Banda della Magliana Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Thu, 19 Oct 2023 15:56:47 +0000 it-IT hourly 1 Simonetta Cesaroni: il delitto di via Poma https://cultura.biografieonline.it/simonetta-cesaroni-il-delitto-di-via-poma/ https://cultura.biografieonline.it/simonetta-cesaroni-il-delitto-di-via-poma/#comments Thu, 19 Oct 2023 15:38:08 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=960 Il delitto di via Poma

Simonetta Cesaroni viene assassinata nel pomeriggio del 7 agosto 1990 nell’ufficio dell’A.I.A.G di via Poma 2 a Roma presso il quale presta servizio come contabile. A provocarne la morte è il forte trauma cranico subìto. Le successive 29 coltellate inferte dall’assassino sono solo un’ulteriore testimonianza dell’efferatezza e della crudeltà del delitto. Al momento della morte la vittima ha poco più di vent’anni, e niente nella sua vita privata lascia supporre l’esistenza di frequentazioni poco chiare o pericolose.

Simonetta Cesaroni
Una foto di Simonetta Cesaroni

L’ultimo giorno di lavoro di Simonetta Cesaroni

Simonetta Cesaroni presta servizio presso lo studio di commercialisti Reli Sas che annovera tra i suoi clienti proprio l’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù. Il suo superiore, Salvatore Volponi, le propone così di integrare la settimana lavorativa recandosi presso l’A.I.A.G di via Poma il martedì e il giovedì pomeriggio.

Per la ragazza si tratta dell’ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze, e deve controllare semplicemente alcune pratiche. Durante il pomeriggio effettua un’unica telefonata alla collega, Luigia Berettini, per chiederle una password di accesso al computer. Quel pomeriggio di piena estate  è sola in ufficio, e i due portieri dello stabile, Pietro Vanacore detto Pietrino e la moglie Giuseppa de Luca detta Pina, dichiarano di non aver visto nessun estraneo varcare il portone dello stabile in via Poma e entrare nella palazzina B.

Alle 21.30 la sorella, Paola, non vedendola rientrare chiama il Volponi che non riesce a fornirle alcuna informazione utile. Paola e il fidanzato decidono di passare a prendere il Volponi per raggiungere l’ufficio, dove quest’ultimo trova il corpo senza vita della ragazza. Simonetta è nuda, l’assassino gli ha lasciato addosso solo i calzini, un top e il reggiseno.

L’autopsia rivela che l’arma utilizzata per infliggerle i colpi è probabilmente un tagliacarte. Oltre ai tagli, uno dei capezzoli presenta un segno compatibile con un morso. Le uniche tracce di sangue non appartenenti alla vittima sono maschili, e vengono rinvenute sulla maniglia della porta dell’ufficio.

Il primo indiziato: Pietro Vanacore

Il delitto sembra trovare inizialmente una facile soluzione. Tutti i sospetti si appuntano sul portiere dello stabile, Pietro Vanacore. I familiari del portiere dichiarano di essere stati in cortile dalle 16 alle 20, ma il portiere risulta assente proprio nel lasso di tempo in cui è stato commesso l’omicidio, vale a dire tra le 17,30 e le 18,30.

La situazione già delicata viene aggravata dalla scoperta di una macchia di sangue sui pantaloni dell’uomo. Ad un esame scientifico più approfondito il sangue risulterà appartenere allo stesso Vanacore, malato di emorroidi.

Gli abiti, inoltre, non presentano ulteriori tracce ematiche, indizio che scagiona definitivamente il portiere. Dopo aver commesso il delitto, l’assassino ha, infatti,  accuratamente ripulito l’ufficio ed è altamente probabile che si sia macchiato con il sangue di Simonetta. Gli abiti di Vanacore, invece, pur essendo stati indossati per ben tre giorni (dal 7 al 9 agosto) non sono stati macchiati dal sangue della vittima. Infine, anche il sangue sulla maniglia dell’ufficio non appartiene al portiere.

Le ipotesi di indagine: dal coinvolgimento del giovane Federico Valle fino al SISMI e alla Banda della Magliana.

Un caso che sembrava risolto

Il caso che sembrava, dunque, praticamente risolto finisce per complicarsi e per assumere sempre più i contorni di un giallo.

Si dovrà attendere fino al marzo 1992 per una nuova svolta nelle indagini.

Compare sulla scena un cittadino austriaco, Roland Voller, che racconta di una serie di conversazioni telefoniche avute con una donna, Giuliana Ferrara.

La donna è la moglie di Francesco Valle, figlio di un anziano architetto, Cesare Valle, residente nello stabile di via Poma e assistito dal portiere Vanacore.

