automobilismo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 14 Dec 2024 10:25:17 +0000 it-IT hourly 1 La 24 Ore di Le Mans: storia e curiosità https://cultura.biografieonline.it/la-24-ore-di-le-mans-storia/ https://cultura.biografieonline.it/la-24-ore-di-le-mans-storia/#respond Sun, 11 Jun 2023 15:22:49 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=35843 La 24 Ore di Le Mans è una gara di automobilismo che si svolge tutti gli anni sul “Circuit de la Sarthe” di Le Mans, in Francia. Si tratta di un circuito parzialmente permanente, ossia in parte chiuso e in parte aperto al traffico normale nel resto dell’anno. La prima edizione si svolse tra il 26 e il 27 maggio 1923; ogni team era composto da due piloti che si alternavano: uno alla guida mentre l’altro riposava. Nel 1979, e poi dal 1986 in via definitiva, i team si compongono di 3 piloti ciascuno.

Poster dell'edizione 1959 della 24 Ore di Le Mans (in francese, 24 Heures du Mans)
Poster dell’edizione 1959 della 24 Ore di Le Mans (in francese, 24 Heures du Mans)

La storia della corsa

La 24 Ore deve la sua fama alla lunghezza e alla semplicità del regolamento: vince chi in 24 ore percorre più strada. Ma ci sono anche altri aspetti che hanno contribuito a crearne la leggenda.

Per esempio, la famosa partenza “alla Le Mans”: essa avveniva con i piloti schierati su un lato della pista e pronti a scattare a piedi verso le rispettive vetture al segnale dello starter, per poi avviarle e partire.

Nel 1970 si passò però a uno stile di partenza più tradizionale, anche in seguito alla plateale protesta di Jacky Ickx, che l’anno prima aveva “passeggiato” fino alla sua vettura.

Jacky Ickx a Le Mans 1969: passeggia verso l'auto
Le Mans 1969: il pilota belga Jacky Ickx e la sua celebre passeggiata

Il problema infatti era che i piloti, dovendo partire senza l’ausilio dei meccanici, non erano in grado di allacciarsi correttamente le cinture di sicurezza e questo rendeva realmente pericolosa la prima parte di gara (dopo il primo cambio che avveniva ai box, i meccanici potevano allacciare le cinture al pilota subentrante).

L’incidente più grave

Tristemente famosa è l’edizione del 1955 nel corso della quale si verificò l’incidente più grave in tutta la storia dell’automobilismo.

Durante la terza ora di gara, la Mercedes di Pierre Levegh “decollò” in seguito a un tamponamento con Lance Macklin e atterrò sulle tribune.

Oltre al pilota morirono 83 spettatori e 120 rimasero feriti. Dopo questo incidente, i circuiti vennero resi più sicuri; a Le Mans in particolare si lavorò per migliorare la sicurezza degli spettatori; fu una cosa non molto facile se si pensa che in diversi punti dei circa 13,5 km di lunghezza del percorso, le auto transitano nei pressi di abitazioni.

La vittoria più contestata a Le Mans

La gara si disputa tradizionalmente a giugno, con pochissime eccezioni, tra le quali la prima edizione e quelle del 2020 e 2021, posticipate a causa dell’epidemia di COVID-19.

Nel 1966, dopo un estenuante duello con la Ferrari, due vetture Ford piombarono contemporaneamente sul traguardo. Mentre si pensava già ad una vittoria ex aequo, la giuria decise di premiare i neozelandesi Bruce McLaren, fondatore della casa automobilistica che porta tuttora il suo nome, e Chris Amon perché, essendo partiti dietro in griglia, avevano percorso 20 metri in più dei rivali!

Modellino Ferrari Le Mans 1966, numero 21
Un modellino riproduce la Ferrari, nel suo tradizionale colore rosso, della storica edizione di Le Mans del 1966

Nel 2023 la Ferrari torna a Le Mans dopo 50 anni di assenza e fa la storia. Dopo una lunghissima battaglia con la Toyota numero 8, la Ferrari 499P numero 51 trionfa.

I plurivincitori della 24 ore di Le Mans

  • Il danese Tom Kristensen è il pilota che ha vinto il maggior numero di edizioni della corsa: ben 9, tra il 1997 e il 2013.
  • Tra gli italiani spicca Emanuele Pirro che ha trionfato 5 volte fra il 2000 e il 2007.
  • Il costruttore più vincente a Le Mans è la Porsche che vanta 19 primi posti tra il 1970 e 2017.
  • Sono 9 gli allori della Ferrari tra il 1949 e il 1965; gli ultimi 6 sono consecutivi: sconfiggere il Cavallino Rampante in quegli anni sembrava pressoché impossibile. Ci riuscì la Ford nella già menzionata edizione del 1966.
  • L’altra casa italiana ad aver ottenuto vittorie è l’Alfa Romeo: quattro consecutive dal 1931 al 1934.

