Bernini Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 03 Oct 2023 17:43:05 +0000 it-IT hourly 1 Ratto di Proserpina (scultura del Bernini) https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/ https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/#respond Thu, 23 Apr 2015 05:17:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14115 Il “Ratto di Proserpina” (base esclusa, alto cm 255) è un gruppo scultoreo dell’architetto e scultore napoletano Gian Lorenzo Bernini (“Apollo e Dafne”, “David”), commissionato da Scipione Borghese per la sua residenza romana, Villa Borghese. Alcuni mesi dopo la conclusione dell’opera però, per motivi a noi ignoti, Scipione Borghese dona la scultura a Ludovico Ludovisi, nipote del nuovo papa Gregorio XV.

Il Ratto di Proserpina - Galleria Borghese
Il Ratto di Proserpina (1621/1622) – Galleria Borghese

Il gruppo scultoreo, trasportato pertanto a Villa Ludovisi e sistemato in una sala al pianterreno attigua al giardino, è stato acquistato dallo Stato italiano nel 1908 e riportato a Villa Borghese, residenza naturale per la quale l’opera è stata concepita.

Il “Ratto di Proserpina” eseguito tra il 1621 e il 1622 dal giovanissimo artista (al tempo il Bernini ha 23 anni), rappresenta per l’appunto il famoso mito del Ratto di Proserpina, tratto dalle Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone.

Il mito del Ratto di Proserpina nelle Metamorfosi di Ovidio

Il mito in questione è legato al ciclo delle stagioni e racconta il ratto (ovvero il rapimento) di Proserpina, figlia del dio Giove e di Cerere (dea della fertilità dei campi), ad opera del dio Plutone (fratello di Giove e sovrano dell’Ade, luogo in cui risiedono in eterno le anime dei morti). Infatuatosi della dea, mentre questa è intenta a raccogliere fiori in un campo presso il lago di Pergusa (Enna), Plutone la rapisce portandola con sé nei recessi più cupi della terra.

Cerere, cercata a lungo e inutilmente la figlia, cessa per il grande dolore ogni sua divina attività: abbandona i campi, rende sterile ogni seme, lascia che i raccolti marciscano. A sua volta Giove, preoccupato per lo stravolgimento dei cicli naturali, interviene grazie alla mediazione di Mercurio, trovando un accordo tra il dio Plutone e Cerere. Il patto concluso prevede che Proserpina trascorra sei mesi sulla terra con la madre, mentre nei mesi invernali risieda nell’Ade con il dio Plutone, suo sposo.

Analisi dell’opera il “Ratto di Proserpina”

Ancora una volta, come già in altre sue notorie sculture, Lorenzo Bernini coglie l’essenza del momento, l’immediatezza e la potenza del movimento, rendendolo eterno. Ispiratosi, per la realizzazione del gruppo scultoreo, alla pittura contemporanea di Annibale Carracci e di Rubens, il Bernini pensa e realizza il “Ratto di Proserpina” per una ricezione pittorica da parte dell’osservatore, cioè per essere percepita e ammirata da un unico punto di vista, quello frontale.

Il Ratto di Proserpina - Bernini
Il Ratto di Proserpina – Bernini

Il dramma è in pieno svolgimento, le dinamiche del concitato momento sono rese dal movimento degli arti e delle teste dei protagonisti.
La dea è prigioniera, ma continua a lottare. Avvinta tra le braccia di Plutone, rivolgendo la sua preghiera al cielo, Proserpina respinge con la mano il suo assalitore arricciando così la pelle del viso del dio.

La sua chioma, fluente e scomposta, lascia ampio spazio all’espressività del viso segnato superbamente da una lacrima; il panneggio, fluido anch’esso, lascia scoperto il corpo perfetto di Proserpina, mettendo al contempo in evidenza la torsione del corpo stesso e il pathos dell’attimo rappresentato.

Plutone è vincitore, fiero e trionfante. Il suo viso è delineato dalla resa dei capelli e della barba, esempi della maestria e dell’eccellenza del Bernini; il corpo, possente e virile, presenta una muscolatura che evidenzia la forza del dio. Il realismo di questo gruppo scultoreo tocca l’apice del virtuosismo nella rappresentazione delle mani di Plutone. Le dita del dio, infatti, che affondano letteralmente nella coscia e nel fianco di Proserpina, non solo segnano ed esaltano la morbidezza e la pienezza della carne della dea, ma fanno sì che l’osservatore dimentichi per un attimo che di fronte a sé ha una scultura in marmo e non una scena reale. Ai piedi della coppia, in parte nascosto dalle gambe della divinità femminile, il cane a tre teste (ovvero il guardiano infernale) abbaia.

