Bibbia Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Thu, 20 Jan 2022 16:22:25 +0000 it-IT hourly 1 Davide e Golia: nella Bibbia e nell’arte https://cultura.biografieonline.it/davide-golia-riassunto-arte/ https://cultura.biografieonline.it/davide-golia-riassunto-arte/#comments Thu, 20 Jan 2022 15:45:18 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=38354 È la storia che per eccellenza simboleggia la vittoria del coraggio sulla forza, della fede sulla brutalità. Si tratta dell’episodio biblico di Davide e Golia, di quando un piccolo pastorello armato di fionda sfidò e vinse il temibile gigante dei Filistei.

Davide e Golia illustrazione

La guerra tra Filistei e il popolo del Re Saul

La vicenda di Davide e Golia è narrata nella Bibbia e in particolare nel Primo libro di Samuele. È datata intorno al 1000 a.C. e si svolge all’interno di una più grande vicenda: ovvero la guerra fra i Filistei e il popolo di Israele guidato dal Re Saul. Di seguito il riassunto.

Golia: un guerriero alto tre metri

Gli ebrei stanno soffrendo particolarmente per la presenza di un gigante nelle schiere degli avversari. Il suo nome è Golia.

Dall’accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo. Portava alle gambe schinieri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle. L’asta della sua lancia era come un subbio di tessitori e la lama dell’asta pesava seicento sicli di ferro.

Così è descritto Golia nella Bibbia: un vero e proprio gigante, alto tre metri armato di una corazza pesante 5 chili.

Tutti i giorni Golia lancia la stessa sfida: un duello.

La sua proposta: che sia un duello fra lui e un campione dell’esercito nemico a decidere le sorti di tutta la guerra.

Nessuno accetta, tranne una persona. Uno che nessuno si aspetta possa reggere il confronto.

E’ Davide: il non guerriero, armato solo di due cose:

  • la fionda,
  • la fede in Dio.

Chi era Davide

Nessuno aveva mai risposto all’appello e alla sfida di Golia prima di lui, Davide: “un giovane biondo e di bell’aspetto”.

Davide in effetti non è neanche, non ancora, un guerriero: è troppo giovane per combattere nell’esercito di Saul. La sua occupazione è quella di pascolare le greggi del padre.

Quando Golia lancia la sua sfida, tutti fuggono terrorizzati. Davide si chiede invece chi sia mai quel filisteo che osa sfidare il popolo di Dio.

Il Re Saul viene a conoscenza di questo frangente e, colpito dall’audacia del ragazzo, lo manda a chiamare. Al cospetto di Re Saul, Davide esterna la sua volontà di andare a duello con Golia. Motiva questa scelta dicendo che come pastore ha già dovuto cimentarsi in sfide pericolose per salvare il suo gregge da orsi e leoni.
Dio l’ha salvato in quelle occasioni e lo farà ancora, aggiunge.

Saul lo arma di elmo, corazza e spada. Ma Davide rifiuta: è già armato della sua fede.

Sceglie cinque sassi ben lisci dal torrente poi, armato della sua sola fionda, va verso il suo eroico destino.

La sfida epica: la vittoria della fede

Davide si fa incontro a Golia e lo sfida.

Lo incita con spavalderia a misurarsi con lui. Anticipa subito il gigante, tira fuori con grande velocità e scaltrezza il primo dei suoi cinque sassi e lo scaglia con forza contro la fronte del gigante. Golia stramazza al suolo.

Poi Davide corre accanto a Golia, gli sfila la spada dal fianco e gli taglia la testa, uccidendolo.

Il capo mozzato di Golia viene portato in trionfo a Gerusalemme come segno di vittoria.

A vincere è stata la fede del pastorello nel suo Dio: in lui ha confidato e ha trionfato.

Davide e Golia in 3 maestri dell’arte

Molti artisti, attraverso il tempo, hanno scelto questo episodio biblico come ispirazione per una propria opera. Grandi nomi della pittura e della scultura di tutti i tempi hanno subìto la fascinazione di questa lotta fra fede e forza, fra coraggio e brutalità. Tra le opere più celebri ci sono:

  • il David di Donatello – opera da cui prende il nome anche a un celebre premio italiano cinematografico;
  • il David scultoreo di Michalengelo;
  • Davide con la testa di Golia, di Caravaggio

L’opera di Donatello

Donatello nel 1430 rappresenta Davide in una scultura bronzea. Nel David di Donatello, il vincitore della sfida biblica è raffigurato come un adolescente di straordinaria grazia e avvenenza, e completamente nudo. Tale nudità destò un certo scandalo nell’opinione pubblica del tempo.

