avanguardie Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 18 Oct 2017 06:28:19 +0000 it-IT hourly 1 Astrattismo https://cultura.biografieonline.it/astrattismo/ https://cultura.biografieonline.it/astrattismo/#comments Thu, 26 May 2016 12:16:29 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18476 L’astrattismo si definì nei termini di movimenti artistico a partire dal primo decennio del Novecento, assumendo nelle sue molteplici sfumature la natura di matrice inglobante tendenze differenti ma allo stesso tempo aderenti allo spirito “astratto“. L’astrattismo si costituì nel segno di tre principali movimenti artistici: Suprematismo, Costruttivismo e Raggismo.

Improvvisazione 11
Improvvisazione 11 (Kandinsky, 1910)

Astrattismo: il movimento

L’arte è avanguardia, progresso capace di tracciare il percorso glorifico dell’innovazione nei gineprai della storia umana, sublimando le passioni in ideali, gli ideali in missioni.
Ogni secolo è il custode delle proprie avanguardie, così come un uomo possiede la sua anima e i tratti più intimi del suo essere, nella medesima maniera il Novecento si fece carico dell’animo offeso, maltrattato e così assiduamente violato della civiltà novecentesca.
Rottura dopo rottura, esternazione dopo esternazione, l’arte è progredita, saziandosi di geni e apparenti follie artistiche.

L’arte è cambiamento, mutamento eterno e circolare, mezzo indispensabile al sostentamento dell’anima e della sua edonistica bellezza.
Il cambiamento è preceduto dal cambiamento, da quella silenziosa rivolta di animi, umane passioni e istinti, annunciante l’era del mutamento, alterazione capace d’impossessarsi dell’arte con tele sconcertanti e letture stimolanti.

Il Novecento divenne la patria temporale dell’avanguardismo europeo, congiungendo lo spirito di rivolta alla ricerca ultramateriale, slegata dalla necessità delle realtà per tramutarsi in arte.
La realtà novecentesca, nella brutalità di una sorte oscura e mortale, movimentò ogni percezione sensibile, rispecchiando, di fatti, le convulsioni di una società in balia di una viscerale crisi culturale, letterale, sociale, politica e filosofica.

L’astrattismo esordì ufficialmente nella sfera intellettuale europea nel 1910, profetizzandosi in un primo marginale ingresso del mondo intellettuale con le opere del tedesco Hoelzel e i disegni astratti di Francis Picabia (1879 – 1953).
Ad ogni modo è solo tra il 1910 e il 1914 che l’astrattismo acquista una fisionomia specifica, entrando, in tal modo, nella storia dell’arte come movimento.

Il termine astrattismo rientra in buona parte nelle argomentazioni inerenti l’Espressionismo: l’astrattismo espressionista di matrice kandiskiana coinvolgeva nella sua essenza la potenza romanticamente rigeneratrice dell’impulso lirico, in grande misura connesso al principio dell’ispirazione, intesa nei termini di “effusione dello spirito”, mentre nella misura dell’astrattismo di Mondrian l’esigenza artistica ricalca i binari del rigore intellettuale, della regola, della geometria.

Bisogna, in egual misura, tener presente che nonostante le consistenti differenze, le due tendenze hanno in comune la medesima radice ideologica e quanto meno mistica, anche se il misticismo di Mondrian si fregiava dell’esito di una natura mentale anziché emotiva, come invece avveniva nel caso del primo Kandinsky.

