Il 26 maggio del 1940 truppe francesi e inglesi si ritrovarono nel porto di Dunkerque a causa dello sfondamento del fronte della Mosa ad opera delle truppe tedesche della Wehrmacht. Esse dal 10 maggio avevano sbaragliato ogni resistenza da parte dell’esercito francese. Nel quadro dell’offensiva in Occidente i tedeschi, in pochi giorni, grazie all’avanzata lampo della Panzer-Divisionen, avevano attraversato le Ardenne e superato la linea di difesa della Mosa, chiudendo in un cuneo le truppe superstiti francesi e il corpo di spedizione britannico. Quest’ultimo fu mandato a contrastare l’esercito tedesco e ad aiutare l’alleato francese fin da subito in forte difficoltà.
Tra il 26 maggio e il 4 giugno, dunque, le truppe alleate superstiti furono ammassate nel porto di Dunkerque per dare avvio alla più grande missione di salvataggio della storia: l’Operazione Dynamo. Grazie anche all’intervento della RAF (Royal Air Force) britannica che riuscì a distruggere molti aerei dell’aviazione militare tedesca, navi da flotta e mercantili britannici riuscirono a portare in salvo oltre la Manica 340.000 soldati.
Il 10 maggio del 1940 iniziò la prima fase dell’offensiva tedesca che aveva lo scopo di distruggere ogni resistenza da parte dell’esercito olandese, belga e francese. L’esercito tedesco utilizzò la tecnica della guerra lampo avanzando contemporaneamente da nord e da sud. Sia le truppe olandesi che belghe vennero sconfitte velocemente. La fanteria francese resistette qualche giorno per poi capitolare di fronte all’avanzata inarrestabile della divisione corazzata tedesca. Questa non aveva uguali in termini di organizzazione, velocità e potenza di fuoco.
In tre giorni i carri armati della Panzer-Divisionen penetrarono nelle Ardenne raggiungendo le rive del fiume Mosa. I francesi si ritrovarono allo sbando.
I tedeschi non si fermarono e proseguirono fino alle coste della Manica, spingendo e isolando sia le truppe francesi che le truppe britanniche che erano state inviate per aiutare gli eserciti alleati.
I comandi inglesi, belgi e inglesi cercarono di organizzare velocemente una contro offensiva, ma l’impatto con i mezzi tedeschi li aveva destabilizzati e non riuscirono a trovare il giusto coordinamento per respingerne l’avanzata. A questo punto gli alleati erano bloccati e divisi in un cuneo che avrebbe potuto essere contrastato da nord. I comandi avrebbero potuto riorganizzarsi e attaccare i tedeschi per impedire di essere chiusi in una morsa mortale. Tuttavia la debolezza e lo sfiancamento morale di francesi e belgi non permise un tale atto di forza, che avrebbe impedito i successivi accadimenti.
L’esercito tedesco aveva vinto in pochi giorni e contro tutti i pronostici.
A questo punto i generali della Wehrmacht decisero di fermare l’avanzata da sud. Questa decisione, che permise di evitare un disastro totale per gli eserciti alleati, fu presa probabilmente per permettere alle forze in campo di riposarsi e di approvvigionarsi di carburante. Era il 24 maggio del 1940. Hitler fu entusiasta per il trionfo delle sue divisioni e ritenne la vittoria in Europa un dato di fatto. Per questo motivo impartì i primi ordini per organizzare il secondo attacco che avrebbe portato alla capitolazione della Francia.
Tuttavia, sia il Führer che il suo alto comando, sottovalutarono la capacità della marina inglese di organizzare un’evacuazione di massa, ritenendo che fosse impossibile salvare una tale quantità di uomini in così poco tempo. Fra il 24 e il 26 maggio 1940, dunque, le divisioni corazzate tedesche si fermarono, permettendo involontariamente ai comandi alleati di ammassare le loro truppe a Dunkerque, organizzando contemporaneamente la difesa del porto e delle spiagge limitrofe.
