Cultura https://cultura.biografieonline.it/ Canale del sito Biografieonline.it Wed, 08 Oct 2025 14:17:32 +0000 it-IT hourly 1 Alpha, film del 2025 – Recensione https://cultura.biografieonline.it/alpha-film-2025-recensione/ https://cultura.biografieonline.it/alpha-film-2025-recensione/#respond Wed, 08 Oct 2025 14:17:12 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42658 Trama

Alpha ha 13 anni quando torna a casa, dopo una festa, con un tatuaggio che le hanno inciso mentre era addormentata.

È spaventata, perché il tatuaggio potrebbe essere stato il veicolo di un virus che sta uccidendo migliaia di persone.

Il virus trasforma i suoi ospiti in esseri di pietra, si sviluppa lentamente, prima attaccando alcune parti del corpo e poi infestando tutto il resto, fino a quando l’essere umano non muore soffocato.

Ma Alpha non deve affrontare solo il pericolo della sua morte, ma anche lo scompiglio della sua famiglia.

Sua madre è un medico che lotta ogni giorno contro il virus, facendo ricerche, curando i malati che arrivano a decine in un ospedale, in parte abbandonato da medici e infermieri.

Mentre a casa arriva lo zio, un tossico in stato avanzato, che Alpha non conosce e che imparerà a conoscere nei giorni seguenti quando, insieme al timore per la malattia, dovrà anche affrontare l’astinenza dello zio e il bullismo a scuola.

Ma lei è un personaggio straordinario, benché abbia solo 13 anni ha una forza ed un coraggio che le permettono di attraversare tutto, anche il dolore di sua madre.

Scopriremo poi quale è questo dolore e come si è insinuato nella vita di Alpha, di sua madre e di tutta la sua famiglia.

Alpha film 2025
Alpha film 2025

Commento

La regista Julia Ducournau costruisce un film in cui la paura per la pandemia, per le malattie sociali, per i virus incontrollabili diventa uno sfondo credibile e opprimente ad un film molto fisico, carnale, in cui i corpi vengono modificati dalla malattia, dall’eccesso, dal vizio. In questo incubo magico la protagonista si muove come se osservasse una decomposizione del ricordo, del dolore, dell’amore, delle relazioni famigliari.

Tutto si sfila, si dissolve, diventa polvere, come la tempesta di polvere rossa che si vede alla fine del film e ha un suo significato mistico che va oltre la capacità dei personaggi di comprendere il loro destino.

In questo senso il film ha una forza narrativa sorprendente, a tratti eccessiva, soprattutto nella visione di queste immagini carnali così deteriorate e intime.

E proprio però la forza dei corpi sorprende nella seconda parte lo spettatore di fronte alla forza della mente, del ricordo, della fragilità dell’esistenza che si aggrappa a poche cose fondamentali, come l’amore di una madre per la figlia o l’amore di una sorella per un fratello.

Legami famigliari che sottendono a dolori fortissimi ma che resistono alla distruzione dei corpi e a cambiamenti che non riusciamo a governare.

Dati sul film

Lingua originale: francese
Paese di produzione: Francia, Belgio
Anno: 2025
Durata: 128 min
Genere: orrore, drammatico, thriller
Regia: Julia Ducournau
Sceneggiatura: Julia Ducournau

Interpreti e personaggi
Mélissa Boros: Alpha
Tahar Rahim: Amin
Golshifteh Farahani: mamma di Alpha
Emma Mackey: infermiera
Finnegan Oldfield: professore di inglese
Louaï El Amrousy: Adrien
Marc Riso: Benny

Doppiatori italiani
Ilaria Pellicone: Alpha
Francesco Venditti: Amin
Stella Musy: mamma di Alpha
Jessica Bologna: infermiera
Davide Albano: professore di inglese
Tito Marteddu: Adrien
Carlo Petruccetti: Benny

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Coma Cose, breve biografia: i loro nomi veri sono Francesca e Fausto https://cultura.biografieonline.it/coma-cose-biografia/ https://cultura.biografieonline.it/coma-cose-biografia/#comments Tue, 07 Oct 2025 15:22:41 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=31719 Coma_Cose, chi sono

Coma_Cose è il duo musicale che si distingue per una proposta di musica rap, mista ad elettronica ma con radici nel cantautorato italiano. Nel 2021 è previsto il loro debutto sul palco dell’Ariston, tra i partecipanti del Festival di Sanremo 2021. L’evento promette di renderli nomi noti al grande pubblico. Vediamo le tappe salienti del loro percorso come coppia nella vita e nel lavoro.

Coma_Cose
Coma_Cose

Coma_Cose, l’unione di due musicisti nata per caso

I due componenti di questa band sono Fausto Lama, nome d’arte di Fausto Zanardelli e California, pseudonimo di Francesca Mesiano, originaria di Pordenone. Fausto, precedentemente noto con un altro nome d’arte, ovvero Edipo, è nato a Gavardo (Brescia) il 21 novembre 1978. Nei primi anni Dieci conosce un discreto successo, arrivando a collaborare anche con Dargen D’Amico e la sua etichetta discografica. Per quest’ultima pubblica alcuni dei suoi lavori più importanti, riuscendo a farsi notare sulla scena musicale.

Fausto Lama (Fausto Zanardelli) e California (Francesca Mesiano)
Fausto Lama (Fausto Zanardelli) e California (Francesca Mesiano)

Nel complesso la carriera di Edipo può vantare la pubblicazione di ben tre album da solista e una serie di concerti a livello nazionale che riscuotono un buon livello di partecipazione del pubblico. Tuttavia, per ragioni personali Zanardelli sceglie di abbandonare la carriera musicale, almeno finché non interviene Francesca, ex Dj: incontrata casualmente come collega di lavoro mentre entrambi facevano i commessi. È lei a convincerlo a riprendere contatto con il mondo della musica, grazie uno slancio ritrovato, che si basa sul loro legame e su una sintonia innegabile.