David di Donatello
David di Donatello

L’opera di Michelangelo

Altrettanto noto è il David scultoreo di Michelangelo, degli inizi del Cinquecento. Come in Donatello vengono esaltate bellezza e forza virile, ma Michelangelo lo ritrae nel momento che precede lo scontro, con maggiore dinamismo, nel corpo e nel viso.

David di Michelangelo
David di Michelangelo

C’è un’altra rappresentazione di Michelangelo: egli inserì l’episodio, con una scena di Davide in procinto di tagliare la testa del gigante Golia, tra le scene del suo capolavoro: la Cappella Sistina.

L’opera di Caravaggio

Del secolo successivo, datato 1609-1610, infine, è l’opera Davide con la testa di Golia, di Caravaggio.

Caravaggio mette al centro della scena la testa mozzata di Golia, con il suo viso stravolto dal dolore. L’artista inoltre dà al volto di Golia le sue stesse fattezze, producendo quello che alla fine si potrebbe definire in tutto e per tutto un autoritratto.

Davide con la testa di Golia - Caravaggio
Davide con la testa di Golia (Caravaggio)

L’interpretazione di Caravaggio si discosta e non poco dai suoi illustri colleghi dei secoli precedenti: dove era la grazia mette la violenza; dov’era la bellezza c’è il dolore, anche e non ultimo in Davide, che se pur vittorioso subisce il tormento della morte inflitta al suo sfidante.

Caravaggio inoltre aveva affrontato lo stesso tema in un’opera precedente (1597-1598) intitolata Davide e Golia.

Tra gli altri artisti che hanno raffigurato l’episodio nelle loro opere ci sono Tiziano Vecellio, Gustave Doré, Andrea Vaccaro. Senza dimenticare anche il David di Bernini.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/davide-golia-riassunto-arte/feed/ 3
Visita dei tre angeli ad Abramo, analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/visita-dei-tre-angeli-ad-abramo/ https://cultura.biografieonline.it/visita-dei-tre-angeli-ad-abramo/#respond Sun, 26 Apr 2020 14:30:33 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28524 Visita dei tre angeli ad Abramo è un dipinto realizzato da Antonello da Messina fra il 1465 e il 1468. A un primo sguardo è facile notare come ricordi un’altra opera di ispirazione religiosa dello stesso autore: il “San Girolamo penitente”. Il quadro che analizziamo qui è conservato presso la Pinacoteca Civica di Reggio Calabria.

Visita dei tre angeli ad Abramo, quadro di Antonello da Messina
Visita dei tre angeli ad Abramo (Antonello da Messina, 1465-1468) – tecnica mista su tavola di noce. Dimensioni: 21,4×29,3 cm.

Visita dei tre angeli ad Abramo: una scena biblica

Nel dipinto che tratto in questo articolo, l’autore messinese rappresenta una scena narrata nella Bibbia: Abramo in ginocchio riceve da tre angeli l’annuncio che presto la moglie Santa Sara rimarrà incinta.

Dopo molte preghiere il vecchio patriarca finalmente otterrà ciò che da molto tempo desidera: un figlio.

Analisi dell’opera

Nel celebre quadro Visita dei tre angeli ad Abramo, purtroppo Abramo non compare perché l’opera è mutilata e mancante proprio della sua figura.

Si è però riusciti a ricostruire la scena grazie ad un dipinto quasi identico realizzato da un pittore provenzale, Josse Lieferinxe.

Entrambi i pittori, Antonello da Messina e Lieferinxe, sono stati ispirati dalle opere fiamminghe dalle quali hanno mutuato la precisione per i dettagli.

Possiamo infatti ammirare la minuzia nella pittura delle piante, dei fiori, dei sassi e della lumaca che si sta dirigendo verso il tavolo; Antonello ha dipinto la lumaca proprio in quel punto della tela, come contro bilanciamento alla presenza dei tre angeli.

Visita dei tre angeli ad Abramo: dettaglio della lumaca e del tavolo
Il dettaglio della lumaca e del tavolo

Il tavolo infatti è un punto di riferimento prospettico. I due punti di riferimento dunque sono il gruppo di angeli e il tavolo rotondo: essi inducono lo spettatore ad osservare nel centro del dipinto il sentiero.

Le rocce, il brano di natura morta e il sentiero sono molto simili al dipinto del già citato “San Girolamo penitente”: secondo alcuni critici faceva parte insieme alla “Visita dei tre angeli ad Abramo”, di un’opera unica.

San Girolamo penitente, Antonello da Messina, quadro picture
San Girolamo penitente, opera di Antonello da Messina

In effetti entrambi i dipinti hanno molte similitudini; tra questi c’è lo spazio riservato alla cornice, la quale è assente. Al suo posto possiamo notare una striscia dorata. Va detto che non ci sono prove in tal senso: si tratta quindi solo di un’ipotesi.

