archeologia Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 01 Oct 2024 12:37:21 +0000 it-IT hourly 1 Nike di Samotracia, descrizione e storia https://cultura.biografieonline.it/nike-di-samotracia/ https://cultura.biografieonline.it/nike-di-samotracia/#comments Wed, 09 Mar 2016 12:39:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17265 La Nike di Samotracia vive dell’estasi di una bellezza incompleta e trionfante, celebrando l’esaltazione di una vittoria avvenuta più di duemila anni fa, ricorda al mondo il valore assolutamente intrinseco dell’imperfezione, dove il limite non priva di bellezza, ma l’esalta. Realizzata in marmo pario intorno al 200 a.C., conobbe l’ostinazione della ricerca archeologica di fronte all’enigma di una forma ancora a quel tempo sconosciuta e incompiuta.

Nike di Samotracia
Nike di Samotracia

La superba fenice, risorta dal cocente suolo dell’isola di Samotracia, deve la sua rinascita all’archeologo Charles Champoiseau che, quasi sedotto dal seno affiorante, la riportò nuovamente al mondo.

La collocazione in un contesto moderno, quale si configura il museo del Louvre, ridona bellezza e gloria al corpo mutilato che, nell’evocazione di una tenace sensibilità, spinge lo spirito in un’atmosfera mitologica ed eroica, in un tempo in cui la vita di uomini e dei s’intrecciava nell’umana lotta per la conquista di prestigio e potere.

Storia e archeologia a Samotracia

A nord-ovest dello stretto dei Dardanelli, un’isola dalla forma ovale e dal passato sacro e glorioso affiora dalle miti acque del mar Egeo, noto alle fonti classiche per l’infausta sorte toccata al figlio di Pandione, re di Atene, dopo aver creduto di aver perduto per sempre l’amato figlio Teseo.

Mappa dell'isola di Samotracia
L’isola di Samotracia

L’isola di Samotracia non associa unicamente la notorietà del proprio nome alle leggendarie cronache della storia classica, poiché essa fu in assai rare occasione teatro di memorabili scontri, tuttavia lega buona parte della propria celebrità alla propizia scoperta della statua ritraente la Nike alata.

Nike alata - scultura
Nike alata

Dalle sterili rocce brune non emerse mai il richiamo di un influente centro politico e commerciale, eccezion fatta per la piccola città di Paleopoli e dell’antico santuario celebrante le divinità conosciute come “Kabeiroi” (Κάβειροι).

L’altare di Samotracia giocò un ruolo fondamentale nelle vicende, spesso drammatiche, legate ai principi macedoni e tolemaici: nel 280 a.C., Arsinoe II (316 a.C. – 268 a.C.), figlia di Soter, minacciando di morte il marito Lisimago, costrinse quest’ultimo a rifugiarsi a Samotracia, fino a quando ella sposò, nel 279 a.C., il suo stesso fratello di sangue, Tolomeo Cerauno.
Perseus, l’ultimo grande re di Macedonia, vinto dall’esercito romano a Pydna, nel 165 a.C., trovò asilo nel santuario di Samotracia, fino alla resa obbligata imposta dal pretore Ottaviano.
L’antico tempio dorico, situato nella valle, iniziò gradualmente a essere circondato da edifici votivi, in particolar modo da un nuovo tempio dorico dotato di un portico, costruito dai principi tolemaici, un propileo e una grande rotonda, eretta da Arsione.

Gli scavi archeologi e la scoperta della Nike di Samotracia

La storia e l’archeologia dell’isola di Samotracia sono da considerarsi il proscenio di una scoperta straordinaria che, avvenuta nella seconda metà del XIX secolo, ridestò l’interesse del pubblico nei confronti dell’arte classica. L’archeologo viennese Alexander Conze (1831 – 1914), nel 1858, esplorò per la prima volta l’isola, conducendo un’indagine archeologica che si rivelò in termini di scoperte del tutto infeconda.

Nel 1863 Charles Champoiseau (1830 – 1909), viceconsole di Francia ad Adrianopoli, ottenne un finanziamento dal governo francese per l’avvio di nuovi studi sulle rovine degli edifici di Samotracia; gli scavi furono avviati nel marzo dello stesso anno, con il conseguimento di risultati che tuttora destano meraviglia.