Ratto di Proserpina - particolare
Ratto di Proserpina – particolare

Ancora una volta, grazie all’operato del Bernini, la potenza evocativa e rappresentativa della scultura viene fuori in tutta la sua straordinaria magnificenza lasciando che dove non arrivi la parola, giunga il potente silenzio della scultura.

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La fontana della Barcaccia https://cultura.biografieonline.it/fontana-della-barcaccia/ https://cultura.biografieonline.it/fontana-della-barcaccia/#comments Sat, 21 Mar 2015 17:30:53 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13858 La “fontana della Barcaccia”, comunemente conosciuta come la “Barcaccia”, è una fontana in travertino situata a Roma nella famosissima Piazza di Spagna, ai piedi dell’altrettanto celebre scalinata di Trinità dei Monti. Commissionata da Papa Urbano VIII (al secolo Maffeo Vincenzo Barberini), l’opera è stata interamente realizzata in tre anni (1627-1629) da Pietro Barberini, architetto dell’acquedotto romano “Acqua Vergine”, con l’aiuto dello scalpellino Battista Bancozzi e probabilmente del più noto figlio Gian Lorenzo Bernini (“David”, “Apollo e Dafne”, “Ratto di Proserpina”), a cui si attribuisce la conclusione del lavoro in seguito alla sopraggiunta morte del padre.

Fontana della Barcaccia - Scalina di Trinità dei Monti
Fontana della Barcaccia – Scalina di Trinità dei Monti

Storia della fontana della Barcaccia

L’opera commissionata da Papa Urbano VIII attua, in realtà, un antico progetto del 1570 che prevedeva l’abbellimento, con fontane pubbliche, delle più importanti piazze della città attraversate e alimentate dal cosiddetto acquedotto “Acqua Vergine”. Il progetto del Bernini, andando oltre la classica e canonica realizzazione delle fontane romane della fine del XVI secolo e traendo ispirazione da una barca che sta per affondare in un bacino d’acqua, dà vita ad una lineare opera scultorea più che architettonica.

Tra le diverse interpretazioni offerte, riguardo il soggetto rappresentato, spiccano due antiche e accreditate tradizioni popolari. Queste spiegano come la particolare forma della “fontana della Barcaccia” deriverebbe dalla presenza nella piazza di una barca in secca giunta lì a causa della piena del Tevere del 1598. Un’altra ipotesi è che in loco vi fosse una naumachia (con questo termine, letteralmente “combattimento navale”, si indicava nell’antica Roma sia uno spettacolo che riproduceva una battaglia navale sia l’edificio in cui tali rappresentazioni si svolgevano). Infine, in base alla fisionomia stessa della “fontana della Barcaccia”, che presenta fiancate basse e larghe, non è da escludere la teoria che, nel mondo romano, la barcaccia fosse semplicemente un’imbarcazione, che risaliva il Tevere fino al vicino porto di Ripetta, atta al trasporto fluviale dei barili di vino.

Fontana della Barcaccia - Bernini
Fontana della Barcaccia – Bernini

Analisi dell’opera

La realizzazione di tale progetto richiede al Bernini la risoluzione di un inconveniente non secondario. Infatti, la bassa pressione dell’acquedotto “Acqua Vergine”, nel luogo destinato ad ospitare la fontana, e la conseguente impossibilità di creare cascate o zampilli d’acqua, costringono lo scultore e pittore napoletano a ricorrere ad un espediente che nulla leva alla bellezza dell’opera ma, al contrario, ne accresce il valore artistico.

Pietro Bernini, infatti,  concepisce la “fontana della Barcaccia” come una barca semisommersa in una vasca ovale, posta lievemente al di sotto del livello stradale. La prua e la poppa, identiche nella forma, sono rialzate rispetto ai bordi laterali più bassi e larghi, dando così l’impressione allo spettatore che la Barcaccia stia per affondare. Al centro, da una piccola vasca dalla forma allungata sorretta da un gambo corto, fuoriesce un getto d’acqua che, passando dalla vasca superiore alla barca, tracima, attraverso le basse fiancate della barca stessa, nello specchio d’acqua sottostante in cui l’imbarcazione è immersa.