La 24 Ore al cinema

La fama di questa competizione è tale che ha ispirato anche diverse pellicole cinematografiche. La più famosa è forse “La 24 Ore di Le Mans”: Steve McQueen è il protagonista e interpreta un pilota della Porsche.

Parzialmente ambientato a Le Mans è il film “Adrenalina blu – La leggenda di Michel Vaillant” che si ispira liberamente al pilota immaginario Michel Vaillant, protagonista di fumetti.

Del 2019 è invece il film Le Mans ’66 – La grande sfida ispirato al duello tra Ferrari e Ford.

Lee Iacocca: Signor Ford, c’è un messaggio di Ferrari per lei, signore.

Henry Ford II: Che cosa dice?

Lee Iacocca: Dice che Ford fa piccole e brutte macchine in brutte fabbriche. E… l’ha chiamata ciccione, signore.

Cit. dal film Le Mans ’66

Diversi videogiochi simulano la 24 Ore di Le Mans.

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Strade ed autostrade: le più belle e le più famose del mondo https://cultura.biografieonline.it/strade-ed-autostrade-piu-belle-del-mondo/ https://cultura.biografieonline.it/strade-ed-autostrade-piu-belle-del-mondo/#comments Mon, 31 Jul 2017 13:30:40 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22976 Lunghi nastri d’asfalto lisci e levigati che attraversano paesaggi incantevoli, che sfidano gli ostacoli che la Natura mette di fronte al cammino dell’uomo, o che brillano di luci scintillanti e di negozi lussuosi. Sono milioni i chilometri di strade ed autostrade che in ogni angolo del mondo aiutano dall’antichità gli uomini a spostarsi da un luogo all’altro. Sono una risorsa di immensa importanza logistica che può però anche diventare scenario unico per viaggi da sogno. Come ben sa chi ama programmare le sue vacanze “on the road“, spesso senza una precisa meta e fermandosi dove un luogo o uno scorcio tolgono il respiro e danno un senso di pace. Le strade ed autostrade che meritano di esser percorse almeno una volta nella vita sono più di quante si possa immaginare. Qui, tra quelle famose e quelle un po’ meno conosciute, cercheremo di darvi qualche suggerimento per i vostri prossimi viaggi.

Route 66
La Route 66 attraversa gli Stati Uniti d’America da costa a costa. Tra le strade ed autostrade più famose del mondo occupa uno dei primissimi posti.

L’autostrada dei Laghi: la prima al mondo

Partiamo dalla nostra vecchia e cara Europa, che ha il privilegio di ospitare la prima autostrada del mondo. A “contendersi” il titolo l’Italia e la Germania (toh, guarda caso). Noi con la “Autostrada dei Laghi“, i tedeschi con la AVUS (Automobil Verkehrs und Übungs-Straße ovvero Strada per il Traffico e per le Prove delle Automobili).

Entrambe vennero progettate e costruite negli anni ’20. La diatriba nasce dal fatto che sebbene la AVUS fu terminata prima della “Milano Laghi”, in realtà non nacque come autostrada ma come pista di prova per le auto. Venne convertita solo dopo in via trafficabile.

Invece, la strada che nel 1921 l’ingegnere Pietro Puricelli progettò per collegare Milano con le zone turistiche del Lago di Como e del Lago Maggiore, nacque proprio come riservata al traffico veloce e con il pagamento di un pedaggio per coprire le spese di costruzione e di gestione.

Strade ed autostrade: entrata della Milano-Laghi da Piazzale ai Laghi
Settembre 1952: l’entrata dell’autostrada Milano-Laghi da Piazzale ai Laghi.

Le strade degli antichi romani

Ma a costruire vie di comunicazione lunghe e funzionali avevano già pensato gli antichi Romani. Essi pur senza gli ausili della modernità, facevano cose davvero a regola d’arte. Da Roma partivano e partono tuttora strade che collegano l’Urbe ai quattro angoli dello Stivale. Tra queste vi è la Via Appia, che arrivava sino a Brindisi e che serviva per portare uomini e merci al porto da cui salpavano le navi per la Grecia. Oggi le antiche vie romane sono strade statali preziose per alleggerire il traffico delle principali autostrade e collegare i piccoli centri.

Strade famose d’Europa

Altri due esempi di strade da vedere (e percorrere) in Europa li troviamo in Norvegia e in Irlanda. Il paese dei fiordi possiede una delle opere viarie più ardite, la Atlantic Ocean Road. Una strada lunga solo otto chilometri simile ad un immenso otto volante sospeso su una serie di isolotti che collegano le città di Kristiansund e Molde. E’ esposta a vento e mareggiate tanto da essere classificata come la strada più pericolosa del mondo. In compenso nel 2006, il quotidiano inglese The Guardian l’ha eletta “miglior viaggio su strada”.

In Irlanda invece c’è la splendida Conor Pass, un valico montano posto nella Penisola di Dingle, nel nord dell’isola. Una strada impervia e insidiosa, che si arrampica sulle pendici del Monte Brandon e che offre panorami mozzafiato sulla omonima baia e su una serie di laghetti sparsi nelle vallate. Come per la sua “sorella” norvegese, la Conor Pass richiede grande impegno nella guida. In alcuni punti la strada è limitata solo da un muretto di pietra, oltre il quale ci sono precipizi di oltre seicento metri.