Kandinskij, primo acquerello astratto (1913)
Primo acquerello astratto, Vasilij Kandinskij (1913)

Nella complessità delle divergenze valicanti definizioni e sottili paradigmi teorici, la principale distinzione risiede nel percorso che induce all’intento legato all’ispirazione: mentre in seno al lirismo kandiskiano incontriamo forme di ascetismo totalmente slegate dalle dipendenze della realtà materiale e fortemente legate alle vibrazioni emotive dell’estasi improvvisa, quale unico mezzo per congiungersi alla sostanza spirituale dell’universo, in Mondrian l’ascetismo risulta essere di natura rigorista o calvinista, volto al pieno dominio delle passioni e dedito al superamento di ogni forma di turbamento emotivo attraverso lo strumento ideale della “spersonalizzazione”, ovvero la completa liberazione dagli stimoli individuali:

Nel mondo di Mondrian l’uomo non sarà nulla in sé, non sarà che parte del tutto, ed allora che, avendo perduta la vanità della sua piccola e meschina individualità, sarà felice in questo Eden che avrà creato. (MORISANI)

Tra le due posizioni, quella kandiskiana e quella di cui si fece promotore Mondrian, le esalazioni dell’intuizione astratta divergono nel segno del richiamo allo scientificismo, costante in Mondrian e del tutto assente nella pittura kandiskiana, dove emerge, nell’assidua ricerca espressiva, il rigetto del positivismo.

Il contesto storico

L’astrattismo nacque nella fredda Russia zarista negli anni che precedettero la prima guerra mondiale, evolvendosi ulteriormente negli anni che seguirono la Rivoluzione di Ottobre: tra il 1905 e il 1914 prima e tra il 1917 e il 1925 dopo, l’astrattismo si era fortemente affermato sul fronte intellettualistico sovietico nel ricco clima della sperimentazione artistica.
Si affermarono tre correnti fondamentali nel cuore dell’astrattismo russo: il Raggismo, il Suprematismo e il Costruttivismo.
L’atmosfera è quella del realismo ottocentesco, di grande tradizione democratica e di lotta contro l’assolutismo zarista.

Nel consacrato tempio della letteratura ottocentesca e nel quadro di una mistica sacralizzazione dei più influenti scrittori russi, il contraccolpo dell’involuzione borghese verificatosi in Europa qualche tempo prima, si manifestò con atroce drammaticità solo dopo la rivoluzione del 1905.
La rivolta si macchiò di sangue operaio e contadino, la cui dolorosa emorragia democratica -borghese, pur scuotendo il regime feudale dalle fondamenta, vide ad ogni modo la vittoria del potere zarista.

La brutalità della repressione soffocò il sogno umanitario, spingendo “Questi figli prodighi della borghesia a disertare la lotta e a rifugiarsi in se stessi, a cercare puntelli in dottrine mistiche” (DE MICHELI), consolidando quello che storicamente fu definito da Corkij “il periodo dell’assoluto arbitrio del pensiero irresponsabile, della completa libertà di creazione dei letterati. Il più vergognoso e svergognato decennio della storia degli intellettuali russi“.

Le conseguenze estreme del decadentismo Occidentale presero ben presto la strada dell’ispirazione sovietica, approdando in un eccentrico tentativo di individualismo esasperato: la pittura francese compì, anche in questo caso, una potente invasione di ideali e ricerche artistiche, contribuendo,in tal modo, alla semina del fertile terreno culturale russo, portando così allo stato di germoglio quelle realtà che ben presto si sarebbero consacrate a fulgenti e discriminate avanguardie, ultra materialiste e ultra capaci di elaborare in forme nuove l’esperienza francese.

Raggismo, Suprematismo e Costruttivismo

Il Raggismo si insediò sulla scena russa a partire dal 1909, vantando tra i suoi creatori Larinov e Gonciarova, si presentò al mondo con il Manifesto del 1912, all’interno del quale il Raggismo era definito come una sintesi di Cubismo, Futurismo e Arfismo.

Dai capolavori raggisti emerse il desiderio di una trasparenza cristallina del colore e l’uso di una luce che dipartendosi in raggi creava nello spazio nitide figure, servendosi della geometricità cristallina simile a quella del quarzo, e mettendo in atto, in tal modo, il meccanismo di rottura di quel vincolo che univa il Raggismo al Cubismo, poiché alieno all’uso dell’oggetto, mantenendo in ogni caso una sua concretezza.