Mentre gli operai erano impegnati a far emergere dalla polvere la facciata del Santuario dei Grandi Dei di Samotracia, Champoiseau, passeggiando a circa 50 metri dal sito, fu attratto dal candore di un marmo emergente dal terreno, il quale una volta liberato dai detriti si scoprì avere fattezze delicate di un seno; gli scavi proseguirono fino a una profondità di due piedi, portando alla luce una splendida figura femminile alata.

La scoperta della statua avvenne a pari passo con quella di alcuni blocchi di marmo dalla strana forma, e che per tale motivo sarebbero stati trascurati fino al 1879. La Nike di Samotracia raggiunse immediatamente la Francia e nel 1866 fu esposta al Louvre dove, in un buio angolo nella Sala delle Cariatidi, attraeva gli sguardi più affettuosi e ammiranti.

Nike di Samotracia - dettaglio
Un dettaglio della Nike di Samotracia, celebre scultura esposta al Louvre di Parigi • Il famoso “swoosh” dell’azienda Nike (che deriva il suo nome dalla dea della Vittoria) si ispira proprio al movimento dell’ala della Nike di Samotracia.

L’enorme attenzione che questa scoperta scatenò, spinse il governo a organizzare una nuova missione esplorativa sotto la direzione di M. Gustave Deville e Georges Ernest Coquart (1831 – 1902) che, al contrario di quanto si auspicasse, non portò nuova luce sulla gloriosa scoperta precedente.

Conze, che nel frattempo era divenuto professore a Vienna, persuase il Ministero Austriaco della Pubblica Istruzione a finanziare una nuova esplorazione archeologica a Samotracia. Nel 1873 Conze raggiunse il sito accompagnato dagli architetti Aloïs Hauser (1841-1910) e George Niemann (1841 – 1912): la spedizione consentì di chiarire gli aspetti ancora misteriosi legati all’architettura degli edifici costellanti l’isola, di portare alla luce dei piccoli frammenti di marmo e un certo numero d’iscrizioni.

Con la scoperta di nuovi blocchi marmorei sull’isola di Samotracia, l’archeologo austriaco Otto Benndor (1838 – 1907) generò un’ipotesi illuminante, congetturando gli elementi a disposizione affermò che i marmi dalla strana forma, per lungo tempo trascurati, costituivano in realtà il piedistallo della statua, nella fattispecie la prua sulla quale si elevava trionfante la dea Vittoria.

La Nike di Demetrio I di Poliorcete

L’ipotesi banndoriana trova fondamento nell’analisi del tetradramma, emesso nel 293 a.C., di Demetrio I Poliorcete (337 a.C. – 283 a.C.): monete di questo tipo erano coniate nel caso di vittorie navali di grande portata, in questo particolare frangente il ruolo encomiastico della Nike di Samotracia deve la sua genesi alla vittoria Demetrio I di Poliorcete su Tolomeo d’Egitto presso Salamina di Cipro, nel 306 a.C. .

La disputa sull’autore

L’archeologo britannico Charles Thomas Newton (1816 – 1894) nel saggio “Essey on Art and Archeology” presuppose che:

“Lo spessore, il trattamento originario delle pieghe in movimento e il drappeggio sono rivelazione di un movimento rapido, la cui magnificenza non fu mai valicata nel campo della scultura. […] Si è a conoscenza della fervida attività di Skopas a Samotracia, supposizione che permette di attribuire la Nike alla scuola di questo scultore” (CHILD).

Ulteriori studi condussero l’attenzione su Peonio di Mende, contemporaneo di Fidia, autore della Nike di Olimpia concepita per commemorazione della battaglia di Sfacteria del 425 a. C..
La scultura arcaica non si rivelò mai musa svelatrice dell’energica psiche umana, gli dei rappresentati da Fidia sono impassibili e permeati da una sublime tranquillità, mentre con Skopas l’arte ellenistica raggiunse l’espressione dell’antropica passione.

La Nike germogliò dal soffio vitale di un’idea nuova: la Vittoria alata fu solcata nel bianco marmo riconoscendole la fattezza di una giovane donna rifulgente di una vibrante vigoria, attestando nell’ampio panorama classico il sommo momento di congiunzione tra forza e delicatezza.