L’acqua, inoltre, fuoriesce zampillando da altri sei punti, equamente divisi: tre a poppa e tre a prua. All’esterno, sgorga da fori circolari che ricordano nella forma bocche di cannone; tra loro, quindi perfettamente al centro, spicca lo stemma pontificio con la tiara (copricapo papale usato un tempo nelle occasioni ufficiali) e tre api (segno di operosità, lavoro e dolcezza e simbolo araldico della famiglia Barberini). All’interno, invece, due mascheroni a forma di sole con fattezze umane gettano acqua in due vasche, alimentando così il flusso continuo verso l’esterno.

Fontana della Barcaccia - particolare
Fontana della Barcaccia – particolare

È indubbio che il genio e la perizia artistica dello scultore tardomanierista Pietro Bernini, esemplari nella “fontana della Barcaccia”, hanno lasciato ai posteri un tesoro in cui scultura e architettura si fondono per dare vita ad una splendida opera che contribuisce a rendere unica una delle più belle e suggestive piazze d’Italia.

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Apollo e Dafne (scultura di Bernini) https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-bernini/ https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-bernini/#comments Thu, 19 Mar 2015 09:14:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13771 Apollo e Dafne” è un gruppo scultoreo a tutto tondo in marmo (alto cm 243) realizzato dall’architetto, pittore e scultore napoletano Gian Lorenzo Bernini tra il 1622 e il 1625. L’opera, commissionata per la sua villa dal cardinale Scipione Borghese – avido collezionista, nipote di Papa Paolo V – è da sempre sita presso la Galleria Borghese a Roma. Ad essere rappresentato ed immortalato nel tempo è un soggetto tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, colto nell’attimo di maggior pathos e intensità emotiva.

Apollo e Dafne - dettaglio
Apollo e Dafne: particolare

Il mito di Apollo e Dafne nelle Metamorfosi

Il mito di Apollo e Dafne ovidiano racconta che il dio Apollo, figlio di Zeus, vantandosi di saper usare come nessun altro arco e frecce, incorra nell’ira di Cupido. Quest’ultimo, per punire la superbia del giovane dio, lo colpisce con una freccia facendolo innamorare della bella ninfa Dafne (il cui nome in greco significa ”alloro”), figlia del dio fluviale Peneo e di Gea, la Terra. Dafne però, ha consacrato la sua vita alla sorella di Apollo, la dea Artemide, votata alla castità e al mantenimento della verginità, valori di cui è tale sostenitrice da costringere le ninfe del suo seguito a seguire il suo esempio, pena una esemplare punizione.

Apollo, innamorato, cerca disperatamente di raggiungere l’amata Dafne che chiede aiuto al padre per custodire la propria innocenza. Peneo, quindi, per evitare che i due giovani si possano congiungere, fa in modo che la forma umana della figlia si dissolva al tocco del dio. Apollo, infatti, insegue Dafne fino a quando, raggiungendola e toccandola, non la vede trasformarsi in un albero di alloro (la corona di alloro è uno dei simboli del dio Apollo).

Apollo e Dafne - Bernini
Apollo e Dafne: Bernini realizzò la scultura tra il 1622 e il 1625

Analisi dell’opera “Apollo e Dafne”

Il giovane Bernini rappresenta magistralmente proprio quest’attimo: Apollo, raggiunta Dafne, la tocca con la mano e nel momento stesso in cui lo fa, la ninfa inizia a trasformarsi. Leggiamo nelle Metamorfosi: “Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra, il petto morbido si fascia di fibre sottili, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici, il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva”.

Bernini gareggia con Ovidio, ed entrambi sono vincitori, perché se è vero che la poesia è padrona del tempo mentre l’arte figurativa lo è dello spazio, è anche vero che lo scultore napoletano sovverte questo stato di cose, imbrigliando in un senza tempo la potenza del movimento. In “Apollo e Dafne” il minuzioso trattamento del marmo, dalla dettagliata resa del fogliame e del panneggio sollevato dal vento alla corteccia del tronco, dalla fluente chioma dei protagonisti allo sguardo smarrito e sorpreso di Dafne, concorre a rendere perfettamente l’azione che sembra svolgersi davanti all’attento sguardo dell’osservatore.

