bambini Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 06 Jul 2024 15:56:18 +0000 it-IT hourly 1 La Compagnia dei Celestini, di Stefano Benni: riassunto https://cultura.biografieonline.it/compagnia-dei-celestini/ https://cultura.biografieonline.it/compagnia-dei-celestini/#respond Sat, 06 Jul 2024 15:20:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18282 Uno dei romanzi più significativi dello scrittore Stefano Benni è “La Compagnia dei Celestini“, edito da Feltrinelli nel 1992.

È stato calcolato che il peso delle formiche esistenti sulla terra è pari a venti milioni di volte quello di tutti i vertebrati – così lo scultore ottocentesco Amos Pelicorti detto il Mirmidone rispondeva a coloro che gli chiedevano perché componesse le sue opere in mollica di pane.

Incipit del libro “La Compagnia dei Celestini”

La Compagnia dei Celestini - Libro
La Compagnia dei Celestini (Stefano Benni, 1992)

La Compagnia dei Celestini: riassunto

Parte I

Il romanzo narra le vicende di tre orfani: Lucifero, Alì e Memorino. I tre giovani vivono la loro vita nel deprimente convento dei padri Zopiloti, a Gladonia, conducendo una vita molto sacrificata e in perfetto stile carcerario. Gli unici svaghi per i bambini sono la “pallastrada” e la speranza di trovare due genitori pronti ad adottarli. I tre fanno parte della Compagnia dei Celestini che raccoglie gli spiriti più belli e gli orfani più meritevoli dell’istituto. La situazione cambia a loro favore, quando i tre ricevono una lettera da parte del Grande Bastardo in persona che invita tutti i ragazzi dell’orfanotrofio a partecipare al Campionato di Pallastrada.

Dal punto di vista dell’organizzazione, il Campionato di Pallastrada è una sorta di torneo a eliminazione diretta, a cui partecipano otto squadre di orfani, ma questo gioco e i suoi giocatori sono malvisti da qualsiasi autorità. I tre decidono quindi di scappare dall’Orfanotrofio dei Celestini per trovare altri due bambini che si possano unire al gruppo per giocare al segretissimo campionato.

Parte II

I ragazzi riescono nell’intento di fuggire dell’orfanotrofio grazie al prezioso aiuto di una bambina, che si chiama Celeste, che conosce come le sue tasche ogni stanza e passaggio segreto della struttura e che in seguito si unisce a loro, poiché è alla ricerca dei gemelli Finezza.

Alla ricerca del gruppo di evasi partono, da una parte, Don Biffero e Don Bracco, che intendono riportarli all’orfanotrofio prima che la notizia della fuga diventi di pubblico dominio e, dell’altra, due intrepidi giornalisti, Fimicoli e Rosalino che, scoprendo l’accaduto, non vedono l’ora di fare il loro servizio sulla fuga dei ragazzi e di poter filmare, prima di tutti, il Campionato di Pallastrada, spronati dall’egoarca Mussolardi.

Durante le loro avventure i ragazzi incontrano i nove pittori pazzi Pelicorti, i magici gemelli campioni di pallastrada, il re dei famburger Barbablù, il meccanico Finezza, il professor Eraclitus e l’Egoarca Mussolardi.

I ragazzi riescono alla fine nel loro intento e arrivano nel luogo segreto per tesserarsi al Campionato Mondiale di Pallastrada, ma partecipando con una formazione diversa rispetto al previsto. Qui, incontrano le diverse squadre che partecipano al torneo e le gare si susseguono.

Arriva la finale che si svolge tra i Celestini e i Devils, ovvero tra i cosiddetti angeli contro i diavoli, che si svolge nei pressi di un antico palazzo. La situazione precipita quando Mussolardi (l’uomo più ricco e avido del paese) e un generale dedito alla mafia di nome Buonommo, attaccano il campo di gioco per cercare in tutti i modi di guadagnare soldi dall’evento segreto e a loro si aggiungono anche il leggendario cacciatore di scoop Fimicoli e Don Biffero, arrivati da poco, che si uniscono alla generale confusione del momento.