Visita dei tre angeli ad Abramo (Antonello da Messina): dettaglio degli angeli
Gli angeli in dettaglio: le vesti appaiono con l’effetto “bagnato”

La luce e l’analogia tra le opere

Lo spettatore noterà come la luce si sposti su tutta l’opera mostrando le vesti degli angeli come se fossero bagnate; è un effetto che troviamo realizzato anche sulla veste di San Girolamo.

Il dettaglio dei simboli: l'abito talare, il leone e i libri.
Il dettaglio della veste

Commento video

]]>
https://cultura.biografieonline.it/visita-dei-tre-angeli-ad-abramo/feed/ 0
Sansone e Dalila, opera lirica in tre atti di Camille Saint-Saëns https://cultura.biografieonline.it/sansone-e-dalila-saint-saens/ https://cultura.biografieonline.it/sansone-e-dalila-saint-saens/#respond Wed, 01 Mar 2017 17:32:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21601 L’opera lirica “Samson et Dalila” – in italiano Sansone e Dalila – scritta di Camille Saint-Saëns (1835-1921) si ispira, come è facilmente intuibile, all’episodio biblico di Dalila e Sansone. L’opera si compone di tre atti e quattro quadri; il libretto è di Ferdinand Lemaire (1832-1879) autore creolo, originario della Martinica.

Sansone e Dalila - Rubens
Dettaglio del quadro di Rubens Sansone e Dalila

L’opera Sansone e Dalila debuttò il giorno 2 dicembre 1877 al Teatro Granducale di Weimar, in Germania. La prima rappresentazione fu pertanto presentata in lingua tedesca con il titolo Simson und Delila. Da subito riscosse un grande successo. La prima esecuzione in lingua francese avvenne molti anni dopo. Essa risale al 23 marzo 1890, a Rouen. In tale occasione non suscitò l’entusiasmo del pubblico. Trovò comunque riscatto e merito in seguito, diventando l’opera più celebre di Saint-Saëns. Ad oggi i principali teatri del mondo la annoverano nel proprio repertorio operistico. Le prolusione e l’analisi musicale seguenti, sono state redatte del maestro Pietro Busolini.

Personaggi dell’opera

  • Dalila (Mezzosoprano);
  • Sansone (Tenore);
  • il Gran Sacerdote di Dagon (Baritono);
  • Abimélech Satrapo di Gaza (Basso);
  • un vecchio ebreo (Basso);
  • un messaggero filisteo (Tenore);
  • due filistei (Tenore, Basso);
  • ebrei, filistei;
  • coro di ebrei;
  • coro di donne filistei;
  • danzatori d’ambo i sessi

L’azione si svolge a Gaza-Palestina, in epoca biblica.

Camille Saint-Saëns
Camille Saint-Saëns

Samson et Dalila (Sansone e Dalila), genesi dell’opera

Nel giugno 1870, Camille Saint-Saëns si sentì offrire da Franz Liszt, la disponibilità del teatro di Weimar, per tenere a battesimo Samson et Dalila, in quanto egli ne era direttore artistico. Il Maestro felicemente accettò l’invito. Sicuramente egli non pensava ancora, quanto sarebbe stato arduo farla rappresentare.

Comunque un pubblico entusiasta e festante decretò il trionfo di “Samson und Dalila“. Tredici anni dovettero passare prima che, Samson fosse unito a Dalila, dalla più appropriata congiunzione “et ” e questo accadde a Rouen, il 3 marzo 1890. L’esito fu trionfale, ripagando così il sessantacinquenne compositore da amarezze e delusioni, e consacrando formalmente l’opera alla storia, dopo tribolati periodi di attesa.

Quando iniziò la composizione del Samson et Dalila, il Maestro aveva già scritto Le Timbre d’argent (1865) e pensava a un opéra-comique, la “Princesse Jaune“. Ma questa partitura non era ancora stata presentata a nessun impresario teatrale.

Il nuovo lavoro ebbe una lunga e travagliata storia: un primo intoppo lo ebbe nel 1870, quando, l’audizione privata di un brano, si risolse in una cocente bocciatura.

Foto di Franz Liszt
Franz Liszt

L’offerta lisztiana per Sansone e Dalila nacque proprio in questo periodo. Essa rincuorò Saint-Saëns, il quale, ripresa la composizione, la terminò nel 1874. Una prima esecuzione in forma di concerto del primo atto, il 12 marzo 1875, non dette purtroppo esiti molto incoraggianti. Tantomeno la prima rappresentazione di “Le Timbre d’argent“, accolta freddamente all’Opéra di Parigi nel 1871. Nulla al tempo, giocava a favore di una messa in scena francese del Samson em Dalila, che, come si è visto, prese la strada di Weimar.