Sia la foga dell’inseguimento sia la vanità di tale atto sono evidenziati da un distico latino, composto da Maffeo Barberini, inciso sul basamento dell’opera: “chiunque insegue il piacere di una forma che fugge, resta con un pugno di foglie in mano, o al massimo coglie delle bacche amare”. La chiave moraleggiante di questi versi nasce dall’esigenza di adeguare alla dimora di un cardinale questo gruppo scultoreo altamente sensuale.

Apollo e Dafne - Bernini
Un’altro fotografia della scultura Apollo e Dafne

Nell’insieme “Apollo e Dafne” rappresenta sicuramente, per la sua lavorazione e per la palpabile tensione psicologica, uno dei momenti più riusciti della scultura barocca. La bravura del Bernini, infatti, offre una scultura che non possiede un punto di vista privilegiato, ma dà la possibilità allo spettatore di cogliere in ogni dettaglio la bellezza classica, tipica dell’arte ellenistica, e al contempo la sensualità e la ricchezza di particolari proprie della poetica barocca.

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Enea, Anchise e Ascanio: sculture di Gian Lorenzo Bernini https://cultura.biografieonline.it/bernini-enea-anchise-ascanio/ https://cultura.biografieonline.it/bernini-enea-anchise-ascanio/#comments Fri, 22 Aug 2014 09:09:22 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11750 Il gruppo scultoreo raffigurante Enea, Anchise e Ascanio è uno dei primi lavori romani di Gian Lorenzo Bernini, realizzato da  tra il 1618 ed il 1619. L’opera prende spunto da un passo dell’Eneide di Virgilio e fa parte dei quattro gruppi borghesiani prodotti dall’artista tra il 1621 ed il 1625.

Gian Lorenzo Bernini: Enea, Anchise e Ascanio (1621-1625)
Enea, Anchise e Ascanio: celebre scultura del Bernini realizzata negli anni tra il 1621 e il 1625 (Roma, Galleria Borghese)

Storia dell’opera

La statua di Enea, Anchise e Ascanio, è oggi esposta all’interno della Galleria Borghese di Roma, così come gli altri tre gruppi borghesiani dell’artista, il Ratto di Proserpina (1621 – 1622), Apollo e Dafne (1622 – 1625) e il David (1623 -1624). Le quattro opere marmoree, raffiguranti soggetti mitologici (fatta eccezione per il David che rappresenta un mito biblico), furono commissionate all’artista dal cardinale Scipione Borghese che le destinò all’abbellimento della sua Villa romana sul Pincio.

Filippo Baldinucci, scrittore d’arte dell’epoca e consulente del cardinale Leopoldo dè Medici, riteneva che la scultura fosse il frutto di una collaborazione tra Gian Lorenzo ed il padre Pietro Bernini. La tesi del Baldinucci venne confutata grazie al ritrovamento di alcuni documenti d’archivio, nello specifico una ricevuta di pagamento che fa risalire l’acquisto del piedistallo su cui poggia il gruppo scultoreo al 1619; ciò permise la totale attribuzione dell’opera a Gian Lorenzo.

Breve analisi: Bernini dona forma ad un passo dell’Eneide di Virgilio

Il Bernini rappresenta la fuga di Enea, del padre Anchise e del figlioletto Ascanio dalla città di Troia in fiamme. Il momento è pieno di tensione e l’artista, grazie alla sua maestria e sensibilità, in quest’opera riesce a manifestare, oltre che una sopraffina abilità tecnica, una sorprendente capacità comunicativa.

Chi si trova davanti al manufatto infatti, non può far altro che immedesimarsi, arrivando addirittura a vivere la scena come se fosse anch’egli uno dei protagonisti dell’evento: lo spettatore diventa parte integrante dell’azione, fino a percepirne la preoccupazione ed il pericolo. Il vecchio, il giovane ed il bambino rappresentano il passato, il presente ed il futuro. Enea porta il padre Anchise sulla spalla sinistra ed il piccolo Ascanio lo segue; Anchise, vecchio stanco e preoccupato, tiene con la mano sinistra il keramos troikos contenente le ossa degli avi ed Ascanio, sempre con la mano sinistra, sorregge il fuoco eterno di Vesta, due dei sette “Pignora Imperii” ovvero gli oggetti che, per credenza del popolo romano, erano in grado di garantire e mantenere in eterno la grandezza di Roma.

