allegoria Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 23 Apr 2024 07:32:38 +0000 it-IT hourly 1 L’Arrivo di Maria de’ Medici a Marsiglia (quadro di Rubens) https://cultura.biografieonline.it/rubens-maria-de-medici-marsiglia/ https://cultura.biografieonline.it/rubens-maria-de-medici-marsiglia/#respond Fri, 03 Nov 2023 10:51:55 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17239 Quando la storia entra a far parte dell’arte e l’arte della storia, i motivi che conducono alla ricerca e allo studio di un capolavoro di questa portata sono innumerevoli ed impossibili da elencare. Il fascino della genialità e la ricompensa in termini di fama e prestigio condussero la storia di Pieter Paul Rubens (1577 – 1640) sulle strada di conquista del cuore di Francia. Citato dal Bellori (1613 – 1696) nella forma italianizzata di Pietro Rubens, il pittore fiammingo della corte di Francia, elaborò, intorno al 1620, ventuno tele per celebrare il destino e le sorti di Maria de’ Medici (1575 – 1642), moglie di Enrico IV (1553 – 1610). L'”Arrivo di Maria de’ Medici a Marsiglia” rientra nel ciclo dei dipinti celebrativi della gloria regia, motivo encomiastico che ben si presta all’uso delle allegorie mitologiche tipiche del vocabolario artistico di Rubens.

L'Arrivo di Maria de' Medici a Marsiglia (quadro di Rubens)
L’arrivo della regina a Marsiglia: l’evento ebbe luogo il 3 novembre 1600. Rubens dipinse questo quadro tra il 1622 e il 1625. La tela misura 394×295 cm ed è conservata a Parigi, presso il Louvre.

Il tema riporta alla memoria lo storico sbarco di Maria de’ Medici a Marsiglia, avvenimento che venne accolto con entusiasmo dalla nobiltà francese e che definì le sorti future della corte borbonica.

La genesi del dipinto “Arrivo di Maria de’ Medici a Marsiglia”

“Nel fine dell’anno MDCXX. la regina madre (Maria de’ Medici) essendo tornata a Parigi, dopo l’aggiustamento con il Re Luigi suo figliolo, si propose di adornare la nuova fabbrica del suo palazzo di Lucemburgo, e fra le altre cose di dipingere la Galleria. Al quale effetto per la fama, che in Francia correva del Rubens, fu egli chiamato, e si trasferì a Parigi, onorato, e liberalissimamente trattato. Il soggetto fu la vita di essa Regina Maria, moglie di Enrico Quarto, cominciando dalla nascita sino alla pace, e reintegrazione col figliuolo, dopo la ritirata a Blois. E perché quella Galleria è situata in modo, che dall’uno e dell’altro lato, riguarda nel giardino con dieci finestre per lato, collocò nei vani infraposti le storie tra una finestra e l’altra, che sono in tutto ventuno quadri ad olio, alti dodici piedi, e nove larghi; cioè dieci quadri per lato, ed uno in testa, i quali il Rubens dipinse in Anversa con poetiche invenzioni, corrispondenti alla grandezza della Regina” (BELLORI).

Il pittore, servendosi di un impianto allegorico di tipo mitologico, portò sulla tela le più note vicende storiche legate alla figura della regina di Francia Maria de’ Medici con lo scopo di glorificarne il ricordo, mettendo in evidenza la maestria nella conquista del prestigio di una giovane donna alla corte di Francia.

Con la reggenza napoleonica il palazzo del Lussemburgo venne riqualificato come sede del Senato, con ciò le tele furono trasferite nel museo del Louvre dove, agli inizi del XX secolo, furono collocate in una sala espositiva appropriata.

I protagonisti: l’arte e la storia

Il matrimonio tra Enrico IV di Borbone e Maria de’ Medici si concretò sotto il segno dell’opportunismo politico: la ricchezza della famiglia de’ Medici portò alla riconosciuta qualifica di “banchieri di Francia”, condizione che volgeva con gran favorevolezza all’indebolita corona francese. Una dote di 600.000 scudi d’oro assunse le fattezze di un matrimonio vantaggioso quanto infelice, un guadagno netto per il regnante di Francia che vedeva in siffatto modo estinguere l’enorme debito contratto nei confronti delle banche medicee, e che nell’immediatezza comportava un rimpolpamento consistente dei forzieri reali.

