Serena Messina, Autore presso Cultura https://cultura.biografieonline.it/author/serena-messina/ Canale del sito Biografieonline.it Sun, 20 Mar 2022 18:45:56 +0000 it-IT hourly 1 San Matteo e l’angelo (opera di Caravaggio) https://cultura.biografieonline.it/san-matteo-e-langelo/ https://cultura.biografieonline.it/san-matteo-e-langelo/#comments Tue, 05 Jul 2016 20:24:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19093 San Matteo e l’angelo” è una delle tre opere che compongono il ciclo pittorico destinato alla cappella Contarelli, ubicata all’interno della chiesa di San Luigi dei Francesi in Roma, e commissionata al Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610) dagli eredi del cardinale Mathieu Cointrel (italianizzato in Matteo Contarelli).

San Matteo e l'angelo - il dettaglio dell'Angelo
San Matteo e l’angelo – il dettaglio dell’Angelo

San Matteo e l’angelo: analisi

La tela è di notevoli dimensioni (292 cm x 186 cm), anche se più piccola, sia in larghezza sia in altezza, rispetto alle altre due opere (La vocazione di San Matteo ed il Martirio di San Matteo) che l’artista realizzò per portare a compimento il suo primo incarico pubblico ricevuto a Roma.

In un primo momento, l’allestimento dell’altare maggiore della cappella era stato affidato al fiammingo Jacob Cornelisz Cobaert. Questi, per l’occasione, aveva realizzato un gruppo scultoreo avente come tema appunto San Matteo e l’angelo. Accadde però che Francesco Contarelli, nipote del defunto cardinale, rifiutò l’opera dello scultore, ritenendola inadeguata. Così anche questo incarico venne conferito al Caravaggio, che aveva già terminato i due dipinti laterali.

San Matteo e l'angelo - Caravaggio
San Matteo e l’angelo (opera di Caravaggio del 1602)

Due versioni

Il pittore realizzò due versioni di San Matteo e l’angelo; nella prima, San Matteo ha le sembianze di un uomo rozzo e inconsapevole che, stupito, si lascia guidare la mano da un angelo paziente il quale, rimanendogli accanto, in piedi, lo aiuta a scrivere il suo vangelo.

Secondo alcuni studiosi, la tela fu contestata e quindi rimossa dall’altare maggiore subito dopo la sua collocazione. Essa fu ritenuta volgare a causa dell’aspetto grossolano che l’artista aveva imposto al santo. Altri invece, sostengono che lo stesso Caravaggio, resosi conto del sottodimensionamento del dipinto rispetto al vano a cui era destinato, e del contrasto della composizione rispetto alle regole di centralità dettate dalla Controriforma in merito alla rappresentazione dei martiri-eroi, avesse deciso di proporre un’alternativa.

San Matteo e l'angelo - ciclo pittorico cappella Contarelli - Caravaggio
San Matteo e l’angelo è collocato nella cappella Contarelli (al centro) assieme a “La vocazione di San Matteo” (a sinistra) ed il “Martirio di San Matteo” (a destra)

Il dipinto trovò subito un acquirente nella persona del marchese Vincenzo Giustiniani e successivamente, nel 1815, venne liquidato, assieme ad altre opere e per ragioni economiche, dagli eredi di quest’ultimo a favore del re di Prussia.

Purtroppo però, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, tra il 5 e il 10 maggio 1945, l’opera (così come altre tele del Caravaggio) andò distrutta durante l’incendio della Flakturm Friedrichshain di Berlino. Quella ancora oggi esposta sull’altare centrale della cappella, è la seconda versione del dipinto proposta dal Caravaggio, lì collocata dal 1603.

Descrizione del quadro

Sullo sfondo scuro si stagliano le due figure protagoniste. Il colore acceso delle vesti di Matteo e il bianco lenzuolo caratterizzato da sinuosi vortici che avvolgono l’angelo calato dall’alto, conferiscono movimento alla scena.

San Matteo e l'angelo - quadro - dettaglio - San Matteo
Nel dettaglio: San Matteo

In questa versione, San Matteo ha un aspetto diverso, più distinto. Anche se, secondo la tradizione, è un ignorante ed un non così fervido credente; risulta sorpreso ma non inconsapevole, perché è ispirato ma non guidato.