Risulta evidente che in questa scelta, l’artista abbia voluto mettere in risalto il potere della committenza, oltre che rappresentare i due oggetti per il loro significato intrinseco: Anchise portatore della storia, delle tradizioni e Ascanio, destinato a dare origine alla futura gens julia, custode del sacro fuoco vestale.

Lo sviluppo del gruppo marmoreo è verticale. Le differenti età dei tre personaggi si evincono, non soltanto dalle fattezze dei volti o dalle dimensioni corporee (come nel caso del piccolo Ascanio) ma, soprattutto, dalla bravura dell’artista nel rappresentare l’epidermide dei soggetti: segnata dalla caducità quella di Anchise, tonica quella di Enea, paffuta e tenera quella di Ascanio.

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Il David di Bernini https://cultura.biografieonline.it/david-bernini/ https://cultura.biografieonline.it/david-bernini/#comments Fri, 30 May 2014 10:00:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11172 Il David del Bernini è da considerarsi uno dei primi esempi di scultura seicentesca capace di racchiudere in toto la concezione plastica dell’estetica barocca. L’opera, realizzata a Roma tra il 1623 ed il 1624, raffigura un soggetto biblico ed è uno dei quattro Gruppi borghesiani realizzati da Gian Lorenzo Bernini nell’arco del quinquennio che va dal 1621 al 1625.

Il David di Bernini: un dettaglio della celebre scultura
Un dettaglio del David di Gian Lorenzo Bernini (scultura realizzata nel periodo 1623-1624)

Storia dell’opera

Le statue, oggi esposte all’interno della Galleria Borghese a Roma, furono commissionate all’artista dal suo mecenate, il cardinale Scipione Borghese, al fine di destinarle alla decorazione dell’omonima Villa romana sul colle Pincio.

Gli altri tre gruppi marmorei, dal soggetto mitologico, sono Enea e Anchise (1618 – 1619), Ratto di Proserpina (1621 – 1622), Apollo e Dafne (1622 – 1625).

Il mito biblico di Davide e Golia, rappresentato dallo scultore, architetto, pittore e figlio d’arte (il padre Pietro, fu anch’egli pittore e scultore), è un’opera in marmo bianco ricca di dettagli e dinamismo, da cogliere in movimento, non statica ed essenziale come le precedenti proposte rinascimentali di Donatello, di Verrocchio e di Michelangelo.

Bernini: Il David (1623-1624)
David (Bernini) • Foto della scultura nella sua interezza

Breve analisi: il mito biblico di Davide e Golia secondo Bernini

Il David di Bernini agisce, è protagonista immortalato nel pieno di un’azione risolutiva; Golia, pur non essendo rappresentato, prende consistenza in quel punto dello spazio in cui si concentra e si materializza lo sguardo attento dell’intraprendente giovane.

David si lascia il peso dell’armatura offertagli dal re Saul alle spalle e, munito unicamente di una fronbola, affronta il gigante filisteo Golia con quel coraggio, quella forza e quella concentrazione resi manifesti dall’espressione del volto.

E’ quasi come se l’ingombrante armatura facesse da perno fisso alla torsione del corpo, trasmettendo nel contempo azione, tensione e potenza.

Bernini riesce a cogliere abilmente il momento cardine, lasciando pregustare all’osservatore la sconfitta di Golia, preannunciata inoltre dalla presenza, ai piedi del David, di una cetra, strumento musicale con il quale il giovane, appassionato musicista, certamente intonerà il suo canto di vittoria.

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L’estasi di Santa Teresa d’Avila, opera di Gian Lorenzo Bernini https://cultura.biografieonline.it/estasi-santa-teresa-bernini/ https://cultura.biografieonline.it/estasi-santa-teresa-bernini/#comments Tue, 16 Jul 2013 15:03:21 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7674 L’estasi di Santa Teresa è tra le opere più scenografiche di quelle create da Gian Lorenzo Bernini. Realizzata tra il 1647 ed il 1653, all’interno della Cappella Cornaro, nella Chiesa carmelitana, progettata da Carlo Maderno, di Santa Maria delle Vittorie a Roma, dedicata appunto alla santa spagnola Teresa d’Avila.