Concepito inizialmente per un allestimento oratoriale, il soggetto dell’opera in esame era stato scelto dallo stesso compositore. Non mancavano illustri precedenti letterari: il Samson Agonistes (I nemici di Sansone) tragedia di John Milton del 1671; il Samson, libretto scritto da Voltaire per l’opera di Jean-Philippe Rameau
nel 1733; né era ignoto a Saint-Saëns, il Samson del venerato Händel (1741-1742).

Il libretto verseggiato con cura, da Lemaire per Saint-Saëns (si dice abbia messo mano anche il compositore, che del resto era un fine letterato), sembra risentirne nella scansione drammaturgica dell’originaria destinazione. Una caratteristica questa che lo accomuna a molti dei testi letterari musicati in seguito, da Saint-Saëns.

Riassunto e trama dell’opera Sansone e Dalila

Atto primo

Prima che si apra il sipario, s’ode in lontananza il pianto degli ebrei, abbandonati dal Signore per la loro empietà. Sono ora sconfitti dai filistei e ridotti in schiavitù a Gaza. S’alza il sipario su di una enorme piazza nella città di Gaza. Gli ebrei piangono la schiavitù che li assoggetta ai filistei: “Dieu d’Israel“. Sansone li rimprovera di aver perso la fiducia in Dio e si dice pronto a spezzare il giogo che li opprime: “Arrêtez ô mes frères“.

Le grida di entusiasmo con cui sono accolte le sue parole fanno intervenire il Satrapo di Gaza, Abimélech, il quale schernisce il Dio degli israeliti, sordo ai loro lamenti: “Ce Dieu que votre voix implore“. Affrontato da Sansone, il Satrapo vorrebbe trafiggerlo con la spada, ma l’ebreo Sansone gliela strappa di mano, e lo uccide.

Animato da una forza che sembra sovrumana, Sansone mette in fuga i soldati filistei che scortano Abimélech. Abbandona poi la piazza seguito dagli ebrei. Appare sulla soglia del tempio il Gran Sacerdote, davanti al cadavere di Abimélech. Egli ordina che Sansone e il suo popolo siano sterminati. Un messaggero porta la notizia che gli ebrei, ormai senza freni, stanno devastando il paese. Il Gran Sacerdote, maledice i ribelli, parte con i filistei per rifugiarsi sulle montagne: “Maudite à jamais“.

Col nuovo giorno la piazza si riempie di ebrei, che elevano un inno di ringraziamento al Signore: “Hymne de joie“. Dal tempio escono uno stuolo di fanciulle filistee, guidate dalla bellissima Dalila. Esse lodano la vittoria di Sansone: “Voici la printemps“. Dalila venuta a coronare la fronte dell’eroe gli svela il proprio amore, invitandolo a raggiungerla nella sua dimora, nella vallata di Sorek: “Printemps qui commence“.

Sansone è dilaniato da opposti sentimenti, ma, nonostante gli ammonimenti di un vecchio, decide di raggiungere la donna nella sua casa. Dalila attende l’arrivo di Samson mentre le fanciulle danzano. Dalila rivolge ancora all’eroe un dolcissimo invito d’amore.

Sansone e Dalila - coro degli ebrei
Una foto tratta da una rappresentazione di Sansone e Dalila: il coro degli ebrei

Atto secondo

La scena si svolge nella vallata di Sorek. A sinistra c’è la casa di Dalila. E’ sera. Dalila attende Sansone. Arriva il Gran Sacerdote che narra la situazione disperata dei filistei. Per eccitare Dalila a conquistare Sansone, il sacerdote ne tocca la vanità dicendole che Sansone un tempo innamorato di lei ora si è stancato. Ma tutto ciò è inutile: Dalila sa bene che non è vero, ella rifiuta i doni che il Gran Sacerdote le offre per aver nelle sue mani Sansone col proposito di vendicare i filistei: “Amour, viens aider ma faiblesse“.

Dalila non vuole nulla: “anche perché essa odia Sansone come egli – odia lei“. Ella, donna debole ed imbelle, sarà invece lo strumento della vittoria del suo popolo. Infine giunge il Grande Eroe: Sansone è agitato dal desiderio e dal pentimento. Egli sa che il suo popolo l’attende per esser liberato. Sa che il Signore lo ha eletto per compiere una missione.