Il Voller racconta di essere venuto a contatto con la donna a seguito di una telefonata fatta per errore. Tra i due è iniziata una sorta di amicizia telefonica, e Giuliana si è confidata con l’uomo raccontandogli che proprio il 7 agosto del 1990 il giovane figlio, Federico, è tornato a casa sporco di sangue dopo una visita al nonno Cesare.

Secondo questo racconto, Federico avrebbe commesso il delitto perché accecato dalla rabbia per la relazione del padre con la giovane Simonetta. La donna, pur ammettendo di conoscere il Voller, dichiara di non avergli mai fatto questo tipo di confidenze. La procura tenta di perseguire Federico ipotizzando che il giovane abbia avuto come complice il portiere Vanacore, chiamato dal nonno per cancellare le tracce del delitto e proteggere così il nipote.

Le analisi sul sangue rinvenuto in ufficio dimostreranno, però, l’estraneità ai fatti del giovane Federico.

Voller, un personaggio misterioso

La figura dello stesso Voller non consente agli inquirenti di battere ulteriormente questa pista. L’uomo svolge la professione di commerciante, ma è in realtà un truffatore che vende spesso informazioni alla polizia.

Nonostante queste scoperte, Voller rimane un personaggio così misterioso da corroborare un’ipotesi investigativa secondo la quale gli uffici di via Poma sarebbero una copertura per non ben precisate attività dei servizi segreti. Si ritiene, infatti, che l’uomo sia vicino a quegli ambienti, e durante una perquisizione vengono trovati in suo possesso alcuni documenti riservati riguardanti il delitto dell’Olgiata. Questi strani e misteriosi intrecci non verranno, però, mai chiariti.

Sulla scia dell’ipotesi precedente viene battuta una nuova pista investigativa fondata sul ritrovamento da parte della giovane di alcuni documenti scottanti dell’A.I.G.A comprovanti la concessione di alcuni favori a membri della Banda della Magliana con il beneplacito del Vaticano e del SISMI.

L’ipotesi prende corpo anche per la presenza di alcuni strani personaggi che dopo l’assassinio si aggirano sotto lo stabile della famiglia Cesaroni, e sembrano avere l’apparenza di agenti del SISMI. Le indagini non portano a nulla di fatto, nonostante proprio in quegli anni  si scoprano i legami realmente esistenti tra la Banda della Magliana e il SISMI.

La pista del Videotel

La difficoltà a sbrogliare l’intricata matassa fa venire alla luce improbabili piste come quella del videotel, una sorta di chat in cui Simonetta avrebbe conosciuto il suo probabile assassino.

In base a questa ipotesi, supportata dall’arrivo in procura di una lettera anonima, la ragazza avrebbe invitato lo sconosciuto del videotel a raggiungerla in ufficio proprio il pomeriggio del 7 agosto.

La pista risulterà poi infondata in quanto Simonetta non aveva un computer personale, e quello del suo ufficio non consentiva l’utilizzo del videotel.

L’accusa al fidanzato Raniero Busco

Le indagini subiscono una svolta quando vengono analizzate delle tracce di saliva rinvenute sul reggiseno e il corpetto indossati da Simonetta. Quelle tracce appartengono al fidanzato della ragazza, Raniero Busco, che viene iscritto nel registro degli indagati nel settembre del 2007.

La posizione di Busco si aggrava quando Paola Cesaroni asserisce che la sorella ha indossato quella biancheria proprio il giorno del delitto: le tracce dunque non possono essere state lasciate in un altro momento. Le ulteriori analisi sul sangue rinvenuto sulla maniglia rivelano, inoltre, la compatibilità con l’ex fidanzato della vittima. Stessa cosa accade anche per il segno del morso sul seno.

La sentenza di primo grado emessa nel 2011 dichiara Busco colpevole dell’omicidio di Simonetta Cesaroni, e lo condanna a una pena detentiva di 24 anni. Il processo di secondo grado è, invece, ancora in corso.

Nel 2009 viene anche archiviata l’indagine a carico del portiere Pietrino Vanacore, che purtroppo alla vigilia della sua testimonianza nel processo contro Busco si toglie la vita annegandosi. Lascia un biglietto in cui dichiara che vent’anni di sospetti non possono che condurre al suicidio.

Busco viene assolto in appello nel mese di aprile 2012.

La Cassazione assolve infine Busco in via definitiva il 26 febbraio 2014: il delitto di via Poma resta pertanto senza colpevoli.

