Cultura https://cultura.biografieonline.it/ Canale del sito Biografieonline.it Fri, 18 Jul 2025 17:20:18 +0000 it-IT hourly 1 In un labirinto dell’inconscio. La colonia, recensione del libro di Fulvio Caporale https://cultura.biografieonline.it/la-colonia-recensione-libro-fulvio-caporale/ https://cultura.biografieonline.it/la-colonia-recensione-libro-fulvio-caporale/#respond Fri, 18 Jul 2025 17:20:16 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42620 Trama

Luca ha nove anni quando viene mandato in una colonia estiva. I suoi genitori per la prima volta non possono portarlo in vacanza con loro e quindi decidono di lasciarlo in una colonia gestita da suore. Luca affronta i suoi quindi giorni di vacanza diviso fra la nostalgia di casa e la voglia di conoscere nuovi amici; fra il desiderio di fare lunghi bagni e una sensazione di pericolo che si fa sempre più intensa.

La colonia, infatti, non è come sembra, nasconde molti segreti, alcuni dei quali conducono Luca in mondi in cui la sua fantasia e la sua determinazione lo aiuteranno a trovare la strada di casa. Ma non sarà più come prima.

La colonia, libro di Fulvio Caporale
La colonia, libro di Fulvio Caporale

Un romanzo di formazione, ma…

La colonia è un romanzo di formazione all’incontrario. Nel senso che il protagonista affronta una serie di prove che lo dovrebbero portare a comprendere di più se stesso e la vita, ma in realtà lo conducono a fare una scoperta ancora più importante.

Per il protagonista di questo breve romanzo, infatti, ciò che conta non è la conoscenza di se stessi, bensì le forze che sostengono l’immaginazione e che conducono all’inconscio.

Fulvio Caporale ha scritto “La colonia” per raccontare un’avventura il cui sviluppo porta all’incontro di misteriosi luoghi e contesti da cui il protagonista esce immutato, ma con la convinzione che la sua ricerca sia altrove. Il tema centrale del romanzo è la formazione ma non in una evoluzione cosciente, bensì in una lotta con la propria fantasia, con gli inganni della mente, con la falsa percezione della realtà.

Tutto ha sfumature diverse e per capire dove si è finiti, bisogna avere la pazienza di ascoltare e di farsi trascinare in luoghi che non hanno senso.

Un labirinto interiore

Un altro aspetto, infatti, di questo romanzo è che i luoghi, i personaggi, lo sviluppo della trama, portano il protagonista a cercare pezzi di verità che rendono ancora più complessa la sua esperienza di vita.

Come se dovesse affrontare un labirinto dell’inconscio.

L’intreccio e i personaggi sembrano in qualche modo intrappolati in questa visione, che quasi potremmo immaginare provenga da una mente esterna. Un occhio che osserva da fuori e la forza di muovere i personaggi per influire sulle scelte e la coscienza del protagonista. Ma proprio questa forza esterna a tratti assume forme incomprensibili dove il protagonista deve, con ogni sforzo, ritrovare una strada perduta o una parte della sua identità che non riconosce più.

La forza di questo romanzo sta proprio in questo, nel fatto che le vicende narrate si alternano rapidamente, spingendo il protagonista ad una continua ricerca di se stesso, fino a quando troverà un luogo in cui il suo inconscio assume una forma inaspettata.

Dati sintetici

Titolo: La colonia

Autore: Fulvio Caporale

140 pagine

Edizione 2024

Copertina flessibile 10,40 euro

Formato kindle 5,40 euro

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Un labirinto di Borges: recensione del libro “La mappa segreta” https://cultura.biografieonline.it/recensione-libro-borges-mappa-segreta/ https://cultura.biografieonline.it/recensione-libro-borges-mappa-segreta/#respond Fri, 18 Jul 2025 16:38:13 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42612 Jorge Luis Borges ha costruito una mappa segreta che è stata ritrovata, in un certo senso, dopo la sua morte.

Questa mappa è un tesoro sommerso, dimenticato, che riemerge per i lettori italiani grazie al lavoro della casa editrice Adelphi che sta pubblicando tutti i libri dello scrittore argentino.

Il libro si intitola La mappa segreta e raccoglie i testi ritrovati e dimenticati di Borges, che dopo la sua morte sono stati in parte risistemati.

Cosa sono?

Brevi saggi che però aprono delle porte preziose verso ulteriori approfondimenti.

Libro di Borges
La copertina del libro di Borges

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La capacità di sintesi di Borges

Borges ci mostra dei bagliori e con una capacità di sintesi straordinaria, ragiona sulla letteratura poliziesca, su Dante, su Kafka, sugli incubi, su Buenos Aires, su Hollywood.

Ogni capitolo ha una sua architettura e una sua struttura compiuta, benché gli approfondimenti per il lettore possano essere quasi infiniti.

Ci muoviamo in un immenso luogo di riferimenti e, grazie a Borges, alla sua capacità di raccontare, di mescolare argomenti diversi, riusciamo ad orientarci.

Questi Textos recobrados, sono un modo prezioso per avvicinarci alla produzione di Borges, per conoscerlo nelle sue passioni e nei suoi interessi, ma sono soprattutto un modo, uno dei tanti, con cui un lettore può dialogare con un testo.

Perché Borges ha la capacità di togliersi, di sottrarsi, per lasciare che gli argomenti su cui ragiona possano muoversi liberamente nella mente del lettore.

Meglio la lettura

E proprio lui, che in diverse occasioni ha dichiarato di preferire la lettura alla scrittura, rispetta il suo lettore permettendogli di seguire in autonomia un proprio percorso.

