mi frullava in testa da molto tempo, e che da cronista sportivo non potevo non fare: “l’introduzione nel tennis del cosiddetto Occhio di Falco, ha sminuito il vostro ruolo di arbitri?

La moviola nel tennis

L’”Hawk Eye” – Occhio di Falco appunto – è il nome convenzionalmente assegnato alla tecnologia con cui nel tennis si può stabilire con estrema precisione se una palla è finita dentro o fuori dal campo. Si utilizzano delle telecamere opportunamente posizionate ai bordi del terreno di gioco e un software di conversione grafica.

Ogni giocatore ha a disposizione un certo numero di chiamate dette “challenge” (tre per ogni set, più una di bonus in caso di tie-break) che può invocare se ritiene che il giudice di linea o il giudice di sedia abbiano sbagliato una chiamata su una palla dubbia. Se la chiamata dimostra che il giudice ha commesso un errore, il giocatore conserva il “challenge”, altrimenti lo perde. Una moviola semplice e geniale.

La domanda era motivata dall’eco delle polemiche roventi che riecheggiavano dai campi di calcio, e dalla levata di scudi della classe arbitrale internazionale, che riteneva allora l’adozione della cosiddetta “moviola in campo” di difficile attuazione in uno sport senza pause di gioco e anche una indebita intrusione nella loro sovranità.

La risposta della Asderaki fu netta e inequivocabile. Non solo non considerava affatto “invadente” l’introduzione della tecnologia, ma anzi mi spiegò come l’Occhio di Falco avesse giovato a tutto il movimento tennistico. Tennisti, giudici di linea, arbitri e anche il pubblico erano molto più tranquilli, sapendo che il rischio che un errore umano e in perfetta buona fede potesse decidere una intera partita non c’era più.

Moviola - Tennis - Occhio di falco - Hawk eye
Moviola nel tennis: un giudice consulta l’Occhio di falco (Hawk-eye).

L’instant replay nel calcio

L’autorevole parere dell’arbitro greco era peraltro già avallato da quanto accadeva e accade da anni in sport importanti come il rugby, il basket e il football americano, dove l’introduzione della moviola in campo aiuta concretamente (e soprattutto serenamente) i direttori di gara nel loro lavoro.

Dopo infinite discussioni ed altrettante polemiche, anche il calcio sta finalmente “piegandosi” all’aiuto della tecnologia, stretto d’assedio, più che dalle pressioni interne, proprio dai risultati concreti e convincenti che sono arrivati dagli altri sport. Insomma, se è dimostrato che altrove la moviola funziona, non ci si può più esimere dal provarla anche nello sport più popolare al mondo. Solo che – particolare non trascurabile – il calcio è un po’ meno lineare del tennis. Le situazioni di gioco sono più complesse e il campo molto più esteso. Occorreva dunque operare su più fronti.

I gol fantasma

L’urgenza più importante era quella legata alla decisione gol/non gol. A partire dal 1966 e dalla famosa finale mondiale tra Inghilterra e Germania decisa da un “gol fantasma” dell’inglese Hurst (le immagini dimostrarono chiaramente che la palla non aveva sorpassato la linea!), fino al gol valido ma non visto del milanista Muntari durante una sfida di campionato contro la Juventus nel 2012, la decisione di assegnare o meno una segnatura dubbia era l’incubo di ogni terna arbitrale.

YouTube Video

Il primo passo importante è stata quindi l’introduzione della cosiddetta “Goal Line Technology”, un sistema di sensori piazzati sui pali e sulla traversa e collegati ad un dispositivo elettronico posto al polso dell’arbitro: se la palla è totalmente dentro la linea il dispositivo emette un suono, e il gol viene assegnato senza alcun dubbio. La moviola cominciava finalmente a spostarsi dagli studi televisivi ai campi.

Restavano però altre situazioni di gioco altrettanto delicate e di difficile valutazione, come il fuorigioco, l’assegnazione di un calcio di rigore o i falli da espulsione, e anche qui l’ausilio della moviola poteva essere decisivo. Non è un mistero per nessuno infatti che durante la finale del mondiale 2006 che vide l’Italia trionfare sulla Francia, la testata a Materazzi che costò l’espulsione a Zidane sfuggì all’arbitro argentino Elizondo, ma non al quarto uomo. E soprattutto alle telecamere, che fecero rivedere immediatamente il replay dell’episodio sui maxi-schermi dello stadio di Berlino.