Ecco come nascono i Coma_Cose, un duo che in pochi anni è riuscito a farsi largo nella scena indie.

Coma_Cose tra musica e televisione

Poco dopo aver formato il duo, nel 2017 i due ragazzi vengono ingaggiati dall’etichetta discografica Asian fake, per la quale pubblicano l’EP Inverno Ticinese. Nel marzo dell’anno successivo (2018) si fanno notare per l’esibizione nel talk show tv E poi c’è Cattelan (condotto da Alessandro Cattelan). Sempre nel 2018 vengono contattati dai Phoenix, band internazionale, che li vuole assieme ad altri artisti del calibro di Giorgio Poi, e offre loro la possibilità di aprire i loro concerti a Parigi.

L’anno d’oro 2019

L’anno seguente, nel 2019, i Coma_Cose arrivano a pubblicare l’album d’esordio Hype Aura. Sono poi chiamati a prendere parte al concerto del Primo Maggio, appuntamento imperdibile che in un certo senso inaugura la stagione musicale estiva. Dopo pochi mesi un loro brano compare nell’album Microchip temporale (album di remix del gruppo musicale italiano Subsonica): si tratta della canzone Aurora sogna, scritta e cantata assieme a Mamakass dei Subsonica. Sempre nel 2019 i sue brani dei Coma_Cose Mancarsi e Post concerto, regalano al duo grandi soddisfazioni, quando vengono certificati come disco d’oro dalla FIMI.

La copertina dell'album Hype Aura (Coma_Cose)
La copertina dell’album Hype Aura (Coma_Cose)

A novembre 2019 figurano come ospiti della trasmissione televisiva Una storia da cantare, programma in onda in prima serata su Rai 1 per la conduzione di Enrico Ruggeri e Bianca Guaccero; l’evento li vede impegnati nell’interpretazione particolare del celebre brano Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi, del cantautore italiano Lucio Battisti. Le loro partecipazioni televisive includono anche quella nella serie Involontaria di MTV, in cui si esibiscono in versione acustica per i pazienti ricoverati all’Istituto Nazionale Tumori.

I Coma_Cose verso il Festival di Sanremo

Il 2020 porta loro altri successi: collaborano al brano Riserva Naturale, contenuto nell’album Feat (stato di natura) di Francesca Michielin. Continuano parallelamente a coltivare l’amore per la televisione, comparendo nella serie Summertime di Netflix e al programma Le Iene, su Italia 1. In quest’ultimo appaiono nel classico formato dell’intervista di coppia. Durante la fase acuta della pandemia, mentre l’Italia è in lockdown, pubblicano l’EP Due, in cui ci sono i brani Guerra fredda e La rabbia.

Il 17 dicembre 2020 viene annunciata la loro partecipazione al Festival di Sanremo 2021 nella sezione Big; i Coma_Cose presenteranno la canzone Fiamme negli occhi. (Leggi anche: il testo della canzone Fiamme negli occhi)

Gli anni 2020

Il 16 aprile 2021 pubblicano “Nostralgia”: è il secondo album in studio; da esso viene estratto il secondo singolo “La canzone dei lupi”.

Dopo un anno di pausa pubblicano “Chiamami”, canzone che anticipa l’album “Un meraviglioso modo di salvarsi”, che esce il 4 novembre 2022.

Tornano a Sanremo nel 2023 con una canzone molto delicata e romantica: “L’addio“, che racconta in modo autobiografico il loro temporaneo allontanamento e il nuovo riavvicinamento.

Coma Cose: foto del duo e della coppia

Coma_Cose, coppia nel lavoro e nella vita

Una delle peculiarità più interessanti che contribuiscono al fascino di questo duo è il fatto di essere legati a livello sentimentale. Condividere una casa e dei progetti professionali comporta delle sfide, che Fausto Zanardelli e Francesca Mesiano cercano di vivere in maniera equilibrata.

La complicità, la totale confidenza e lo stare insieme per gran parte del tempo rendono i Coma_Cose un flusso di input in continua evoluzione, ovviamente ogni tanto ci stacchiamo per non perdere la nostra reciproca parte identitaria.

Francesca, in una intervista del 7 marzo 2020

I due artisti si sono conosciuti nel 2016, quando lavoravano in un negozio di borse: lei come commessa e lui in veste di magazziniere. La sintonia lavorativa è uno degli ingredienti che ha determinato il successo della coppia nel privato. Infine, tra le curiosità che accendono la fantasia del crescente stuolo di fan vi è quella relativa ai cambi di look che rendono la loro immagine mai banale e a creare aspettative soprattutto per le esibizioni live.

Nel 2023, durante la conferenza stampa del terzo giorno del Festival di Sanremo, Fausto e Francesca annunciano il loro matrimonio.

Si uniscono in matrimonio il 4 ottobre 2024.

Nel mese di ottobre 2025 la coppia annuncia la separazione annullando anche le date dei concerti in programma.

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Che cos’è l’imprinting? https://cultura.biografieonline.it/imprinting/ https://cultura.biografieonline.it/imprinting/#comments Tue, 16 Sep 2025 06:43:36 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3551 Con il termine imprinting viene indicato quel particolare tipo di apprendimento istintivo che avviene entro le 24-48 ore dopo la nascita, detto “periodo critico”.

Il termine deriva dall’inglese “imprint”, cioè “stampare, imprimere” ed è stato coniato da Konrad Lorenz, biologo austriaco, Premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1973.