Il matrimonio fu suggellato, nel marzo del 1600, con la firma del contratto matrimoniale; la celebrazione ufficiale nelle nozze si protrasse per tre mesi sia in Francia sia in Toscana per concludersi in fine a Firenze dove, in assenza del re, il “favori des rois” Roger II de Saint – Lary de Bellegarde (1562 – 1646) colmò l’assenza regale “sposando”, il 5 ottobre del 1600, la poco più che ventenne Maria de’ Medici, nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore.

Maria de' Medici
Maria de’ Medici

Dopo le nozze per procura Maria de’ Medici lasciò Firenze per Livorno, imbarcandosi per Marsiglia il 23 ottobre dello stesso anno, raggiunse la meta francese il terzo giorno di novembre.

Maria de’ Medici

L’arrivo della futura regina di Francia fu accolto con gaudio dai vertici dell’aristocrazia marsigliese rappresentati da Antoinette de Pons (1570 – 1632), marchesa di Guercheville e dama d’onore scelta di Maria de’ Medici.

L’arrivo in Francia della rampolla de’ Medici segnò l’inizio di una lunga serie di avvenimenti legati alla vita intima e regale della giovane sposa di Enrico IV, la quale seppe combinare l’arguzia del suo ingegno a vantaggio di una politica demolente e ostacolante di un potere femminile in ascesa.

La giovane de’ Medici seppe conquistare l’agognato scettro resistendo alle riluttanze della figura coniugale e all’opportunismo avventato del Duca di Richelieu (1585 – 1642) che lei stessa appoggiò nell’avanzamento cardinalizio del 1622.

Maria de’ Medici fu una donna scaltra, nascondendo nel corpo femmineo il cuore di un grande sovrano seppe guardare con affetto ogni forma d’arte, tanto da sviluppare questa sua passione in forme di amicizia con chi era in grado di comprenderne il gusto sontuoso e di assecondarne la vanità; consolidò un forte rapporto di amicizia con Rubens, con cui trascorse da esule gli ultimi anni della sua vita e per cui essa provava la profonda gratitudine per l’eternità che il pittore l’aveva donato grazie alla serie di dipinti dedicati alla sua persona.

Il 1642 fu un anno particolarmente significativo per le sorti dei sovrani di Francia: in seguito alla morte di Maria a Colonia e di Luigi XIII, salì sul trono di Francia Luigi XIV, il “Re sole”, il quale si raffigurò come il protagonista di una nuova e densa fase della storia nazionale.

Note tecniche e descrittive del quadro

Nella tela nota come l’ “Arrivo di Maria de’ Medici a Marsiglia” Rubens rappresentò in chiave del tutto mitologica lo sbarco di Maria de’ Medici al porto di Marsiglia.

Il Bellori nelle “Vite dei pittori, scultori ed architetti moderni” presenta una lunga lista descrittiva sulle “Immagini della Regina Maria, moglie del re Enrico IV. Dipinte nella Galleria di Lucemburgo”, dove la tela sopracitata viene descritta come la sesta di ventuno tele:

“Vedesi dopo lo sbarco al porto di Marsilia, figuratavi la Francia; il Vescovo, che va incontro a ricevere la Regina nel baldacchino sopra un ponte di barche riccamente adorno. Scorre in aria la Fama, e con la tromba annunzia a’ popoli la sua venuta, e seco Tritone nel mare suona la buccina con Nettuno, e le Sirene, restando nel porto le galere del Pontefice, e di Fiorenza, con quelle di Malta, scorgendosi sopra la più ricca d’oro, un cavaliere vestito di nero con la Croce bianca; ed allo sparo de’ cannoni lampeggia di lieta caligine il cielo” (BELLORI).

Come è possibile dedurre da questo breve estratto, le allegorie sono assai numerose, di fatti, il nobile corteo, preceduto dall’impersonificazione della Fama, è a sua volta accolto da due donne rappresentanti la Francia e la città di Marsiglia.

L’uso di tali ingegnosi accorgimenti allegorici trova la sua ragione principale nella necessità di non disturbare la sensibilità della giovane sovrana, il cui carattere irascibile e orgoglioso preoccupava e allarmava chiunque avesse l’onore di conoscerla di persona.

Osservando la tela si coglie immediatamente l’invisibile linea di demarcazione che separa la scena in due parti ben distinte, inganno ben reso grazie alla presenza grafica della passerella della nave posta esattamente al centro della quinta.

Sirene (dettaglio del quadro: Arrivo della regina a Marsiglia)
Un dettaglio del quadro “Arrivo di Maria de’ Medici a Marsiglia”: le sirene. Il loro colore candido è in netto contrasto con quello dei drappi rossi.