Il passo assoluto verso l’astrazione avvenne nel 1913 grazie a Malevic, che “liberandosi dalla zavorra dell’oggettività” compì, nell’uso delle assolute forme geometriche, la liberazione della sensibilità dal reticolo illusorio dell’arte figurativa.

L’amicizia di Malevic con Tatlin negli anni bellici definì le sorti dell’arte moderna, concretando la nascita del Suprematismo e allo stesso tempo allontanandosi da esso per approdare nel tecnicismo del Costruttivismo.

Suprematismo
Suprematismo Esempio di arte suprematista. Quadro nero su fondo bianco, Malevič (1915)

L’esito finale del movimento costruttivista si realizzò nei confini della mostra organizzata a Pietroburgo nel 1915, all’interno della quale emersero immediatamente delle divergenze di tipo teorico, tant’è che nel dicembre dello stesso anno Malevic e Tatlin collocarono le proprie opere e quelle dei loro seguaci in sezioni differenti: Tatlin esordì con l’unione di cezanismo, fauvismo e cubismo.

Le composizioni realizzate a partire dal 1913, in particolar modo quelle sospese a fili di ferro, si presentavano come reali costruzioni tecniche, portando in essere la “validità moderna dell’estetica della macchina” e l’intuizione di una “bellezza che avrebbe finito coll’avere le più larghe conseguenze” (DE MICHELI).

Note Bibliografiche
M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del ‘900, Feltrinelli, Milano, 2005

]]>
https://cultura.biografieonline.it/astrattismo/feed/ 21
Espressionismo https://cultura.biografieonline.it/espressionismo/ https://cultura.biografieonline.it/espressionismo/#comments Sat, 21 May 2016 08:53:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18392 Con il termine espressionismo si è soliti definire la volontà e la propensione degli artisti a privilegiare il lato emotivo della realtà rispetto a quello più concreto e percepibile oggettivamente; l’artista espressionista si focalizza quindi sul lato emotivo cercando di esprimerlo con esasperazione.

Espressionismo: scena di strada berlinese - dettaglio - quadro - Kirchner
Dettaglio del quadro “Scena di strada berlinese” dipinto da Ernst Ludwig Kirchner nel 1913 – Olio su tela, 121×95 cm – Museum for German and Austrian Art, New York

La definizione di Espressionismo

Nell’arte, l’espressionismo proponeva una rivoluzione del linguaggio che contrapponeva la sua soggettività al senso di oggettività tipico dell’impressionismo, che invece tendeva a rappresentare la realtà così come la percepiscono gli occhi.

Il movimento espressionista non trova una facile definizione. Così lo definisce lo storico Walter Laqueur:

Gli espressionisti furono un sismografo sensibilissimo […] erano quasi altrettanto commoventi di certi poeti del XVII secolo […]. Il punto più vulnerabile del movimento fu che non conobbe limiti… un difetto tedesco tutt’altro che raro. Non seppe più controllare le proprie emozioni, divenne disordinato e incoerente, incapace di parlare in maniera chiara al mondo esterno. Se fosse stato soltanto uno dei tanti movimenti d’avanguardia, le sue manchevolezze non avrebbero avuto gran peso. Ma siccome si proponeva di cambiare la vita e non soltanto di offrire una nuova forma d’arte, non è possibile valutarlo sulla base d’un metro puramente estetico. L’espressionismo […] era un fermento senza scopo.

Interessante anche la descrizione del saggista francese François Orsini che lo paragona al Futurismo così:

Se il Futurismo si ferma alla pelle dell’individuo, l’Espressionismo fruga nel sangue, nell’anima.

O ancora quella dello scrittore tedesco Carl Sternheim:

La caratteristica della forma d’espressione che oggi viene chiamata Espressionismo è la seguente: essa non esprime le cose essenziali e rifiuta tutto ciò che è accessorio, il che avviene ogni volta che il sostantivo si presenta senza articolo, senza epiteto, senza attributo e rende la nozione più esatta e più chiara; ogni volta che la nudità monumentale del verbo permette di salvare per il mondo un’essenza che si credeva perduta, scartando tutti gli ornamenti superflui, stupidi, tutti i cliché, aggiunte inutili che non hanno altra utilità se non quella di permettere una comprensione progressiva e comoda al lettore medio.