Imprinting
Imprinting

A partire dal 1937, Lorenz sviluppa questo concetto: definisce l’imprinting come

«la fissazione di un istinto innato su un determinato oggetto».

Konrad Lorenz
Konrad Lorenz

I suoi studi partono dall’osservazione di oche ed anatre che, appena dopo la nascita, seguono tendenzialmente il primo oggetto o persona in movimento che vedono, identificandolo come la propria madre.

Durante le sue osservazioni, Lorenz si accorge altresì di essere diventato madre adottiva per alcuni anatroccoli che si erano legati affettivamente a lui.

L’imprinting si manifesta sia negli uccelli che nei mammiferi, ed in modo minore, anche nell’uomo.

Caratteristiche principali dell’imprinting

Periodo critico

Si verifica solo in una finestra temporale specifica, solitamente nelle prime ore o giorni dopo la nascita. Se questo periodo viene perso, l’imprinting non può più avvenire.

Rapidità

L’apprendimento avviene molto velocemente, spesso con una sola esposizione al stimolo.

Irreversibilità

Una volta formato, l’imprinting è generalmente permanente e difficile da modificare.

Tipi principali

Imprinting filiale

Il piccolo si attacca alla figura parentale (o a un sostituto).

Imprinting sessuale

Influenza la scelta del partner riproduttivo in età adulta.

I pulcini

L’esempio più noto è quello dei pulcini di oca che seguono il primo oggetto in movimento che vedono dopo la schiusa, normalmente la madre, ma nei famosi esperimenti di Lorenz seguivano lui stesso.

Questo meccanismo ha un valore evolutivo importante perché garantisce che i piccoli rimangano vicini ai genitori per ricevere protezione e cure, aumentando così le loro possibilità di sopravvivenza.

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Cadere mentre ci si addormenta: perché accade questa sensazione? https://cultura.biografieonline.it/cadere-mentre-ci-si-addormenta/ https://cultura.biografieonline.it/cadere-mentre-ci-si-addormenta/#comments Mon, 15 Sep 2025 22:22:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=608 Talvolta capita di percepire la sensazione di cadere mentre ci si addormenta. La sensazione di cadere che proviamo a volte durante l’addormentamento è provocata da fattori muscolari e psicologici.

Cadere mentre ci si addormenta (Snoopy e Charlie Brown addormentati)
Cadere mentre ci si addormenta: perché accade questa sensazione?

Nel passaggio dalla veglia al sonno, si innesca un progressivo abbassamento del tono muscolare, i nostri segnali sensoriali subiscono delle interruzioni e l’apparato muscolare del nostro corpo si rilassa sempre di più.

Queste variazioni sono accompagnate da contrazioni involontarie e improvvise, indotte da impulsi nervosi spontanei: ciò provoca dei sussulti che possono essere accompagnati da visioni di immagini. Inoltre la nostra psiche tende a ricreare un’esperienza già vissuta durante la veglia, come per esempio la perdita d’equilibrio o la caduta da un gradino.

Questi fattori concorrono ad avvertire la sensazione di caduta, accentuata se siamo in uno stato di stanchezza o stress eccessivi.

La sensazione di “cadere” mentre ci si addormenta è un fenomeno molto comune chiamato mioclono ipnagogico o “scatto ipnico”. Accade a circa il 60-70% delle persone e ha diverse spiegazioni scientifiche.

Cadere mentre ci si addormenta
Ti è mai capitato di cadere mentre ti stavi addormentando?

Cosa succede nel cervello

Durante la transizione dal sonno alla veglia, il nostro sistema nervoso attraversa una fase di “cambio di controllo”.

Il cervello passa gradualmente dalla modalità di veglia a quella del sonno, ma a volte questo processo non è perfettamente sincronizzato. Alcune aree cerebrali potrebbero ancora essere attive mentre altre si stanno “spegnendo”, causando questi spasmi muscolari involontari.

Possibili cause

Teoria evolutiva

Alcuni ricercatori ipotizzano che questo riflesso sia un residuo evolutivo, un meccanismo di sicurezza dei nostri antenati per verificare di non essere effettivamente in caduta (ad esempio da un albero) prima di addormentarsi completamente.

Attivazione del sistema di allerta

Il cervello potrebbe interpretare il rilassamento muscolare come un segnale di pericolo e attivare una risposta di “salvataggio”, causando la contrazione muscolare improvvisa.

Fattori che possono aumentarla

  • Stress e ansia
  • Consumo di caffeina o alcol
  • Attività fisica intensa prima di dormire
  • Posizioni scomode durante il sonno
  • Privazione del sonno
  • Cambiamenti nella routine del sonno

È normale?

Sì, è completamente normale e generalmente innocuo.

Tuttavia, se diventa molto frequente o interferisce significativamente con il sonno, potrebbe essere utile consultare un medico del sonno per escludere altri disturbi.

La sensazione può essere accompagnata da immagini vivide o suoni immaginari, rendendo l’esperienza ancora più realistica e talvolta spaventosa.

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Cosa fatta capo ha: significato https://cultura.biografieonline.it/cosa-fatta-capo-ha-significato/ https://cultura.biografieonline.it/cosa-fatta-capo-ha-significato/#respond Tue, 02 Sep 2025 11:51:05 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39464 L’espressione cosa fatta capo ha è utilizzata in tutta Italia e spesso erroneamente si crede che abbia origine dialettale. È tutt’altro che così. Per rintracciare l’origine di questa espressione dobbiamo scomodare nientepopodimeno che il padre della lingua italiana, Dante Alighieri.