In Sansone però prevalgono i sensi. Si odono ancor lontani i primi suoni e i primi bagliori d’un violento temporale che avanza. Dalila lo accoglie dolcissimamente, alternando voluttà e lusinghe, pronunciando lunghe frasi d’amore. Sansone invoca l’aiuto al Signore, ma cede al suo fascino, alla sua passione. Egli per ben tre volte le dichiara il suo amore ed ogni volta più intensamente: “Mon coeur s’ouvre a ta voix“.

Dalila si fa sempre più languida, più sensuale e chiede a Sansone di provargli il suo amore, di darle la prova d’essere un amante fedele e non solo fedele al suo Dio. Ella vuole che le provi veramente il suo amore, rivelandole il segreto della sua potenza. Sansone, però, non vuole cedere anche su questo. Lei allora lo sprezza come vile, come un amante debole. Dopo averlo ancora accusato di non amarla veramente, lo scaccia e si rifugia in casa. Intanto imperversa il temporale. Sansone la segue: si arrende del tutto alla sua dominatrice.

Qualche istante dopo giungono i filistei del Gran Sacerdote, essi si appostano nei pressi della casa ed attendono. Si ode la voce di Dalila chiamare: “Sansone!“, ora è in mano sua.

Atto terzo

Scena nella prigione di Gaza. Sansone incatenato, langue. È cieco, privo dei capelli che erano l’origine della sua forza. E’ legato ad una macina. Dalle sue labbra sale un’invocazione a Dio affinché sottragga al loro destino gli ebrei nuovamente in cattività :”Vois ma misère“.

Da lontano si odono le voci degli ebrei piangenti che accusano Sansone di averli traditi per amore di una donna. Giungono alcune guardie che devono condurre il prigioniero al tempio di Dagon. Nel tempio si festeggia, con un’orgia sfrenata, la vittoria filistea.

L’arrivo di Samson è salutato dallo scherno generale. Il gran sacerdote sfida ironicamente Jehova, il Dio degli ebrei: restituisca quel Dio, la forza e la vista a Samson se ne è capace. Eleva quindi un inno a Dagon, unico vero Dio, cui si uniscono Dalila e tutto il popolo.

Sansone invoca allora l’aiuto divino, chiedendo gli venga restituita ancora una volta la forza di un tempo. Appoggiando quindi le sue nerborute braccia a due dei pilastri del tempio, ritrova per un momento la sua potenza formidabile. Il tempio sprofonda, inghiottendo Sansone e tutti i filistei.

Sansone e Dalila - Scena danza del Baccanale
L’orgia sfrenata: una scena teatrale della danza e del baccanale

Analisi musicale

Musica strepitosa, concertazione fantastica. Queste sono le prime considerazioni – dopo una prima lettura veloce alla partitura di: “Sansone e Dalila“. Sono già evidentissime, dalle varie sezioni del primo coro l’iterazione continua e tormentosa, tonalmente cangiante, dalla base di partenza di si minore, acefalica e sincopata la frase, di “Dieu d’Israel“, dalla sovrapposizione contrappuntistica di “Un jour de nous tu detournas la face“, ed il cromatico motivo di fuga, non sviluppato, seppur l’orchestra lo sorregge.

La vera e propria fuga, in stile rigoroso e plasticamente haendeliana, è un altro vero e proprio calco stilistico su : “Nous avons vu nos citees renversees“, un blocco di brani che apre l’opera con solennità singolare, ed un senso del recupero, che ha del prodigioso, proprio per la sua vitalità. Ma giova notare che l’arcaismo “neoclassico” della scrittura non è visto in funzione esclusivamente sacra, sol riferito agli ebrei. Cosa che sarebbe troppo facile e troppo ingenua. Essa si lega, anzi, strettamente alla presenza dei filistei, determinando una loro cifra stilistica ben netta per tutta l’opera.

Notiamo già nella splendida aria del povero Abimalèch “Ce dieu que votre voix implore“, la voce all’unisono con gli ottoni e interventi acutissimi e volutamente volgari degli strumentini, volti a riaffermare l’atmosfera esotica nella severità del contesto. Ma è particolare ed in esteso, il gran sacerdote ad essere caratterizzato da tale procedimento. Sapore arcaico ho la sua aria nel primo atto “Mautide a jamais soit la race“.

E ancor più il suo duetto con Dalila, al termine del primo quadro del secondo atto “Il faut pour assouvir ma haine“, formalmente nettissimo e con le voci in imitazione, e pur dotato di intensa carica drammatica, per culminare nel brano più eclatante, il duetto di Dalila con il coro: “Glorie a Dagon“, nel terzo atto. Esso è regolare e squadrato così poco scolastico ed accademico, da poter sembrare addirittura una pagina stravinskiana, per l’impudico sprezzo dell’originale matrice del materiale.