La Compagnia dei Celestini - copertina
La copertina del libro “La Compagnia dei Celestini”

Conclusione

Nel marasma più totale, purtroppo, alcuni bambini vengono uccisi dalle truppe durante l’agguato e così, per nascondere il terribile fatto, tutti scelgono di optare per l’uccisione di tutti coloro che hanno preso parte alle gare di pallastrada. Si tratta di una vera e propria carneficina: i bambini innocenti vengono uccisi in nome dell’omertà e dell’audience da individui ormai privi di ogni tipo di scrupolo. Purtroppo muoiono tutti, alla fine, tutta la zona viene sgomberata da qualunque anima innocente con gas nervini e bombe incendiarie.

A questo punto, un fantasma appare agli occhi di Don Biffero, che comprende il significato della profezia e percepisce l’ormai prossima fine del suo paese. Il fantasma avvisa che, grazie alle loro deplorevoli e pessime azioni, il futuro di Gladonia è ormai segnato. La città brucerà per sempre, dato che sono state uccise, senza alcun motivo, tutte le anime innocenti del Campionato di Pallastrada. Il libro di Stefano Benni si conclude enunciando la totale distruzione dello stato di Gladonia da parte delle fiamme e annunciando l’entrata imminente in paradiso di tutte le giovani anime che hanno vissuto la tragedia.

Commento all’opera

Nel libro di Stefano Benni non viene risparmiato nessuno, buoni e cattivi sono uguali di fronte alla morte. Non esiste un lieto fine nel romanzo, esiste solo la parola fine. Lo scrittore usa un linguaggio ironico, arrivando al grottesco, nella descrizione dei personaggi e delle scene cruenti, aprendo la porta al genere horror. Stefano Benni descrive nel libro la metafora della società moderna divisa in due: da una parte il bene e da una parte il male.

Stefano Benni
Stefano Benni

Tutto quello che è buono e puro (i celestini, i bambini, la pallastrada) vengono infatti distrutti e cancellati dal male, individui senza scrupoli, interessi commerciali e perfidie di ogni tipo. Il romanzo ottenne un buon successo in termini di critica e di lettori e ne venne tratta una serie di cartoni animati di co-produzione italo-francese dal titolo: “Street Football-La compagnia dei Celestini“. La serie è stata prodotta nel 2005 dalla de Mas & Partners, con la collaborazione di Rai Fiction, France 3, Télé Images Kids, Agogo Media.

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Marsupio per bebè e mei tai: quali sono le differenze? https://cultura.biografieonline.it/marsupio-bebe-mei-tai-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/marsupio-bebe-mei-tai-differenze/#respond Thu, 27 Jul 2023 15:38:58 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41328 In commercio esiste una moltitudine di supporti, è legittimo sentirsi un po’ spaesati di fronte a tanta offerta. Il marsupio strutturato e il mei tai sono entrambi dei validi porta bebè che consentono al portatore di avere le mani libere; vi sono però delle differenze. Essi hanno caratteristiche e design diversi, vediamo in dettaglio quali.

marsupio bebè e mei tai, differenze

Marsupio strutturato

Il marsupio strutturato tipicamente presenta fibbie e cinghie, per la sua regolazione. È di facile utilizzo, bisogna prestare attenzione in quanto non tutti i modelli presenti sul mercato sono ergonomici, non consentendo il posizionamento corretto del bambino, cioè la cosiddetta posizione a M.

  • Struttura: il suo design (detto appunto “strutturato”, di qui il nome), prevede l’inserimento del bebè in un alloggiamento preformato, in modo da garantirne il corretto posizionamento. Il marsupio mantiene una sua forma anche quando il bambino non viene portato, risultando quindi sicuramente più ingombrante rispetto al mei tai.
  • Fibbie e cinghie: i marsupi strutturati prevedono fibbie e cinghie per adattare il portabebè intorno al torso del portatore. La regolazione, grazie a queste componenti, è molto facile e rende il prodotto adatto per essere messo e tolto velocemente.
  • Ergonomia: molti marsupi strutturati, ma non tutti, sono progettati per essere ergonomici, assicurando cioè un supporto adeguato per le anche e la schiena del bebè, garantendo quindi la posizione a M. Per il benessere del bebè bisogna prestare particolare attenzione a questo aspetto.
  • Rispetto della schiena del portatore: la superficie di scarico del peso del bebè sulla schiena dell’adulto, anche se spesso imbottita, è certamente inferiore a quella presente nel Mei Tai. Si tenga conto che più la superficie è ampia, meno la schiena ne risente.
  • Raccomandato per: facilità di utilizzo e velocità nella regolazione.