Note Bibliografiche
G. Bejor, M. Castoldi, C. Lambrugo, Arte Greca – Dal decimo al primo secolo a.C., Mondadori Education, Milano, 2008
T. Child, Art and criticism; monographs and studies, Harper & Brothers, Franklin Square, New York, 1892

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I geroglifici e la loro decifrazione https://cultura.biografieonline.it/geroglifici/ https://cultura.biografieonline.it/geroglifici/#comments Wed, 16 Sep 2015 10:02:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15091 Con il termine geroglifici si intende il sistema di scrittura utilizzato dagli antichi Egizi. Essa è composta da segni grafici, incisi o dipinti, che ritraggono innumerevoli figure reali, uomini, animali, vegetali, oggetti, più o meno stilizzati, e le loro azioni.

geroglifici

Etimologia

Il termine geroglifico deriva dal latino hieroglyphicus, derivato a sua volta dal greco hieroglyphikós, ovvero “segni sacri incisi”, composto dall’aggettivo hieròs, che significa “sacro” e dal verbo glýphō, che significa “incidere”.

Champollion e la Stele di Rosetta

La chiave esatta che permise di decodificare i geroglifici venne scoperta dall’archeologo ed egittologo francese Jean François Champollion (1790-1832). La sua geniale intuizione fu esposta per la prima volta all’Académie des Inscriptions et Belles Lettres di Parigi, il 27 settembre 1822.

Fondamentale era stata la scoperta della Stele di Rosetta, una lastra di granodiorite (una roccia simile al granito) recante un decreto del sovrano egizio Tolomeo V Epifane, scritto in 3 lingue differenti: geroglifico, demotico e greco. Grazie alle sue conoscenze della lingua copta, Champollion trovò la corrispondenza tra il testo scritto in demotico (simile al copto) e quello in greco e, successivamente, da questo decifrò il geroglifico.

Champollion
Jean François Champollion, detto Champollion il Giovane (1790-1832)

Le scoperte di Champollion

La tavola di corrispondenza tra i segni delle tre scritture della Stele di Rosetta, elaborata da Champollion, smentì le vecchie ipotesi che ritenevano il geroglifico un tipo di scrittura soltanto figurativa. Essendo infatti le sole figure inadeguate ad esprimere la complessità del linguaggio (per esempio i concetti astratti e la collocazione di un evento nel tempo), Champollion rivelò che i geroglifici rappresentavano anche caratteri fonetici e nel 1824 presentò il suo “Resoconto del sistema geroglifico degli antichi Egizi” che conteneva inoltre la prima lista di faraoni con i rispettivi anni di regno.

Champollion espose il sistema della scrittura egizia, composta da segni fonetici e ideografici: i segni fonetici sono i segni che indicano una consonante, a cui si aggiungono i segni che indicano due o tre consonanti; i segni ideografici invece indicano direttamente la figura rappresentata.

Dettaglio del sarcofago di Ankhnesneferibra
Dettaglio del sarcofago di Ankhnesneferibra

In onore di Champollion è stato inaugurato a Figeac, sua città natale, il Museo Champollion, nel quale è possibile ripercorrere le tappe della sua vita e del suo lavoro, oltre che la storia della scrittura nel mondo, dalla sua nascita, all’invenzione dell’alfabeto e del libro, dalla pergamena all’informatica. È stato inoltre assegnato il suo nome ad un cratere sulla superficie della Luna.

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La Stele di Rosetta https://cultura.biografieonline.it/stele-di-rosetta/ https://cultura.biografieonline.it/stele-di-rosetta/#comments Thu, 02 Jul 2015 14:42:40 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14653 La Stele di Rosetta è una lastra di granodiorite (una roccia simile al granito) recante un decreto del sovrano egizio Tolomeo V Epifane, emesso nel 196 a.C., che istituiva il culto divino del nuovo sovrano. La fondamentale importanza di questa stele risiede nel fatto che il testo inciso su di essa è lo stesso, scritto in 3 lingue differenti: geroglifico, demotico e greco. Demotico e geroglifico non sono propriamente due lingue diverse, ma due differenti grafie della lingua egizia. Essendo il greco conosciuto, la stele rappresentò lo strumento decisivo per la comprensione dei geroglifici.

Stele di Rosetta
Il testo inciso sulla Stele di Rosetta, scritto in geroglifico, demotico e greco

Origine del nome

La stele deriva il suo nome da un’antica città egiziana sul delta del Nilo, il cui nome latinizzato è appunto Rosetta, oggi nota come Rashid, situata sulla costa del Mar Mediterraneo, a circa 65 Km a est di Alessandria. Rosetta si trova sulla riva sinistra del ramo occidentale del delta del Nilo, detto appunto “ramo di Rosetta”.