Cosa fatta capo ha
Cosa fatta capo ha

Anno 1216: Amidei contro Buondelmonti

Per prima cosa dobbiamo spostarci a Firenze, nel Duecento. Gli Amidei e i Buondelmonti sono due nobili e cospicue famiglie fiorentine. Nel gennaio 1216 Mazzingo Tegrimi de’ Mazzinghi dà una gran festa nel proprio castello di Campi. Durante il banchetto si scatena una rissa. Buondelmonte aggredisce Odarrigo de’ Finfanti con un coltello e lo ferisce.

Secondo le usanze del tempo, la zuffa finisce al centro di un consiglio in casa Arrighi. La questione viene ripianata con un matrimonio pacificatore: Buondelmonte sposerà una nipote di Oddo, figlia di una sua sorella e di Lambertuccio Amidei. La proposta viene accolta e si stipula un regolare contratto notarile.

Tutto appianato?

No.

Gualdrada Donati, moglie di Forese Donati il Vecchio, va a trovare Buondelmonte e lo accusa di aver accettato il matrimonio per paura delle ritorsioni dei Fifanti. Gli propone in sposa una propria figlia, rinomata per la bellezza, e si offre persino di pagare la penale prevista.

Il 10 febbraio 1216 Buondelmonte non si presenta alla chiesa di Santo Stefano; al contrario si reca in casa Donati a contrattare le nuove nozze con Forese e Gualdrada. In casa Amidei ovviamente si scatena il finimondo. Si convoca un consiglio con le famiglie alleate.

La sentenza viene pronunciata

Nella chiesa di Santa Maria Sopra Porta, alcuni propongono una vendetta leggera, come una solenne bastonatura o uno sfregio in viso al vituperato Buondelmonte. Si alza Mosca dei Lamberti e propone l’assassinio.

Pronuncia così la celebre frase:

Cosa fatta capo ha!

Cosa intende?

Intende che la vendetta è oramai in azione e non resta che andare fino in fondo, come si dice.

Risponde bene l’assemblea.

Accettata la proposta, viene deciso che l’agguato deve svolgersi proprio per il giorno delle nozze.

L’episodio nell’Inferno dantesco

Questo episodio, il frangente in cui Mosca dei Lamberti pronuncia la fatidica frase, è ripreso da Dante nel Canto XXVIII dell’Inferno allorché vuole specificare l’origine della successiva lotta intestina fra Guelfi e Ghibellini.

Lo cita fra i versi 106 e 111. Si legge, infatti:

gridò: “Ricordera’ ti anche del Mosca,
che disse, lasso!, ‘Capo ha cosa fatta’,
che fu mal seme per la gente tosca”.
E io li aggiunsi: “E morte di tua schiatta”;
per ch’elli, accumulando duol con duolo,
sen gio come persona trista e matta.

Il giudizio di Dante

Dante Alighieri giudica molto severamente Mosca Lamberti per questa azione. Lo accusa di avere avviato la vendetta degli Amedei con il suo atteggiamento. È la stessa vendetta che causa una divisione fra l’una e l’altra famiglia da cui proviene quella, più grande e critica, fra Guelfi e Ghibellini.

Guelfi e Ghibellini

Cosa fatta capo ha: il significato

L’espressione “cosa fatta capo ha” significa che una determinata azione o questione ha avuto inizio quindi ha validità: è fatta.

Per capo si intende l’inizio, il cominciare di qualcosa.

Da qui deriva la considerazione che l’azione ormai compiuta non può essere mutata da discussioni e temporeggiamenti: la decisione è presa.

Come è andata a finire fra Buondelmonte e Amedei

La mattina di Pasqua, giorno scelto per il matrimonio, Buondelmonte entra a Firenze dal Ponte Vecchio. Arrivato alla Porta Santa Maria, viene prima insultato e poi disarcionato con un colpo di mazza da Schiatta degli Uberti.

Una volta a terra, viene finito con un coltello da Oddo Arrighi.

Dell’aggressione vengono ovviamente accusati come mandanti gli Amidei.

La città di Firenze si divide sul fatto:

  • da un lato si coalizzano gli Uberti, i Lamberti e gli Amidei, residenti più o meno tra il Ponte Vecchio e piazza della Signoria;
  • dall’altro lato vi sono i Buondelmonti, i Pazzi e i Donati, che gravitavano tra via del Corso e la Porta San Piero.

Da qui le due parti della più grande faida: da una parte i Ghibellini, dall’altra i Guelfi.

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Il disco “Nevermind” dei Nirvana https://cultura.biografieonline.it/il-disco-nevermind-dei-nirvana/ https://cultura.biografieonline.it/il-disco-nevermind-dei-nirvana/#comments Sun, 17 Aug 2025 13:39:19 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1312 Il 24 settembre 1991 usciva Nevermind, il secondo album del gruppo dei Nirvana. Obiettivo della casa discografica Geffen era quello di uguagliare le 250.000 copie vendute del disco Goo dei Sonic Youth, pubblicato nel 1990.

Nevermind, il celebre disco dei Nirvana uscito il 24 settembre 1991
Nevermind, il celebre disco dei Nirvana uscito il 24 settembre 1991

Invece Nevermind si rivelò subito uno degli album del secolo, per la qualità musicale e per l’attenzione mediatica, diventando il manifesto del genere grunge e alternative rock. Ne furono vendute circa 25 milioni di copie, tanto che nel gennaio 1992 diventò il numero uno al posto di Dangerous di Michael Jackson nella classifica di Billboard, in cui rimase per 263 settimane.