Fonte: “Lasciati abbracciare!”, di Licia Negri. Ed. Trevisini

Caratteristiche del marsupio strutturato

Mei tai

In cinese Mei significa “portare sulle spalle” e Tai è “fascia”. Il Mei Tai è il portabebè tradizionale più noto; d’origine cinese, viene utilizzato non solo un po’ in tutta l’Asia ma ovunque nel mondo.

Rispetto ai marsupi ergonomici, il Mei Tai sono realizzati in materiale più morbido, generalmente cotone o lino, e nella versione originale non presentano né fibbie né chiusure a scatto. La regolazione avviene tirando più o meno le bretelle, fino a che non avvolgono perfettamente il bambino al torso del portatore.

  • Struttura: è costituito da un pannello centrale dalle cui estremità partono le bretelle e, in alcuni modelli, la cintura lombare. Il portabebè si indossa legando queste estremità al torso del portatore.
  • Versatilità: è molto versatile e regolabile e consente di essere indossato in diverse posizioni. Le più amate: pancia a pancia e sulla schiena (detta “zainetto”).
  • Sostegno e supporto: sebbene il mei tai non presenti una struttura rigida come il marsupio, offre comunque un ottimo support per il bambino. Inoltre, il tessuto, certamente più morbido rispetto al marsupio strutturato, avvolge il bebè seguendo la forma del suo corpo in crescita.
  • Regolazione: il mei tai è, insieme alla fascia, il portabebè più regolabile in assoluto.
  • Dimensione: essendo prodotto in materiale tessile (nella maggior parte cotone), il mei tai una volta ripiegato diventa piccolo e portatile.
  • Adatto per: è molto amato dai genitori che preferiscono una maggiore adattabilità. Sono prodotti molto validi per utilizzi prolungati, in quanto il peso del bambino è distribuito su una superficie ampia del torso dell’adulto, proteggendone quindi il benessere della schiena. L’ergonomia è garantita.
Esempio di Mei Tai - dal sito mhug.it
Esempio di Mei Tai. Fonte: mhug.it
Caratteristiche del mei tai

Le differenze in sintesi

In sintesi, la principale differenza tra un marsupio strutturato e un mei tai sono:

  1. design;
  2. facilità d’uso;
  3. struttura.

I marsupi strutturati offrono più velocità e veloci aggiustamenti con il sistema di regolazione a fibbie e cinghie, mentre i mei tai sono più versatili, adattabili ai corpi del bebè (anche in crescita) e dell’adulto, e consentono un’esperienza più “avvolgente”.

La scelta dipende dalle preferenze personali, dall’età del bambino e suo peso e dall’utilizzo che si intende farne.

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Metodo Montessori: scienza e pedagogia per la rivoluzione dei piccoli https://cultura.biografieonline.it/metodo-montessori/ https://cultura.biografieonline.it/metodo-montessori/#comments Wed, 03 Oct 2018 06:40:39 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25311 Oltre 60mila scuole in tutto il mondo da decenni sono di stampo montessoriano. Mettono in pratica, cioè, il metodo educativo con il quale, pionieristicamente, Maria Montessori mise insieme scienza e pedagogia con risultati straordinari. Punto di partenza, una visione del bambino assolutamente rivoluzionaria. Il Metodo Montessori è un metodo educativo celebre e diffuso in tutto il mondo.

Maria Montessori
Maria Montessori

Il bambino, la disciplina e lo sviluppo in 4 tempi

Un essere completo, capace di sviluppare energie creative, possessore di disposizioni morali. Questa la visione innovativa di Maria Montessori. Per la scienziata marchigiana la strada su cui mettere i piccoli è quella del lavoro libero: solo scelta, interesse autentico e raccoglimento assoluto porteranno alla disciplina. Da intendersi come esercizio di libertà, mentale e fisico.

Questa visione, poi, sta alla base di 4 livelli di sviluppo, da 0 ai 24 anni.

