Antonio Abate Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 17 Jan 2023 14:48:13 +0000 it-IT hourly 1 Troppa grazia Sant’Antonio! Cosa significa e da dove deriva il modo di dire https://cultura.biografieonline.it/troppa-grazia-santantonio-modo-di-dire/ https://cultura.biografieonline.it/troppa-grazia-santantonio-modo-di-dire/#respond Tue, 17 Jan 2023 13:04:50 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=38043 È un’esclamazione, ma anche una locuzione metaforica. Si tratta di Troppa grazia, Sant’Antonio!
Questa espressione indica il caso in cui si ottiene più di quanto si desidera anche con risultati spesso non del tutto positivi.

Troppa grazia Sant'Antonio: il mercante e il cavallo
Il mercante e il cavallo

L’origine dell’espressione: il mercante e il cavallo

L’espressione Troppa grazia, Sant’Antonio deriva da una storiella tramandata oralmente.

Il protagonista è un mercante che vive una vita di grande stenti. Ha un sogno: comprare un cavallo. Finalmente riesce a realizzarlo: ha il cavallo e si prepara a cavalcarlo. Prova a salire in groppa al destriero, ma non riesce a darsi il giusto slancio. Il mercante ha le gambe troppo corte e il cavallo si rivela troppo alto per lui: inarrivabile.

Dove non arrivano le gambe arrivano i Santi

Il mercante è alle prese con il cavallo. Prova e riprova ma nulla: non riesce a salire in groppa. Sull’orlo della disperazione guarda al cielo e pensa di rivolgersi al suo Santo preferito. Si tratta di Sant’Antonio. Il mercante lo invoca per avere la grazia e riuscire nell’impresa.

Troppa grazia

Invaso dal cosiddetto furore sacro, il mercante spicca un nuovo balzo, ma in qualche modo fallisce.

Più  precisamente, carico di troppa energia per l’intercessione celeste, salta e scavalca la groppa dell’animale.

Il mercante cade dall’altra parte del cavallo, a gambe all’aria. L’uomo si rivolge così al Santo, lamentandosi della grazia, puntualizzando che si è trattata di troppa grazia. Pronuncia in quel momento la fatidica frase!

Sant'Antonio abate
Sant’Antonio abate

“Troppa grazia Sant’Antonio”: quando si usa

Così come il mercante si rivolge a Sant’Antonio, anche noi oggi utilizziamo questa locuzione per indicare un’elargizione che ci mette quasi in imbarazzo; oppure che produce alla fine effetti non soltanto positivi.

Si utilizza in maniera diretta o sarcastica per indicare un sovraccarico che riceviamo dall’esterno.

Un favore da orso

In lingua russa c’è una locuzione che corrisponde a Troppa grazia, Sant’Antonio: è il Favore da orso.

Come nell’espressione in lingua italiana, parlare di un favore da orso significa indicare un dono che conduce anche ad elementi negativi.

Questa espressione nasce da una favola popolare dell’Ottocento.

Ecco la sintesi: un orso tenta di  scacciare una mosca dal naso del fratello e amico Eremita, ma finisce per ucciderlo, insieme alla mosca.

Nella storiella effettivamente non compare l’espressione “favore da orso” ma la morale è:

un amico stupido che ti fa un favore è più pericoloso di un nemico.

Una curiosità: Sant’Antonio e un cavallo imbizzarrito compaiono anche in un celebre quadro di Salvador Dalí.

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Sant’Antonio Abate https://cultura.biografieonline.it/antonio-abate/ https://cultura.biografieonline.it/antonio-abate/#comments Sun, 17 Feb 2013 16:59:12 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6383 Sant’Antonio Abate viene celebrato il 17 gennaio. E’ il santo patrono del bestiame (cavalli e maiali in particolare), degli allevatori, dei fabbricanti di spazzole (che una volta venivano realizzate con le setole dei maiali), dei salumieri, dei macellai, dei commercianti di tessuti e dei droghieri. Egli, inoltre, è il protettore dei panerai (poiché durante la sua esistenza era solito intrecciare i cestini per non oziare), degli eremiti (fondò il monachesimo) e dei becchini (pare abbia dato sepoltura cristiana all’abate Paolo). Infine, viene invocato contro le malattie della pelle, i foruncoli, la scabbia e ovviamente il fuoco di Sant’Antonio, in conseguenza dei suoi combattimenti con il demonio.

Antonio abate
Sant’Antonio abate

E’, tra l’altro, patrono delle località di Agerola, Linarolo, Cassaro, Valmadrera, Priero, Bolognano, Burgos, Genzano di Lucania, Introbio, Viconago, Vallecrosia, Galluccio, Rosà, Borgomaro e Filattiera.

Vita di Sant’Antonio Abate

Nato nel 251 circa a Qumans (Coma, in Egitto), da agricoltori cristiani di condizione agiata, Antonio rimane orfano ancora adolescente: tuttavia, sebbene si ritrovi con una sorella più piccola cui prestare attenzione e un patrimonio da amministrare, segue il richiamo evangelico che impone di regalare tutti i propri possedimenti ai poveri. Così, dopo aver distribuito ogni suo bene ai mendicanti, lascia la sorella in una comunità, e si dedica a una vita solitaria, come altri anacoreti che vivono nei deserti vicini alla città.