Il contesto storico

Il contrasto, l’assiduo conflitto innervante vite e scenari storici, si configura spesso come il proscenio di un’avanguardia, di un cambiamento radicale nato dalla cruciale rottura con l’intima realtà del passato.

Le avanguardie dei primi anni del Novecento si mossero nel teatro della consapevolezza, interpretando le sorti dell’arte – nella sua reale natura – nell’ottica offuscata dal riverbero stridente di risolutive e dolorose vicende storiche: dagli anni ottanta dell’Ottocento fino ai primi anni del secolo nuovo, il positivismo divenne il ridente vessillo dietro cui schierarsi per opporsi a quella crisi che febbrilmente aveva avvelenato ogni strato sociale e culturale dell’Europa del XIX secolo.

Nel culmine di quell’era galvanizzata, dove i “congressi delle scienze, il vasto impulso industriale, le grandi esposizioni universali, i trafori, le esplorazioni erano tante bandiere agitate al vento impetuoso del Progresso” (DE MICHELI), iniziarono a emergere tutte le contraddizioni covate nel cuore del secolo e che inevitabilmente esplosero nel terribile massacro della prima guerra mondiale.

Il progresso avanguardistico ambì alla ricerca introspettiva dell’essenza, convogliando, di fatti, sensibilità, storia e società in un sentimento di comune identità infranta, di assoluta delusione e di completa e spudorata consapevolezza.

Il Novecento, sulle profonde orme del “secolo lungo”, innovò la realtà moderna, svecchiando e ripulendo dal torpore dell’approccio positivo lo sguardo impressionista, in una prospettiva guidata dall’ideale del superamento, di opposizione alla realtà filosofica, artistica e letteraria che aderì e fece del proprio motto il “Discours sur l’esprit positif” (1844) del filosofo e sociologo francese Auguste Comte (1798 – 1857), nell’utopico tentativo di “spegnere un’attività perturbatrice trasformando l’agitazione politica in un movimento filosofico”(COMPTE).

La nascita dell’espressionismo

L’espressionismo nacque reazionario e ribelle, radicandosi nell’intuizione di uno sguardo interno alla realtà, lontana dai macchinosi ingranaggi del positivismo, ormai divenuto per molti una “filosofia di convenienza”.

L’espressionismo è un movimento che non rientra negli schemi di una precisa definizione accademica – nella sua complessità e nel distacco non privo di radici dall’arte passata – poiché si manifestò sotto varie forme (il sentimento espressionista saturò il contesto pittorico tedesco con i gruppi conosciuti come “Die Brücke” (il “Ponte”) e “Der Blaue Reiter” (il “Cavaliere Azzurro”), mentre in Francia l’anti-positivismo ritrovò la propria fede del movimento dei “Fauves” (delle “belve”), assumendo in ogni caso i connotati di un movimento artistico d’opposizione.

Nella vastità del fenomeno, la cavalleria espressionista tedesca si mosse sul terreno del rifiuto dell’ideale ottocentesco, approdando prepotentemente sulla sponda legata al mito dell’evasione, aderendo al sentimento di un’arte insofferente verso il falso splendore dell’epoca guglielmina, sottraendosi con ogni forza alla volgarità, rifugiandosi, infine, nello spirito.

Ogni sentimento volitivo ed espressivo venne condensato nella realtà divulgatrice dal supremo intelletto del pittore e incisore tedesco Ernst Ludwig Kirchner (1880 – 1938), faro indiscusso del movimento del Die Brücke:

La pittura è arte che rappresenta su un piano un fenomeno sensibile […] Il pittore trasforma in opera d’arte la concezione della sua esperienza. Con un continuo esercizio impara a usare i suoi mezzi . Non ci sono regole fisse per questo. Le regole per l’opera singola si formano durante il lavoro, attraverso la personalità del creatore” (KIRCHNER).