Commento

La dinamicità nella solennità è resa percepibile dalle sirene e dai tritoni che, nudi e spogliati dall’umana civiltà, ondeggiano tra le agitate onde del porto di Marsiglia, in un perenne conflitto con la soffice eleganza dell’agiata vita di corte che invece domina la scena terrestre.

Come in un palcoscenico oltraggiato da una scenografia troppo grezza e soffocante, lo sbarco è rappresentato nel tripudio di un’ imponente resa di dettagli e personaggi nobilmente abbigliati, condizione che non intralciò l’ impeto espressivo del pittore fiammingo che seppe in egual misura creare

“meravigliosi effetti di leggerezza, soprattutto con la stesura mobile e veloce della materia pittorica, peraltro sempre tipica della sua foga espressiva” (DAVERIO).

Un secondo evidente contrasto emerge chiaramente nell’uso di colori fortemente antitetici: il rosso dei drappi, ad esempio, crea un leggiadro effetto di risalto da quel “candore madreperlaceo” che invece caratterizza le blasonate stoffe oppure i corpi torniti delle seducenti sirene.

Note Bibliografiche
G. P. Bellori, Vite dei pittori, scultori ed architetti moderni, Niccolò Capurro, Pisa, MDCCCXXI
P. Daverio, Louvre, Scala, Firenze, 2016

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Gerione: il mostro della Divina Commedia e della mitologia greca https://cultura.biografieonline.it/gerione-divina-commedia/ https://cultura.biografieonline.it/gerione-divina-commedia/#respond Thu, 28 Jan 2021 12:01:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=31906 Gerione, chi è

Gerione è un mostro presente nella Divina Commedia di Dante Alighieri. In questo breve articolo riassumiamo le sue sembianze, descrivendolo e parafrasando le parole del sommo poeta. Vediamo anche in quali canti compare, da dove si pensa sia stata tratta ispirazione per la sua creazione, e altre curiosità.

Gerione con Dante e Virgilio
Gerione con Dante e Virgilio

Come è fatto Gerione

Ecco le caratteristiche fisiche del mostro demoniaco Gerione.

  • Il suo volto è umano.
  • Il corpo è di serpente.
  • Ha zampe di leone.
  • Ha una coda di scorpione.

Gerione nella Divina Commedia

Il mostro viene citato in 3 canti della Divina Commedia. La prima volta compare nel XVI canto dell’Inferno. Tuttavia è principalmente presente nel canto successivo, il XVII canto dell’Inferno. Infine appare nel XXVII canto del Purgatorio.

Per un riassunto dei canti citati vi rimandiamo agli articoli:

Nei canti dell’Inferno dove compare Gerione, Dante descrive gli eventi che precedono il suo incontro con i dannati fraudolenti. Dante sta per lasciare l’ultimo dei tre gironi del cerchio VII, dedicati all’eterna punizione degli spiriti violenti; in questo punto il poeta incontra gli usurai, chiamati violenti contro l’arte. Il mostro è a guardia del cerchio successivo, il cerchio VIII, luogo che ospita i peccatori macchiati di frode. Questo cerchio è indicato anche con il nome Malebolge.

Gerione illustrato da Gustave Doré
Gerione illustrato dal pittore francese Gustave Doré

Malebolge

Il cerchio VIII di Malebolge a cui Gerione è a guardia, è l’unico cerchio dell’Inferno dantesco ad avere un nome proprio. Va però sottolineato che anche il IX cerchio ha un nome, che coincide con il lago ghiacciato di Cocito (Cocito in mitologia greca è un fiume infernale anziché un lago). 

Il nome Malebolge deriva dalla forma del cerchio: esso è suddiviso in dieci fossati concentrici, chiamati bolge. Ogni bolgia è accerchiata da mura e scavalcata da ponti di roccia, simili alle fortificazioni della cerchia esterna di un castello. I dannati si trovano proprio in questi fossati, suddivisi in base alla loro colpa.

Gerione come allegoria

Il Gerione è l’allegoria della falsità. Ricordiamo cosa è un’allegoria.

L’allegoria è una figura retorica. In letteratura mediante una allegoria qualcosa di astratto viene espresso attraverso un’immagine concreta.


Il suo viso umano rappresenta il fraudolento che vuole passare per innocente.

I versi 10 e 11 del Canto XVII dell’Inferno recitano così:

“La faccia sua era faccia d’uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle”

Il suo corpo di serpente rappresenta la falsità e malvagità che è propria dei fraudolenti.

I versi dal 12 al 15:

“e d’un serpente tutto l’altro fusto:
due branche avea pilose infin l’ascelle;
lo dosso e ‘l petto e ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.”