La prima (0-6 anni) è quella che Montessori tratta più minuziosamente, distinguendola in due fasi ulteriori. Da 0 a 3 anni il bambino è un esploratore sensoriale dotato di mente assorbente che attraversa periodi sensibili per acquisire linguaggio, ordine, raffinatezza sensoriale, interesse per piccoli oggetti, comportamenti sociali.

Quello da 3 a 6 anni, invece, è il tempo della mente cosciente e della normalizzazione ovvero di disciplina spontanea, lavoro continuo e felice, sentimento sociale di aiuto e comprensione altrui.

Seguono: la fase di indipendenza intellettuale, senso morale e organizzazione sociale (da 6 a 12 anni); quella della costruzione del sé nella società, dello sviluppo del senso di giustizia e di dignità personale (dai 12 ai 18 anni); quella, ultima, dello studio fra cultura e scienza per l’indipendenza economica e, più in grande, la guida della civiltà (dai 18 ai 24 anni).

Il metodo Montessori come compito a casa: la stanza montessoriana

Nella visione educativa di Maria Montessori operano parimenti insegnanti e genitori. Il bambino cioè costruisce la sua personalità attraverso l’educazione a scuola, ma il lavoro va portato avanti anche a casa.

Il metodo Montessori dà chiare indicazioni su come organizzare la casa in attesa e poi in presenza di bambini.
La cameretta deve essere divisa in aree specifiche: riposo/lettura, guardaroba, “far finta”, tana. In linea di massima, l’organizzazione degli spazi deve guidare il bambino attraverso tre momenti della sua giornata: nanna, cambiarsi, attività.

metodo Montessori - Stanza Montessori - Cameretta - Montessori bedroom
Il metodo Montessori prevede anche una studiata disposizione della cameretta dei bambini

I materiali, i giochi, devono essere di un numero limitato, semplici e invitanti all’esplorazione e alla fantasia.
La camera deve avere colori chiari ed essere organizzata secondo il grande must del metodo: tutto a misura di bambino. Il lettino appoggiato per terra e privo di struttura così che il piccolo possa salire e scendere in autonomia quando non cadere senza farsi male, eventualmente.

La libreria non con i volumi affiancati l’uno all’altro di costa, ma coi libri esposti e la copertina rivolta verso l’esterno, così che il piccolo possa scegliere, su una mensola appesa sotto il metro. Non mancherà, poi, un guardaroba, anch’esso basso, un cesto per gli sporchi, per imparare il senso dell’ordine, e un tavolino con le sedie per giochi e spuntini. Altro elemento immancabile è lo specchio, strumento d’eccezione per osservazione, conoscenza del proprio corpo, movimenti e giochi di imitazione del mondo degli adulti.

Nella stanza ma anche fuori, infine, la cosiddetta “torretta Montessori”, uno strumento 3 in 1 che è sgabello, sedia e tavolino. Un oggetto modulabile per portare il bambino all’altezza del mondo degli adulti – quando non fosse stato possibile aver fatto il contrario – e permettergli di scoprirlo in autonomia (lavarsi i denti, lavare i piatti, sedere a tavola con mamma e papà).

Maria Montessori
A Maria Montessori è stato dedicato un doodle da Google nel 2012: ne abbiamo parlato in un precedente articolo in cui citiamo anche personaggi celebri che sono stati educati secondo il Metodo Montessori

I bambini, il nostro futuro

Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e sul mondo.

Questo si legge sulla tomba di Maria Montessori. Il metodo montessoriano, infatti, ha operato sull’educazione dei bambini, a casa e a scuola, sottendendo una dimensione più ampia. Maria Montessori, cioè, illuminata scienziata e pedagoga brillante aveva visto oltre, teorizzando un’educazione “cosmica”.

Fine ultimo del metodo, se così possiamo dire, è l’educazione ecologica, alla pace e alla mondialità. Tre assi del migliore insegnamento che si possa mai dare e ricevere: l’amore per la vita.

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Perché si dice avere l’argento vivo addosso? https://cultura.biografieonline.it/avere-argento-vivo-addosso/ https://cultura.biografieonline.it/avere-argento-vivo-addosso/#respond Fri, 24 Mar 2017 17:05:36 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21949 Avere l’argento vivo addosso è un’espressione che si riferisce a chi è particolarmente vivace e non sta mai fermo, ad esempio i bambini. L’espressione “avere l’argento vivo addosso” è riferita proprio ad una persona vivace, che non sta mai ferma. In genere lo si dice dei più piccoli, che appunto hanno la caratteristica di muoversi continuamente, alla scoperta di cose e sensazioni nuove.