La scoperta

La storia della stele è collegata a Napoleone Bonaparte e alla Campagna d’Egitto, intrapresa per colpire i traffici commerciali inglesi in quella zona. Della spedizione facevano parte anche numerosi studiosi e scienziati, che avevano l’incarico di acquisire le conoscenze della storia egizia. La stele fu rinvenuta nella città di Rosetta (oggi Rachid) il 15 luglio 1799. Il ritrovamento avvenne mentre erano in corso i lavori di costruzione delle fortificazioni della città.

Il ritrovamento della stele di Rosetta è comunemente attribuito al capitano francese Pierre-François Bouchard, anche se non fu lui che trovò personalmente la stele. L’identità del soldato che la rinvenne ci è purtroppo ignota. Bouchard comprese subito l’importanza della lastra. Così, in accordo con il generale Jacques François Menou, decise di trasferirla ad Alessandria, per metterla a disposizione degli studiosi.

Quando i francesi si arresero, dovettero consegnare agli inglesi tutti i reperti rinvenuti durante la Campagna. Dopo lunghe trattative, ai francesi venne permesso di tenere solo disegni e appunti fatti prima di imbarcarsi ad Alessandria. La stele, una volta ritornata in Inghilterra, fu esposta al British Museum di Londra, dove è custodita dal 1802 ed esposta al pubblico.

The Rosetta Stone British Museum
La Stele di Rosetta esposta al British Museum di Londra

Dimensioni della Stele di Rosetta

La stele è alta circa 114 centimetri nel suo punto più alto, larga circa 72 centimetri e spessa 27 centimetri. Il suo peso è di circa 760 chilogrammi.

La Stele di Rosetta è uno dei reperti archeologici più importanti dell’archeologia moderna. Essa ha permesso di decodificare i geroglifici, il sistema di scrittura utilizzato dagli antichi Egizi, uno dei più grandi misteri della storia di una grande civiltà.

Rosetta Stone
La Stele di Rosetta da vicino. Image Credit © Hans Hillewaert
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Ötzi: la Mummia del Similaun https://cultura.biografieonline.it/otzi-mummia-similaun/ https://cultura.biografieonline.it/otzi-mummia-similaun/#comments Fri, 13 Sep 2013 17:07:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7819 La Mummia del Similaun, conosciuta anche come Ötzi, rappresenta un ritrovamento di straordinaria importanza in ambito antropologico. Si tratta del corpo di un uomo vissuto in epoca preistorica perfettamente conservato, con indosso abbigliamento ed equipaggiamento.

La mummia del Similaun
Una foto del ritrovamento di Ötzi sulle Alpi Venoste (19 settembre 1991)

Il ritrovamento

Il luogo del ritrovamento dell’Uomo venuto dal ghiaccio si colloca sulle Alpi Venoste, facenti parte delle Alpi Retiche orientali, a cavallo del confine tra l’Italia e l’Austria.

I coniugi Erika ed Helmut Simon di Norimberga, in vacanza in Alto Adige, dopo una escursione sul monte Similaun e dopo aver pernottato nell’omonimo rifugio, decidono di scalare la Punta di Finale. Durante il tragitto di ritorno verso il rifugio, nei pressi del ghiacciaio Hauslabjoch, a quota 3.210 metri, i coniugi si imbattono nel cadavere di un essere umano riverso nella neve, in una stretta conca rocciosa di 2-3 metri di profondità. E’ il 19 settembre 1991. Dopo la comunicazione del ritrovamento al Rifugio Similaun, viene attivata la gendarmeria ed il soccorso alpino austriaci per il recupero del corpo, avvenuto Il 23 settembre 1991. La salma è portata quindi ad Innsbruck, in Austria, per essere esaminata, ma senza la consultazione di alcun archeologo, poiché pensiero comune è quello che possa trattarsi di un alpinista, vittima di un incidente.