Se non amate i paesaggi selvaggi e le emozioni forti ma preferite le luci delle metropoli e la bellezza dei monumenti, potete comunque concedervi una lunga ed appagante promenade sugli Champs Elysées a Parigi o sulle Ramblas a Barcellona, i due “salotti” più belli del Vecchio Continente, sempre vivi e popolati giorno e notte.

In America

Spostiamoci dall’altra parte dell’Atlantico e diamo un’occhiata a cosa offre il continente americano. Concentriamoci sulle meraviglie stradali negli USA, a partire dalla celeberrima Route 66. La più famosa ed antica “highway” statunitense, resa celebre anche anche da tante “apparizioni” cinematografiche, attraversa gli States da costa a costa lungo 3.755 km che uniscono Chicago alla California e che percorrono scenari unici al mondo.

Oggi purtroppo la via originale non esiste più, rimpiazzata dal 1985 dalla Interstate Highway System (il tema è affrontato anche nel celebre film d’animazione Disney del 2006, Cars)Ma all’interno di ogni singolo stato attraversato da quella che oggi si chiama Historic Route 66, le varie contee hanno cercato di ripristinare il vecchio tracciato. Di fatto oggi, con una attenta e precisa pianificazione dell’itinerario, si può percorrere oltre l’80% della via originale.

Ovviamente i “salotti buoni” da frequentare non mancano nemmeno negli USA. Due su tutti: la celeberrima 5th Avenue a New York e la meno famosa ma altrettanto lussuosa Magnificent Mile a Chicago. Strade nelle quali si concentra tutto il meglio dello shopping e dei negozi delle più grandi griffes della moda, percorse ogni anno – come le loro omologhe europee – da milioni di turisti.

Lombard Street strada a curve San Francisco
Un’altra celebre strada statunitense: Lombard Street, a San Francisco, è una caratteristica strada in discesa composta da un susseguirsi di curve.

Strade ed autostrade nel resto del mondo

Dando uno sguardo al resto del mondo, meritano un viaggio la Ruta 40, che attraversa tutta l’Argentina da nord a sud, dalla Bolivia alla Terra del Fuoco lungo 5.000 km di paesaggi mozzafiato. La Garden Route, una meravigliosa autostrada panoramica che costeggia la parte meridionale del Sudafrica. E infine la Great Ocean Road, un’altra litoranea che disegna circa 200 km della costa sudorientale dell’Australia. Un’autostrada anche simbolica dal punto di vista storico, visto che fu costruita dai soldati australiani reduci dalla Prima Guerra Mondiale, e da loro stessi dedicata ai commilitoni caduti.

Conoscete o avete percorso altre strade famose che vi sentite di consigliare ad altri? Scrivetelo nei commenti.

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Differenze tra sospensioni e ammortizzatori https://cultura.biografieonline.it/sospensioni-ammortizzatori/ https://cultura.biografieonline.it/sospensioni-ammortizzatori/#respond Thu, 01 Oct 2015 10:11:39 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15257 Che differenza c’è tra le sospensioni e gli ammortizzatori? Il dubbio, che aleggia tra chi non ha una grande esperienza in fatto di macchine, è molto diffuso. Vale la pena, quindi, di risolvere il mistero. Per prima cosa, è bene sottolineare che sia le sospensioni che gli ammortizzatori sono importanti non solo per le prestazioni, ma anche per la sicurezza dei veicoli, in quanto servono a garantirne la tenuta di strada.

Sospensioni e ammortizzatori
Sospensioni e ammortizzatori

Le sospensioni, in particolare, sono costituite da componenti elastiche che collegano il telaio (cioè la struttura principale) della macchina alle ruote: il loro scopo è quello di assorbire i colpi e le sollecitazioni provenienti dal terreno (per esempio quando si incontra una buca o un dosso), favorendo la stabilità del veicolo e quindi offrendo il massimo comfort possibile a chi si trova alla guida e ai passeggeri.

L’importanza del ruolo delle sospensioni è facile da capire se si pensa a cosa accadrebbe se l’intera massa della macchina fosse collegata direttamente alle ruote: in pratica, tutti i movimenti delle ruote sarebbero trasmessi al telaio, e quindi a chi si trova a bordo, con sobbalzi a dir poco pericolosi. Insomma, riuscire a controllare il mezzo sarebbe pressoché impossibile, senza scordare la scomodità di un viaggio di questo tipo.

Le sospensioni si chiamano così in quanto separano le masse sospese (cioè la carrozzeria, gli interni, il motore, eccetera) dalle masse non sospese (cioè le gomme, i cerchioni e i freni) del veicolo.

E’ possibile vedere degli esempi di sospensione, qui.