Questo Gran Sacerdote permea nella sua aura arcaistica, ogni brano in cui compare, salvo parte del secondo quadro del terzo atto, sarcasticamente parallela, sintetizzando le grandi scene d’amore dei due atti precedenti. Ed il baccanale, sfrenata orgia di sensualità con le sue asimmetrie ritmiche alla percussione, sul finale, a sostegno d’una melodia il cui carattere orientale è dato dal consueto uso dell’intervallo di seconda aumentata.

Ed è comunque personaggio forse non inferiore alla dolcissima e tanto perversa Dalila, e certo tanto più interessante e riuscito di Sansone: “eroico”, spesso di maniera, e talora povero nella sua vocalità “di forza”. Questo si evince seguendo la partitura e, per quanto oggi sia facile irridere la crudele Dalila, simile alle fredde “Donne – Gatto“, di Baudelaire, da cui ogni poeta vorrebbe essere dilaniato. Concludendo come dice il poeta nel monologo: “Pour dire les plus longues phrases, elle n’à pas besoin de mots“, ella è tra i personaggi più riusciti e forse conturbanti della sua epoca, slittante dolcemente su di un’armonia languida e vaporosa, in cui la dissonanza acquista per lo più funzione coloristica, tra i sussurri d’una curatissima orchestrazione, la provocazione erotica di Dalila, la sua sublime impudicizia, già contengono, nella scoperta tensione della sua melodia, tutti i germi del suo sadico dominio.

La più atroce beffa è che, quell’amore appassionatissimo e delicato, colmo come pochi di dolcezze, anche da noi godibili, al cui livello Sansone nemmeno tenta di portarsi, è solo finzione. L’impotenza, certo!…elevata a sistema è la categoria attraverso cui l’autore stesso di Sansone e Dalila vede il suo personaggio che… non può possedere!

]]>
https://cultura.biografieonline.it/sansone-e-dalila-saint-saens/feed/ 0
La Bibbia https://cultura.biografieonline.it/bibbia-storia/ https://cultura.biografieonline.it/bibbia-storia/#comments Fri, 23 Oct 2015 15:25:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15441 Il testo di riferimento per le religioni monoteiste ebraica e cristiana è da sempre la Bibbia, libro che negli ultimi cinquant’anni risulta essere il più venduto e letto con una tiratura che raggiunge quasi i 4 miliardi di copie. Diversamente dalla Bibbia ebraica, la Bibbia Cristiana è suddivisa in due parti: l’Antico Testamento, che comprende quarantasei libri, i cui testi sono stati redatti prima del “ministero” di Gesù (tranne Sapienza) e il Nuovo Testamento (o Nuova Alleanza), che narra in modo minuzioso l’avvento del Messia.

La Bibbia - Storia e riassunto
La Bibbia

Nell’Antico Testamento viene narrata la storia di un popolo, quello ebraico. Alcuni libri narrano della storia del popolo, dei suoi padri, Re e profeti. Ci sono anche testi appartenenti all’epoca ellenistica, prima della nascita di Gesù. Il Nuovo Testamento, invece, è composto dai quattro Vangeli, dagli Atti degli Apostoli, dalle lettere dell’apostolo Paolo, dalle Lettere Cattoliche e dall’Apocalisse, per un totale di ventisette scritti.

Nel Nuovo Testamento viene descritto in modo minuzioso la venuta del Messia. Il suo nome era Gesù. Egli è il Dio incarnato e la Sua venuta è l’evento principale che ha influenzato la storia del mondo. Nel testo, si raccontano le sue gesta, le profezie che si sono avverate, si narra della sua morte per salvarci dal peccato originale e della sua resurrezione. La Bibbia è dunque caratterizzata da libri differenti per origine, genere, composizione, lingua e datazione, scritti in un periodo di tempo molto lungo. Nella Bibbia, troviamo testi poetici, come i Salmi e l’Ecclesiaste, di profezia, come Isaia e Apocalisse, le biografie, come Matteo e Giovanni, le epistole (lettere formali), come ad esempio Tito e Ebrei, testi contenenti leggi, come il Levitico e Deuteronomio e, in ultimo, libri storici, come Ezra e Atti.

Nella prima parte della Bibbia viene narrata la creazione da parte di Dio del creato e degli uomini che tuttavia si sono ribellati alla Sua volontà cadendo in tentazione. L’uomo e la donna conoscono il peccato, chiamato nei sacri testi “peccato originale” e Dio li caccia dal paradiso terrestre, da qui la storia di Adamo ed Eva e dei loro figli Caino e Abele. In seguito, viene messa in luce la figura chiave di Abramo. Dio ha promesso ad Abramo, al figlio Isacco e a suo nipote Giacobbe (anche chiamato Israele), che avrebbe di nuovo riportato il mondo alla situazione originaria attraverso la nascita di un loro discendente che espierà le colpe del “peccato originale”. Seguono poi le concitate pagine in cui si narra del diluvio universale e della storia di Noè che costruisce l’arca.