San Matteo ha un’aureola accennata, è a piedi nudi. Ha la gamba sinistra sopra uno sgabello traballante, poiché è intento a scrivere.
L’angelo lo sorprende con il suo arrivo, tanto da fargli perdere l’equilibrio mentre si gira per guardarlo.

Il messaggero lo aiuta dettandogli le parole divine. Con la posa delle dita è chiaro che tiene la conta, nell’elencargli la genealogia di Cristo. Lo sguardo di Matteo è vivido, attento, devoto, rispettoso. E’ in attesa di cogliere il sacro verbo con la sua mano pronta che impugna una penna.

San Matteo e l'angelo - prima versione
San Matteo e l’angelo – prima versione

Commento

La prima versione era certamente permeata da maggiore realismo, palesemente ostentato; qui, invece, si percepiscono nettamente quei limiti imposti dalla Chiesa per quanto riguarda i canoni di rappresentazione del periodo. Ma, con maestria e per l’ennesima volta, il ribelle Caravaggio riesce a mostrarci l’essenza umana per quella che è. Ovvero tramite i tratti somatici di un Matteo, uomo del popolo, malcelato sotto una tunica.

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Martirio di San Matteo (Caravaggio) https://cultura.biografieonline.it/martirio-san-matteo/ https://cultura.biografieonline.it/martirio-san-matteo/#comments Fri, 05 Feb 2016 00:41:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16436 Il Martirio di San Matteo è un olio su tela realizzato dal Caravaggio intorno al 1599 – 1600, destinato ad essere collocato presso la chiesa di San Luigi dei Francesi in Roma, all’interno della cappella Contarelli. E’ una delle tre tele del ciclo pittorico che comprende La vocazione di San Matteo e San Matteo e l’angelo; i dipinti erano stati commissionati all’artista dagli eredi del cardinale Mathieu Cointrel (ovvero Matteo Contarelli, italianizzato) con lo scopo di celebrare il suddetto prelato maggiore (le cui spoglie riposano all’interno dell’omonima cappella), tramite la realizzazione di tre opere ispirate alla vita terrena del santo di cui portava il nome.

Martirio di San Matteo - opera arte - Caravaggio - analisi
Martirio di San Matteo (Caravaggio, 1599-1600)

Si tratta di una tela di notevoli dimensioni (323 cm x 343 cm), che ancora oggi possiamo ammirare sul lato destro della cappella, guardando verso l’altare.

Il Martirio di San Matteo: analisi

L’episodio biblico, dal quale il Caravaggio trasse spunto, è riportato da Jacopo da Varagine (o da Varazze) all’interno della raccolta medievale di biografie, in lingua latina, basata su testimonianze riguardanti la vita dei santi ed intitolata “Legenda Aurea”.

Qui si narra che il re Irtaco, salito al trono di Etiopia dopo la morte del fratello Egippo, viene rifiutato in sposo da Ifigenia, figlia del defunto sovrano, la quale ha già promesso la propria verginità a Dio. Irtaco, nel tentativo di convincere la fanciulla, chiede l’intercessione di Matteo il quale, in tutta risposta, lo invita a presenziare alla messa che avrebbe celebrato il sabato successivo all’interno del tempio. Matteo, nel corso della sua predica, afferma pubblicamente che il voto di Ifigenia, promessa sposa di Dio, non può essere infranto, nella stessa misura in cui, secondo l’usanza del periodo, se un servo avesse avanzato pretese sulla moglie del proprio re, sarebbe stato bruciato vivo.

La scena del Caravaggio rappresenta la brutale uccisione di Matteo, minacciato dalla spada di un sicario incaricato dal re d’Etiopia, proprio mentre il santo è intento a celebrare messa all’interno di una chiesa; l’ambientazione è confermata dalla presenza anacronistica (considerato il periodo storico in cui si svolse l’evento biblico al quale l’artista fa riferimento) di un fonte battesimale, di un altare sul quale è presente una croce.

Le analisi radiografiche hanno svelato che Michelangelo Merisi (Caravaggio) operò numerosi mutamenti sulla composizione dell’immagine durante la fase di realizzazione; nella prima versione svelata dalle indagini di laboratorio infatti, le figure appaiono ben più piccole. La scelta di rimodulare dimensionalmente le figure, molto probabilmente fu dettata dall’esigenza di dare loro maggiore risalto, considerata l’importanza dell’incarico ricevuto e considerato il luogo in cui la tela, assieme alle altre due, sarebbe stata esposta.