Il progetto VAR

La FIFA ha dunque finalmente approvato il progetto VAR (Video Assistant Referee), che debutterà a livello internazionale nel mondiale del 2018 in Russia ma che già dall’anno prossimo verrà adottato in alcuni campionati nazionali tra i quali la nostra Serie A. Questo sistema, del tutto simile a quello utilizzato nel rugby, prevede la presenza di un assistente addizionale che, per aiutare l’arbitro, esaminerà le sue decisioni con l’ausilio di filmati video.

In ogni caso sarà sempre il direttore di gara ad avere l’ultima parola sulla decisione definitiva. E l’impatto di questo tipo di moviola sui tempi di gioco dovrebbe essere minimo e limitato a una quarantina di secondi. In nessun caso, infine, i giocatori o le panchine potranno richiedere l’intervento della VAR. Ciò per evitare di interrompere azioni decisive o usare il sistema per furbe perdite di tempo.

Moviola - Fuorigioco - Guardalinee

Le polemiche sportive

Se questo sistema si rivelerà davvero capace di mettere fine una volta per tutte alle polemiche che arroventano il mondo del calcio non è ancora certo. Chiunque segua il calcio e la moviola alla tv sa benissimo che in alcuni casi non bastano una ventina di replay da svariate posizioni per capire l’entità di un fallo. Oppure se un contatto avvenga dentro o fuori dall’area.

La scelta di lasciare comunque all’uomo la discrezionalità sulla decisione appare saggia, anche se alcuni dubbi non potranno mai essere fugati del tutto. Quanto inciderà la pressione del pubblico su una decisione in campi particolarmente “caldi”, ma soprattutto come si concilierà questa “rivoluzione” rispetto ai campionati minori, nei quali non ci sarà la possibilità economica e tecnica di adottare la VAR. Si corre il rischio di avere un calcio di nicchia nel quale l’esito sportivo è “tutelato” dalla moviola in campo, e un altro nel quale si continuerà a sbagliare senza possibilità di correzione.

L’unica cosa che appare certa è che nessuna VAR potrà mai cancellare il campanilismo e la mania di persecuzione che affligge le frange più ostinate ed estreme del tifo. Loro continueranno a non arrendersi di fronte ad una decisione avversa, nemmeno di fronte all’evidenza. Ma quello, purtroppo, è un problema di cultura sportiva, e non c’è tecnologia che possa risolverlo.

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Perché le squadre di calcio hanno undici giocatori? https://cultura.biografieonline.it/calcio-undici-giocatori/ https://cultura.biografieonline.it/calcio-undici-giocatori/#respond Sun, 24 Nov 2013 00:54:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8696 Il calcio è uno sport di squadra dove due diverse formazioni, composte da undici giocatori ognuna, si sfidano usando un pallone all’interno di un campo di gioco rettangolare con due porte. L’ obiettivo di ogni squadra è quello di segnare più punti (gol o reti), facendo passare il pallone fra i pali della porta avversaria.

calcio calcetto

Il gioco del calcio segue delle regole ben precise. Tali regole sono state stilate dalla Fifa, la federazione internazionale che governa lo sport del calcio, del futsal e del beach soccer e gestite anche dall’International Football Association Board. A partire dalla fine del 1800, nei college inglesi, i ricchi studenti, di queste prestigiose scuole, iniziarono a praticare questo tipo di sport.

La squadra, era composta in quel periodo da dieci giocatori, capitanate solitamente da uno degli insegnanti dell’Istituto, a formare così un totale di 11 giocatori in campo. Pare che proprio per questa ragione, da lì in poi, tutte le squadre di calcio che scesero in campo nei vari tornei amatoriali, scolastici ed in seguito professionistici furono composte dai classici “undici uomini”.

Calcio

In panchina, l’allenatore può portare un numero di giocatori che varia da 3 a 7, a seconda del regolamento della competizione (es. 7 in Serie A e nelle Coppe Europee, 5 in Premier League, 6 nelle Ligue 1 francese). La partita invece non può essere disputata se sul terreno di gioco non si trovano almeno sette giocatori per squadra.