I tipi di sospensione

Si può distinguere tra diversi generi di sospensioni: quelle a barre di torsione, quelle a balestra, quelle a molle e quelle pneumatiche. Le più utilizzate sono le sospensioni a molle elicoidali, che si basano su molle a torsione che agiscono per compressione. Per evitare che le molle si flettano lateralmente (come accade quando proviamo a premere una molla con le mani), esse sono dotate di una guida.

Sospensioni a molla
Sospensioni a molla elicoeidale

Le molle, a loro volta, possono essere lineari, vale a dire a flessibilità costante, o progressive, vale a dire a flessibilità variabile. In questo secondo caso, la flessibilità cambia in funzione della sollecitazione che si ottiene da spirali di dimensioni differenti.

Gli ammortizzatori

Gli ammortizzatori, invece, sono componenti associati alle sospensioni: il loro compito è quello di rallentare e di attenuare proprio il movimento delle sospensioni, le quali – essendo strumenti elastici – dopo una sollecitazione tendono a tornare allo stato iniziale non in modo fluido, ma con una certa violenza.

In assenza degli ammortizzatori, le sospensioni darebbero vita a reazioni tali da rendere nulla la loro azione, e di conseguenza il comfort di guida sarebbe comunque compromesso. Insomma, le sospensioni senza gli ammortizzatori non hanno ragion d’essere.

Senza gli ammortizzatori si potrebbero verificare anche delle conseguenze più gravi: per esempio, in presenza di una deformazione del manto stradale particolarmente evidente, come un buco più ampio della norma, le ruote della macchina rischierebbero addirittura di staccarsi da terra, con il veicolo che perderebbe aderenza e il conducente che farebbe molta fatica a controllarlo.

Sospensione - Ammortizzatore

Gli ammortizzatori, dunque, assorbono le oscillazioni e gli urti controllando il movimento delle sospensioni. Grazie ad essi le molle delle sospensioni possono essere morbide, in quanto la velocità di movimento delle sospensioni in corrispondenza degli urti viene tenuta sotto controllo.

Anche per gli ammortizzatori, così come per le sospensioni, si possono distinguere tipologie diverse: ammortizzatori idraulici, ammortizzatori a frizione, ammortizzatori pneumatici, ammortizzatori magnetici e mass damper.

Particolarmente interessanti sono gli ammortizzatori pneumatici, che si basano sulla presenza di un gas che passa attraverso una fessura nel momento dell’estensione e della compressione: in questo modo, l’energia che lo preme viene assorbita. Essendo il gas elastico, questi ammortizzatori possono essere adoperati anche come sospensioni. Una delle aziende leader nella produzione di questi componenti meccanici è bilstein.com

Ecco spiegata, dunque, la differenza tra sospensioni e ammortizzatori: le prime, in pratica, assorbono gli urti durante la circolazione, ma senza i secondi non potrebbero funzionare.

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Differenza tra Crossover e Suv https://cultura.biografieonline.it/crossover-suv-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/crossover-suv-differenze/#respond Tue, 01 Jul 2014 18:12:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11356 I termini Crossover e Suv vengono usati nella lingua italiana per indicare due diverse tipologie di auto. Molto spesso si fa confusione tra i due termini.

Suv o Crossover
Suv o Crossover? Una della più attese novità del settore automotive è l’Audi Q4

Suv

Suv, che è l’acronimo di Sport Utility Vehicle, tradotto con la denominazione di Veicolo Utilitario Sportivo, identifica una particolare categoria di autoveicoli dall’assetto rialzato e, tendenzialmente, a trazione integrale.

I Suv sono simili nell’aspetto ad una monovolume, o station wagon, e presentano alcune caratteristiche simili al fuoristrada (altezza elevata da terra, quattro ruote motrici). Uno degli elementi più distintivi tra Suv e fuoristrada è sicuramente dato dallo stesso telaio. I Suv utilizzano infatti una scocca portante, mentre i fuoristrada nascono su un telaio a longheroni, enormemente più adatto appunto all’uso da fuoristrada.

In caso di incidente, i Suv sono considerati le vetture più sicure. Sono soggetti però a ribaltarsi, dato che il loro baricentro è situato parecchio in alto. Il mezzo presenta le seguenti caratteristiche che lo rendono unico e inconfondibile: confort elevati, spazi di abitabilità interna lussuosi, grandi potenze ed infine carrozzerie allargate.

I Suv hanno buone finiture e buone prestazioni su strada anche nel caso di asfalto bagnato o di ghiaccio. Sono invece oggetto di critica per le loro dimensioni poco consone per le grandi città, per i valori elevati che emettono nell’aria di CO2 e per gli alti consumi.

Crossover

Di diversa tipologia invece sono i Crossover. Il loro nome deriva dall’acronimo Crossover Utility Vehicle. Si tratta di un’automobile che sembra nell’aspetto simile ad un Suv, ma con caratteristiche che lo allontanano da un fuoristrada e lo avvicinano maggiormente a una normale station wagon, che presenta però un assetto maggiormente rialzato.

