Berlino Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 25 Oct 2023 08:11:36 +0000 it-IT hourly 1 Festival di Berlino, prima tranche in live streaming: ci sono due documentari italiani https://cultura.biografieonline.it/festival-di-berlino-prima-tranche-in-live-streaming-ci-sono-due-documentari-italiani/ https://cultura.biografieonline.it/festival-di-berlino-prima-tranche-in-live-streaming-ci-sono-due-documentari-italiani/#respond Fri, 12 Feb 2021 17:00:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=32720 Il 71° Festival del Cinema di Berlino aprirà i battenti dal 1° al 5 Marzo prossimo, ma nella prima parte sarà in live streaming a causa delle restrizioni dovute al Covid. Poi, a Giugno, quando è prevista la fase di finale, si svolgerà in presenza.

Il programma, presentato nei giorni scorsi, si annuncia comunque ricco e intenso, come al solito strutturato in varie sezioni. Grande assente l’Italia, quest’anno: tra i titoli selezionati per il concorso non figura neppure un film, ma in altre sezioni vi sono opere  realizzate nel nostro Paese.

Nella sezione “Berlinale Special” troviamo infatti un’opera del regista Pietro Marcello: si intitola “Per Lucio”, ed è interamente dedicata al grande cantautore bolognese Lucio Dalla, realizzata in coproduzione con Rai Cinema.

In “Forum” è invece compreso un altro documentario italiano interessante: “La veduta luminosa” di Fabrizio Ferraro.

A correre per l’Orso d’oro, quest’anno, ci sono parecchie opere tedesche: su 15 opere selezionate ben cinque titoli sono nazionali.

L’anno scorso l’attore italiano Elio Germano è stato premiato come miglior attore protagonista per la sua interpretazione di Antonio Ligabue nel film biografico Volevo nascondermi.

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino: riassunto https://cultura.biografieonline.it/ragazzi-zoo-berlino-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/ragazzi-zoo-berlino-riassunto/#respond Fri, 15 Apr 2016 17:38:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17895 Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” (Wir Kinder vom Bahnof Zoo), è un libro autobiografico pubblicato da Christiane Vera Felscherinow, meglio conosciuta come Christiane F., un’ex tossicodipendente che nel corso del 1978, per circa due mesi, quando era sia imputata che testimone ad un processo per detenzione e spaccio di droga, raccontò la sua storia a due giornalisti del settimanale “Stern“, Kai Hermann e Horst Rieck.

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino – copertina italiana del libro

La denuncia, in realtà, era a carico di Heinz W., un rappresentante di commercio maturo, che era solito frequentare delle giovanissime prostitute, tra cui Christiane e la sua inseparabile amica quattordicenne Babette Doge.

Pubblicato inizialmente a puntate sul settimanale tedesco “Stern“, il libro sulle vicende di Christiane F. suscitò non poco scalpore, soprattutto per la giovanissima età dei protagonisti, tossicodipendenti gestiti da adulti, affetti da evidenti disturbi psichici, pronti a tutto, anche a vendere il proprio corpo, pur di procurarsi la propria dose quotidiana. Il titolo originale del libro, infatti, fa riferimento a bambini piuttosto che a ragazzi.

Il libro

Per vedere il libro pubblicato nella sua versione integrale, bisogna però aspettare il 1979 quando la Flescherinow, per via delle sue vicende, diviene famosa in tutto il mondo, riuscendo anche a far volgere lo sguardo dell’opinione pubblica sulle problematiche della droga e della prostituzione nel mondo giovanile.
In Italia, la pubblicazione di “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” avviene nel 1981, quando la casa editrice Rizzoli decide di far tradure il romanzo autobiografico di Christiane F. dalla giornalista Roberta Tatafiore.

Gli errori dell’edizione italiana

La versione italiana presenta però degli errori nell’indicazione di alcuni luoghi di Berlino, e una scelta stilistica assai diversa rispetto all’opera originale, che conteneva anche delle foto crude delle vicende dei suoi protagonisti.
Riuscitissimo è invece l’accostamento tra la locazione, la stazione vicino il giardino zoologico di Berlino, e la metafora del serraglio, luogo di aggregamento dei giovani sventurati protagonisti del libro, fatto nel titolo.

