attentati Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 01 May 2020 08:20:20 +0000 it-IT hourly 1 L’attentato a Indira Gandhi https://cultura.biografieonline.it/indira-gandhi/ https://cultura.biografieonline.it/indira-gandhi/#respond Fri, 31 Oct 2014 07:47:39 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=12419 Indira Gandhi fu uccisa il 31 ottobre del 1984 a Nuova Dehli (India) da due militari della sua guardia personale. L’attentato si svolse nel giardino della sua residenza. Indira Gandhi era Primo Ministro dal 1980, quando era ritornata al potere grazie alla maggioranza ottenuta alle elezioni del gennaio 1980, che videro il suo partito, il Congresso nazionale indiano (Indian National Congress), ottenere la maggioranza nel parlamento indiano.

Indira Gandhi fu uccisa a Nuova Delhi il 31 ottobre 1984
Indira Priyadarshini Gandhi (Allahabad, 19 novembre 1917 – Nuova Delhi, 31 ottobre 1984)

Indira era l’unica figlia di Kamla e Jawaharlal Nehru, il Primo Ministro dell’India. Prese il nome dal marito Feroze Gandhi, che non era in alcun modo imparentato con il Mahatma Gandhi.

Il giorno dell’attentato

Indira Gandhi stava scendendo i gradini che portavano al giardino della sua residenza quando le due guardie di etnia sikh, che si trovavano ai lati della scala, le spararono contro 33 pallottole, uccidendola sul colpo.

I primi tre colpi furono sparati da Beant Singh, uno dei militari di cui Indira si fidava di più, il quale impugnò la sua P 38, e le sparò al petto. Gli altri colpi, invece, furono esplosi da Satwant Singh, la seconda guardia del corpo, che sparò con la sua mitragliatrice contro la signora Gandhi colpendola al cuore, al petto e all’addome.

Pochi giorni prima il generale Kumar aveva consigliato Indira di rimuovere tutti i membri di etnia sikh dalla sua guardia personale. Indira aveva detto di no, e nel motivare la sua risposta confermò la sua volontà di unire il paese rispettando le diverse etnie, senza escludere nessuno.

In realtà il pericolo che Indira Gandhi correva era dovuto all’odio che i sikh le avevano dimostrato in più occasioni, soprattutto a causa delle repressioni che avevano subìto per opera dell’esercito indiano.

Indira Gandhi
Indira Gandhi

Le cause e le conseguenze dell’attentato a Indira Gandhi

La causa principale dell’omicidio di Indira Gandhi fu la repressione che l’esercito indiano perpetrò contro i sikh all’inizio degli anni ’80. I sikh da diversi anni chiedevano l’indipendenza dello Stato del Punjab, territorio in cui erano la maggioranza.

Fra i vari episodi che videro i sikh scontrarsi contro le forze dell’ordine ci fu la tragedia del Tempio d’oro, in cui i militari uccisero e ferirono molti sikh che vi si erano rifugiati. Il Tempio fu bombardato e occupato il 2 giugno del 1984. Alla fine del mese i militari si ritirarono lasciandosi alle spalle centinaia di morti.

Dopo l’attentato l’India fu sconvolta da sommosse e tumulti e circa un migliaio di sikh vennero trucidati.

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Maria Grazia Cutuli https://cultura.biografieonline.it/maria-grazia-cutuli-storia/ https://cultura.biografieonline.it/maria-grazia-cutuli-storia/#respond Thu, 24 Apr 2014 09:36:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10525 Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera, uccisa in Afghanistan il 19 novembre 2001, descriveva così Kabul: “Città di spie, Kabul, messe alle costole di ogni straniero. Capitale di macerie, di mendicanti che stazionano a ogni incrocio, di bambini laceri e affamati”. Maria Grazia Cutuli si trovava lì per seguire le operazioni militari dopo la caduta del regime dei talebani in Afghanistan. Con lei c’erano anche altri tre giornalisti: l’australiano Harry Burton, l’afghano Azizullah Haidari, entrambi corrispondenti della «Reuters» e lo spagnolo Julio Fuentes del «Mundo». Due dei sospetti assassini vengono poi arrestati.