I rilievi topografici effettuati in seguito per determinare l’esatta linea di confine italo-austriaco, determinano che il ritrovamento dell’Uomo del Similaun è avvenuto in territorio italiano, seppure di pochi metri. La mummia rimane comunque ad Innsbruck per il tempo necessario ai primi esami. Viene convocato un archeologo, il Prof. Konrad Spindler di Innsbruck, il quale attesta che la salma ha almeno 4.000 anni. La notizia di questo ritrovamento di eccezionale importanza, viene riportata sui giornali di tutto il mondo; si diffonde così la consapevolezza che la scoperta è una delle più straordinarie degli ultimi secoli. La mummia viene ribattezzata Ötzi dal giornalista viennese Karl Wendl, termine che deriva dal nome tedesco delle Alpi Venoste (Ötztaler Alpen).

Una foto del luogo del ritrovamento di Ötzi
Il luogo del ritrovamento di Ötzi

Il corpo intatto e la sua datazione

Grazie ad una serie di fattori, la mummia del Similaun è rimasta intatta: al momento della morte il corpo rimase alle basse temperature raggiunte nel ghiacciaio e la conca rocciosa dove si trovava le diede protezione. Dopo che il processo di mummificazione ebbe inizio, il corpo fu ricoperto di neve, che permise la sua conservazione. Durante il trascorrere dei secoli, il ghiacciaio scivolò sul corpo, ma senza arrecargli alcun danno, grazie alla posizione della conca nella quale si trovava, ovvero posta di traverso rispetto alla direzione di scivolamento del ghiaccio.

Incredibile la sua datazione a seguito dell´analisi al carbonio 14: l’Uomo venuto dal ghiaccio visse tra il 3350 e il 3100 a.C., quando in Europa stava iniziando l’Età del Rame, il territorio era scarsamente popolato e gli uomini vivevano in villaggi praticando agricoltura e pastorizia.

L’aspetto di Ötzi ed il suo equipaggiamento

Gli studi sulla mummia hanno permesso di scoprire le sue caratteristiche. Il corpo rinvenuto è di un essere umano di sesso maschile, la sua altezza al momento del decesso è di circa 1,60 metri e pesa circa 50 Kg. I suoi capelli sono bruni e lunghi portati sciolti sulle spalle. Intorno al corpo di Ötzi, il terreno è stato accuratamente setacciato e sono stati rinvenuti anche i resti degli indumenti e degli utensili, risultati di grande interesse archeologico: un coltello di selce con l’impugnatura di legno, un arco in legno di tasso non finito, un’ascia in rame, composta da un lungo manico di tasso e da una piccola lama di rame, una faretra con due frecce complete ed alcune in fase di costruzione, una perla in pietra, i resti di due recipienti realizzati con corteccia di betulla, un piccolo pugnale, composto da un manico di frassino e da una lama di selce con il relativo fodero, accuratamente lavorato, un’esca da fuoco e gli utensili per lavorare i suoi attrezzi.

Anche l’abbigliamento ritrovato rappresenta una preziosa testimonianza che ci racconta del modo di vivere degli uomini appartenenti alle prime civiltà alpine: un copricapo di pelliccia d’orso, i resti di una mantellina di pelo di capra e di due gambali di pelle di capra, un vestito costituito da strisce di pelliccia cucita, scarpe realizzate, all’interno, con corda intrecciata ed imbottita di fieno, all’esterno con pelle di cervo, con stringhe di cuoio che fungevano da battistrada.

Ricostruzione di Ötzi
Ricostruzione di Ötzi

Le indagini e lo studio della mummia permisero di scoprire che Ötzi, poche ora prima di morire, aveva mangiato carne e diversi vegetali, principalmente cereali. Su tutto il suo corpo vi erano più di 50 tatuaggi, che consistono in punti, linee e crocette. Essendo posti in corrispondenza di punti affetti da artrite (scoperto grazie ad esami radiologici), si presume avessero una funzione terapeutica e non ornamentale: erano posti in corrispondenza delle articolazioni più consumate, cosicché la recisione di piccoli fasci di fibre nervose produceva la diminuzione del dolore. La dentatura, priva di carie, presenta una forte usura causata probabilmente dai residui della macinazione a pietra dei cereali e dal fatto che era solito utilizzare i suoi denti come utensili.

L’età di Ötzi e la causa della sua morte

Le analisi condotte su un campione del femore dell’Uomo del Similaun rivelano che la sua età indicativa è di 46 anni, nettamente superiore all’aspettativa di vita media degli uomini vissuti all’inizio dell’Età del Rame.