Con una struttura apparentemente semplice, il leader Kurt Cobain curò le parole e gli accordi di ogni singolo pezzo. Testi come Smells like Teen Spirit, Come as You Are (questa scritta compare ancora oggi sul cartello stradale che segnala l’inizio della città di Aberdeen – Washington – in cui nacque il gruppo e lo stesso Cobain) sono diventati il simbolo di intere generazioni. Così come lo è diventata la vita breve e ‘dannata’ del leader, sospeso tra un’infanzia difficile, la dipendenza dalla droga, l’amore per Courtney Love e per la loro figlia Francis Bean, fino alla morte per suicidio il 5 aprile 1994, dopo aver scritto una lettera di addio.

L’associazione tra i testi delle canzoni, il rock pungente, e le vicende di Cobain hanno creato una leggenda, una sorta di alone aureo attorno ai Nirvana.

Lo spirito che emana dalla musica e dai testi esprime in pieno il disagio dei giovani dell’epoca, sperimentato in prima persona anche dal leader del gruppo. In Smells like Teen Spirit ad esempio c’è la frase “Here we are now, entertain us” (eccoci qua, divertiamoci),  che veniva usata dallo stesso Cobain ogni volta che si presentava ad una festa. E Teen Spirit era un noto deodorante per adolescenti. Solo che Cobain all’inizio non lo sapeva.

Pare infatti che Kathleen Hanna, delle Bikini Kill, avesse scritto sul muro di casa dello stesso Cobain “Kurt smells like teen spirit” (Kurt profuma di deodorante da adolescenti) accusandolo così di non essere ancora uomo. Cobain invece lo interpretò come un complimento (Kurt profuma di spirito adolescenziale), ovvero, lo reputavano un’anima incorrotta dalle passioni degli adulti.

Siccome stava scrivendo l’ultima canzone dell’album, Cobain trovò questa frase adatta allo spirito del testo, e decise di usarla.

Solo due anni dopo venne a conoscenza del vero significato di quelle parole.

Curiosità: è il 17 agosto 1991 quando i Nirvana girano ai GMT Studios di Culver City (California) il videoclip per la canzone “Smells Like Teen Spirit”, brano di apertura del disco. Durante le riprese le comparse vengono trascinate dalla musica e distruggono il set; il regista Samuel Bayer decide di usare comunque le riprese realizzando un videoclip che assurgerà poi a emblema generazionale.

C’è da dire che il successo dell’album, oltre che per i testi e la musica e le capacità di Cobain e del gruppo, è in gran parte dovuto anche ad una grande operazione pubblicitaria, oltre che ai numerosi video musicali fatti passare continuamente sui maggiori networks. Il disco era stato voluto dalla casa discografica, ma, allo stesso tempo, la musica serviva a Cobain da valvola di sfogo a tutte le sue dipendenze da alcool e droga, al fatto di non aver mai accettato il divorzio dei genitori, al suo legame con un’infanzia mai goduta e sempre ricercata. La durezza delle parole si accompagna alla sua voce unica, e agli accordi particolarmente elaborati e ricercati, che dal pop svoltano decisamente verso il rock.

Kobain era attento, perfino pignolo nell’elaborare i testi, per cercare la sfumatura nella musicalità, e anche quando l’album fu pronto non ne era soddisfatto, tanto meno lo fu degli aggiustamenti operati dai discografici. Ma proprio questo ne ha decretato il successo.

Disperazione e attaccamento alla vita, frustrazione e cedimento. Nella lettera cosiddetta di addio, che Cobain scrisse prima di morire, espresse in questa frase asciutta l’essenza della sua vita, del successo, della sua musica: “it’s better to burn out than to fade away” (meglio bruciare in una fiammata che spegnersi lentamente). E l’augurio di ciò che davvero contava per lui: “Peace, Love, Empathy” (pace, amore, empatia).

Nel settembre 2011, in occasione dei venti anni dalla prima uscita, il disco Nevermind è stato riproposto sia in “Deluxe Edition”, con inclusi pezzi dei lati b dei singoli, che in “Super Deluxe Edition”, corredato anche da DVD dei concerti e di esibizioni pubbliche.

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Kintsugi, arte giapponese che ripara ferite con l’oro: una metafora di vita. https://cultura.biografieonline.it/kintsugi-arte-giapponese-metafore/ https://cultura.biografieonline.it/kintsugi-arte-giapponese-metafore/#comments Mon, 11 Aug 2025 06:56:23 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=27597 L’antica arte Kintsugi viene dal Giappone e si ispira ai vasi riparati

Abbiamo tanto da imparare dai popoli dell’Oriente. L’antica arte giapponese del Kintsugi trasmette una preziosa lezione di vita rivolta a tutti, prendendo spunto dalla sapiente e antica tecnica di mettere in evidenza le fratture dei vasi rotti.

Kintsugi: i cocci di una ciotola riparati con l'oro
Kintsugi: i cocci di una ciotola riparati con l’oro

Kintsugi: in cosa consiste?

Noi occidentali siamo soliti buttare un vaso quando questo cade e si rompe, seppure a malincuore perché trattasi di un oggetto prezioso. In Giappone, invece, la rottura di una ciotola, di un vaso o di una teiera diventa un’occasione per renderli ancora più pregiati.

Proprio grazie alle fratture provocate dalla rottura, la pratica giapponese del Kintsugi aggiunge valore all’oggetto, evidenziando le linee e restituendogli una nuova opportunità.

Il termine giapponese “kintsugi” deriva da “kin” (che significa letteralmente “oro”) e “tsugi” (che sta per “ricongiunzione, riunione, riparazione”).

Kintsugi: due vasi riparati con polvere d'oro
Kintsugi: due vasi riparati con polvere d’oro. (Foto dal sito: francinesplaceblog.com)

Per rimettere insieme i pezzi di un oggetto rotto i giapponesi utilizzano un metallo prezioso (di solito oro o argento liquido oppure una lacca di polvere dorata). Quando i cocci si riuniscono vengono fuori alcune nervature che rendono più originale il pezzo.