"Avere l'argento vivo addosso": bambini vivaci che giocano con i cuscini
“Avere l’argento vivo addosso”: bambini vivaci che giocano con i cuscini

Per descrivere la dinamicità e l’irrequietezza si utilizza spesso questo modo di dire, anche come metafora. Non è raro usarlo anche riferendosi ad un adulto o ad una persona particolarmente iperattiva.

L’amore è come l’argento vivo nelle tue mani. Lascia le dita aperte e lì vi resterà. Stringilo e scapperà via. (DOROTHY PARKER)

Cos’è l’argento vivo

L’argento vivo (in inglese quicksilver) è in pratica l’elemento chimico del mercurio (Hydrargirium- Hg). E’ la stessa sostanza contenuta nei tradizionali termometri per misurare la temperatura corporea e la febbre (ora ritirati dal commercio e sostituiti dai dispositivi digitali). Esso è di colore argento ed è liquido. La scienza empirica ci dimostra come sia impossibile tenere ferma una goccia di mercurio, poiché tende a sfuggire da una parte all’altra in maniera veloce.

 

Da tale esperienza discende il significato del comune modo di dire “avere l’argento vivo addosso“, riferito appunto a chi non riesce a stare mai fermo ed è sempre in agitazione. Il fatto che il mercurio non riesca a fermarsi su una superficie, costituisce una specifica reazione fisica del metallo. E’ pertanto inevitabile.

Quando l’eccessiva vivacità dei bambini diventa un problema

Tutti i bambini sono curiosi e vivaci, è nella loro indole. I genitori non possono che assecondarli nella fase della scoperta e dell’esplorazione del mondo. Negli ultimi tempi, però, si sta diffondendo una sindrome molto particolare, quella della iperattività e deficit d’attenzione, che riguarda bambini in età scolare. Sono tanti i genitori che riferiscono di avere un figlio “malato” di eccessiva vivacità tanto da diventare assolutamente ingestibile nelle varie situazioni della vita quotidiana.

Purtroppo non è facile ammettere che il proprio figlio possa avere un disturbo di tipo comportamentale. Per molti genitori si tratta di qualcosa di cui vergognarsi. Oppure la maggior parte di loro si augura che, con il passare del tempo, questa caratteristica possa regredire e scomparire del tutto.

In realtà bisogna essere prudenti nel dare giudizi in questo senso. E’ opportuno invece consultare un esperto per poter avere una diagnosi il più possibile certa e corretta. Ciò per evitare che un bambino “con l’argento vivo addosso” si trasformi in un bambino malato e quindi bisognoso di cure.

ADHD: iperattività e deficit dell’attenzione

Una patologia come la ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder – sindrome di iperattività e deficit d’attenzione) non è un’opinione. Va diagnosticata attraverso strumenti affidabili e affrontata con terapie adatte, anche farmacologiche.

Il Ministero della Salute ha istituito un Registro nazionale che raccoglie i bambini “etichettati” in base all’utilizzo di psicofarmaci specifici per curare la sindrome dell’ADHD. In Italia circa 60mila (dati: 2016) tra bambini e adolescenti assumono regolarmente psicofarmaci per trattare questo ed altre tipologie di disturbo comportamentale.

Cosa dice la scienza al riguardo

Il National Institute of Mental Health (USA) ha descritto in maniera approfondita e scientifica le caratteristiche della sindrome di iperattività e deficit d’attenzione, riscontrando in essa tre elementi principali.

  1. deficit di attenzione
  2. iperattività
  3. impulsività

Combinandosi tra loro, possono emergere tre sottogruppi diversi:

  1. tipo prevalentemente incapace di attenzione
  2. tipo prevalentemente iperattivo-impulsivo
  3. tipo combinato (incapace di attenzione e iperattivo)

Nell’accezione di iperattività rientrano alcune caratteristiche specifiche del soggetto:

  • non riesce a stare mai fermo
  • ha sempre necessità di essere occupato in qualche attività
  • parla senza sosta
  • non riesce a stare seduto per tanto tempo (questo succede soprattutto a scuola).