Ötzi morì a causa di una emorragia dovuta ad una ferita procurata da una freccia, giunta alle sue spalle, che gli trapassò la scapola sinistra, senza però ledere alcun organo vitale. Dal tipo di vegetali trovati nei recipienti di Ötzi, gli esperti concordano nel pensare che la morte per lui giunse all’inizio dell’estate.

Mummia del Similaun

Dove è conservata la mummia

La mummia del Similaun è attualmente conservata al Museo Archeologico dell’Alto Adige a Bolzano, esposta ai visitatori provenienti da tutto il mondo, attraverso un percorso espositivo composto da reperti, testi didattici, postazioni video e multimediali, che illustrano tutti gli aspetti dell’Uomo venuto dal ghiaccio. Per poter conservare la mummia si è reso necessario ricreare le particolari condizioni di freddo ed elevata umidità dell’aria presenti nel ghiacciaio; questo è reso possibile attraverso un sistema di refrigerazione ad alta tecnologia che consente sia la conservazione che l’esposizione al pubblico dell’Uomo venuto dal ghiaccio vissuto di più di 5.000 anni fa.

Ötzi che riemerge dai ghiacci
Ötzi che riemerge dai ghiacci

 

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Giovanni Battista Belzoni e la scoperta dell’ingresso della piramide di Chefren in Egitto https://cultura.biografieonline.it/belzoni-piramide-chefren/ https://cultura.biografieonline.it/belzoni-piramide-chefren/#comments Thu, 31 Jan 2013 10:25:03 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5976 La piramide di Chefren si trova in quel magnifico complesso situato nella piana di Giza, a circa 20 Km da Il Cairo, in Egitto: la necropoli di Giza. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1979, questo complesso eretto da abili costruttori egizi, è situato sulla riva occidentale del fiume Nilo. La necropoli comprende anche la piramide di Cheope e di Micerino, che formano con quella di Chefren il famoso allineamento delle tre piramidi, che suscitano l’impressione di voler sfidare l’eternità.

Circondate da altre minori piramidi secondarie e templi funerari, è anche il luogo dove sorge la Grande Sfinge. L’imponenza di tutto il complesso è aumentata dal fatto che è stato eretto su un pianoro roccioso sopraelevato.

Piramidi di Giza
Le piramidi nella piana di Giza

La piramide di Chefren, fu fatta erigere come monumento sepolcrale dal faraone della IV dinastia egizia, Chefren appunto, in carica nell’Antico Regno ed incoronato nel 2560 a.C. circa. E’ la piramide posta nel mezzo fra quella di Cheope (la più grande) e Micerino. Denominata Wr Kafre, ovvero “Grande è Kafre”, è di base quadrata, con un lato di 215,25 metri ed appare più grande di quella di Cheope, anche se non lo è, poiché è stata eretta su un terreno più elevato.

La sua particolarità, rispetto alle sue altre due compagne, è quella di essere l’unica ad aver conservato sulla sommità la copertura di calcare bianco di Tura, località egiziana nota per le sue cave, che in origine ricopriva tutta la piramide. L’accurata levigatura del materiale le conferiva l’aspetto di un gigantesco e lucente solido geometrico. La base è rivestita di granito rosso e grigio di Assuan. L’altezza totale originaria della piramide era di 143,5 metri, oggi ridotti a 136,4 metri a causa dell’erosione e dei crolli avvenuti durante i secoli.

Piramide di Chefren - sommità
Piramide di Chefren – sommità

Esplorazione e scoperta dell’ingresso di Chefren

Per 4500 anni, vi fu la convinzione che la piramide di Chefren fosse priva sia dell’ingresso che della camera mortuaria, a seguito di inutili tentativi di accedervi; che fosse quindi un imponente e massiccio monumento impenetrabile. Nel gennaio del 1818, Giovanni Battista Belzoni, esploratore ed avventuriero padovano appassionato di viaggi, non rinunciò alla sua teoria dell’esistenza di una camera sepolcrale e così, con tenacia, studiò, confrontò le piramidi e ne esaminò le pareti.

Giovanni Battista Belzoni
Foto di Giovanni Battista Belzoni

Su quella settentrionale notò qualcosa che riteneva essere molto interessante: vi era accumulato un ammasso di materiali caduti ed i detriti non parevano essere compatti come in altre parti. All’inizio di febbraio si cominciarono i lavori di scavo, ma i detriti risultarono essere molto più compatti di quanto l’intuito gli aveva inizialmente suggerito.