In realtà l’Ammiragliato britannico già il 14 maggio 1940 aveva svolto un’indagine per verificare la disponibilità di imbarcazioni private e mercantili, che erano attraccate sulla costa antistante a quella francese, di svolgere una missione di salvataggio. Dopo pochi giorni era evidente che l’esercito sul continente avrebbe dovuto essere evacuato velocemente. Il primo ministro britannico Winston Churchill, diede ordine all’Ammiragliato di ammassare tutti i mezzi disponibili nei porti al fine di iniziare l’evacuazione delle truppe. L’operazione venne chiamata Dynamo.
Dal 24 al 30 maggio 1940 i comandi alleati riuscirono ad ammassare tutte le truppe a Dunkerque. Fortificarono il perimetro e diedero ordine di distruggere tutti i mezzi a motore e tutti gli equipaggiamenti militari che non era possibile trasportare in Inghilterra. L’aviazione tedesca cercò di infliggere più perdite che poteva agli alleati. La loro azione si focalizzò su una serie di bombardamenti e di assalti alla spiaggia in cui le truppe inglesi e francesi erano state riunite.
Nel frattempo, visto che il porto era stato in gran parte distrutto dai bombardamenti, fu necessario creare dei ponti di fortuna per permettere alle truppe di salire sulle imbarcazioni. Il tempo era contato.
Grazie all’abilità e al coraggio dell’aviazione britannica l’attacco degli aerei tedeschi fu contenuto. Tuttavia l’evacuazione subì, a causa della fretta e dell’utilizzo di barche private e pescherecci, oltre alle navi da guerra, rallentamenti e confusione organizzativa. Due inaspettati vantaggi permisero di limitare le perdite umane: il mare calmo e l’aviazione britannica.
Il 3 giugno 1940 gran parte dell’evacuazione era terminata. Pochi soldati erano rimasti a difendere il perimetro attorno a Dunkerque e le ultime navi arrivarono per prelevarli e portarli via. Il cacciatorpediniere Shikari fu l’ultima nave militare a salpare dal porto francese alla volta dell’Inghilterra.
Quando i tedeschi giunsero a Dunkerque trovarono equipaggiamenti, armi e alcuni mezzi non ancora distrutti. Trovarono però anche 34.000 soldati che non erano riusciti a fuggire, probabilmente perché erano arrivati tardi. Per questo furono catturati e imprigionati. Il 4 giugno 1940 gli ufficiali catturati firmarono la resa totale.
Malgrado la sconfitta e l’avanzata inarrestabile delle truppe tedesche, i comandi alleati riuscirono a portare a termine l’Operazione Dynamo ottenendo un insperato successo. Vennero salvati 340.000 uomini. Anche se prima di imbarcarsi ne morirono circa 9.500. Considerando la cocente sconfitta e il rischio che venissero uccisi tutti, intrappolati in un cuneo mortale ad opera delle divisioni corazzate, questo salvataggio entrò nella storia per la velocità e la quantità di vite risparmiate.
]]>Dal suo bunker il Fuhrer vagheggiava il crollo del Reich e la distruzione di tutta la Germania nell’atto finale della guerra. Pertanto era necessario tentare il tutto per tutto. Uno dei fenomeni più incredibili dell’ascesa al potere del Fuhrer fu la sua capacità di convincimento fino alla fine anche quando era chiaro ai più che non c’era più speranza e che il loro leader politico era completamente finito. Pertanto il suo ultimo piano di attacco trovò ancora alcuni ufficiali d’accordo con il loro capo supremo.
Dopo lo sbarco in Normandia, chiamato anche D-Day e avvenuto il 6 giugno 1944, gli Alleati stavano travolgendo la Wehrmacht con un’avanzata quasi inarrestabile. Le Forze armate tedesche nella loro globalità: aviazione, esercito e marina erano in condizioni molto difficili, scarseggiavano i beni di prima necessità e le perdite umane erano state moltissime. Inoltre le difese, compresa la contraerei, erano quasi del tutto compromesse e Berlino rischiava di essere conquistata dai russi e dagli anglo-americani nel giro di pochi mesi come di fatto poi avvenne.