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Enrico De Pedis e la Banda della Magliana https://cultura.biografieonline.it/de-pedis-banda-magliana/ https://cultura.biografieonline.it/de-pedis-banda-magliana/#comments Thu, 25 Oct 2012 14:26:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=4293 Enrico De Pedis è stato uno dei capi dell’organizzazione criminale denominata Banda della Magliana, la più potente organizzazione delinquenziale che ha operato nella città di Roma e la cui attività criminosa si è diversificata in innumerevoli rivoli illegali, permettendole di sviluppare ingenti somme di denaro che in seguito le hanno favorito la collaborazione con la mafia e la camorra, con ambienti politici soprattutto di estrema destra e con la massoneria.

Enrico De Pedis
Enrico De Pedis

De Pedis, detto Renatino e Bambolotto, è nato il 15 maggio 1954 nel quartiere romano di Trastevere, dove ha iniziato la sua gavetta criminale scippando e rapinando, azioni che gli hanno permesso di unirsi con un gruppo delinquenziale denominato dell’Alberone. Nel 1974 viene arrestato per rapina e rimane in carcere per diversi mesi. Quando esce continua a svolgere azioni criminali e nel 1977 ritorna in carcere per una rapina a cui aveva partecipato anni prima.

La Banda della Magliana

Proprio nel 1977 nasce la Banda della Magliana, grazie ad una casualità. Uno dei suoi amici e compagno di rapine Franco Giuseppucci subisce il furto della sua automobile e nel tentativo di ritrovarla si imbatte in una banda criminale al cui vertice sta Maurizio Abbatino.

Dal loro incontro nasce la prima embrionale idea di fondare una banda con lo scopo di coordinare vari gruppi criminali sparsi per la capitale. La loro prima azione come gruppo e da cui sarebbe poi nata l’organizzazione nota come Banda della Magliana è il sequestro del duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere che avviene il 7 novembre del 1977, mentre De Pedis è ancora in carcere, e che finisce con la tragica morte del duca.

Tuttavia il riscatto di due miliardi entra nelle casse del gruppo che decide di reinvestirlo dando inizio alla nuova organizzazione che si occuperà di rapine, omicidi, gioco d’azzardo e spaccio di droga. De Pedis, che ne fu per un periodo uno dei capi, utilizza le sue doti imprenditoriali per reinvestire il denaro e renderlo pulito. Parte infatti delle sue attività sono legali e si indirizzano all’edilizia e al commercio. La sua ricchezza aumenta e gli permette di stringere, come rappresentante della banda, un’alleanza con altre organizzazioni criminali.

Il 25 giugno del 1988 sposa la sua fidanzata Carla Di Giovanni. E’ a capo di un impero criminale che vanta connessioni ad alto livello ed è anche un imprenditore affermato che gestisce miliardi di lire nell’ edilizia e in altre attività economiche legali. Molti però lo odiano sia per il suo potere sia perché sta cercando di staccarsi dal suo passato non condividendo più con gli ex complici i profitti di molte attività che non sono più finanziate da azioni criminose.

La morte di De Pedis e la sua tomba

Il 2 febbraio del 1990 viene ucciso con diversi colpi di pistola, mentre sta viaggiando sul suo motorino Honda Vision in via del Pellegrino, nel centro di Roma. Gli assassini e i mandanti fanno parte della Banda della Magliana: al suo interno l’organizzazione ha varie fazioni, alcune delle quali sono in lotta fra loro per il raggiungimento del vertice. De Pedis viene ucciso in un regolamento di conti che potrebbe avere altri mandanti oltre a quelli della banda.

La sua sepoltura avviene nel silenzio generale dentro alla cripta della Basilica di Sant’Appolinare perché il boss è un benefattore della basilica. E’ il 24 aprile quando la tomba viene tumulata grazie all’intervento del rettore della Basilica Piero Vergari.

Dopo anni di silenzio una giornalista del Messaggero nel 1997 scrive dove si trova sepolto il boss e scoppia una polemica per la strana sepoltura; non solo e non tanto per l’identità del morto ma anche perché si  accusa De Pedis del sequestro di Emanuela Orlandi, figlia di un funzionario del Vaticano e rapita all’ età di 15 anni, il 22 giugno del 1983, che  secondo la testimonianza di un’ex amante di De Pedis, fu proprio lui a ordinarne il sequestro.

In seguito una telefonata anonima alla trasmissione “Chi l’ha visto”, avvenuta nel luglio del 2005, denuncia la presenza del corpo della Orlandi all’interno della tomba riservata a De Pedis. Il 14 maggio 2012 la tomba viene aperta e al suo interno viene trovata la salma di De Pedis; in una stanza accanto vengono trovate 200 cassette contenenti ossa di persone morte 300 anni prima. Attualmente la salma del boss della Magliana è sepolta in un altro luogo.

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