Fin dall’inizio però, è evidente che il Caravaggio scelse di concentrarsi sul protagonista, rappresentato come indiscussa vittima di un efferato assassinio, manifestando così il suo determinato rifiuto nei confronti di quella interpretazione devozionale, abbracciata dal resto degli artisti suoi contemporanei, tipica di un’arte sacra che era solita proporre santi pronti ad accettare con assoluta serenità il proprio martirio.

San Matteo - Martirio - Caravaggio
Nell’opera di Caravaggio, San Matteo è rappresentato sdraiato: abbiamo ribaltato di 90° il dettaglio della sua figura, per sottolineare la posizione del corpo, che richiama quello di Gesù sulla croce.

Nel Martirio di San Matteo ci troviamo dinanzi all’ennesima istantanea del Caravaggio, dove al centro della scena vengono ritratti i due principali protagonisti, staccati da uno sfondo che rimane in penombra e capaci di emergere, in tutta la loro grandezza, con l’ausilio della luce divina e grazie ad un sapiente utilizzo di straordinarie sfumature di bianco. Il carnefice è immortalato nell’attimo prima di sferrare il colpo mortale su Matteo; con la mano destra tiene la spada e con la sinistra afferra il polso destro di Matteo che si trova disteso in terra a braccia aperte, come quelle del Cristo sulla croce.

Il sicario è nudo, un telo dai toni chiari gli ricopre unicamente le parti intime; Matteo, invece, indossa gli abiti sacerdotali, una tunica bianca, un pettorale scuro ed il cingolo in vita.

Martirio di San Matteo - dettaglio del quadro
Dettaglio del dipinto “Martirio di San Matteo” in cui si possono osservare: il sicario (al centro), l’angelo che gli porge la palma del martirio e, sulla sinistra, il viso dell’uomo rivolto verso la scena centrale: quest’ultimo è un autoritratto di Caravaggio.

La celebrazione di Matteo è rappresentata dall’angelo in alto a destra, collocato sopra una nuvola, che gli porge la palma del martirio, simbolo della vittoria dell’uomo che offre la vita a Dio. Si avverte un senso di terrore, si sente l’urlo del fanciullo sulla destra che fugge spaventato, si percepisce il panico tra i presenti che si ritraggono inorriditi. Poi, con sorpresa, guardando a sinistra sullo sfondo, ci accorgiamo che Caravaggio, dietro tutti, quasi nascosto, ha dipinto anche se stesso (è il primo autoritratto a far capolino in un’opera pubblica); un se stesso curioso, provocatore, col pizzetto, con gli occhi tristi e scuri, un cronista di situazioni e fatti senza spazio e senza tempo capace di raccontare, con assoluto realismo, tragiche e sante verità.

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La vocazione di San Matteo https://cultura.biografieonline.it/vocazione-san-matteo/ https://cultura.biografieonline.it/vocazione-san-matteo/#comments Tue, 02 Feb 2016 12:35:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16412 La vocazione di San Matteo è un dipinto ad olio su tela di grandi dimensioni (322 cm x 340 cm) che il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610) realizzò durante il suo soggiorno romano, intorno al 1599. L’opera fa parte di un ciclo pittorico costituito da tre grandi tele (le altre due sono “Il martirio di San Matteo” e “San Matteo e l’angelo“) avente come tema la vita di San Matteo.

Vocazione di San Matteo - Michelangelo Merisi da Caravaggio - 1599-1600
Vocazione di San Matteo (Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1599-1600)

Si tratta del primo incarico pubblico ricevuto a Roma dal pittore, grazie all’intercessione del cardinale Berlingero Gessi (responsabile a quel tempo della basilica di San Pietro) con la committenza, rappresentata dagli eredi del cardinale Mathieu Cointrel (italianizzato in Matteo Contarelli). Il ciclo pittorico era destinato a trovare collocazione presso la chiesa di San Luigi dei Francesi in Roma, all’interno della cappella Contarelli, così denominata poiché era stata acquistata nel 1565 dal defunto cardinale francese.