La resa pittorica espressionista, nella matrice del gruppo di artisti tedeschi capeggiati da Kirchner, risulta essere sgradevole, brusca e ben poco edonistica, esibendosi al pubblico come una scossa rivelatrice e palesando il proprio monopolio espressivo optando assiduamente per una scelta figurativa stridente e in cui prevale l’ibridazione.

I colori sono acidi, violenti e l’immagine appare scomposta, tagliente e totalmente lontana dal “frastagliamento atomistico” impressionista, indice dell’audacia espressionista e ben constatabile nel dipinto dal titolo “Scena di strada berlinese” (1913) dello stesso Kirchner.

L’espressionismo tedesco trovò la sua seconda natura nel movimento del Der Blaue Reiter, impegnando le proprie forze intellettuali verso il purismo della missione artistica.

Il gruppo monacense, sin dalla sua fondazione, assunse dei risvolti dai toni esoterici (“Parlare del recondito attraverso il recondito“) , distaccandosi mirabilmente dalla poetica della Brücke, pur condividendone alcuni ideali, quali l’anti-positivismo e l’anti-impressionismo:

Essi cioè tendevano a una purificazione degli istinti anziché al proprio scatenamento sulla tela; non cercavano un contatto fisiologico col primordiale; quanto piuttosto un modo di cogliere l’essenza spirituale della realtà” (DE MICHELI).

Nel clima di uno “spiritualismo neoromantico”e nel segno dell’ “espressionismo lirico“, il pittore russo Vasilij Vasil’evič Kandinskij (1866 – 1944), realizzò la tela nota con il titolo di “Il cavaliere blu” (1912).

Cavaliere blu - dettaglio
Cavaliere blu – dettaglio del quadro di Kandinsky

Il divorzio dall’arte dalla società, l’estraniazione dal mondo e la conseguente evasione nell’Io interiore si concretizzarono nel tentativo di ogni artista aderente al movimento di trasporre, sulla fissità della tela, le più intime verità assolute, dunque spirituali.

L’articolo dal titolo “L’influenza di Gauguin” (“L’influence de Paul Gauguin“), scritto il 23 Ottobre 1903 dal pittore francese Maurice Denise (1870 – 1943) per la rivista “Occident”, appare, nel dedalo dell’affermazioni delucidati i caratteri del movimento espressionista francese, un’utile incursione verso quello moto artistico così prepotentemente innovativo da spingere il critico d’arte Louis Vauxcelles (1870 – 1943) ad esclamare “È Donatello in mezzo alle belve (“fauves”, ovvero «bestie dal pelo fulvo») !“, quando nel corso di un’esposizione vide accostati dei capolavori di Matisse, Rouault e Derain insieme ad una scultura dal gusto rinascimentale.

Maurice Denise indicò l’assolutezza di un’evoluzione che si sublimò lentamente dai margini del naturalismo impressionista per connaturarsi nell’estremismo dolente e sofferto tipicamente espressionista, macchiandosi, in questa particolare circostanza, di quella conversione di cui fu protagonista lo stesso Gauguin:

Come vedete quest’albero?” Aveva detto Gauguin davanti ad un angolo del bosco d’Amour. “Verde ? E allora mettete del verde , il più bel verde della vostra tavolozza; e quest’ombra? Piuttosto blu? Non temete allora di dipingerla col blu più intenso possibile […]“.

I fauves accolsero a pieno titolo la lezione di Gauguin, il quale restituì all’arte il massimo compito della trasposizione, adottando l’espediente della sintesi come unico mezzo per rendere caricaturale la realtà, in quell’iperbole pittorica che trova la sua figura gemella nella metafora poetica.

Note bibliografiche
M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del ‘900, Feltrinelli, Milano, 2005

]]>
https://cultura.biografieonline.it/espressionismo/feed/ 17