Le cicatrici, anziché privare l’oggetto del suo valore, gli conferiscono un aspetto unico ed irripetibile. Le ramificazioni che si formano per la rottura vengono esaltate con l’applicazione del metallo. La tecnica del Kintsugi permette di realizzare vere e proprie opere d’arte partendo da un oggetto rotto, che per definizione è imperfetto.

Le origini del Kintsugi

Alcuni oggetti laccati sono stati rinvenuti circa 5.000 anni fa. Ciò significa che la tecnica Kintsugi affonda le sue radici nell’antichità. Da millenni i giapponesi utilizzano come sostanza collante la lacca urushi, che si può ricavare dalla pianta “Rhus verniciflua” (Albero della lacca, chiamata anche Lacca cinese).

Alcuni documenti accreditati fanno risalire l’origine di tale tecnica artistica al XV secolo. Si racconta che l’ottavo shogun Ashikaga Yoshimasa ruppe la propria tazza da tè e decise di farla riparare da alcuni esperti artigiani.

Questi applicarono alla tazza dello shogun la tecnica del kintsugi, riempiendone le fessure con resina e polvere d’oro.

Per riparare gli oggetti con questo metodo sono necessarie diverse fasi e inoltre il tempo di essiccazione può consistere in un mese o più.

Kintsugi: dettaglio di una saldatura con l'oro
Kintsugi: dettaglio di una saldatura con l’oro

Il Kintsugi e le sue Metafore per la Vita

Quante lezioni di vita possiamo apprendere dall’antica e sempre attuale arte del kintsugi! La prima, più importante di tutte, è che non si deve buttare un oggetto perché si rompe.

Recuperare un rapporto

Come il kintsugi restituisce nuova vita ad un oggetto rotto impreziosendo le fratture con il metallo prezioso, così nella vita dobbiamo cercare di recuperare le relazioni o i rapporti prima che si logorino del tutto.

Resilienza

Altra lezione fondamentale del kintsugi consiste nell’applicare la Resilienza. Questa è la capacità di reagire alle avversità della vita con coraggio, considerando le esperienze dolorose come occasioni di crescita.

Come il kintsugi mette in evidenza le crepe di un vaso rotto, così noi dobbiamo imparare ad esibire e valorizzare le cicatrici della nostra vita, senza vergognarci di esse. Anzi, secondo la metafora del kintsugi sono proprio le cicatrici a rendere un’esistenza unica e preziosa.

Applicazioni moderne delle metafore del kintsugi

Mentre noi occidentali stentiamo ad accettare le crepe (sia fisiche che spirituali) e piuttosto siamo portati a considerarle come segni di fragilità ed imperfezione, la cultura orientale da millenni accetta e valorizza la compresenza degli opposti, che fluiscono insieme in maniera armoniosa – come lo Yin e lo Yang.

Simbolo Yin e Yang
Simbolo dello Yin e Yang

I giapponesi, millenni fa, avevano già compreso che le imperfezioni estetiche possono assumere forme nuove rendendo gli oggetti ancora più preziosi. Proprio come succede a noi: chi ha sofferto ed esibisce con orgoglio le ferite dell’anima è una persona consapevole e di certo preziosa per gli altri.

Secondo la moderna psicoterapia, il kintsugi giapponese è un ottimo spunto di riflessione per imparare la resilienza. Una dote che non è innata e che serve a tutti per vivere meglio anche le peggiori avversità che la vita riserva.

Un libro e 3 frasi sul Kintsugi

Ci sono autori che hanno scritto dell’antica arte giapponese ricollegandola a significati metafisici e filosofici. Tra questi la restauratrice e artista Chiara Lorenzetti ha pubblicato il volume intitolato Kintsugi, l’arte di riparare con l’oro, un manuale sull’uso del kintsugi e le metafore applicabili nella vita di tutti i giorni.

Non permettere alle tue ferite di trasformarti in qualcuno che non sei.

Paulo Coelho

Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.

Kahlil Gibran

Non c’è niente di più bello di una persona che rinasce. Quando si rialza dopo una caduta, dopo una tempesta e ritorna più forte e bella di prima. Con qualche cicatrice nel cuore sotto la pelle, ma con la voglia di stravolgere il mondo anche solo con un sorriso.

Anna Magnani
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Oro bianco e oro giallo, differenze https://cultura.biografieonline.it/oro-bianco-oro-giallo/ https://cultura.biografieonline.it/oro-bianco-oro-giallo/#comments Mon, 11 Aug 2025 06:54:20 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23319 Quando si parla di gioielli si pensa ai diamanti, al platino e all’oro. Quando ci si focalizza sull’oro, nell’immaginario collettivo, si pensa più facilmente all’oro giallo, quello dei lingotti e quello delle pepite del Klondike.

Anche la mitologia è ricca di oggetti d’oro, come ad esempio il vello d’oro. Esiste però anche il meno celebre oro bianco. In questo articolo ci soffermiamo sulla differenza tra oro bianco e oro giallo.

Molto spesso confondiamo i due termini, ma in realtà la differenza sostanziale tra i due – tornando al campo della produzione orafa – dipende dal tipo di metallo di cui è composta la lega.

In particolare, nel caso dell’oro bianco, questo è formato da vari tipi di metalli come: oro, nichel e palladio. Mentre l’oro giallo è composto da oro, argento e rame.