Esistono comunque delle varianti del calcio come: il calcio a 5, dove giocano due squadre di cinque giocatori ciascuna e le partite durano 40 minuti disputando due tempi da 20 minuti effettivi; nel calcio a 7 le squadre sono composte da sette elementi ognuna, per un massimo di 14 giocatori, la partita dura 50 minuti divisi in due tempi da 25; nel calcio ad 8, (familiarmente chiamato anche calciotto), giocano 8 giocatori per squadra e la partita dura, anche in questo caso, cinquanta minuti.

Esistono poi altre varianti del gioco del calcio, per le persone diversamente abili, che vengono utilizzate durante l’evolversi dei Giochi Para-Olimpici, a seconda che le persone siano affette da paralisi o cecità. Alla fine, indipendentemente dal numero dei giocatori, la passione calcistica accomuna sempre tutti, dando la possibilità a squadre composte da 5, 7, 8 o 11 giocatori, di vivere uno degli sport più belli e seguiti al mondo.

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Dove nasce il termine “Mister” usato nel calcio? https://cultura.biografieonline.it/william-garbutt-mister-calcio/ https://cultura.biografieonline.it/william-garbutt-mister-calcio/#comments Mon, 07 Oct 2013 18:32:54 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7907 Da sempre siamo abituati a sentir chiamare un allenatore di calcio con il nome di “Mister”, questo appellativo venne usato per la prima volta in Italia nel 1912, quando l’ex calciatore e allenatore inglese William Garbutt debuttò sulla panchina del Genoa.

William Garbutt
William Garbutt, allenatore del Genoa nel 1912: a lui si deve il termine Mister

William Garbutt nacque il 9 gennaio 1883 nella cittadina di Hazel Grove nel nord dell’Inghilterra, si arruolò in giovane età ed iniziò a giocare a calcio nella squadra degli Artiglieri dell’esercito. Militò nelle squadre inglesi del: Reading, Woolwich, Blackburn e chiuse la sua carriera professionistica nell’Arsenal nel 1912.

William Garbutt
William Garbutt da giovane

Quando venne in Italia, a Genova, i suoi giocatori iniziarono a chiamarlo “Mister”, come solitamente si usava sui campi di calcio d’oltremanica. Mr. Garbutt viene ricordato oltre che per essere stato il primo allenatore ad essere chiamato con l’appellativo Mister, soprattutto perché rivoluzionò il concetto di gioco del calcio, in un tempo in cui il “pallone” era considerato ancora uno sport dilettantistico. Introdusse infatti nuovi metodi di allenamento, ideando tattiche e strategie innovative che cambiarono in modo rivoluzionario l’approccio alle partite.

Garbutt ristrutturò il Genoa, con una particolare attenzione verso l’aspetto tattico. Il cosiddetto “calcio spettacolo”, così come lo conosciamo oggi, nacque a Genova grazie proprio a questo allenatore inglese che fece esercitare i giocatori: nel dribbling, a colpire la palla di testa ad altezze sempre maggiori, a forzare chi usava un piede solo ad usare l’altro, inoltre instaurò una disciplina ferrea, lasciando poco tempo libero ai suoi calciatori.

Tra i “Mister” del calcio, passati alla storia che hanno scelto di essere chiamati così, troviamo il “magoHelenio Herrera allenatore dell’Inter negli anni ’60, che non voleva essere chiamato “signor Herrera” o “señor Herrera”, come sarebbe stato logico, visto che veniva da un paese di lingua spagnola ma semplicemente con l’appellativo “Mister”, in onore del grande William Garbutt, inventore del calcio moderno.

Famosa la celebre frase che pronunciò Garbutt, parole che ancora oggi sono un modello per i signori “Mister”:

Per fare una grande squadra bisogna dimostrare di essere grandi giocatori, cioè calciatori che hanno grande coraggio, grande entusiasmo, grande cuore. Chi non ha queste virtù può vestirsi ed andarsene subito. Quelli che intendono restare devono farsi trovare tra dieci minuti, in tenuta atletica, nella mia stanza perché voglio stringere loro la mano e conoscerli personalmente“.

William Garbutt morì in Inghilterra, nella città di Warwick, il 24 febbraio 1964 all’età di 81 anni.

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