Maria Grazia Cutuli
Maria Grazia Cutuli

Maria Grazia Cutuli

Maria Grazia Cutuli nasce a Catania il 26 ottobre 1962. Capelli rossi lunghi, un fisico minuto, sofisticata, coraggiosa, testarda. Si laurea con 110/110 e lode all’Università di Catania con una tesi su Spazio e potere di Michel Foucault. La sua carriera di giornalista comincia nel 1986, nel principale quotidiano della Sicilia orientale, “La Sicilia” e conduce l’edizione serale del telegiornale dell’emittente televisiva regionale Telecolor International. Si trasferisce poi a Milano, dove inizia a lavorare per il mensile “Marie Claire”. Ottiene contratti a termine dal mensile “Centocose” e dal settimanale “Epoca”. Dopo quattro contratti a termine, nel 1999 viene assunta a tempo indeterminato alla redazione esteri del “Corriere della Sera”.

L’agguato

È il 19 novembre, sono le 5.30 del mattino. Venti giornalisti sono a bordo di otto veicoli. Il convoglio parte da Jalalabad e si dirige verso la capitale afgana. Ad aprire il convoglio, c’è una Toyota Corolla con a bordo Maria Grazia Cutuli, lo spagnolo Julio Fuentes, l’autista afgano e il traduttore. Il secondo mezzo trasporta l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari, entrambi corrispondenti della “Reters”, l’autista e l’interprete. Seguono le altre auto. Il convoglio, ad un certo punto, si frammenta, poi si spezza. Divisione che favorisce i piani degli assassini.

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Mancano tre ore di macchina da Kabul. Siamo nei pressi della città di Surobi, a circa settanta chilometri a est della capitale afgana. Poco prima di un piccolo ponte in cemento e pietra, otto uomini armati bloccano le due automobili che trasportano Fuentes, Cutuli, Burton e Haidari. I giornalisti vengono fatti scendere dalle auto e vengono obbligati ad allontanarsi dal cammino, sino nell’angolo della montagna. Maria Grazia cade a terra, colpita probabilmente da una pietra lanciata da un attentatore. Poi il commando uccide i quattro giornalisti a colpi di kalashnikov. Tutto è avvenuto in meno di cinque minuti. Uno degli assassini ruba alcuni oggetti personali della giornalista: la borsa, un paio di scarponi, un computer portatile, una radio e una macchina fotografica. Nessuna organizzazione rivendica quell’attentato.

Il racconto di Ashuqullah, l’autista che accompagna Maria Grazia e Julio Fuentes

“Durante il viaggio l’atmosfera è rilassata. Julio dormicchia. Maria fuma e mangia pistacchi. Ci fermiamo solo una volta: lei fotografa i cammelli. Ci sono altre auto di giornalisti davanti e dietro. Ma non è una colonna organizzata, ognuno va alla velocità che preferisce. Viaggiamo circa a quaranta chilometri all’ora nella zona di Surobi. Alle 11.30, veniamo fermati da otto uomini armati. Prima sparano a Julio dal davanti, non una raffica, ma colpi singoli. Poi a Maria Grazia, infine sparano in tanti, almeno quattro mitra contro tutti…[…].”

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Tito Zaniboni e l’attentato al Duce https://cultura.biografieonline.it/tito-zaniboni-attentato-al-duce/ https://cultura.biografieonline.it/tito-zaniboni-attentato-al-duce/#comments Sun, 03 Jun 2012 05:25:49 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2120 Il 4 novembre 1925 Benito Mussolini subì il primo attentato della sua carriera politica. Ne subì quattro prima di essere ucciso il 28 aprile 1945 vicino ai cancelli di villa Belmonte nei pressi di Dongo. L’attentato fu organizzato da Tito Zaniboni, un socialista riformista appartenente al partito Socialista Unitario di Giacomo Matteotti.

Tito Zaniboni
Tito Zaniboni

Zaniboni organizzò l’attentato con l’aiuto di un gruppo di persone che in realtà conoscevano le sue intenzioni ma che non gli avevano dato un aiuto fondamentale, probabilmente solo un piccolo sostegno economico; fra questi pare che ci fosse anche il generale Luigi Capello che venne arrestato alcuni giorni dopo l’attentato e  che respinse sempre le accuse a suo carico dichiarandosi innocente.