L’ispirazione di Gerione

Il guardiano di Malebolge Gerione si ispira a fonti bibliche, in particolare il libro dell’Apocalisse di Giovanni 9, (7-11) e alla zoologia figurativa del Medioevo. Il poeta Virgilio, che accompagna e guida Dante nel suo viaggio, lo menziona nel Libro VIII dell’Eneide e, in un altro passo del poema, lo definisce, senza nominarlo, “forma tricorporis umbrae” (fantasma dell’ombra dai tre corpi).

Gerione in mitologia

Nella mitologia greca Gerione è figlio di Crisaore e di Calliroe, e fratello di Echidna. Il suo aspetto è quello di un fortissimo gigante con:

  • 3 teste;
  • 3 busti;
  • 6 braccia;
  • 1 bacino;
  • 2 gambe.

Il Gerione greco era Re dell’Isola dell’Eritea, situata nell’Oceano occidentale e che si estendeva fino ai confini di Tartesso. Questo re possedeva una mandria di vacche rosse consacrate ad Apollo che erano sorvegliate dal pastore Euritione (figlio di Ares e dell’esperide Eritea) e dal cane a due teste Ortro.

Nelle 12 fatiche di Ercole (in mitologia greca: Eracle), la decima prova consiste nella cattura dei buoi e nell’uccisione di Gerione, Ortro ed Euritione.

Curiosità sulla figura di Gerione

  • All’uccisione di Gerione da parte di Ercole è legato un mito sull’origine della Torre di Ercole presente a La Coruña, città spagnola della Galizia.
  • A Gerione sono intitolati i Geryon Montes, formazione geologica individuata sul pianeta Marte.
  • E’ il protagonista della Gerioneide, componimento poetico in greco antico di Stesicoro (VI secolo a.C.)
  • Compare nel romanzo La battaglia del labirinto, 4° libro della saga di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo.

Dal libro di Aldo Cazzullo: A riveder le stelle

Citazioni tratte dal libro A riveder le stelle, di Aldo Cazzullo, che descrivono la figura di Gerione nella Divina Commedia.

  1. «Ecco la fiera con la coda aguzza» grida Virgilio come per evocare una bestia apocalittica, «ecco colei che tutto ’l mondo appuzza!» E in effetti Gerione, «sozza imagine di froda», si avvicina, celando dietro il volto da uomo giusto un busto da serpente – la classica figura di Satana tentatore –, con due branche pelose sotto le ascelle e la pelle dipinta come un tappeto orientale; da ultima viene la coda guizzante, con la velenosa punta biforcuta. È la perfetta immagine della frode: all’inizio ispira fiducia; poi tesse i suoi inganni; infine vibra il colpo fatale. Gerione ricorda il drago dell’Apocalisse. Ma non è davvero vivo, è piuttosto un’allegoria, una creatura simbolica e misteriosa.
  2. Virgilio intanto è già salito sul drago e invita Dante a dimostrarsi «forte e ardito» e a montare «dinanzi», «ch’i’ voglio esser mezzo,/ sì che la coda non possa far male». L’invenzione è meravigliosa. I due poeti salgono sul mostro con l’aria di due amici che vanno a fare una gita. Dante descrive un’esperienza che non può aver provato, il volo, con dettagli fantastici: il vento che lo investe, l’orrore che lo prende guardando in basso, quasi fosse su un deltaplano, la paura che lo induce a rannicchiarsi come su un ottovolante. Montagne russe al buio, perché il poeta non vede niente, tranne la fiera cui è aggrappato, che tende la coda, raccoglie a sé l’aria con le branche, e si spinge nel vuoto: come fa la barca quando indietreggia per uscire dal porto, poi si gira e affronta il mare aperto. Dante trema di paura, quasi fosse scosso da brividi di febbre; vorrebbe dire a Virgilio di abbracciarlo, ma non gli esce la voce; però lui capisce, lo avvince con le braccia, lo sostiene, e raccomanda al drago di scendere lentamente, a larghi giri.
  3. Man mano che scende, intravede fuochi e ascolta lamenti: sono i dannati dell’ottavo cerchio; segno che Gerione sta per posarsi su quella terra di dolore. Come un falcone stanco, che per la delusione del falconiere torna lentamente a terra senza una preda, e tutto crucciato resta lontano dal padrone, così il drago tocca il fondo e fa scendere Dante e Virgilio; per poi fuggire via con la velocità di una freccia scoccata dall’arco, come il frodatore che si dilegua senza lasciare al frodato il tempo della vendetta.
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