Molte delle attuali compact Suv appartengono alla categoria, quella dei Crossover, costruite con una monoscocca ma con capacità d’utilizzo di una autovettura e non di un fuoristrada. Questi mini-Suv non sono caratterizzati dalla trazione delle quattro ruote motrici, ma adottano spesso la trazione 2WD, soprattutto con trazione anteriore. Inoltre, hanno molti meno optional rispetto ai tradizionali Suv.

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Storia della Maserati https://cultura.biografieonline.it/maserati-storia/ https://cultura.biografieonline.it/maserati-storia/#comments Sat, 19 Oct 2013 10:52:43 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8009 La gloriosa tradizione italiana (e, in particolare, emiliana) nel settore delle auto di lusso e da competizione conta ormai un secolo di vita. Essa affonda le proprie radici nel lontano 1914: quando Enzo Ferrari ha appena 16 anni e Ferruccio Lamborghini non è ancora nato, Alfieri Maserati, già collaudatore della Isotta Fraschini – altra prestigiosissima casa automobilistica italiana che, però, è rappresentativa di una fase, diremmo, più arcaica – fonda a Bologna la “Società Anonima Officine Alfieri Maserati”.

Il logo della Maserati
Maserati: il famoso logo

Carlo Maserati

Iniziatore della tradizione di famiglia nel mondo dei motori è Carlo Maserati. E’ nato nel 1887, quartogenito dei sette figli di Rodolfo Maserati, macchinista nelle Ferrovie, e Carolina Losi, entrambi di Voghera.

Ideatore di un motore per biciclette, gareggia egli stesso su velocipedi della fabbrica Carcano, dove lavora come tecnico, registrando importanti successi. Passa poi alla Fiat e, nel 1903, alla Isotta Fraschini – come collaudatore ed esperto di meccanica. Chiama con sé, poco dopo, suo fratello Alfieri. La sua carriera agonistica prosegue con la Bianchi, per poi assumere la direzione generale della torinese Junior. Fino ad avviare una propria attività di produzione di parti elettriche per auto. La sua vita, però, si interrompe prematuramente nel 1916, ad appena 29 anni.

Alfieri Maserati

Alfieri, intanto, che nella Isotta Fraschini ha seguito le orme di Carlo, come tecnico e corridore, facendosi apprezzare per le sue doti fino ad assurgere a ruoli dirigenziali, nel 1914 – proprio come il fratello – dà vita, nel capoluogo emiliano, alla sua società, coinvolgendo altresì alcuni degli altri suoi fratelli. Le “Officine Maserati” lavorano inizialmente per le vetture della Isotta Fraschini, a bordo delle quali Alfieri vince diverse corse.

Il prestigio e la notorietà acquisiti destano l’interesse dei fratelli Diatto, anch’essi produttori torinesi di auto sportive di alto segmento. Essi lo chiamano a progettare e pilotare le loro vetture. Anche qui Alfieri si distingue per abilità e competenza. Un incidente di percorso (partecipa ad una gara con un motore non regolamentare), gli costa però cinque anni di squalifica.

La penalizzazione, che porta con sé un pesante fardello di mortificazione e frustrazione, si rivela invece provvidenziale. Gli offre un lungo periodo di riflessione alla fine del quale Alfieri si ritrova con idee molto chiare per il suo futuro. Le “Officine Maserati” produrranno auto proprie sotto il simbolo del Tridente. Il marchio viene scelto pensando alla fontana di piazza Nettuno, a Bologna, raffigurante l’omonimo dio delle acque.

Il simbolo del tridente Maserati
Maserati: il simbolo del tridente

Nasce il mito “Maserati”

La prima auto nasce nel 1925, ed è subito un trionfo. Pilotata dallo stesso Alfieri, la “Tipo 26” si aggiudica la spericolata “Targa Florio”. Due anni dopo la “Tipo 26B” vince il Campionato Internazionale Marche. Nel 1929 viene stabilito il record mondiale di velocità con la “V4”. Il Tridente della Maserati ha ormai conquistato i cuori degli sportivi e degli appassionati di auto in tutto il mondo. La “V4” vince anche il GP di Tripoli, nel 1930.

Oramai lanciata nel blasonato e lussuoso firmamento dell’automobilismo sportivo, Alfieri progetta e realizza altri due bolidi, la “4CTR” e la “8C 2500”, prima del 1932, anno in cui, in seguito ad un tragico incidente stradale, si spegne anch’egli, il 3 di marzo, all’età di 47 anni.

Ma i fratelli Ernesto, Ettore e Bindo, animati dalla stessa carica di determinazione e di entusiasmo, caratteristiche di famiglia, non si lasciano scoraggiare. Dopo un primo momento di ovvio dolore e disorientamento, prendono in mano le redini della casa automobilistica decisi a perpetuarne lo stile, la tecnologia ed il successo.