Arte Orafa
Una fase artigianale nella lavorazione dell’oro bianco – Fonte: sito Arte Orafa Milanese

Oro Bianco

Partiamo parlando dell’oro bianco. L’oro bianco è realizzato con oro (a 14 o 18 carati – più sotto ne indichiamo le differenze), nichel e palladio.

A seconda del tipo di metallo di cui è composta la lega, l’oro assume una colorazione diversa. In questo caso, il gioiello avrà una colorazione chiara simile all’argento – definita bianca.

L’oro bianco è molto diffuso nelle gioiellerie ed è apprezzato sopratutto da un target giovane che abbandona il classico colore giallo accumunato all’oro.

In ogni caso, ognuno può decidere a seconda delle proprie preferenze e gusti, quale gioiello è più indicato per le sue necessità. L’oro bianco è considerato meno impegnativo rispetto al tradizionale oro giallo.

Il valore del gioiello realizzato con oro bianco, dipende dalla quantità di oro puro presente nella lega.

L’oro bianco a 18 carati è composto da oro puro al suo interno al 75% mentre il restante 25%, è invece composto da nichel e argento o palladio.

L’oro bianco a 14 carati viene usato essenzialmente per creazioni particolari come gioielli con gemme ben fissate ad un fermaglio.

In questo caso assume un aspetto tendente al giallo, per questo motivo viene placcato con il rodio. Quest’ultimo elemento chimico viene impiegato come catalizzatore per restituire l’aspetto bianco al gioiello.

Lingotti d'oro
I lingotti d’oro presentano il classico colore giallo. Fonte immagine: Aforismi.meglio.it – frasi sull’oro

Oro Giallo

Quando si parla di oro giallo, per i gioielli, si tratta di una lega realizzata da oro, argento e rame.

Questo tipo di metallo di cui è composta la lega, conferisce al gioiello la colorazione gialla.

L’oro giallo è molto comune nelle gioiellerie ed è apprezzato da un target di persone estremamente varie. Ma sopratutto dagli adulti che sono spesso fedeli alle loro tradizioni.

Differenza tra 14 e 18 carati

Il valore del gioiello come detto anche in precedenza, dipende dalla quantità di oro puro contenente nella lega. Quindi è spesso erronea la convinzione che il suo colore sia indice di un gioiello prezioso.

Possiamo distinguere l’oro giallo a 14 carati da quello a 18 carati.

Se la percentuale di oro puro supera il 50% del totale, si otterrà l’ oro a 14 carati; se invece la quantità di oro puro supera il 75% si otterrà l’ oro a 18 carati.

Altri colori

Oltre all’oro bianco e giallo, l’oro può assumere una colorazione rossa, violetta, nera, verde a seconda del tipo di metallo di cui è composta la lega.

In ogni caso, le colorazioni più comuni sono quella bianca e quella gialla di cui abbiamo parlato sin qui.

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Intervista a Fulvio Caporale, autore del romanzo “La colonia” https://cultura.biografieonline.it/intervista-fulvio-caporale-la-colonia/ https://cultura.biografieonline.it/intervista-fulvio-caporale-la-colonia/#respond Mon, 11 Aug 2025 06:51:21 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42629 La colonia” è il terzo libro e il secondo romanzo di Fulvio Caporale. È la storia di un ragazzino che si reca in vacanza in una colonia estiva ma presto scoprirà sotto al territorio della colonia, un luogo dove è nascosta una conchiglia gigantesca, preda di un gioco fra ragazzi.

Ma il substrato sotto la colonia non è solo il riparo per un oggetto desiderato ma è anche un mondo che appare un’estensione di immagini oniriche.

La colonia, libro di Fulvio Caporale
La colonia, libro di Fulvio Caporale

F.P.: Ne “La Colonia” si racconta di un ragazzino che entra in un mondo nascosto sotto una colonia estiva. È un mondo reale che a tratti sembra essere un mondo onirico.

F.C.: è un mondo reale, un mondo che però si realizza grazie ai sogni e agli incubi del protagonista il quale sprofonda sempre di più in un luogo che cambia le sue percezioni. In un certo senso si tratta di un mondo che dipende da lui e lui, ad un certo punto, dipende dai suoi sogni o dai suoi incubi.

F.P.: quindi, secondo lei, la vita onirica ha un’influenza molto più importante di quello che si ritiene normalmente sulla vita delle persone?

F.C.: credo che la vita onirica abbia un’importanza fondamentale. Molte persone non si ricordano i sogni o gli incubi che hanno vissuto; oppure si ricordano solo un frammento di quello che hanno sognato, ma non si può dire fino a quanto questa vita parallela influisca sulla vita fisica, quotidiana di una persona. Ma io parlo anche dei sogni come aspirazioni e delle paure come incubi che influiscono nella vita di tutti i giorni. Più specificatamente il sogno come ricerca di una realtà diversa cambia la percezione di ciò che vorremmo avere, raggiungere e conoscere e quindi ci spinge ad un certo comportamento ecc… Il protagonista del romanzo, però, non ha un’aspirazione specifica; eppure, vuole conoscere cosa accade ad una conchiglia gigantesca che si trova sottoterra, vuole conoscere una realtà differente e questo lo spinge a cercare un tipo di realtà dove il ragionamento non è uguale a quello che usa in superficie.

F.P.: quindi cerca qualcosa di diverso, ma perché questa sua ricerca dovrebbe cambiare il suo modo di vedere la realtà?

F.C.: perché quando si trova all’interno del buco in cui cerca sia un suo amico, che la conchiglia oltra ad altri elementi che gli servono per proseguire nella sua avventura, decide di cambiare anche modo di pensare. A quel punto, quando prende quella decisione, anche la sua percezione della realtà, il suo linguaggio, il suo pensiero, i suoi sentimenti, le sue paure cambiano per adattarsi ad una nuova circostanza. Lui accetta questo cambiamento senza quasi rendersene conto ma poi non può più tornare indietro.