Un successo mondiale

Il libro viene presto tradotto in molte lingue e diviene, nel giro di pochissimo tempo, un vero e proprio successo mondiale, in quanto simbolo di una generazione che, più di tutte, è vittima e schiava dell’eroina. Nel 1981 dal libro della Felscherinow viene anche tratto un film che, pur non seguendo fedelmente la trama del libro, riscuote un enorme successo in tutto il mondo, sia di critica che di pubblico.

Christiane F. (Christiane Vera Felscherinow)
Una foto di Christiane F. (Christiane Vera Felscherinow), autrice del romanzo autobiografico “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino: trama del libro

Il racconto di Christiane F. descrive descrive con particolare enfasi le tappe principali della sua vita: dal trasloco da Amburgo al sobborgo berlinese di Gropiusstadt alla sua infanzia difficile, dalla violenza del padre alla separazione dei genitori, per finire con l’iniziazione all’eroina in un oratorio protestante prima, e nella discoteca berlinese Sound dopo.

Christiane trascorre un’infanzia difficilissima. Costretta per anni a subire le violenze da parte del padre, un po’ alla volta si avvicina ad un mondo diverso dal suo e per questo affascinante: quello della droga.

Le tristi vicende della protagonista iniziano alla tenera età di dieci anni, quando la madre, trovata la forza di separarsi dal padre, si trasferisce insieme al compagno Klaus in un piccolo sobborgo di Berlino. Qui, la piccola Christiane inizia a frequentare un circolo ricreativo gestito dalla Parrocchia, chiamato “Hauss der mitte“, dove per la prima volta comincia a far uso di stupefacenti. Nello stesso periodo comincia a frequentare la scuola a Berlino dove conosce una ragazza, Kessi, che diventerà la sua migliore amica, insieme alla quale comincia il suo calvario nel tunnel della droga.

Le cose stavano così che l’uno vedeva nell’altro la merda che lui stesso era. Uno vedeva il proprio squallore e rimproverava all’altro lo stesso squallore per dimostrare a se stesso di non essere tanto squallido come l’altro.

A soli dodici anni comincia a fumare hascisc, bere alcolici e a far uso di acidi e pasticche insieme ai suoi nuovi amici, tra i quali spicca la figura del suo primo amore Detlef.
Ed è proprio per via di queste nuove frequentazioni che le semplici pasticche cominciano a non bastarle più e che la giovanissima Christiane inizia a spingersi sempre più oltre, alla ricerca di qualcosa di più forte ed inebriante.

Ecco quindi che decide di cominciare a far uso anche di eroina, dapprima sniffandola e poi iniettandola direttamente nel suo corpo per endovena. L’alto costo di questa sostanza la costringe però a prostituirsi e quindi a frequentare assiduamente la metropolitana della zona più malfamata di Berlino: il Banhof Zoo. In questo luogo tetro riesce ogni giorno a procurarsi il denaro sufficiente per due o tre dosi di eroina.

Finale

Tutto ciò dura finché un giorno la giovanissima protagonista, chiusa nel bagno di casa per iniettarsi la dose quotidiana di eroina, viene scoperta dalla madre che, in preda al rimorso per averla sempre trascurata, decide di aiutare la figlia ad uscire dal tunnel della droga.

Christiane tenta quindi la via della disintossicazione, ma a Berlino l’impresa si rivela ancora più ardua di quanto potesse pensare. Per questo motivo, la madre decide di mandare la figlia a vivere a casa di una zia che vive lontano dalla capitale tedesca. Qui la piccola Christiane ha modo di cominciare una nuova vita circondata dall’affetto dei propri familiari e da quello di amici sinceri, ma soprattutto dall’oscuro mondo della droga.