Dati sintetici

Jorge Luis Borges

La mappa segreta

Testi ritrovati (1933-1983)

Traduzione di Rodja Bernardoni

A cura di Tommaso Scarano

Biblioteca Adelphi, 773

2025

pp. 285

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Iris e cavalletta, opera di Hokusai https://cultura.biografieonline.it/iris-cavalletta-hokusai/ https://cultura.biografieonline.it/iris-cavalletta-hokusai/#respond Tue, 10 Jun 2025 07:20:30 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42595 Iris e cavalletta è una xilografia policroma realizzata fra il 1833 e il 1834 da Hokusai. L’opera appartiene ad una serie intitolata Grandi fiori, da distinguere da un’altra serie intitolata Piccoli fiori.

Iris e cavalletta (Hokusai)

In quest’opera Hokusai ritrae degli iris con l’attenzione che ha sempre riservato alla natura.

Per gli artisti giapponesi, infatti, ritrarre piante, animali, fiumi e rocce era un modo, non solo per osservarli, ma anche per immortalarli come esseri viventi dotati di un’anima.

Le opere giapponesi influenzarono profondamente l’arte occidentale dell’Ottocento. Anche Vincent van Gogh, attratto, come molti altri artisti, dalle opere di Hokusai e di Hiroshige e di altri artisti giapponesi, confidò a suo fratello, in una delle sue famose lettere, che i giapponesi avevano quasi inventato una religione con la loro attenzione sacra verso le piante e gli animali.

Si veda l’opera di Van Gogh: Giapponeseria Oiran.

Il messaggio spirituale

E, infatti, in quest’ opera possiamo ammirare gli iris che con i loro petali sembrano ripiegarsi su se stessi, vibrare, mandarci un messaggio per comunicare con chi li osserva e con chi ha la capacità di comprenderli.

In fondo, lo stesso Hokusai notava come, durante la sua carriera di artista, avesse imparato ad osservare la forza spirituale delle piante e degli animali e si augurava, se avesse continuato a vivere, di raggiungere un livello ancora più elevato di comprensione della Natura.

Nell’opera, oltre agli iris, possiamo notare le foglie, rigide e lunghe come delle spade, sembrano infatti delle katane, spade tradizionali giapponesi. E, infatti, questo tipo di foglie rappresentano per i giapponesi la virilità e sono associate ai samurai.

Vediamo anche una cavalletta, immobile, la quale sta divorando una delle foglie.

Nel complesso, osservando con attenzione questa xilografia, non possiamo che farci affascinare dalla sua poesia e dalla capacità di Hokusai di raccontare la potenza creatrice della natura.

Stampa su tela

È possibile trovare la stampa su tela di Iris e cavalletta su Amazon.

Dati sintetici

Titolo: Iris e cavalletta.

Autore: Opera di Hokusai.

Anno: 1833 – 1834.

Tecnica: Xilografia policroma.

Serie: Grandi fiori.

Video

Altre opere di Hokusai

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La macchina in corsia undici, recensione del libro di Charles Willeford https://cultura.biografieonline.it/macchina-in-corsia-undici-libro/ https://cultura.biografieonline.it/macchina-in-corsia-undici-libro/#respond Sun, 18 May 2025 10:57:46 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42573 La macchina in corsia unidici

Ci sono autori che ti rimangono in testa per un personaggio, per il loro stile, per la capacità di inventare e per altri motivi che ognuno trova a piacere suo. Per me Charles Willeford è uno di questi autori, perché con la sua capacità narrativa di intagliare i personaggi in un racconto senza sbavature e senza retorica, riesce a non fare sconti, di nessun tipo. Nel racconto lungo “La macchina in corsia unidici” quello che si prova leggendolo è puro piacere.

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Piacere per uno stile che scorre e cambia il modo di percepire la trama, mentre segui la narrazione o cerchi di capire dove va a parere il personaggio principale e voce narrante, ti rendi conto che, senza quasi accorgertene, stai cambiando opinione su tutto.

Prima pensavi che il personaggio fosse sano e si trovasse in manicomio per un errore, poi ti rendi conto che stai pensando che il protagonista sia pazzo e che in fondo meriti di stare dove si trova, per poi sospettare che sia stato ingannato e sia una vittima di un sistema maledetto che lo vuole lobotomizzare.

E nel frattempo ti cresce la paura, per quello che sarà il suo destino, per il potere che condiziona tutti e di riflesso anche te e perché temi il personaggio possa fare una brutta fine. Mentre leggi il racconto pensi a tutte queste cose, fino alla fine.

Come si dice in questi casi, la storia si legge tutta d’un fiato. Ma sarebbe riduttivo, perché la storia deve essere assaporata, ogni parola è scelta con cura e il ritmo vola senza che nessuno abbia il coraggio di aggiungere pesi per rallentarlo. Una lettura folgorante per un libro unico.

L’autore

Ma chi era Charles Willeford, autore di questo racconto?

Non si sa tantissimo di lui ed è interessante cercarlo per scoprirlo, per conoscerlo meglio.

In Italia sono pubblicati alcuni suoi libri.

È un personaggio un po’ misterioso che ha fatto mille lavori e che ha tenuto sempre accesa e viva la sua capacità di raccontare.

“La macchina in corsia unidici” è solo un assaggio del suo talento.

Dati sintetici

A cura di Matteo Codignola
Adelphi Editore
Biblioteca minima, 11
2007, pp. 70
isbn: 9788845921674

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Top 40 Under 40 2025: eccellenza italiana tra i più influenti https://cultura.biografieonline.it/top-40-under-40-2025-bartocci/ https://cultura.biografieonline.it/top-40-under-40-2025-bartocci/#respond Sun, 18 May 2025 10:31:04 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42576 Sarà la splendida cornice del The St. Regis di Roma ad ospitare a novembre la cerimonia annuale del Premio Business Elite Awards 2025, che incoronerà i giovani manager under 40 più influenti al mondo.

Nella Top 40 Under 40 dei giovani leader europei, che sarà celebrata proprio durante l’evento nella Capitale, c’è il giovane manager food e giornalista Daniele Bartocci, selezionato per leadership, innovazione e impatto economico.