Quindi i tedeschi erano circondati da sud, est e ovest e nei territori che ancora controllavano subivano ripetuti attacchi da parte delle forze di resistenza partigiane che acquisivano sempre più aiuti e sostegni anche dalle popolazioni civile. L’opinione pubblica tedesca era cosciente della disfatta e anche molti elementi dell’esercito ritenevano ormai necessari una resa per poter salvare l’identità dello Stato.
In questo contesto il 20 luglio 1944 Hitler subì un attentato ad opera di alti ufficiali dell’esercito, ma l’operazione denominata Valchiria non riuscì e il Fuhrer si salvò per miracolo. Giustiziati i complottisti (tra i quali ricordiamo Claus von Stauffenberg), Hitler seguì la strada della sua folle corsa contro la distruzione totale e diede ordine di organizzare una grande offensiva contro gli Alleati nelle Ardenne, in una zona difficilmente accessibile fra il Belgio e il Lussemburgo.
Ma qual’era il piano di Hitler?
Il Fuhrer voleva ricostruire la sua fulminante vittoria, la stessa che nel 1940 gli aveva fatto credere di essere già il padrone d’Europa. Per questo scelse le Ardenne, in Belgio, dove all’inizio della guerra aveva realizzato la sua vittoria più fulminante. Hitler voleva spezzare il fronte alleato, penetrarvi, aggirarlo e sconfiggere l’esercito Alleato grazie all’artiglieria pesante e ai carri armati. L’obiettivo sarebbe stato completamente raggiunto se l’esercito tedesco fosse riuscito a riconquistare Anversa dove il porto era un luogo strategico per gli sbarchi degli anglo-americani che rifornivano gran parte delle truppe.
Se il suo esercito avesse vinto Hitler avrebbe diretto i suoi sforzi contro l’Armata Rossa. Naturalmente il piano era al di là della logica e alcuni generali, che presenziavano alle riunioni dello Stato Maggiore, ne erano ben consapevoli. Tuttavia nessuno aveva il coraggio e la forza morale per contrastare il Führer per cui fu dato inizio all’operazione con la riorganizzazione delle truppe. Furono dispiegati 350.000 soldati, 1.500 carri armati e 1.500 aerei.
Malgrado la sua debilità fisica Hitler comandò l’operazione dall’inizio alla fine, riuscendo ad infondere in alcuni ufficiali ancora ottimismo e determinazione per questo ultimo scontro. Il 16 dicembre 1944 fu ordinato l’attacco e le truppe tedesche si mossero protette dalla nebbia e su un territorio impervio. Mentre gli Alleati rispondevano all’attacco un gruppo formato da 2.000 soldati delle SS si infiltrò fra le linee degli anglo-americani creando problemi con le comunicazioni. In seguito vennero scoperti, arrestati e fucilati tutti i sabotatori.
Il 21 dicembre la risposta alleata crebbe di intensità raggiungendo il suo apice nella battaglia di Bastogne, la città belga era infatti una delle chiavi di accesso per la conquista del Belgio. I tedeschi attaccarono ripetutamente ma gli americani, anche grazie ad un continuo afflusso di rinforzi, riuscirono a tenere. Inoltre le truppe che erano penetrate in Belgio e che erano state bloccate dalla difese di Bastogne subirono pesanti attacchi dagli eserciti alleati.
Il 28 dicembre era chiaro che l’esercito tedesco era già sconfitto. Lo Stato Maggiore, su indicazione di Hitler, inviò altre truppe che non cambiarono la situazione. L’invasione era fallita, i tedeschi avevano combattuto bene ma le loro perdite erano state ingenti, 120.000 uomini, ma anche gli Alleati subirono molte perdite. Dopo quest’ultimo attacco il fronte orientale e il fronte occidentale non tennero più: la Germania capitolò in pochi mesi.
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