Il luogo dell’attentato doveva essere la terrazza di palazzo Chigi da cui Mussolini si sarebbe affacciato per festeggiare il VII anniversario della vittoria italiana nella Prima guerra mondiale. Zaniboni avrebbe dovuto sparare da una camera dell’albergo Dragoni che si affacciava sul palazzo; all’interno della stanza, nascosto in un armadio, c’era un fucile austriaco di precisione che sarebbe servito per colpire il Duce mentre pronunciava il suo discorso.

Benito Mussolini
Benito Mussolini

Zaniboni, però, non era a conoscenza del fatto che all’interno del suo gruppo c’era un infiltrato dell’OVRA (una struttura di polizia segreta di epoca fascista  la cui denominazione non è stata mai realmente chiarita ma che dovrebbe essere “Opera di Vigilanza e di Repressione dell’Antifascismo), Carlo Quaglia, che aveva già allertato le forze dell’ordine le quali seguivano ogni movimento dell’attentatore già da alcuni giorni.

Quando Zaniboni entrò in albergo venne subito arrestato e condotto in carcere. Pochi giorni dopo il Partito Socialista Unitario e il suo giornale “La giustizia” vennero chiusi.

L’attentatore rimase in carcere quasi due anni prima di subire il processo che si svolse l’11 aprile del 1927. Tito Zaniboni fu contradditorio nelle sue dichiarazioni e anche in seguito il suo comportamento non fu limpidissimo. Durante il processo, infatti, fece due dichiarazioni differenti e contraddittorie: prima ammise di voler svolgere un’azione dimostrativa e di non voler colpire Mussolini ma, forse, solo Roberto Farinacci; in seguito invece ammise che il suo obiettivo era il Duce.

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L’unico complice identificato ma che Zaniboni non riconobbe come tale fu il Generale Capello il quale venne condannato a 30 anni, una pena più severa di quella di Zaniboni, che invece fu condannato a 25 anni.

Malgrado la sua palese posizione antifascista, l’attentatore scrisse, nel 1939, una serie di dichiarazioni a favore di Mussolini, del suo governo e dell’operato fascista. Alla fine della guerra ebbe degli incarichi importanti nell’ambito della ricostruzione  e dell’epurazione del fascismo.

Tito Zaniboni

Ma chi era Tito Zaniboni?

Era un socialista riformista che iniziò la sua carriera politica come consigliere provinciale di Volta Mantovana, provincia di Mantova, non troppo lontano dal suo comune di nascita Monzambano dove era nato nel 1883 e di cui divenne sindaco nel 1920.

Le contraddizioni che dimostrò durante il processo contraddistinsero anche la sua vita politica. Era stato, infatti, un alpino durante la Prima guerra mondiale anche se inizialmente era stato contro l’interventismo in guerra e in seguito, invece, era passato dalla parte di coloro che volevano l’Italia fra le potenze belligeranti.

Successivamente appoggiò le posizioni di Gabriele D’Annunzio e in particolare la sua avventura di Fiume. Fu anche un massone e deputato, sempre per il Partito Socialista, prima di essere espulso con altri riformisti e di aderire al Partito Socialista Unitario di Matteotti.

Fino all’omicidio di Matteotti non aveva espresso posizioni critiche contro il fascismo ma da lì in poi ne divenne un oppositore feroce, accusando i fascisti dell’omicidio del suo amico e collega di partito. Dopo l’attentato passò 18 anni in carcere e l’8 settembre del 1943, per volontà di Pietro Badoglio, venne scarcerato e gli fu offerto un posto nel governo. Rifiutò l’offerta ma quando lo stesso Badoglio gli offrì la carica di Alto commissario per l’epurazione nazionale del fascismo accettò.

Fu una delle mosse politiche di Badoglio per cercare di ripulire la facciata del governo nazionale e della Corona e per questo fu criticata anche dal Partito Socialista.

Successivamente cambiò incarico, forse perché inadeguato, e anche perché l’Alto commissariato non epurava proprio nulla non avendo un’identità precisa e qualificata. Il nuovo incarico fu meno compromettente perché si trattava di organizzare una serie di interventi a favore dei profughi e dei reduci di guerra.

Era il 1945 e la figura di Zaniboni scompariva dalla scena politica, acquetando i malumori del Partito Socialista che non riconosceva i governi Badoglio e nel quale era rientrato, e per il quale fu eletto deputato. Tito Zaniboni morì nel 1960, cinque anni dopo il suo ritiro dalla scena politica.

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