Al momento non esiste una presa di posizione scientifica netta da parte degli esperti, per cui la presenza di eventuali sintomi non basta a diagnosticare una patologia medica vera e propria. Ci vuole molta cautela, soprattutto perché i soggetti direttamente interessati dal problema sono minori.

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Differenza tra fiaba e favola https://cultura.biografieonline.it/fiabe-favole-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/fiabe-favole-differenze/#comments Thu, 06 Feb 2014 14:19:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9655 Il termine fiaba deriva dal latino fabula, cioè racconto, derivato a sua volta dal verbo fari, ovvero parlare. Si tratta di una narrazione medio-breve, di origine popolare e di solito in prosa, che ha per protagonisti personaggi fantastici come orchi, fate, streghe, draghi, giganti, maghi, spiriti benefici e malefici. Tramandate oralmente di generazione in generazione, le fiabe non hanno di solito un intento morale esplicito, ma hanno una finalità di intrattenimento.

Biancaneve
Biancaneve e la mela rossa

Caratteri identificativi della fiaba

Alcune caratteristiche identificano un racconto come una fiaba. Tra queste troviamo la presenza dell’elemento magico: molti degli avvenimenti narrati nella fiaba possono avvenire soltanto attraverso una magia o un prodigio. Vi è inoltre l’indeterminatezza di tempi e luoghi, che non sono quasi mai definiti: le fiabe iniziano infatti con “C’era una volta… in un paese lontano lontano…”; il periodo storico non è quindi identificabile. I personaggi e le vicende sono ricavati dalla mitologia e dalle tradizioni popolari e sono quasi sempre inverosimili o inesistenti nella realtà quotidiana. Le fiabe si presentano inoltre con un linguaggio ripetitivo, per esempio “Cammina cammina…” e “Tanto tanto tempo fa…”, come ripetitivi sono a volte alcuni episodi, che troviamo presenti anche in più fiabe.

Il bene e il male, i buoni e i cattivi, i furbi e gli stupidi, sono sempre nettamente distinti. Il lieto fine è sempre presente, tranne che nelle fiabe letterarie nelle quali il finale può essere drammatico. La morale delle fiabe è presente, non dichiarata esplicitamente ma sottintesa. Tramandate oralmente da generazioni, le fiabe propongono un linguaggio popolare, molto semplice e a volte grammaticalmente non corretto; i modi di dire sono spesso inseriti in una fiaba, come anche le formule magiche.

I fratelli Jacob e Wilhelm Grimm sono ricordati nel mondo soprattutto per aver raccolto e rielaborato numerose fiabe popolari, alcune famosissime, come “Biancaneve”, “Cenerentola”, “Hansel e Gretel”, “Cappuccetto Rosso”, “I tre porcellini”, “Il gatto con gli stivali”, “Pollicino” e “La bella e la bestia”.

favole fiabe
Il termine fiaba deriva dal latino fabula, cioè racconto, derivato a sua volta dal verbo fari, ovvero parlare

Il termine favola condivide con fiaba la stessa etimologia, ma si tratta di un genere narrativo diverso.

Caratteri identificativi della favola

Le favole sono brevi racconti, in prosa o in versi, che solitamente hanno come protagonisti animali antropomorfi, cioè animali che incarnano caratteristiche umane, per esempio la capacità di parlare e di ragionare. Possono essere presenti anche esseri inanimati che interagiscono con i protagonisti. Gli ambienti in cui si svolge il racconto nella favola sono realistici: le vicende sono quindi aderenti alla vita quotidiana. A differenza della fiaba, nella favola è assente l’elemento magico e la morale è formulata esplicitamente di solito alla fine della narrazione, anche in forma di proverbio. Il linguaggio della favola è più curato di quello della fiaba.

Il più antico e noto autore di favole dell’antica Grecia e del mondo occidentale è Esopo: di lui si sono conservate circa 400 narrazioni appartenenti al genere letterario della favola. Molte di queste favole sono così celebri che hanno acquisito la funzione di proverbio, come “La volpe e l’uva”, “La cicala e la formica”, “Al lupo! Al lupo!”.

La cicala e la formica
La cicala e la formica

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