Nel 1933 arruolano il pilota Tazio Nuvolari, che vince ben tre GP, in Belgio, in Montenero e a Nizza. Seguono ancora due vittorie, nel 1939 e 1940, ad Indianapolis, prima della pausa forzata a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

L’Italia dei motori

Gli anni successivi alla guerra vedono l’Italia primeggiare, a livello mondiale, nel campo delle automobili: su strada o su pista, l’industria italiana propone vere perle di eleganza, efficienza, potenza, dalle “Lancia” alle “Alfa Romeo” (la casa vincitrice del primo GP di Formula 1), dalle “Ferrari” (che vincono il secondo GP e si aggiudicano poi una serie innumerevole di vittorie in F1 e in altre competizioni) alle “Lamborghini”, e con nomi altisonanti nel settore del desing: l’argentino De Tomaso, che in Italia avvia e sviluppa la sua brillante carriera; le carrozzerie Pinin Farina e Bertone, la Italdesign di Giorgetto Giugiaro.

In tutto questo la Maserati, che nel 1937 era stata ceduta ad Adolfo Orsi – l’imprenditore bolognese che avrà un ruolo determinante nella decisione di Enzo Ferrari di dedicarsi alla produzione di auto – conserva una posizione di primissimo piano. I vecchi proprietari, che sono rimasti nell’azienda come curatori del settore tecnico, continuano a dare il proprio prezioso contributo.

Grazie anche a piloti formidabili come Fangio, Gonzalez, Marimon, Bonetto, de Graffenried, la Squadra Corse Maserati consegue una lunga serie di successi, fra i quali il Gran Premio di Modena del 1951, il GP d’Italia del 1953, il GP di Argentina del 1954, fino al titolo iridato in F1, nel campionato 1957.

L’addio alle competizioni

Grande deve essere stata la frustrazione per la dirigenza della casa bolognese (da qualche anno trasferitasi a Modena) quando, subito dopo aver conseguito il titolo più ambito, si vede costretta ad annunciare il ritiro dalle competizioni per i costi ormai divenuti insostenibili. Pur continuando a progettare e costruire eccellenti motori per altri marchi – in particolare per la Cooper – la Maserati punta ormai alla produzione di auto sportive di gran lusso e di grande successo.

Gli anni delle trepidazioni

Con i modelli “3500 GT”, “Sebring”, “Mistral” fino alla “Quattroporte”, prima berlina di alta classe, seguita dalla leggendaria “Ghibli”, e grazie allo stile unico, alla efficienza ed alla potenza, Maserati si afferma sul mercato internazionale inserendosi a pieno titolo fra le case di più alto prestigio.

Nonostante ciò, alla fine degli anni ‘60 inizia un periodo turbolento che la vede passare di mano in mano. Nel 1968 la famiglia Orsi cede l’industria alla Citroen. Nel 1975 la proprietà passa alla Benelli fino al 1993, quando viene acquisita da FIAT Auto. Fra il 1997 ed il 1999 passa alla Ferrari per tornare alla FIAT nel 2005.

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Tanto scombussolamento, che farebbe pensare ad una crisi continua ed irreversibile, non influisce invece sulle capacità del Tridente di continuare a dare il meglio di sé: con la Citroen sforna la “Merak”, la “Khamsin”, i prototipi della “Quattroporte II”, carrozzata da Bertone, e la “Merak SS”, tutte auto di eccezionale livello le cui vendite sono frustrate soltanto dalla crisi petrolifera degli anni ’70. Con la Benelli, che ne ha affidato l’amministrazione a De Tomaso, vengono prodotte la “Kyalami” e la “Quattroporte III”, disegnata da Giugiaro, grazie alle quali le vendite riprendono a salire, nonostante la crisi. Segue la Biturbo che riscontra una tale affermazione da indurre la casa a produrne alcune decine di versioni. Anche la “Quattroporte” messa in cantiere da FIAT Auto e disegnata da Marcello Gandini ottiene grande riscontro sul mercato.

Maserati oggi

Gli anni Duemila si aprono all’insegna dell’ottimismo, in un crescendo continuo le cui tappe sono segnate dalla “3200GT”, a firma Giugiaro, e dalla “Quattroporte Evoluzione”, in produzione già dal 1998. Seguono la “Spyder” e la “Coupé”, veri gioielli di ricercatezza e tecnologia. Ma la vera spinta per il rilancio viene dalla nuova versione della “Quattroporte”. Essa si afferma sui mercati internazionali collocandosi fra le berline più premiate ed apprezzate.

Una foto della Maserati Gran Cabrio 2007
Maserati Gran Cabrio

Con il ritorno alla FIAT, nel 2005, la Maserati raggiunge l’apice del successo. Dopo le buone performance di vari nuovi modelli, il varo della “GT” rappresenta, nel 2007, una vera esplosione di consenso ed entusiasmo intorno al simbolo del Tridente, il quale viene ormai affiancato ai più prestigiosi ed esclusivi marchi automobilistici internazionali.