Dedicatosi, dunque, a una vita di castità, povertà e preghiera, durante una visione Sant’Antonio Abate vede un eremita che passa le giornate intrecciando una corda e pregando: deduce, quindi, la necessità di impegnarsi in un’attività concreta. Pertanto, pur non abbandonando la sua vita ritirata, si dedica al lavoro, necessario per sopravvivere e per aiutare i più bisognosi. Non mancano, per altro, le tentazioni che gli fanno dubitare sulla reale utilità di un’esistenza solitaria. Persuaso a perseverare da altri eremiti, che gli suggeriscono di staccarsi dal mondo in maniera ancora più evidente, si chiude all’interno di una tomba vicino al villaggio di Coma, in una roccia, coperto solo da un panno ruvido. Qui, viene aggredito dal demonio e poi trovato senza sensi: condotto nella chiesa del villaggio, si riprende e decide di spostarsi sul monte Pispir, verso il Mar Rosso. Giunto qui nel 285, vi rimane per venti anni, mangiando solo quel poco pane che gli viene fornito rare volte all’anno.

Sant'Antonio abate
Sant’Antonio abate

La sua costante ricerca di purificazione, in questi anni, si scontra nuovamente con i tormenti del demonio. In seguito, molte persone intenzionate ad avvicinarsi a lui e a seguire il suo esempio lo portano via dal fortino in cui vive: egli, dunque, decide di tornare alla cura dei malati, sia guarendoli dal male fisico, sia liberandoli dal demonio. Contribuendo alla diffusione dell’anacoretismo, nel 307 riceve la visita di Ilarione, desideroso di costituire a Gaza una comunità monastica. Pochi anni dopo, invece, a causa di una persecuzione messa in atto dall’imperatore Massimino Daia, torna ad Alessandria al fine di confortare i perseguitati, pur non essendo egli colpito in prima persona dalla caccia contro i cristiani.

Sostenendo Atanasio nella lotta all’arianesimo, Antonio passa gli ultimi anni della sua esistenza nel deserto della Tebaide, impegnato a curare un orticello necessario al suo sostentamento e a pregare.  Qui Sant’Antonio Abate muore il 17 gennaio del 357: il suo corpo viene sepolto in un posto segreto dai suoi discepoli.

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La tentazione di Sant’Antonio, quadro di Salvador Dalì https://cultura.biografieonline.it/la-tentazione-di-sant-antonio-salvador-dali/ https://cultura.biografieonline.it/la-tentazione-di-sant-antonio-salvador-dali/#comments Sat, 24 Nov 2012 16:12:36 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=4903 La tentazione di Sant’Antonio è stato dipinto da Salvador Dalì nel 1946 a New York. Si tratta di un olio su tela delle dimensioni di 90 x 120 cm, attualmente conservato al Musée des Beaux-Arts di Bruxelles. Nel quadro appare Sant’Antonio con in mano un crocefisso, formato da due legni uniti da una corda, che sta alzando verso un cavallo bianco imbizzarrito.

Salvador Dalì, La tentazione di Sant'Antonio (1946)
La tentazione di Sant’Antonio (1946, Salvador Dalì) • Il quadro è esposto presso il Museo reale delle belle arti del Belgio.

Salvador Dalì
Il pittore catalano Salvador Dalì (1904-1989)

Dietro all’animale ci sono quattro elefanti che hanno le zampe allungate, di consistenza sottile come se fossero delle prolunghe fragili ed esili quasi quanto i famosi baffi del pittore catalano; il loro colore tende al blu.

Il cavallo simboleggia la pazzia che domina i lussuriosi ma anche la violenza che si scatena dal potere. Mentre i quattro elefanti trasportano sui loro dorsi oggetti e immagini simboliche.

Il primo porta una piramide alla sommità della quale appare una donna nuda che si massaggia con volgare sensualità; il secondo trasporta un obelisco posto sopra un tappeto d’orato.

Il terzo trasporta una costruzione di memoria palladiana al cui interno si vedono parti di un corpo femminile, i seni e il ventre, sulla sommità del tempio vi è una figura malefica che annuncia con la tromba l’arrivo dell’elefante.

Il quarto, in fondo, in parte nascosto dalle nuvole, tiene sul dorso una torre.

Il primo elefante e il cavallo avanzano verso il santo mentre gli altri tre si spostano verso ovest. Quest’ultimi hanno le zanne bianche mentre il primo ne è privo.

Il luogo è lunare, appare come se fosse un mondo diverso dalla realtà; può essere un luogo di sogno, una sorta di trapasso a cui il santo deve sottoporsi per andare oltre nel suo cammino.

Proprio la desolazione del paesaggio accentua ancora di più l’angoscia delle tentazioni e la nudità del santo richiama la fragilità dell’essere umano, che si aggrappa ad un atto di fede per difendersi dalla furia che lo sta per travolgere. Uno degli aspetti più interessanti, a parer mio, sono le zampe dei pachidermi, esili come quelle dei ragni, che rendono ancora più onirica l’immagine, come se creassero una sorta di legame ottico fra cielo e terra.

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