A lui il prestigioso Business Elite Award, evento di rilevanza globale che ogni anno seleziona i migliori manager e professionisti nel mondo del business. Lo scorso anno la cerimonia della Top 40 Under 40 d’Europa si era tenuta in grande stile nella lussuosa location del Four Seasons George V di Parigi.

Oltre al premio Top40 Under 40 2025 ‘Business Elite Awards’, Bartocci ha collezionato numerosi riconoscimenti nel corso degli anni nel mondo food and sport, tra cui food manager dell’anno ai Le Fonti Awards 2023 Innovation&Leadership (Piazza Affari Milano), 100 Eccellenze Italiane 2023 a Montecitorio, insieme a personalità di spicco come Gigi Buffon e Paolo Bonolis. Ma anche i Food and Travel Italia Awards 2022Premio 5 Stelle d’Oro della Cucina Italiana 2024, il premio Parola d’Oro 2025 per la comunicazione responsabile in Campidoglio, il premio Fortunato 2024 al Salone d’Onore del Coni come miglior giornalista giovane, il premio Blog dell’anno 2022, la Top10 Bar Awards 2022 dei migliori ambassador horeca – food e numerosi altri illustri riconoscimenti.

Nei giorni scorsi Bartocci Daniele era stato invitato come giudice al premio Emergente 2025 Monza (da cui sono uscite negli anni oltre 100 nuove stelle Michelin) e nel programma Ben Detto di Rai Isoradio insieme a personalità quali Ettore Prandini (Coldiretti).

La recente inclusione di Bartocci nella classifica Business Elite ‘Top 40 Under 40 2025’ conferma il suo ruolo di leader nel settore agroalimentare e la sua capacità di innovare in un ambito strategico per l’economia europea. Il suo impegno nel business development, nella comunicazione aziendale e nella promozione del cibo italiano lo ha reso un punto di riferimento per il settore, senza mai perdere di vista la sua leadership comunicativa all’interno dello sport italiano.

Suo zio è stato il primo vice-allenatore italiano del grande Julio Velasco, a Jesi in Serie A2 nel 1983. Appuntamento, ora, al The St. Regis di Roma dove a novembre Bartocci riceverà il meritato riconoscimento 40 Under 40 2025.

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A Satana: analisi dell’inno di Carducci https://cultura.biografieonline.it/inno-a-satana-carducci/ https://cultura.biografieonline.it/inno-a-satana-carducci/#comments Sun, 04 May 2025 17:42:06 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=12652 I “Levia Gratia” di Giosuè Carducci si concludono come è noto con l’inno “A Satana” (scritto nel 1863 e pubblicato per la prima volta nel 1865), un componimento che acquistò ben presto una notevole celebrità. Si tratta di una poesia nella forma di inno, con cinquanta quartine di quinari sdruccioli a schema rimico ABCB. In esso appare chiaro, secondo l’interpretazione dello stesso poeta Giosuè Carducci, che la figura di Satana non è altro che il simbolo della ragione, del progresso e della civiltà moderna.

Giosué Carducci
Giosué Carducci

Analisi della poesia

Si tratta di un inno che trova la sua origine nell’educazione illuministica del Carducci che ebbe, nell’atmosfera positivista del tempo, un suo innegabile significato, ma lo stesso Carducci confessò, in uno scritto del 1881, che questo componimento da lui venne definito una “chitarronata”.

L’inno “A Satana” resta, di fatto, su un livello veramente superficiale; anche se è vero che al poeta, come affermò in uno scritto del 1869, “ruppe dal cuore, proprio dal cuore, in una notte di settembre del 1863”.

A differenza dei reazionari che vedevano la figura di Satana in modo negativo e quindi da condannare in ogni sua forma, Giosuè Carducci la celebra in tutte le sue forme, diventando simbolo degli aspetti positivi della nostra vita.

A Satana: il testo

A te, dell’essere
principio immenso,
materia e spirito,
ragione e senso;

mentre ne’ calici
il vin scintilla
sì come l’anima
nella pupilla;

mentre sorridono
la terra e ’l sole
e si ricambiano
d’amor parole,

e corre un fremito
d’imene arcano
da’ monti e palpita
fecondo il piano;

a te disfrenasi
il verso ardito,
te invoco, o Satana,
re del convito.

Via l’aspersorio,
prete, e ’l tuo metro!
no, prete, Satana
non torna in dietro !

Vedi: la ruggine
l’ode a Michele
il brando mistico;
ed il fedele

spennato arcangelo
cade nel vano.
Ghiacciato è il fulmine
a Geo va in mano.

Meteore pallide,
pianeti spenti,
piovono gli angeli
dai firmamenti.

Nella materia
che mai non dorme,
re dei fenomeni,
e delle forme,

sol vive Satana.
Ei tien l’impero
nel lampo tremulo
d’un occhio nero,

o ver che languido
sfugga e resista
od acre ed umido
provochi insista.

Brilla de’ grappoli
nel lieto sangue,
per cui la libera
gioia non langue,

che la fuggevole
vita ristora,
che il dolor proroga,
che amor ne incora.

Tu spiri, o Satana ,
nel verso mio,
se dal sen rompemi
sfidando il dio

de’ rei pontefici,
de’ re cruenti:
e come fulmine
scuoti le menti.

A te, Agramainio,
Adone, Astarte,
e marmi vissero
e tele e carte,

quando le ioniche
aure serene
beò la Venere
anadiomene.

A te del Libano
frernean le piante,
dell’ alma Cipride
risorto amante:

a te ferveano
le danze e i cori,
a te i virginei
candidi amori

tra le odorifere
palme d’Idume,
dove biancheggiano
le ciprie spume.

Che vai se barbaro
il nazareno
furor dell’agapi
dal rito osceno

con sacra fiaccola
i templi t’arse
e i segni argolici
a terra sparse?