Con il lancio della “Gran Cabrio”, nel 2007, la casa di Modena scrive un’altra memorabile pagina nella storia dell’automobilismo sportivo e di lusso. Conferma ed ulteriormente accresce la propria fama. Ma questi sono anche gli anni del ritorno alle competizioni – pur se non nelle gare di massimo livello. Si conquistano nuovi trofei, tra i quali ben 12 nei Campionati Mondiali FIA GT.

Maserati Coupè
Maserati Coupé

Il Museo delle Maserati

Delle 40 automobili che compongono la collezione di auto storiche della famiglia Panini, a Modena, ben 23 recano il marchio Maserati. In un excursus storico davvero emozionante che, prendendo le mosse dal 1936, con la “Tipo 6 CM”, attraversa i decenni con i modelli di maggior prestigio. Come la “Tipo A6GCS Berlinetta Pinin Farina”, del 1953. La “A6G/54”, costruita nel 1954 e carrozzata da Alemanno. La “3500 GT Carrozzeria Touring”, del 1957. La “420M/58 Eldorado”, costruita in un solo esemplare per la 500 Miglia di Monza del 1958. Dino alla “Khamsin”, a firma Bertone, del 1972. Oltre ad alcuni prototipi rimasti tali perché non ne fu mai avviata la produzione.

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Perché il classico colore della Ferrari è il rosso? https://cultura.biografieonline.it/rosso-ferrari/ https://cultura.biografieonline.it/rosso-ferrari/#comments Thu, 17 Oct 2013 13:31:53 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8016 La Ferrari è un oggetto di culto, vero e proprio emblema delle auto di lusso italiane è conosciuta in tutto il mondo anche grazie al suo acceso colore rosso. Questi velocissimi bolidi made in Italy, hanno mantenuto il colore rosso perché, sin dagli anni 30, nell’automobilismo sportivo internazionale in base ad un provvedimento, preso durante le due guerre mondiali, dall’associazione che in seguito verrà chiamata FIA, era il colore che rappresentava l’Italia.

Una fiammante Ferrari di colore rosso
Perché il rosso è considerato il colore classico di una Ferrari?

In quel periodo anche l’Alfa Romeo competeva con le macchine di colore rosso. I colori delle altre nazioni erano differenti: il blu per la Francia, l’argento per la Germania, il bianco ed il blu per gli Stati Uniti ed il verde per la Gran Bretagna. Il rinomato colore rosso fuoco è considerato ancora ai giorni nostri, l’eredità di una delle prime usanze nel mondo della Formula 1. Nel 1964 Enzo Ferrari utilizzò per protesta contro la Federazione italiana automobilismo, che a suo dire, non l’aveva tutelato in una vertenza con l’organismo internazionale, delle auto bianche con una striscia blu.

Col passare degli anni, la tonalità del rosso delle vetture di casa Ferrari, è gradualmente passata dal rosso scuro (famoso come rosso Alfa) ad una tinta notevolmente più accesa, nota come rosso corsa. Mentre, le auto francesi come la Bugatti sono blu, le tedesche come la BMW e la Porsche bianche, le inglesi Lotus e Jaguar verdi. Tale colorazione, rimasta uguale nel tempo per le vetture da gara, per le Ferrari di serie è invece cambiata, dopo l’acquisizione del marchio da parte di Fiat.

Una Ferrari gialla
Ferrari con colori alternativi, ad esempio il giallo

Se prima anche le auto di serie erano prodotte quasi esclusivamente rosse, di anno in anno, sono comparse colorazioni varie per assecondare i desideri dei clienti.

Una Ferrari colore bianco
Le varie colorazioni Ferrari assecondano i desideri e le richieste dei clienti

Nel mondo delle gare, con l’arrivo degli sponsor, la vecchia “tabella colori degli Stati” è stata abbandonata ma ciò ha reso sempre più difficile ritrovare nei colori l’identità nazionale delle scuderie. Viceversa per il mondo “Ferrari”, la tradizione è continuata. La primadonna che fa trepidare i tifosi nelle piste mondiali è ancora lei e non c’è al mondo un qualunque ricco signore che un giorno non decida di comprarsi un sogno, “una Rossa Ferrari”, appunto!

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La 500 Miglia di Indianapolis, breve storia https://cultura.biografieonline.it/la-500-miglia-di-indianapolis/ https://cultura.biografieonline.it/la-500-miglia-di-indianapolis/#comments Thu, 30 May 2013 12:38:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7382 La 500 Miglia di Indianapolis nasce ufficialmente il 30 maggio 1911: in questa data si disputa la prima corsa sulla Indianapolis Motor Speedway realizzata nel 1909, su un totale di 200 giri. Il vincitore è Ray Harroun, alla guida di una Marmon Wasp, che si aggiudica il montepremi di 27.550 dollari. A partire dall’anno successivo, viene stabilito il numero di partenti (33, valido ancora oggi); nelle edizioni seguenti, l’attenzione da parte del pubblico diventa sempre più costante, e anche marchi europei come Peugeot, Fiat e Mercedes provano a buttarsi nella mischia.