L'estasi di Santa Teresa d'Avila - opera di Gian Lorenzo Bernini
Gian Lorenzo Bernini: Estasi di Santa Teresa d’Avila (Roma)

Genesi dell’opera

L’opera gli fu commissionata dal cardinale originario di Venezia, Federico Corner (Cornaro), giunto da poco a Roma. E probabilmente fu proprio lo stesso cardinale a suggerirgli sia il tema che il significato della Cappella.

Santa Teresa d’Avila, fondatrice dell’Ordine delle Carmelitane, è ricordata dalla Chiesa Cattolica, come tra le sante più spirituali, la quale raggiungeva l’unione mistica con Gesù attraverso l’estasi. Ed è proprio questo l’elemento che il Bernini ha deciso di rappresentare.

Estasi di Santa Teresa d'Avila: collocazione
La collocazione della scultura all’interno della chiesa romana

La cappella risulta completamente rivestita di marmi pregiati e colorati. All’intero della nicchia notiamo la Santa in atteggiamento di rapimento dei sensi. È raffigurata su di una nuvola, un masso scolpito ad arte, posto in modo più arretrato e nella semi-oscurità, tanto da apparire come realmente sospeso in aria.

La protagonista: la luce

Ma l’elemento che maggiormente colpisce, e di cui il Bernini è maestro insuperabile, è l’uso che fa della luce, vera protagonista della scena.

Riesce in questo ricavando sopra l’abside, posto dietro la statua, una finestrella perfettamente nascosta all’osservatore. Da questa finestra entra un fascio di luce gialla, che va ad illuminare direttamente il gruppo scultoreo. Per accentuare l’effetto della luce, il Bernini decise di inserire all’opera una serie di raggi dorati, che hanno il compito di esaltare la luce che viene dall’alto.

Dettaglio: l'angelo trafigge Santa Teresa con una freccia
Estasi di Santa Teresa d’Avila: dettaglio dell’angelo che trafigge la Santa con una freccia

L’estasi mistica colta dal Bernini è un misto tra amore mistico e sensualità. L’artista ha colto dalla testimonianza della santa il modo con cui rappresentarla. La Santa scriveva: “L’anima mia si riempiva tutta di una gran luce, mentre un angelo sorridente mi feriva con un pungente strale d’amore.”

Bernini, Roma: dettaglio della scultura "Estasi di Santa Teresa d'Avila"
Un dettaglio del volto di Santa Teresa d’Avila

Difatti vediamo la santa con le vesti scomposte, abbandonata, quasi come fosse stata colta da uno svenimento. Il capo è inclinato, rovesciato all’indietro, la bocca è semi-aperta. Accanto a lei un angelo che la trafigge con una freccia. Quest’ultimo è rappresentato come un putto dell’antichità. Proprio dall’angelo si evidenziano i contrasti dell’opera tutta. Da un lato la morbidezza e delicatezza dell’incarnato dell’Angelo, dall’altro invece la santa dalle vesti scompigliate dal vento.

Breve analisi e commento dell’opera

Il Bernini ha quindi preferito rappresentare il momento culmine dell’estasi, quello che maggiormente trasmette emozioni e sensazioni forti. Cosa che al tempo, non lo escluse dalle polemiche.

L’effetto è davanti ai nostri occhi, e questo dovette colpire chi per primo godette della vista di quest’opera. Nell’oscurità della chiesa ecco aprirsi una luce immensa e con lei restare rapiti dalla santa colta dall’estasi. Ecco che la cappella si trasforma nel palcoscenico di un teatro.

Estasi

E fu proprio questa l’intenzione del Bernini, il quale ai lati della cappella di santa Teresa, pose altre due cappelle, poste nella semi-oscurità, che accoglievano le effigi della famiglia del committente, i quali sono raffigurati mentre osservano rapiti l’estasi della santa, come se, appunto, la stessero osservando da un palco a teatro.

In questa opera, tra le più barocche dell’epoca, il Bernini fonde insieme scultura, architettura, pittura e decorazione, e questo grazie al sapiente uso della luce e della scenografia che ne ha saputo fare.

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