Continuando nell’analisi del testo troviamo la storia di Mosè con la conseguente e fondamentale apparizione delle tavole della legge (i dieci comandamenti) che gli vennero dettate da Dio, mentre Mosè portava il popolo ebraico attraverso un’interminabile viaggio nel deserto che lo porterà verso la “terra promessa”. In seguito, si parla dei regni di Davide e di suo figlio Salomone, che nel suo periodo divenne uno dei più grandi e potenti del mondo allora conosciuto. Dio promise a Davide e Salomone che un loro discendente avrebbe regnato come Re per sempre. La discendenza di Davide porterà poi fino alla figura di Gesù. Dopo il regno di Salomone, il popolo ebraico visse un periodo di estrema difficoltà. L’Antico Testamento si chiude con Gerusalemme, la città più importante di allora, che viene ricostruita intorno al 444 a.C. e con il ritorno del popolo ebraico che ricomincia a risplendere dopo varie peripezie sostenute.

Il Nuovo Testamento, invece, descrive in modo minuzioso la nascita e la vita del “Messia”, ovvero il Salvatore, Gesù Cristo. Che viene alla luce da due dei più importanti personaggi del testo, Giuseppe e Maria, grazie all’incedere dello Spirito Santo. Gesù era il discendente che Dio aveva promesso ad Abramo e a Davide, nato per compiere il piano di Dio e con il suo sacrificio, riscattare l’umanità per la colpa commessa nel “peccato originale”. Vengono così narrati in modo minuzioso gli insegnamenti di Gesù, il suo rapporto con gli Apostoli e tutte le vicissitudini che nel tempo coinvolgono Gesù e i suoi profeti. In seguito, il testo si occupa del racconto del tradimento di Giuda e della crocifissione di Cristo.

Continuando nell’analisi del libro sacro, troviamo a questo punto la descrizione della morte di Gesù e della sua conseguente resurrezione che lo porta all’ascesa al cielo al fianco del Padre (Dio). Il sacrificio della sua vita terrena compensa quella mal vissuta dal primo uomo, Adamo, che era caduto nel baratro del peccato. Dopo la morte di Gesù e la sua resurrezione, i discepoli andarono in tutto il mondo allora conosciuto a divulgare gli insegnamenti e la parola di Gesù all’intera umanità per avvisarla che la salvezza eterna era possibile. Viaggiarono in Asia Minore, Grecia e in tutto l’Impero Romano.

Il Nuovo Testamento si conclude con il ritorno di Gesù che si presenta per giudicare il mondo e per liberarci dal “peccato originale”. Alla fine dei tempi, quando avverrà il Giudizio Universale, Dio si prodigherà nel ristabilire le condizioni originali del Creato, esistenti prima del peccato originale e annullerà il male e la morte. Il Nuovo Testamento o, per meglio dire, il secondo volume della Bibbia, si chiude con la tanto profetizzata Apocalisse, che viene descritta ed illustrata seguendo il messaggio universale del figlio di Dio, Gesù Cristo e della sua Fede.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/bibbia-storia/feed/ 33
Giuditta e Oloferne (Caravaggio) https://cultura.biografieonline.it/giuditta-oloferne-caravaggio/ https://cultura.biografieonline.it/giuditta-oloferne-caravaggio/#comments Fri, 20 Mar 2015 09:50:36 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13818 Giuditta e Oloferne di Michelangelo Merisi detto Il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610) è un dipinto che il celebre pittore realizzò tra il 1597 ed il 1600 su commissione del banchiere genovese Ottavio Costa. Attualmente la tela si trova all’interno della Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma.

Giuditta e Oloferne - Caravaggio - Michelangelo Merisi - 1597-1600
Giuditta e Oloferne (Il Caravaggio, 1597-1600) : il re Oloferne viene decapitato da Giuditta, mentre la schiava Abra osserva l’azione. L’episodio è narrato nella Bibbia.

L’episodio della Bibbia di Giuditta e del re assiro Oloferne

Nell’opera, considerata uno dei migliori capolavori del Caravaggio, la prima in cui l’artista raggiunge la punta massima di quella drammaticità figurativa che lo contraddistingue, è rappresentato un episodio biblico: Giuditta, simbolo di virtù e devozione divina, decide di salvare il suo popolo dall’assedio del re assiro Oloferne così, una notte, entra con la sua serva nella tenda del tiranno, facendogli credere di voler tradire la sua gente.