Te accolse profugo
tra gli dei lari
la plebe memore
dei casolari.

Quindi un femineo
sen’ palpitante
empiendo, fervido
nume ed amante,

la strega pallida
d’eterna cura
volgi a soccorrere
l’egra natura.

Tu all’occhio immobile
dell’ alchimista,
tu dell’indocile
mago alla vista

dischiudi i fulgidi
tempi novelli
del nero claiistro
oltre i cancelli.

Alla Tebaide,
te nelle cose
fuggendo, il monaco
triste s’ascose.

O dal tuo tramite
alma divisa,
benigno e Satana:
ceco Eloisa.

In van ti maceri
nell’aspro sacco:
il verso ei mormora
di Maro e Flacco

tra la davidica
nenia ed il pianto;
e, forme delfiche,
a te da canto,

rosee nell’orrida
compagnia nera,
mena Licoride,
mena Glicera.

Ma d’altre imagini
d’età più bella
tal or si popola
l’insonne cella.

Ei, dalle pagine
di Livio, ardenti
tribuni, consoli,
turbe frementi

sveglia; e fantastico
d’italo orgoglio
te spinge, o monaco,
su ’l Campidoglio.

E voi, che il rabido
rogo non strusse,
voci fatidiche,
Wiclef ed Husse,

all’aura il vigile
grido mandate:
s’innova il secolo,
piena è l’ etate.

E già già tremano
mitre e corone :
move dal claustro
la ribellione,

e pugna e predica
sotto la stola
di fra’ Girolamo
Savonarola.

Gittò la tonaca
Martin Lutero:
gitta i tuoi vincoli,
uman pensiero,

e splendi e folgora
di fiamme cinto;
materia, inalzati:
Satana ha vinto.

Un bello e orribile
mostro si sferra,
corre gli oceani,
corre la terra:

corusco e fumido
come i vulcani,
i monti supera,
divora i piani,

sorvola i baratri;
poi si nasconde
per antri incogniti
per vie profonde;

ed esce; e indomito
di lido in lido
come di turbine
manda il suo grido,

come di turbine
l’alito spande:
ei passa, o popoli,
Satana il grande;

passa benefico
di loco in loco
su l’infrenabile
carro del foco.

Salute, o Satana,
o ribellione,
o forza vindice
della ragione!

Sacri a te salgano
gl’incensi e i voti!
Hai vinto il Geova
de’ sacerdoti.

Parafrasi

Ciò lo si evince già dalle prime strofe del componimento, in cui il poeta invoca Satana, che regna prepotentemente nei fenomeni naturali, nelle bellezze della natura, nell’ebbrezza del vino, negli occhi delle donne, nelle gioie del convito e dell’amore. Viene addirittura soprannominato il “Re del convito”. Satana agisce prepotentemente perfino nell’ispirazione e creazione serena dei poeti e degli artisti, “signore incontrastato, mentre ormai cedono e cadono impotenti Geova e i suoi angeli”.

Carducci rappresenta il Re degli Inferi, con la figura di Agramainio, che nella mitologia iranica è il principio del male e della ribellione, poi con Adone, un bellissimo ragazzo di cui si innamorò Venere, allegoria della natura in fiore, ed infine con Astarte, dea fenicia del piacere.

Il poeta si sofferma molto spesso sull’oscurantismo medievale, citando le vittime Abelardo ed Eloisa, inoltre descrive i primi monaci cristiani che praticarono l’ascetismo nel deserto; secondo il poeta, il monaco è spesso triste proprio perché fugge dalla natura, poiché vede in essa una chiara manifestazione della potenza di Satana.

Nel finale, Satana viene identificato con la macchina a vapore, la locomotiva, a simboleggiare la vittoria del progresso contro ogni forma di oscurantismo e di dogmatismo del Cristianesimo.

Sintesi

In questa poesia, Carducci tiene ad esaltare la gioia di una vita tutta materiale, la superiorità del libero pensiero e della razionalità, il progresso delle scienze contro il fanatismo cristiano.

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Il Proclama di emancipazione di Lincoln https://cultura.biografieonline.it/il-proclama-di-emancipazione-di-lincoln/ https://cultura.biografieonline.it/il-proclama-di-emancipazione-di-lincoln/#comments Sun, 04 May 2025 12:18:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2480 Proclama è un termine derivante dal latino proclama, cioè gridare avanti, annunciare. Si tratta quindi di un annuncio solenne riguardante un provvedimento di particolare importanza, emanato da un’autorità e rivolto al popolo.

Questo concetto si rifà all’usanza antica di dare annuncio di notizie gridandole nelle vie, piazze o luoghi di ritrovo. Ciò per permettere alla maggior parte della popolazione di venirne a conoscenza.

Proclama di emancipazione Lincoln
Lincoln mentre discute con il suo Gabinetto il primo abbozzo del Proclama di Emancipazione – Dipinto a olio di Francis Bicknell Carpenter

Proclama di notevole importanza è quello emanato da Abraham Lincoln, sedicesimo presidente degli Stati Uniti d’America: il Proclama di Emancipazione.

Il Proclama di Emancipazione

È promulgato durante la guerra civile americana, detta anche guerra di secessione americana, durata dal 1861 al 1865.

Quest’ultima vede contrapposti da un lato gli Stati Uniti d’America e dall’altro gli Stati Confederati d’America. Di questi fanno parte i 7 stati che dichiarano la propria secessione dagli Stati Uniti d’America: Alabama, Florida, Georgia, Louisiana, Mississippi, Carolina del Sud e Texas.

Successivamente si uniscono alla Confederazione altri 4 Stati: Virginia, Arkansas, Carolina del Nord e Tennessee.

Contro la schiavitù

Il Proclama di Emancipazione costituisce secondo alcuni, oltre che una precisa presa di posizione contro la schiavitù, anche una misura di strategia militare: a partire dal 1° gennaio 1863, gli schiavi appartenenti a proprietari in stato di rivolta contro l’Unione, sono dichiarati liberi.