La 500 Miglia di Indianapolis
La 500 Miglia di Indianapolis: una foto che immortala l’arrivo al traguardo (2013)

La casa francese, per esempio, vince nel 1913, nel 1916 e nel 1919. Negli anni Venti, comunque, sono i marchi e i piloti statunitensi a ritornare in auge, mentre nel 1938 il proprietario dell’autodromo Tony Hulman dà il via ai lavori di asfaltatura del circuito (fino a quel momento realizzato in porfido). Dopo la Seconda Guerra Mondiale (periodo in cui la corsa viene sospesa, come già era accaduto per la Grande Guerra), tra gli anni Cinquanta e Sessanta la 500 Miglia di Indianapolis viene considerata valida come gara per il Mondiale di Formula 1, allo scopo di avvicinare due tra le competizioni automobilistiche più importanti al mondo; il tentativo, tuttavia, si rivela fallimentare, e dal 1960 in poi viene abbandonato.

Gli europei, in quel periodo, preferiscono non prendere parte alla trasferta Oltreoceano, anche per motivi economici. Tra i pochi a provarci c’è Alberto Ascari, a bordo di una Ferrari 375 F1 modificata; nel 1961 tocca a Jack Brabham, guidando una Cooper da F1 modificata. L’arrivo della Lotus di Chapman cambia i piani, con l’introduzione del motore posteriore e del telaio monoscocca. Sono, quelli, anni in cui alla corsa si iscrivono futuri campioni di Formula 1: è il caso di Jim Clark, vincitore nel 1965, e di Graham Hill, che trionfa l’anno successivo con la sua Lola-Ford; ma anche di Jackie Stewart, che sempre nel 1966 viene eletto Matricola dell’Anno.

Negli anni Settanta, Indianapolis diventa territorio di conquista per gli inglesi, tra Lola, McLaren e March: quest’ultima scuderia vincerà cinque edizioni consecutive tra il 1983 e il 1987. Dopo aver visto il debutto di Porsche, nel 1989 e nel 1990, il circuito americano accoglie addirittura, nei primi anni Novanta, l’Alfa Romeo: l’avventura della casa italiana, però, si rivela un flop. Tra il 1995 e il 2011 sono solo quattro i piloti americani a tagliare per primi il traguardo: nel frattempo, l’elenco di driver alla partenza si globalizza sempre di più, con gli esordi di Paesi come il Giappone (l’ex Formula 1 Takuma Sato), il Belgio (Bertrand Baguette), il Sudafrica (Tomas Scheckter) o la Svizzera (Simona De Silvestro).

Una fotografia di Janet Guthrie
Janet Guthrie: nel 1977 fu la prima donna a qualificarsi per la 500 Miglia di Indianapolis

A proposito di donne in pista, la prima a qualificarsi fu, nel 1977, Janet Guthrie, che segnò la definitiva conclusione di un periodo (durato fino ai primi anni Settanta) in cui le rappresentanti del gentil sesso addirittura non potevano entrare nella pit-lane. Oltre alla Guthrie e alla De Silvestro, sono sei le donne che hanno corso la 500 miglia di Indianapolis: Lyn St. James, Pippa Mann, Ana Beatriz Figueiredo, Milka Duno, Sarah Fisher e Danica Patrick, forse la più famosa tra tutte. La Patrick, infatti, è stata anche la prima donna a trovarsi al comando della corsa (nel 2005 fu in testa per diciannove giri) e a salire sul podio (nel 2009, quando arrivò terza).

La 500 miglia di Indianapolis permette di partecipare alle qualifiche a chiunque disponga di una vettura con pneumatici Firestone, motori Honda e Chevrolet e telaio Dallara DW12. La corsa si svolge in occasione del Memorial Day, l’ultimo lunedì di maggio, in occasione del quale gli Stati Uniti commemorano i caduti in guerra, ma le prove libere durano per l’intero mese di maggio. Lo svolgimento della gara prevede che le vetture prendano il via con la partenza lanciata, che si verifica con tre macchine disposte in fila per undici file. La bandiera a scacchi, come detto, viene sventolata dopo duecento giri, che corrispondono a 500 miglia (poco più di 800 chilometri).

Tra le varie tradizioni che fanno da contorno all’evento, si ricordano il colpo di cannone che annuncia, alle sei della domenica mattina, l’apertura dello speedway, e il “Last row party”, festa organizzata il venerdì prima della corsa che intende celebrare e dileggiare simpaticamente gli ultimi tre qualificati.

E' tradizione che il vincitore della 500 Miglia di Indianapolis beva del latte
Indianapolis: per tradizione il vincitore alla fine della gara beve del latte

Al termine della competizione, la vettura e il pilota che hanno vinto entrano nella Victory Lane: al driver viene passata immediatamente una bottiglia di latte (una tradizione iniziata dal 1936 quando Louis Meyer dopo aver vinto venne immortalato dai fotografi con in mano una bottiglia di latte intero ghiacciato). L’appuntamento con il latte è divenuto tanto rituale al punto che spesso le aziende produttrici di latte sponsorizzano la corsa.

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