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La battaglia di Berlino https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-berlino/ https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-berlino/#comments Thu, 02 May 2013 08:51:43 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7039 Il 2 maggio del 1945 Berlino cadeva nelle mani dell’Armata rossa, decretando simbolicamente la fine del nazismo, di Hitler e della Germania, che a quel punto era una nazione alla sbando. L’esercito tedesco era già di fatto sconfitto quando l’esercito sovietico sferrò l’attacco per la conquista di Berlino. Il 16 aprile del 1945 l’Armata rossa, numericamente superiore e meglio equipaggiata rispetto alla difesa tedesca della capitale del Reich, sferrò il suo attacco dalla linea dell’Oder. Iniziata il 16 aprile e conclusasi il 2 maggio 1945la battaglia di Berlino fu lo scontro finale del teatro europeo della Seconda guerra mondiale.

2 maggio 1945: soldati russi espongono la bandiera sovietica al termine dei combattimenti per la conquista di Berlino.
Al termine della Battaglia di Berlino i soldati russi espongono la bandiera sovietica.

Il 30 aprile Hitler si era suicidato nel suo rifugio, un bunker blindato, dove risiedevano alti ufficiali dell’esercito, personale amministrativo, le sue segretarie, alcuni soldati, alcuni gerarchi nazisti e i coniugi Goebbels, che si suicidarono il giorno dopo insieme ai figli. I corpi del Führer e di Eva Braun furono bruciati. L’8 maggio il governo del Reich, rappresentato dall’ammiraglio Dönitz, che era stato nominato dopo la morte di Hitler presidente del Reich, si arrese ai generali sovietici.

Antefatti: la caduta di Berlino

L’invasione di Berlino iniziò il 25 aprile. L’Armata rossa avanzò conquistando sia i settori orientale e nord orientale della città, prendendo la stazione di Stettiner e parte della zona industriale, sia sbaragliando le difese da sud e conquistando l’aeroporto di Tempelhof. Quel giorno furono sconfitte le truppe a difesa dei sobborghi e la battaglia di Berlino si concentrò nei rioni di Mitte, Kreuzberg e Prenzlauerberg. La difesa della città fu disperata ma ferma, tanto che le truppe sovietiche dovettero perpetrare un massacro per farsi strada fino al Reichstag.

Militari russi espongono ad un balcone la bandiera sovietica. Sullo sfondo si può notare la Porta di Brandeburgo, simbolo della città di Berlino.
2 maggio 1945: alcuni soldati russi mentre espongono ad un balcone la bandiera sovietica. Sullo sfondo si può notare la Porta di Brandeburgo, simbolo della città di Berlino.

Il 27 aprile l’Armata rossa riuscì a penetrare nell’aeroporto di Gatow. I combattimenti furono feroci e le SS riuscirono a contenere le ripetute ondate della fanteria russa. Nel frattempo i tedeschi riuscirono a conservare la difesa della stazione di Anhalt. Malgrado i battaglioni continuassero a difendere molte zone di Berlino, la città non era più in mano ai tedeschi. Solo alcuni quartieri, infatti, si potevano considerare ancora sotto il controllo della Wehrmacht, fra cui quello in cui era situato il bunker di Hitler e dove c’era il Reichstag, fortemente danneggiato dai bombardamenti, ma ancora controllato dai nazisti che vi avevano schierato a sua difesa 2000 SS.

Adolf Hitler
Adolf Hitler

Il 28 aprile Hitler ordinò di sacrificare tutti gli uomini per difendere la città e di fronte alle rimostranze del generale Gotthard Heinrici, comandante in capo della difesa di Berlino, decise di nominare nuovo comandante della difesa il generale Kurt Student. La situazione tuttavia non cambiò e il 29 aprile, Hitler, consapevole dell’imminente disfatta del suo esercito in tutti i fronti della guerra, ordinò una riunione con i membri dello Stato maggiore e i principali collaboratori. Espose la situazione, ordinò alcuni spostamenti di truppe sul fronte orientale e all’interno della città e poi congedò tutti. Nel frattempo le truppe del generale Cujckov erano vicinissime alla Cancelleria. Le SS, nella consapevolezza che non sarebbero state risparmiate, combatterono senza arrendersi in vari punti della città, che formalmente erano già stati conquistati dai sovietici, ma dove i tedeschi svolgevano ancora operazioni di guerriglia.