F.P. quindi la mente avrebbe degli equilibri e dei meccanismi che si svegliano e quindi agiscono in situazioni differenti?

F.C.: sì, ma solo se non si accetta consapevolmente che questo accada. Infatti, il protagonista de “La Colonia” non dice mai che qualcosa lo sta cambiando, ma sa che deve per forza accettare quel cambiamento, altrimenti non capirebbe, non riuscirebbe a comprendere, cosa deve fare, quale sarà il suo passo successivo.

F.P.: non vedrebbe se stesso?

F.C.: sì, anche, ma soprattutto non vedrebbe come adattarsi al cambiamento che sta affrontando.

F.P.: la storia trasforma i personaggi, ma viene anch’essa influenzata dalle decisioni che questi personaggi prendono, consapevolmente o meno. Quindi le domando: è sogno quello che vivono o è una realtà parallela?

F.C.: è difficile dirlo. Quando ho scritto il romanzo non pensavo a tutto questo, ma solo a far vivere al personaggio un’avventura che aveva però sempre un sottobosco di dolore, paura, inquietudine, non legata alla crescita anagrafica, ma alla percezione del potere mentale del protagonista.

F.P.: quindi lui ha il potere di cambiare la realtà?

F.C.: sì, ma non ne è consapevole. Perché non osserva se stesso ma si confronta solo con ciò che lo circonda.

F.P.: alla fine ci sono dei colpi di scena che cambiano molte cose. Ma i personaggi rimangono in un certo senso sullo sfondo del finale. Perché?

F.C.: senza svelare troppo, ciò accade proprio perché penso che la realtà, qualsiasi cosa significhi, prende il sopravvento su chiunque cerchi di cambiarla. Per questo motivo ho sempre considerato i sogni e gli incubi, come una sorta di passaggio benefico contro il vivere quotidiano. Un modo di sanare la sofferenza di una vita chiusa in un mondo con regole apparentemente immutabili.

Felice Possati

Il libro

Titolo: La colonia

Autore: Fulvio Caporale

Pagine: 140

Edizione: 2024

Copertina flessibile: 10,40 euro

Formato Kindle: 5,40 euro

Il libro su amazon.it

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In un labirinto dell’inconscio. La colonia, recensione del libro di Fulvio Caporale https://cultura.biografieonline.it/la-colonia-recensione-libro-fulvio-caporale/ https://cultura.biografieonline.it/la-colonia-recensione-libro-fulvio-caporale/#comments Sat, 02 Aug 2025 15:31:05 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42620 Trama

Luca ha nove anni quando viene mandato in una colonia estiva. I suoi genitori per la prima volta non possono portarlo in vacanza con loro e quindi decidono di lasciarlo in una colonia gestita da suore. Luca affronta i suoi quindi giorni di vacanza diviso fra la nostalgia di casa e la voglia di conoscere nuovi amici; fra il desiderio di fare lunghi bagni e una sensazione di pericolo che si fa sempre più intensa.

La colonia, infatti, non è come sembra, nasconde molti segreti, alcuni dei quali conducono Luca in mondi in cui la sua fantasia e la sua determinazione lo aiuteranno a trovare la strada di casa. Ma non sarà più come prima.

La colonia, libro di Fulvio Caporale
La colonia, libro di Fulvio Caporale

Un romanzo di formazione, ma…

La colonia è un romanzo di formazione all’incontrario. Nel senso che il protagonista affronta una serie di prove che lo dovrebbero portare a comprendere di più se stesso e la vita, ma in realtà lo conducono a fare una scoperta ancora più importante.

Per il protagonista di questo breve romanzo, infatti, ciò che conta non è la conoscenza di se stessi, bensì le forze che sostengono l’immaginazione e che conducono all’inconscio.

Fulvio Caporale ha scritto “La colonia” per raccontare un’avventura il cui sviluppo porta all’incontro di misteriosi luoghi e contesti da cui il protagonista esce immutato, ma con la convinzione che la sua ricerca sia altrove. Il tema centrale del romanzo è la formazione ma non in una evoluzione cosciente, bensì in una lotta con la propria fantasia, con gli inganni della mente, con la falsa percezione della realtà.

Tutto ha sfumature diverse e per capire dove si è finiti, bisogna avere la pazienza di ascoltare e di farsi trascinare in luoghi che non hanno senso.

Un labirinto interiore

Un altro aspetto, infatti, di questo romanzo è che i luoghi, i personaggi, lo sviluppo della trama, portano il protagonista a cercare pezzi di verità che rendono ancora più complessa la sua esperienza di vita.

Come se dovesse affrontare un labirinto dell’inconscio.

L’intreccio e i personaggi sembrano in qualche modo intrappolati in questa visione, che quasi potremmo immaginare provenga da una mente esterna. Un occhio che osserva da fuori e la forza di muovere i personaggi per influire sulle scelte e la coscienza del protagonista. Ma proprio questa forza esterna a tratti assume forme incomprensibili dove il protagonista deve, con ogni sforzo, ritrovare una strada perduta o una parte della sua identità che non riconosce più.

La forza di questo romanzo sta proprio in questo, nel fatto che le vicende narrate si alternano rapidamente, spingendo il protagonista ad una continua ricerca di se stesso, fino a quando troverà un luogo in cui il suo inconscio assume una forma inaspettata.

Dati sintetici

Titolo: La colonia

Autore: Fulvio Caporale

140 pagine

Edizione 2024

Copertina flessibile 10,40 euro

Formato kindle 5,40 euro

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