San Matteo e il Vangelo

Il dipinto, che ancora oggi trova posto sul lato sinistro, guardando verso l’altare, della suddetta cappella, è ispirato ad un brano del Vangelo (Matteo 9,9 – 13) in cui l’apostolo Matteo racconta la propria chiamata da parte di Gesù Cristo. Matteo, prima di incontrare il Redentore, era un pubblicano, ovvero un esattore dei tributi incaricato dall’Impero romano. Quella del pubblicano era una figura disprezzata dalla popolazione in quanto, chi ricopriva questa carica, curava gli interessi del dominatore, ed altresì traeva solitamente dei vantaggi personali grazie alla propria posizione. Matteo è dunque un peccatore, attaccato ai beni materiali, destinato alla misericordia del Signore sceso in terra non per chiamare i giusti, ma i peccatori.

La vocazione di San Matteo: analisi dell’opera

In Caravaggio, arte e vita si fondono e si confondono; egli è un rivoluzionario, è il pittore dei peccatori che cercano di passare dall’oscurità alla luce, è l’artista che sceglie di mostrare il sacro nelle vesti umane. Dipinge il vero, rappresenta la realtà, svela ciò che c’è, scegliendo tra i popolani i suoi modelli per rappresentare le figure sacre, rifiutando così la validità del disegno ideale e idealizzato, il manierismo e le facce dell’iconografia ufficiale.

Caravaggio catapulta Gesù Cristo, San Pietro, Matteo ed altri tre personaggi all’interno di un ambiente che somiglia tanto alle locande romane della sua epoca, facendo loro indossare persino gli abiti di foggia francese in voga in quel periodo (Gesù e San Pietro indossano invece una tunica e sono scalzi): è una delle prime volte in cui viene rappresentato un evento sacro totalmente decontestualizzato.

I sei protagonisti del dipinto, nel rappresentare tutte le fasce di età della vita (l’infanzia, l’adolescenza, l’età matura, la vecchiaia), simboleggiano l’intera umanità che, in qualsiasi momento, può ricevere la chiamata divina.

Caravaggio, come spesso accade nei suoi dipinti, ci propone un’istantanea: Gesù fa il suo ingresso improvviso nel locale, accompagnato da San Pietro, mentre Matteo, un giovane ed un vecchio con gli occhiali sono intenti a contare del denaro. Con un gesto della mano destra (che ricorda la mano di Adamo, protesa verso quella di Dio, affrescata da Michelangelo Buonarroti sulla volta della Cappella Sistina), Cristo indica Matteo che, a sua volta, con la mano destra sui soldi riscossi, dirige stupito il proprio indice sinistro verso se stesso, quasi come a far richiesta di un chiarimento, di una conferma, quasi come se dicesse :”Ma chi, io?”.

Vocazione di San Matteo - dettaglio
Vocazione di San Matteo: il dettaglio dei personaggi seduti alla tavola e delle dita che li indicano.

Pietro, che rappresenta la Chiesa, punta anch’egli l’indice della mano destra verso Matteo. Ogni personaggio presente sulla scena, colto di sorpresa dall’Amore divino, reagisce in maniera differente: c’è il giovane seduto su di una sedia, con la spada sul fianco, che entra in allerta (lo manifestano i polpacci tesi che ci fanno immaginare un suo repentino scatto per alzarsi a difesa del gruppo), c’è il bambino che rimane tranquillo mentre si interroga su quello che sta accadendo, ci sono il vecchio con gli occhiali e l’uomo seduto con il capo chino che continuano con indifferenza a contare i soldi.

Vocazione di San Matteo - dettaglio - polpacci tesi
Il dettaglio dei polpacci tesi

La luce, simbolo della Grazia divina, non proviene dalla finestra chiusa posta in alto sulla destra della tela (da notare il riquadro ligneo dell’infisso che forma una croce sulla superficie vetrata) ma da altrove, da una sorgente indefinita al di fuori dell’inquadratura. Il fascio si staglia e taglia la tela in modo direzionale da destra a sinistra e investe tutti, senza nessuna gerarchia, ma solo Matteo risponde alla chiamata; questa non è altro che l’espressione del libero arbitrio, della scelta che ogni individuo può compiere nell’accogliere o meno la salvezza.
Caravaggio, libero rivoluzionario, ha dipinto la libertà.