Eva Braun
Eva Braun

Il 30 aprile Adolf Hitler, malgrado i suoi proclami di una resistenza ad oltranza contro il nemico e di una vittoria finale con il sacrificio di tutti i soldati compresi i membri della gioventù hitleriana, che era composta da ragazzi fra gli 11 e i 14 anni, si suicidò insieme alla moglie Eva Braun. I corpi furono trasportati fuori dal rifugio e vennero bruciati all’interno di una buca provocata da una granata. Il giorno dopo si suicidò Joseph Goebbels, insieme a tutta la sua famiglia. Il 30 aprile Goebbles era stato nominato Cancelliere del Reich per volontà dello stesso Hitler.

Dopo la morte di Hitler

In seguito alla morte del Führer i generali rimasti al comando delle loro truppe tentarono di uscire dal vicolo cieco che era diventata Berlino, anche perché un battaglione di soldati russi, comandati dal capitano Neustroev, era oramai a pochi metri sia dal bunker che dal Reichstag, ultimo simbolo dell’esistenza dello Stato tedesco. I battaglioni tedeschi ancora operativi non riuscirono a muoversi dalle loro postazioni e la maggior parte venne annientata e catturata.

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Il 1° maggio il bunker venne evacuato. I superstiti si divisero in due gruppi, ognuno dei quali venne raggiunto e catturato a poche decine di metri dal rifugio. Nel pomeriggio il Reichstag fu conquistato e sul tetto venne issata la bandiera russa. Alle 7.00 di mattina del 2 maggio ciò che rimaneva dello Stato maggiore tedesco ordinò il cessate il fuoco ai battaglioni che ancora combattevano in alcune sporadiche zone della città. Berlino era stata conquistata.

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La caduta del muro di Berlino e la riunificazione tedesca https://cultura.biografieonline.it/la-caduta-del-muro-di-berlino-e-la-riunificazione-tedesca/ https://cultura.biografieonline.it/la-caduta-del-muro-di-berlino-e-la-riunificazione-tedesca/#comments Mon, 21 May 2012 08:48:33 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1988 Chiamato dalla propaganda della DDR “barriera di protezione antifascista” (in tedesco: “antifaschistischer Schutzwall”), il muro di Berlino (in lingua originale: “Berliner Mauer”) è un sistema di fortificazioni che ha diviso la città tedesca dal 13 agosto 1961 al 9 novembre 1989, per ventotto anni. Fatto erigere dal governo della Germania Orientale allo scopo di evitare che le persone del territorio della Germania Est potessero spostarsi a Berlino Ovest e viceversa, fu abbattuto in seguito alla decisione del governo della DDR di aprire le frontiere.

Una foto che ritrae le prime picconate simbolo della caduta del Muro di Berlino
Una foto che ritrae le prime picconate simbolo della caduta del Muro di Berlino

Nel corso degli anni di vita del muro di Berlino furono quasi 200 le persone uccise dagli uomini della polizia di frontiera per aver tentato di superare il muro e raggiungere la parte occidentale della città. La caduta del muro, considerato l’emblema della cosiddetta cortina di ferro, vale a dire la linea di confine tra la zona d’influenza sovietica e la zona d’influenza statunitense in Europa nel corso della Guerra Fredda, diede il la alla riunificazione della Germania, che avvenne ufficialmente il 3 ottobre del 1990.

Il contesto storico: la spartizione di Berlino

Mentre la Seconda Guerra Mondiale si appresta a concludersi, nel 1945 in occasione della Conferenza di Jalta viene sancita la divisione della città di Berlino in quattro settori, ognuno dei quali sarà amministrato e controllato da uno Stato diverso: Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Unione Sovietica. Proprio il settore sovietico è quello più grande, e include i distretti orientali di Prenzlauer Berg, Lichtenberg, Weissensee, Friedrichshain, Treptow, Mitte, Kopenick e Pankow.