Il Proclama di Emancipazione è composto da due ordini esecutivi:

  1. il primo emanato il 22 settembre 1862, decreta la liberazione di tutti gli schiavi dei territori degli Stati Confederati d’America a partire dal 1° gennaio 1863;
  2. il secondo elenca gli stati nel quale il primo ordine deve essere applicato.

Dopo il proclama

A seguito di questo Proclama, durante gli anni successivi e fino al 1865 sono liberate circa quattro milioni di persone.

Successivamente, dopo esser stato riconfermato Presidente nel 1864, Lincoln, insieme ad altri politici statunitensi, per evitare che il Proclama fosse considerato soltanto come una momentanea misura dovuta alla guerra, propone la ratifica del XIII emendamento della Costituzione Americana, grazie al quale, il 18 dicembre 1865, la schiavitù viene definitivamente abolita.

Abraham Lincoln
Abraham Lincoln

Abraham Lincoln viene assassinato il 14 aprile 1865, per mano di John Wilkes Booth, attore teatrale statunitense e simpatizzante confederato, che al Ford’s Theatre, a Washington, spara un colpo di pistola alla testa del Presidente, dichiarato morto il mattino del 15 aprile 1865.

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Musei Vaticani https://cultura.biografieonline.it/musei-vaticani/ https://cultura.biografieonline.it/musei-vaticani/#comments Sat, 03 May 2025 09:44:24 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17719 Visitare i Musei Vaticani significa immergersi simultaneamente tra le onde di un tempo che rivive il presente nell’immagine del proprio solenne passato, e che s’innesta nel futuro come ideale eterno e universale di un concetto estetico e comunicativo immortale, nato dai padri dell’umanità per impressionare generazioni di figli, nel frangente di una continuità che non sfibra, ma che fortifica ogni antico concetto.

Musei Vaticani

La pluralità della conoscenza incontra le fasi più nobili dello spirito umano nella magnificenza della sede vaticana dove, tra le antichità di una religiosità permeante marmi e antichi segreti, vige il potere indiscusso della Chiesa di Roma.

La grandezza incontra il potere nell’incalcolabile connubio tra arte e reggenza clericale, devota a Dio e agli uomini creati a sua immagine e somiglianza. Non esiste vastità più ampia di un complesso dove vige l’anima del mondo, il cuore pulsante di una storia pressoché infinita che articolò i benefici della vittoria sulle rimesse fondamenta del debole pensiero, corrotto e dunque soffocato.

La storia del Vaticano è la storia del mondo, così come ogni parte del mondo fu tassello nel glorioso disegno evangelicamente imperituro di una conquista delle anime lontane dalla Chiesa e quindi da Dio.

L’eccezionalità delle personalità pontificie legò indissolubilmente la storia dei Musei Vaticani a una collezione d’arte stupefacente, in una varietà di manufatti e opere d’arte rappresentanti le fasi più alte dell’artisticità umana, dai corpi perfetti e atletici della statuaria classica fino alla modernità sorprendente e inquieta dei mentori dell’ideale spesso sofferente dell’arte novecentesca.

Musei Vaticani: la Storia

Ripercorrere la storia dei Musei Vaticani significa ripercorrere i vicoli della Roma rinascimentale, quando il potere si decorò d’illustri ornamenti, colpendo il cuore della cristianità di una rinnovata concezione artistica, generata dalla mente dei precursori di una potenza interpretativa senza eguali, di una ricchezza compositiva distillata di passione e sottomissione, di un totale asservimento vincolato alla consapevolezza di una somma missione ordinata e intensissimamente voluta dal vicario di Cristo in terra.

L’ispirazione nacque dalle contorte spire del gruppo scultoreo del “Laocoonte” (I secolo a.C.), per giungere, infine, alla genesi del nucleo primitivo della collezione intrapresa da papa Giulio II (1443 – 1513), che non solo gettò le basi di un complesso museale di un’assoluta importanza, ma la cui prima formazione influenzò in maniera consistente il percorso artistico e la mente sensibile ed estremamente ricettiva dei grandi protagonisti del panorama rinascimentale italiano, come nel caso di Michelangelo Buonarroti (1475 – 1564), che seppe fare del “Torso del Belvedere” (I secolo a.C.) l’anima di una propria poetica, e i cui risvolti riecheggiano tra i corpi nudi e mascolinamente torniti dei personaggi che popolano la volta della Cappella Sistina.

La volta della Cappella Sistina
Musei Vaticani: la volta della Cappella Sistina

Il 1508 coincide con l’incipit di una grandiosa e maestosa volontà collezionistica, sacra al valore dell’umano apprezzamento e allo strumento dell’arte quale mezzo per raggiungere Dio, dunque l’anima del mondo.

Quando Giulio II, Giuliano della Rovere, nell’ampio respiro di un mecenatismo illustre e fortemente classicista, acquistò il mitologico gruppo scultoreo urlante di orrore e ritraente, nelle solide forme di un marmo ammirevole, l’inganno della sorte brutale toccata al sacerdote troiano, qualcosa nella storia variò, cambiando gli attesi destini dello “Status Civitatis Vaticanæ”.

“[…] Egli, com’era
D’atro sangue, di bava e di veleno
Le bende e ‘l volto asperso, i tristi nodi
Disgroppar con le man tentava indarno,
E d’orribili strida il ciel feriva;
Qual mugghia il toro allor che dagli altari
Sorge ferito, se del maglio appieno
Non cade il colpo, ed ei lo sbatte e fugge.”