Dopo numerosi giorni di duro lavoro, venne scoperto un cunicolo, probabilmente opera di ladri, nei pressi di una fessura tra due pietre sulla facciata nord, ma il pericolo di crolli costrinse Belzoni a chiudere il cantiere temporaneamente. Ripresi i lavori, per tutto il mese di febbraio continuarono gli scavi e le supposizioni. Verso la fine del mese, fu portato alla luce un masso inclinato con una pendenza uguale a quella del corridoio dell’altra piramide e successivamente tre pietre in posizioni diverse dalle altre, con inclinazione corrispondente.

Entusiasmo e gioia divamparono quando l’ingresso fu scoperto, il 2 marzo 1818. Grazie alla caparbietà di Belzoni e alla sua capacità di non arrendersi, in un mese era riuscito in un’impresa risultata soltanto utopia per molti esploratori venuti nei secoli prima di lui. All’interno della piramide di Chefren Belzoni appose, servendosi del nerofumo, la scritta: “Scoperta da G. Belzoni. 2. mar. 1818“.

Scritta apposta da Belzoni all'interno della piramide di Chefren
Foto della scritta apposta da Belzoni all’interno della piramide di Chefren

Altre importanti scoperte di Belzoni in Egitto

Numerose sono le opere d’arte egizie riportate alla luce grazie alla precisione ed al metodo di Belzoni: ad Abu Simbel riuscì ad entrare nel tempio; eseguì scavi nella valle dei Re, a Luxor, dove scoprì numerose tombe, tra cui quella del faraone Seti I; scoprì monumenti e statue di grande valore; prelevò un obelisco che in seguito si rivelò fondamentale per la decifrazione della scrittura geroglifica.

Belzoni ha il merito di essere riuscito a rievocare il prestigio e la magia di una della più misteriose ed affascinanti civiltà di tutti i tempi, quella egizia.

 La teoria della correlazione di Orione

Correlazione della Piramidi di Giza con la cintura di Orione
Correlazione della Piramidi di Giza con la cintura di Orione

Secondo questa ipotesi, teorizzata da Robert Bauval, ingegnere nato in Egitto ed appassionato di egittologia, la disposizione delle tre piramidi della piana di Giza è l’esatta raffigurazione al suolo delle tre stelle corrispondenti alla cintura di Orione, nella omonima costellazione.

Questa correlazione è ampiamente descritta nei di libri di Bauval “Il mistero di Orione” e “Il codice egizio”, dove viene inoltre dimostrato che nella geografia della Valle del Nilo vi è inserita una correlazione con gli elementi del cosmo, nella quale le piramidi assumono un nuovo significato, legato all’osservazione ed al moto dei corpi celesti.

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La scoperta della Tomba di Tutankhamon https://cultura.biografieonline.it/la-scoperta-della-tomba-di-tutankhamon/ https://cultura.biografieonline.it/la-scoperta-della-tomba-di-tutankhamon/#comments Tue, 08 May 2012 16:24:10 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1852 Tutankhamon fu un giovanissimo faraone egizio, sovrano della XVIII dinastia: salì al trono all’età di nove anni e morì in un’età compresa tra 18 e 20 anni.

Tutankhamon - Il sarcofago d'oro massiccio
Tutankhamon – Il sarcofago d’oro massiccio

La sua tomba fu stata scoperta nella Valle dei Re il 4 novembre 1922 grazie agli scavi dell’archeologo britannico Howard Carter. Tale ritrovamento archeologico è considerato il più importante del XX secolo, non tanto per il valore economico delle immense quantità d’oro che costituiscono i reperti, quanto per il suo valore storico: si tratta infatti della prima tomba egizia di un faraone rimasta inviolata per migliaia di anni, e pervenuta fino ai nostri giorni pressoché intatta.

Howard Carter
Howard Carter

Tra i citati reperti vi è il sarcofago d’oro massiccio che pesa circa 110 chilogrammi. Al suo interno vi è la mummia intatta del faraone Tutankhamon il cui volto è a sua volta ricoperto da una maschera d’oro massiccio.

La maschera d'oro del faraone Tutankhamon
La maschera d’oro del faraone
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