Il Blocco di Berlino attuato nel 1948 dall’Unione Sovietica, poi, conduce al “Ponte Aereo” da parte degli alleati, finalizzato a inviare generi di prima necessità e viveri agli abitanti dei tre settori occidentali. I tre settori controllati da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, che costituiscono Berlino Ovest, in quegli anni sono nominalmente indipendenti, ma in realtà fanno parte di una Germania Ovest che in effetti è totalmente circondata dalla Germania Est.

I cittadini di Berlino inizialmente hanno il permesso di circolare in tutti i settori liberamente, ma i loro movimenti diventano sempre più limitati a mano a mano che la Guerra Fredda si estende. Nel 1952 viene chiuso il confine tra Germania Ovest e Germania Est.

La costruzione del muro

Tra il 1949 e il 1961, almeno due milioni e mezzo di cittadini tedeschi orientali passano nella parte occidentale del Paese: è proprio per questo motivo che prende il via la costruzione di un muro, finalizzato a impedire l’esodo di cittadini orientali. Il muro viene eretto a partire dal 13 agosto 1961, e sarà realizzato intorno ai tre settori occidentali della città: le truppe del Kampfgruppen, intanto, presidiano la linea di confine, composta non solo da filo spinato, ma soprattutto da prefabbricati di pietra e cemento. Saranno questi gli elementi che costituiranno la prima generazione del muro.

Una foto del Muro di Berlino in costruzione
Una foto del Muro di Berlino in costruzione

A dispetto delle parole pronunciate il 15 giugno del 1961 da Walter Ulbricht, segretario del Partito Socialista Unitario tedesco e Capo di Stato della DDR (“Nessuno costruirà un muro”), in realtà la barriera viene eretta velocemente, e circonda totalmente Berlino Ovest, facendo sì che i settori occidentali della città siano una sorta di isola imprigionata dai territori orientali.

Da parte della DDR si è soliti ripetere che quello è un muro di protezione antifascista, il cui scopo è quello di impedire un’aggressione da parte dell’Ovest. È evidente, però, che si tratta di una semplice copertura, e l’obiettivo reale è quella di evitare che i cittadini della Germania Orientale entrino a Berlino Ovest (e quindi nella Germania Ovest, visto che il traffico tra la Germania Ovest e la parte occidentale di Berlino non può essere controllato dalla DDR).

I tentativi di fuga

Se tra il 1949 e il 1962 la fuga di cittadini (tra cui moltissimi lavoratori specializzati e professionisti) aveva interessato non meno di due milioni e mezzo di persone, tra il 1962 e il 1989 non sono più di cinquemila gli individui che osano attraversare il muro. La sua erezione, inoltre, diviene, sotto il profilo propagandistico, un boomerang, sia per la Germania Est che per l’intero blocco comunista.

Il muro, infatti, ben presto viene considerato come uno dei simboli della tirannia comunista, a maggior ragione dopo gli assassini delle persone che tentano di attraversarlo. Lungo più di 155 chilometri, il muro viene protetto ulteriormente con un secondo muro, costruito nel giugno del 1962, all’interno della frontiera. Viene così portata a termine quella che viene chiamata “striscia della morte”: più tardi, il muro di prima generazione sarà distrutto.

Nel 1965, poi, è la volta della terza generazione del muro, costituita da lastre di cemento armato connesse con montanti di acciaio e tubi di cemento; nel 1975 prenderà il via la quarta generazione, sempre in cemento armato rinforzato: composto da circa 45 mila sezioni distinte, avrà un’altezza di poco più di tre metri e mezzo, e una larghezza di un metro e mezzo. Costerà più di 16 milioni di marchi.