(Virgilio, Eneide, Libro II, 370 – 377)

Il classicismo della virgiliana figura morente del “Laocoonte” trova in sé il motivo chiave di una collezione, quella classica, che fece della sua esistenza la giustificazione di quell’impero, un tempo romano e fecondo di conquiste, che proseguì passando dalle contuse mani di Lucius Aemilius Paullus (229 a.C. – 160 a.C.) e Flavio Valerio Aurelio Costantino (306 – 307) alle ingemmate dita di Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici, 1475 – 1521) e Paolo III (Alessandro Farnese, 1468 – 1549), verso la fatalità benedetta e gloriosamente sacra di un “Imperium sine fine”, ovvero di un impero prepotentemente consacrato alla Chiesa Cattolica, nella pagana citazione dell'”His ego nec metas rerum nec tempora pono: imperium sine fine dedi” di Publio Virgilio Marone (70 a.C. – 19 a.C.).

Un ideale sommo, celestialmente guidato nella riuscita di un’opera suprema di materializzare dell’antico binomio che lega la creazione a Dio, nell’esatta corrispondenza dell’uomo capace di creare e trasformare la materia, infondendo in essa la scintilla dell’umana vitalità, come l’assoluta potenza che colma la breve distanza che separa l’indice di Dio da quella di Adamo, negli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina.

Il potere incontrò il prestigioso volto dell’arte rinascimentale nei sublimi ambienti vaticani, portando a compimento il magniloquente incontro, in molti casi agonistico, tra Raffaello Sanzio (1423 – 1520) e Michelangelo Buonarroti.

La fervente contesa che spesso animava gli artisti, volgeva altrettanto frequentemente l’indomita indole ai danni dei giudizi estranei alla volontà personale.

Come nel caso di Michelangelo che con riluttanza accoglieva le opinioni altrui, atteggiamento che palesò nella laconica risposta data al drammaturgo e poeta Pietro Aretino quando questi dispensò alcune indicazioni attinenti la realizzazione del “Giudizio Universale“:

[…] Sommi molto rallegrato per venire da voi, che sete unico di virtù al mondo, et anche mi sono assai doluto, però che, avendo compìto gran parte de l’historia, non posso mettere in opra la vostra imaginazione, la quale è sì fatta, che se il dì del giudicio fusse stato, et voi l’aveste veduto in presenzia, le parole vostre non lo figurarebbono meglio […].

I Musei Vaticani si configurano, dunque, non solo come indiscussi custodi del sublime operato umano, ma come frangente entro cui si sviluppò la sofferenza, l’indocile passione, il sentimento artistico che mosse gli ingranaggi dell’illustre “intelligentia“, nelle afflizioni estenuanti di capolavori d’immensa portata; le illustri esternazioni del genio artistico amalgamavano il colore al sudore della fatica, l’estetica perfezione delle forme all’inguaribile indebolimento fisico, liberando e trasformando ogni mera rinuncia materiale in un supremo capolavoro artistico, in un’evidente elevazione spirituale facilmente deducibile da alcuni dei versi del Buonarroti, che ritraggono, lo stesso, ormai piegato dagli sconfinati sforzi rivolti alla realizzazione degli affreschi della volta della Cappella Sistina:

Dinanzi mi s’allunga la corteccia,
e per piegarsi adietro si ragroppa,
e tendomi com’arco soriano
Però fallace e strano
surge il iudizio che la mente porta,
ché mal si tra’ per cerboctana torta.

(M. Buonarroti, Le Rime, 12 – 17)

Le evoluzioni

L’origine delle collezioni vaticane sbocciò esuberante dal marmoreo “Cortile delle statue“, oggi “Cortile Ottagonale“, per evolversi sovente in quel patrimonio artistico che riempì di magnificenza i lussuosi saloni vaticani, portando alla nascita di nuovi spazi espositivi e dunque museali.

Nel corso del XVIII secolo fu fondato il primo nucleo del “Museo Pio – Clementino” per l’opera culturalmente e artisticamente feconda di Clemente XIV (Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli, 1705 – 1774) e Pio VI (Giovanni Angelo Braschi, 1717 – 1799), mentre nel secolo successivo, con Pio VII (Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, 1742 – 1823) furono fortemente ampliate le raccolte di antichità classiche e la collezione epigrafica, ospitata nella “Galleria lapidaria” (XVIII secolo).

Con Gregorio XVI (Bartolomeo Alberto Cappellari, 1765 – 1846) si aprirono le porte del “Museo Gregoriano Etrusco” (1828) e del “Museo Gregoriano Egizio” (1839), con i reperti provenienti dagli scavi dell’Etruria meridionale e alcuni artefatti nativi del “Museo Capitolino e Vaticano”.

Nel 1844 fu inaugurato il “Museo Lateranense”, luogo espositivo che vanta la presenza di statue, mosaici, bassorilievi di età romana, i quali non trovarono posto nei palazzi vaticani.
Sotto il pontificato di San Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, 1835 – 1914) fu inaugurato il “Lapidario Ebraico” (1910), sezione ospitante 137 iscrizioni degli antichi cimiteri ebraici di Roma.

I Musei Vaticani si figurano come un contesto espositivo diffuso, in altre parole scandito in una moltitudine di spazi dislocati in varie edifici o ambiti museali; nel limite di una sintesi esaustiva è risulta necessario ricordare la “Galleria degli Arazzi” (1838), la “Galleria delle carte geografiche” (1580) voluta da Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1502 – 1585) e restaurata da Urbano VIII (Maffeo Vincenzo Barberini, 1568 – 1644), la “Sala Sobieski”, la “Sala dell’Immacolata Concezione” (1854), la “Loggia di Raffaello” (1517 – 1519), le “Stanze di Raffaello” (1508 – 1524), la “Cappella di Beato Angelico” (“Cappella Niccolina”, 1447) voluta da Niccolò V (Tomaso Parentucelli, 1397 – 1455), la “Cappella Sistina” (1483), gli “Appartamenti Borgia” (1492), la “Pinacoteca Vaticana” (1932) e il “Museo Missionario Etnologico” (1926).