Oloferne, incantato dalla bellezza della donna, cede all’inganno e, dopo averla invitata ad un banchetto, si ubriaca. Giuditta, pronta ad approfittare del momento di abbandono dell’uomo, sferra una scimitarra e lo decapita, per poi riporre la sua testa all’interno di una sacca e consegnarla al popolo assediato, in segno di vittoria.

Giuditta e Oloferne: analisi del quadro

Caravaggio, nel suo studio, era solito posizionare alcune lanterne attorno ai suoi modelli, per illuminare punti precisi dei loro corpi; l’intento era quello di donare tridimensionalità e dinamismo alle figure tramite una “luce radente”, che sfiorava le superfici, sottolineando solo alcune parti della scena e lasciando al buio il resto.

I corpi dei soggetti raffigurati nel dipinto, sembrano uscire dallo sfondo nero per prendere vita, divenendo i protagonisti assoluti. Giuditta è immortalata nel momento in cui sta compiendo l’esecuzione, mentre impugna con la mano destra l’arma affondata per metà nel collo di Oloferne e, con la mano sinistra, gli afferra saldamente i capelli, pronta a non far cadere a terra la testa.

La donna indossa una camicia candida, simbolo di purezza, ed ha un’espressione corrucciata, che lascia trasparire lo sforzo interiore che sta sostenendo nel compiere quel gesto cruento. Oloferne, disteso su di un letto a pancia sotto, è colto alla sprovvista; stupito, terrorizzato, ha gli occhi sbarrati e sente che sta per morire. Tenta di risollevarsi, poggiando la mano destra sul giaciglio, torcendo appena il busto, ma non è in grado di reagire. Un fiotto di sangue esce fuori dalla sua gola, sporcando le bianche lenzuola, ha la bocca aperta ed i muscoli contratti, ma ancora per poco.

Giuditta e Oloferne - Caravaggio - particolare
Giuditta e Oloferne, particolare del quadro: i volti di Giuditta e Abra sono in netto contrasto di colori, luci e significato

La schiava Abra attende pazientemente, al fianco di Giuditta, che si concluda il delitto, tenendo tra le mani il sacco dentro cui trasportare la testa di Oloferne. Caravaggio si oppone alla versione biblica di Giuditta, che la vuole casta ma ingannevole, facendo assumere alla serva tutti gli aspetti psicologici negativi della vicenda: Abra è vecchia, è brutta (la sua carnagione scura entra in contrasto con quella chiara della giovane donna), è l’umanità corrotta dal peccato, a cui è destinato quell’omicidio liberatorio, cruento, ma pieno di puro coraggio.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/giuditta-oloferne-caravaggio/feed/ 2
Bagnomaria. Cosa significa e perché si dice: scaldare a bagnomaria https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-scaldare-a-bagnomaria/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-scaldare-a-bagnomaria/#comments Tue, 13 Mar 2012 06:33:41 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=961 Il bagnomaria è un sistema per riscaldare (o cuocere). Un recipiente, che andrà posto sul fuoco, viene riempito di acqua bollente; all’interno di quest’ultimo si posiziona un altro recipiente contenente il cibo.

Cottura a "bagnomaria". Perché si dice così?
Cottura “a bagnomaria”. Perché si dice così?

Quando si riscalda o si cuoce a bagnomaria, il fuoco manterrà in ebollizione l’acqua, che farà scaldare il cibo lentamente e delicatamente, consentendo così di avere un maggior controllo sul grado di cottura. Tale metodo è utilizzato anche per riportare allo stato fluido il miele cristallizzato.

La versione più accreditata attribuisce l’invenzione di questa particolare tecnica di cottura che evita il contatto diretto con il fuoco, a Miriam (nome ebraico di Maria), alchimista e sorella di Mosè ed Aronne, menzionata nel libro dell’Esodo e in quello dei Numeri. Vissuta in Egitto, è considerata nel mondo antico e nel Medio Evo la depositaria dell’arte alchemica del popolo ebreo. Da qui il nome: balneum Mariae in latino medievale, che diviene poi “bagnomaria”.

Bagnomaria, definizione

Acqua bollente entro cui si pone un vaso nel quale si colloca quanto si vuol far cucinare o riscaldare. Nel dare il bagnomaria alle cibarie si faccia attenzione a che l’acqua nel bollire non abbia da allungare, o da guastare le pietanze.

Definizione dal “sapore antico” tratta dal libro Come posso mangiar bene, di Giulia Ferraris Tamburini. Pubblicato per la prima volta nel 1900 – fu il primo libro di cucina italiana scritto da una donna.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-scaldare-a-bagnomaria/feed/ 1