Mappa e cartina del muro di Berlino
Mappa del Muro di Berlino

Nello stesso anno, la “striscia della morte” viene perfezionata: a proteggerla ci sono più di cento chilometri di fossato anticarro, venti bunker, più di trecento torri di guardia presidiate da cecchini armati e una strada lunga quasi 180 km costantemente illuminata per il pattugliamento. L’unico punto di attraversamento per i turisti e gli stranieri è situato in Friedrichstrasse (Checkpoint Charlie), mentre le potenze occidentali possono contare anche sul checkpoint di Dreilinden (Checkpoint Bravo), al confine meridionale di Berlino Ovest, e di Helmstedt (Checkpoint Alpha), sul confine tra la Germania occidentale e quella orientale. I berlinesi, invece, inizialmente hanno a disposizione tredici punti di attraversamento, quattro tra Berlino Ovest e la DDR e nove tra Berlino Ovest e Berlino Est. Più tardi, con un gesto altamente simbolico, l’attraversamento della porta di Brandeburgo sarà sbarrato.

Le vittime del muro

Naturalmente sono numerosi i tentativi di fuga di quel periodo, e circa cinquemila vanno a buon fine. Tuttavia, ve ne sono molti altri che si concludono con la morte (circa duecento) o il ferimento dei fuggitivi. Fino a quando il muro non viene fortificato completamente, i tentativi sono spesso semplici e banali: per esempio, buttarsi dalla finestra di una casa che si affaccia sul confine per cadere a terra nella parte occidentale, o passare sotto le barricate con una macchina molto bassa.

Con il passare del tempo, invece, l’inventiva dei berlinesi viene messa a dura prova: non manca chi impiega aerei ultraleggeri, scivola lungo i cavi elettrici che uniscono i piloni o costruisce lunghe gallerie. La prima vittima ufficiale dei tentativi di fuga si chiama Ida Siekmann: il 22 agosto del 1961 salta dalla sua casa in Bernauer Strasse. L’ultima vittima, invece, è dell’8 marzo 1989, e si chiama Winfried Freudenberg: ha provato a scappare addirittura con una mongolfiera da lui realizzata, e caduta a Berlino Ovest.

La prima persona uccisa dai soldati di confine, invece, è Gunter Litfin. L’ultima si chiama Chris Gueffroy, un ragazzo non ancora ventunenne che viene colpito il 5 febbraio mentre è impegnato a scavalcare il muro a Nobelstrasse. In effetti, sono molti i giovani tra i morti del Muro. Tra di loro si ricordano anche diversi bambini: Holger H., di un anno e mezzo, Cetin Mert, di cinque anni (ucciso proprio il giorno del suo compleanno), Siegfried Krobot, di cinque anni, Giuseppe Savoca, di sei anni, Cengaver Katranci, di nove anni, Jorg Hartmann, di dieci anni, e Lothar Schleusener, di tredici anni.

Il tentativo di fuga più celebre è quello che coinvolge Peter Fechter, ragazzo diciottenne che il 17 agosto del 1962 viene ferito dalle guardie di confine e lasciato morire a terra dissanguato. Tra gli stessi soldati impiegati presso il muro, per altro, si registrano tentativi di fuga. In tutto il mondo è famosa la foto di Conrad Schumann, guardia che in corrispondenza della Bernauer Strasse salta oltre il filo spinato, ma anche tra i militari non mancano i morti.

L’obiettivo del muro, insomma, è impedire che i cittadini della Germania Orientale possano conoscere il mondo normale. Particolarmente significativa, in questo senso, è la storia di Conrad Schumann, che, fuggito dalla DDR, trova rifugio in Baviera dove lavora come operaio all’Audi di Ingolstadt. Tornato a casa dopo la caduta del muro per rivedere amici e colleghi, riceve un’accoglienza fredda, e viene trattato come un estraneo: si impiccherà dopo essere caduto in depressione.

Il simbolo di un fallimento

Il muro che è stato necessario costruire, in ogni caso, rappresenta una sconfitta perché sta a significare che il sistema comunista in vigore non attira i cittadini, ma anzi li spinge alla fuga: e per questo è necessario posizionare trappole e ostacoli, creare segnali elaborati, costruire torri di guardia e bunker.