Il 1973 fu l’anno della nascita della collezione d’arte religiosa moderna e contemporanea e quella del “Museo Storico”, ospitante una serie iconografica dei papi nonché i cimeli dei corpi militari soppressi.

La collezione

I Musei Vaticani, vigilanti di un’arte sacra e al contempo contemporanea, riempirono quell’infausta frattura che per secoli aveva emarginato la sacralità dalla modernità, in un concetto che induceva a escludere dalle collezioni vaticane i maggiori esemplari di arte moderna, in una comprensione di una religiosità nuova, sofferta e ricercata, come nella “Pietà” (1889) di Van Gogh, e fortemente discussa nel “Crocifisso” (1954) di Salvador Dalì.

Un’arte moderna che rimanda ai miti del Rinascimento, un’arte rinascimentale che richiama il forte classicismo della statuaria greco – romana, in un’avanzante e galoppante schiera dei più assoluti e universalmente riconosciuti capolavori antichi; è il caso di citare l'”Atena e Marsia” (450 a.C.) di Da Mirone, l’ “Amazzone Mattei” (V secolo a.C.) di Fidia, “Afrodite Cnidia” (360 a.C.) di Prassitele, l’ “Apollo del Belvedere” (350 a.C.) di Leocares, la “Statua colossale di Claudio” (47 d.C.), l’ “Augusto di Prima Porta”, l’ “Apoxyómenos” (330 -320 a.C.) di Lisippo, il “Gruppo del Laocoonte” (I secolo d.C.), gli “Affreschi dell’Odissea dalla casa di via Graziosa” (I secolo a.C.), la “Base dei Vicomagistri” (20 – 40 d.C.), la “Colonna Antonina” (161 – 162 d.C.), il “Sarcofago di Costantina” (340), il “Sarcofago dogmatico” (320 – 340), il “Ritratto del decennale di Traiano” (108 d.C.) e il “Ritratto di Filippo l’Arabo” (244 d.C.).

Il mondo classico sfuma lentamente le brillanti superfici pallide e pagane dei marmi ellenici nella complessità dell’arte medievale che, nel terreno fertile di una venerazione religiosa al limite della faziosità, vide l’investitura di un’arte splendida, narrata dai capolavori vaticani dell'”Evangeliario di Lorsch” (“Codex Aureus di Lorsch”, 778 – 820), dal “Polittico Stefaneschi” (1320) di Giotto, l'”Annunciazione” (1423 – 1425) di Gentile da Fabriano e dai cinque scomparti della predella del “Polittico Quaratesi” (1425).

Nati nel cuore del Rinascimento, i Musei Vaticani godettero del privilegio di artisti contemporanei celebri, che seppero fare dell’arte lo strumento di un potere religioso in progredente crescita, serbando ed esibendo la maestosità di un periodo glorioso attraverso un rinnovamento ideale e materiale che si espresse attraverso gli arazzi della Cappella Sistina di Raffaello, la predella della “Pala di Perugia” (1438) di Beato Angelico, l'”Incoronazione Marsuppini” (1460) di Filippo Lippi, il “San Girolamo” (1480) di Leonardo da Vinci e la “Pietà di Pesaro” (1471-1483) di Giovanni Bellini.

Nel complesso progresso artistico che unì gli uomini al supremo ideale che è l’arte, nell’ottica di uno strumento che cova in sé uno spirito capace di comprendere ogni epoca, si giunge all’illusoria fine di un percorso, nei vasti meandri dell’arte moderna e infine contemporanea, con la “Deposizione” (1602 – 1604) di Caravaggio, il “Martirio di sant’Erasmo” (1628) di Nicolas Poussin, il “Perseo trionfante” di Antonio Canova (1797 – 1801) e le potenti e irrequiete opere sopracitate di Salvator Dalì e Van Gogh.

Perseo trionfante - Scultura di Canova
Perseo trionfante: Perseo tiene con la mano la testa di Medusa (Scultura di Canova)

Note Bibliografiche
C. Rendina, I papi. Da San Pietro a Papa Francesco. Storia e segreti, Newton Compton Editori, Roma, 2013
M. Buonarroti, S. Fanelli (curatore), Rime, Garzanti, Milano, 2006
T. Filippo, La passione dell’error mio. Il carteggio di Michelangelo. Lettere scelte 1532-1564, Fazi, Roma, 2002

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Cristo alla colonna, quadro di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/cristo-alla-colonna-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/cristo-alla-colonna-antonello-da-messina/#comments Fri, 18 Apr 2025 17:39:25 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26846 Nel periodo 1476-1478 circa Antonello da Messina dipinge il Cristo alla colonna, un’opera potentissima che supera l’iconografia fiamminga e apre la strada ad un nuovo modo di realizzare i ritratti.

Cristo alla colonna Antonello da Messina Christ at the column
Cristo alla colonna (1476-1478): olio su tavola, 25.8 cm × 21 cm • Il dipinto è conservato presso il Museo del Louvre, a Parigi.

Cristo alla colonna: descrizione dell’opera

Prima di tutto la testa del Cristo non è rivolta verso lo spettatore ma è appoggiata alla colonna della flagellazione. Gli occhi di Gesù guardano verso il cielo in un momento altissimo di sofferenza fisica e morale.

Cristo non cerca la pietà dell’uomo ma quella di Dio che invoca in un momento di disperazione e dolore. L’emozione è fortissima perché in questo momento Antonello da Messina racchiude la disperazione della passione quando Gesù si domanda perché suo padre, Dio, lo ha abbandonato.

Eloi, Eloi, lema sabactàni? [In aramaico]

Secondo i Vangeli di Marco e Matteo sono le ultime parole di Gesù prima di morire.

La perfezione dei dettagli

A questo punto lo sguardo dello spettatore si concentra sulla realizzazione di dettagli perfetti. I capelli sciolti sono sudati a causa della sofferenza patita; la corona di spine, la barba rada, le lacrime si differenziano per un miracolo di luce e colore dalle gocce di sangue; il collo, la corda intorno al collo tirato per il dolore e alla bocca da cui sembra udire la voce di Gesù.

Il dipinto, perfetto nella sua realizzazione, suscita compassione, pietà e ammirazione per il gioco della luce che ci permette di osservare senza soluzione di continuità i particolari del volto di Cristo.

Un altro elemento di originalità si trova nella prospettiva che la particolare collocazione del viso crea nel perimetro del dipinto. L’osservazione parte da sotto e sale fino agli occhi: in questo modo il volto del Cristo prende tutto lo spazio e occupa completamente lo sguardo dello spettatore.

Commento e breve analisi dell’opera

Non si sfugge dalla tragedia che Gesù sta vivendo, bisogna guardarla, subirla e riflettere poi sul peso che ha dovuto affrontare. Questo è lo scopo di Antonello da Messina: fotografare la perfezione di un attimo.

Per nostra fortuna il dipinto Cristo alla colonna a differenza di altri quadri dell’artista messinese, è conservato molto bene; dunque la forza della luce si realizza appieno.

Il dipinto si colloca nella serie tematica di opere che comprende anche Ecce Homo e Crocifissione. “Cristo alla colonna” ebbe successo per la sua efficacia prospettica ma soprattutto per il capolavoro dei dettagli. Tuttavia ciò che colpisce, a mio modo di vedere, oltre alla luce, alla bellezza dei dettagli, alla perfezione dei particolari è la forza di attrazione verso la bellezza di Gesù; Cristo soffre, cerca Dio padre e vede forse in quell’attimo il Paradiso che lo attende.

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Crocifissione, opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/crocifissione-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/crocifissione-antonello-da-messina/#comments Fri, 18 Apr 2025 17:32:19 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26844 Nel 1475 Antonello da Messina dipinge un capolavoro sulla crocifissione. Mancano pochi anni alla sua morte e il maestro messinese possiede perfettamente la tecnica prospettica. Esistono due versioni della crocifissione di Cristo, dipinte da Antonello nello stesso anno, più una terza antecedente. Le opere vengono indicate con il nome della città in cui risiedono attualmente. Quella che andiamo ad analizzare qui è un olio su tavola, 52,5 x 42,5 cm, esposta in Belgio, presso il Koninklijk Museum di Anversa.

Crocifissione Antonello da Messina Crucifixion Calvary
Crocifissione (Calvary) • Antonello da Messina, 1475

Crocifissione: descrizione del quadro

Si può osservare la padronanza della tecnica prospettica nella realizzazione della balza rocciosa del Golgota, nella contorsione dei due ladroni e nella posizione opposta e complementare di Maria e Giovanni.

La balza rocciosa è cosparsa di teschi, erbe, pietre e alcuni animali si muovono fra le rocce e i crani. Il riferimento è ai fiamminghi e alla loro superba arte dei dettagli che Antonello da Messina conosceva molto bene.

I simboli

Gli animali e i teschi hanno però anche altri riferimenti simbolici. I teschi rappresentano la transitorietà della vita. I serpenti che escono dai bulbi oculari simboleggiano la tentazione e il male che spreca l’esistenza.

La civetta, invece, rappresenta coloro che sono persi nel buio più totale e sono incapaci di vedere la luce.

Alcuni riferimenti sono scontati altri sono più dotti e si riferiscono anche a simboli biblici.

I personaggi

Particolari invece sono le posizioni dei ladroni che si contorcono sui pali legnosi. La descrizione anatomica, la posizione dei corpi, la prospettiva delle posizioni sono un tratto caratteristico di Antonello da Messina; ma in questa tela raggiungono un vertice notevole.

La terza parte, il rapporto contrapposto fra Maria e Giovanni chiude il lavoro di Antonello. Lo sfondo infatti è più piatto rispetto alla parte del Golgota e forse non è di Antonello, ma di uno dei suoi discepoli. Oppure è opera del figlio Jacobello, il quale dopo la morte del padre prende in mano la bottega e conclude alcune commissioni che il genitore aveva firmato prima di morire.

La parte invece in cui si vedono i cavalieri mentre rientrano a Gerusalemme è ricca di dettagli e di rimandi all’arte fiamminga.

Un altro riferimento è il cartellino (o cartiglio) con il nome dell’opera che Antonello dipinge in basso a destra; esso forse è un saluto al suo amico Giovanni Bellini che utilizzava lo stesso espediente.

Lo stretto di Messina

Studi orografici – che riguardano la distribuzione dei rilievi montuosi – effettuati nel 2010, hanno messo a confronto il paesaggio reale dello stretto di Messina con le colline del quadro di Anversa. La tecnica della sovrapposizione mostra come lo sfondo sia stato forse ispirato dalla visione reale dello stretto di Messina. Il punto di vista sarebbe quello dalle colline della valle del torrente Camaro.

Sovrapposizione Crocifissione Antonello da Messina Stretto di Messina
La sovrapposizione della Crocifissione con il paesaggio dello Stretto di Messina

Le altre crocifissioni di Antonello da Messina

Le altre due versioni a cui abbiamo accennato all’inizio sono esposte:

  • alla National Gallery di Londra: dipinto olio su tavola di tiglio (41,9×25,4 cm), datato al 1475. L’opera è successiva a quella di Anversa.
  • al Muzeul Naţional de Artă al României, a Bucarest (Romania). L’opera è datata 1463-1465 circa: è un dipinto realizzato con tempera e olio su tavola, 39×22,5 cm. E’ indicato come Crocifissione di Sibiu.
Crocifissione Antonello da Messina Londra London
La Crocifissione di Antonello da Messina esposta a Londra
Crocifissione di Sibiu Antonello da Messina Romania
Crocifissione di Sibiu

Analisi dell’opera con commento video

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