Nel corso degli anni non mancano i cittadini che decidono di seguire il percorso inverso, cioè scavalcare la frontiera da Ovest a Est. Un cittadino berlinese, per esempio, negli anni Settanta viene arrestato cinque volte per aver scavalcato il muro verso Est: agli agenti che lo interrogano, risponde che lui abita a Kreuzberg, e i suoi amici si trovano proprio di fronte. Per questo motivo, la via più veloce è quella di scavalcare, invece che recarsi ai passaggi di frontiera. Le guardie di frontiera non possono fare altro, ogni volta, che rilasciare l’uomo.

Altre volte, poi, l’attraversamento diventa una sfida personale. Nel 1986, per esempio, John Runnings scavalca il muro servendosi di una scala, e decide di camminare per almeno mezzo chilometro sul muro in equilibrio. Mentre numerosi cittadini presenti lo incoraggiano, i tentativi di persuaderlo ad abbandonare l’impresa compiuti dalle guardie e dai poliziotti di frontiera vanno a vuoto. Alla fine, dopo essere sceso, l’uomo viene preso in custodia dalle truppe della DDR e rimandato a Ovest dopo un veloce interrogatorio; ma pochi giorni dopo Runnings ci ritenta, e, salito sul muro, si siede a cavalcioni su di esso iniziando a prenderlo a martellate, con un gesto evidentemente simbolico. Nuovamente arrestato, viene riportato a Ovest, dove organizzerà una terza incursione, che gli costerà altri due giorni di prigione.

Il 23 agosto 1989 va in scena la prima tappa della “liberazione” tedesca: l’Ungheria elimina le restrizioni alla frontiera con l’Austria; e così, dalla metà di settembre dello stesso anno, almeno 13mila tedeschi orientali fuggono in direzione dell’Ungheria. Non tutto fila liscio, però: l’annuncio che sottolinea che l’attraversamento della “cortina di ferro” non è possibile ai cittadini non ungheresi provoca una vera e propria invasione delle ambasciate della Germania dell’Ovest a Praga e Budapest.

Ci vuole la mediazione di Hans-Dietrich Genscher, ministro degli Esteri di Bonn, a risolvere la questione. Partono, così, i primi treni che contengono i rimpatriati, treni che tuttavia attraversano la Germania dell’Est senza fermarsi: già al passaggio dei primi convogli iniziano le dimostrazioni di massa della popolazione. Siamo nell’autunno del 1989, e Erich Honecker, leader della DDR, è costretto alle dimissioni. Pochi giorni dopo, verrà sostituito da Egon Krenz, il cui nuovo governo concede ai cittadini della Germania Orientale una licenza per andare nella zona occidentale del Paese.

L’abbattimento del muro

Un pasticcio diplomatico, poi, accelera i tempi: il ministro della Propaganda della Germania dell’Est, Gunter Schabowski, si trova in vacanza nel momento in cui la decisione viene presa, e quindi, pur avendo il compito di comunicare la notizia, non ne conosce i dettagli. Il 9 novembre 1989 egli riceve, nel corso di una conferenza stampa, la notizia che a tutti i berlinesi dell’Est è stato permesso di attraversare il confine con un permesso apposito.

Schabowski, interrogato dai giornalisti ma non avendo informazioni precise, comunica, la sera del 9 novembre, che i posti di blocco sono stati aperti. E così, dopo aver sentito le parole del ministro in diretta televisiva, decine di migliaia di cittadini di Berlino Est si fiondano verso il muro, chiedendo di essere lasciati entrare nella parte occidentale della città. Le guardie di confine, non informate, non dispongono degli strumenti per rendere innocua un’invasione tanto imponente, e sono così obbligate ad aprire i checkpoint senza svolgere alcun controllo di identità. Ecco perché il 9 novembre viene indicata come la data della caduta del Muro.

A partire dai giorni successivi, migliaia di persone accorrono alla costruzione per distruggerla e conservarne un piccolo pezzo come ricordo.

Il 18 marzo 1990, nella Repubblica Democratica Tedesca si tengono le prime (e uniche) elezioni libere, che danno vita a un governo il cui compito principale è quello di mettere in atto la fine dello Stato.

La riunificazione tedesca

La riunificazione ufficiale va in scena il 3 ottobre 1990, quando Turingia, Sassonia, Brandeburgo, Sassonia-Anhalt e Meclemburgo – Pomerania Occidentale, i cinque stati federali che già componevano la DDR ma che erano stato aboliti e convertiti in province, si ricostituiscono, e ufficialmente entrano a far parte della Repubblica Federale di Germania.

Dal punto di vista del diritto internazionale la riunificazione tedesca viene considerata come un’incorporazione della Germania dell’Ovest nei confronti di quella dell’Est, visto che si sono mantenute le istituzioni e la Costituzione della Repubblica Federale Tedesca. In altre parole, non si procede alla scrittura di una nuova Costituzione di una Germania riunificata, ma si allarga l’applicazione del Grundgesetz già esistente ai nuovi Stati.

Il Trattato sullo stato finale della Germania

La riunificazione è preceduta il 12 settembre 1990 dalla firma del “Trattato sullo stato finale della Germania”, sottoscritto a Mosca. Le Quattro Potenze (Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Sovietica) con questo trattato rinunciano a tutti i diritti vantati sulla Germania, compresi quelli che riguardano la citta di Berlino: di conseguenza, la Germania riunificata diventa Stato sovrano il 15 marzo 1991, mentre entro la fine del 1994 il Paese dovrà essere abbandonato dalle truppe sovietiche.

Da parte sua la Germania deve limitare le sue forze armate combinate, non superando le 370mila unità: di queste, al massimo 345mila possono essere impiegate nella Luftwaffe (l’Aeronautica) e nell’Esercito. Lo Stato tedesco, inoltre, conferma di rinunciare alla realizzazione, alla conservazione e al controllo di armi chimiche, biologiche e nucleari. Ciò significa che la Germania continua ad applicare il “Trattato sulla proliferazione non nucleare”.

La ex DDR, inoltre, diventa Zona Libera da Armi Nucleari in maniera permanente, e nessuna forza armata straniera può stazionarci, così come in quel territorio non sarà possibile distribuire o mantenere vettori di armi nucleari. Ancora, la Germania conferma il riconoscimento internazionale delle frontiere con la Polonia, e al fine di impedire richieste future in corrispondenza della linea Oder-Neisse, ad est, vengono stabilite alcune modifiche territoriali (il 14 novembre del 1990, poi, tra Germania e Polonia sarà sancito un accordo separato, il “Trattato sul confine tedesco-polacco”, che riaffermerà il confine comune attuale).

Il “Trattato sullo stato finale della Germania” viene ratificato dalla Repubblica Federale Tedesca (cioè dalla Germania unita) anche se in realtà è stato firmato dalla Germania Orientale e della Germania Occidentale in qualità di entità separate.

In seguito gli obblighi di tale patto sono stati spesso violati in conseguenza degli accordi dovuti alla presenza della Germania nella Nato: per esempio, nel Land del Meclemburgo sono stati spesso accolti mezzi militari ai fini di missioni belliche, così come l’aeroporto civile di Lipsia presenta installazioni militari che rientrano nel Patto Atlantico.

Il 20 giugno 1990, infine, la riunificazione tedesca si completa definitivamente, con la decisione del Parlamento (anche se ottenuta con una esigua maggioranza) di spostare la capitale da Bonn a Berlino.

Il trasferimento della capitale

La delocalizzazione completa (con lo spostamento degli uffici governativi e dei ministeri) si completa nel 1999: oggi Bonn non è più la “Bundeshaupstadt” (cioè la “capitale della federazione”), ma la “Bundesstadt” (cioè una “città della federazione”).

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