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Giuditta e Oloferne (Caravaggio) https://cultura.biografieonline.it/giuditta-oloferne-caravaggio/ https://cultura.biografieonline.it/giuditta-oloferne-caravaggio/#comments Fri, 20 Mar 2015 09:50:36 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13818 Giuditta e Oloferne di Michelangelo Merisi detto Il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610) è un dipinto che il celebre pittore realizzò tra il 1597 ed il 1600 su commissione del banchiere genovese Ottavio Costa. Attualmente la tela si trova all’interno della Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma.

Giuditta e Oloferne - Caravaggio - Michelangelo Merisi - 1597-1600
Giuditta e Oloferne (Il Caravaggio, 1597-1600) : il re Oloferne viene decapitato da Giuditta, mentre la schiava Abra osserva l’azione. L’episodio è narrato nella Bibbia.

L’episodio della Bibbia di Giuditta e del re assiro Oloferne

Nell’opera, considerata uno dei migliori capolavori del Caravaggio, la prima in cui l’artista raggiunge la punta massima di quella drammaticità figurativa che lo contraddistingue, è rappresentato un episodio biblico: Giuditta, simbolo di virtù e devozione divina, decide di salvare il suo popolo dall’assedio del re assiro Oloferne così, una notte, entra con la sua serva nella tenda del tiranno, facendogli credere di voler tradire la sua gente.

Oloferne, incantato dalla bellezza della donna, cede all’inganno e, dopo averla invitata ad un banchetto, si ubriaca. Giuditta, pronta ad approfittare del momento di abbandono dell’uomo, sferra una scimitarra e lo decapita, per poi riporre la sua testa all’interno di una sacca e consegnarla al popolo assediato, in segno di vittoria.

Giuditta e Oloferne: analisi del quadro

Caravaggio, nel suo studio, era solito posizionare alcune lanterne attorno ai suoi modelli, per illuminare punti precisi dei loro corpi; l’intento era quello di donare tridimensionalità e dinamismo alle figure tramite una “luce radente”, che sfiorava le superfici, sottolineando solo alcune parti della scena e lasciando al buio il resto.

I corpi dei soggetti raffigurati nel dipinto, sembrano uscire dallo sfondo nero per prendere vita, divenendo i protagonisti assoluti. Giuditta è immortalata nel momento in cui sta compiendo l’esecuzione, mentre impugna con la mano destra l’arma affondata per metà nel collo di Oloferne e, con la mano sinistra, gli afferra saldamente i capelli, pronta a non far cadere a terra la testa.

La donna indossa una camicia candida, simbolo di purezza, ed ha un’espressione corrucciata, che lascia trasparire lo sforzo interiore che sta sostenendo nel compiere quel gesto cruento. Oloferne, disteso su di un letto a pancia sotto, è colto alla sprovvista; stupito, terrorizzato, ha gli occhi sbarrati e sente che sta per morire. Tenta di risollevarsi, poggiando la mano destra sul giaciglio, torcendo appena il busto, ma non è in grado di reagire. Un fiotto di sangue esce fuori dalla sua gola, sporcando le bianche lenzuola, ha la bocca aperta ed i muscoli contratti, ma ancora per poco.

Giuditta e Oloferne - Caravaggio - particolare
Giuditta e Oloferne, particolare del quadro: i volti di Giuditta e Abra sono in netto contrasto di colori, luci e significato

La schiava Abra attende pazientemente, al fianco di Giuditta, che si concluda il delitto, tenendo tra le mani il sacco dentro cui trasportare la testa di Oloferne. Caravaggio si oppone alla versione biblica di Giuditta, che la vuole casta ma ingannevole, facendo assumere alla serva tutti gli aspetti psicologici negativi della vicenda: Abra è vecchia, è brutta (la sua carnagione scura entra in contrasto con quella chiara della giovane donna), è l’umanità corrotta dal peccato, a cui è destinato quell’omicidio liberatorio, cruento, ma pieno di puro coraggio.

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Enea, Anchise e Ascanio: sculture di Gian Lorenzo Bernini https://cultura.biografieonline.it/bernini-enea-anchise-ascanio/ https://cultura.biografieonline.it/bernini-enea-anchise-ascanio/#comments Fri, 22 Aug 2014 09:09:22 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11750 Il gruppo scultoreo raffigurante Enea, Anchise e Ascanio è uno dei primi lavori romani di Gian Lorenzo Bernini, realizzato da  tra il 1618 ed il 1619. L’opera prende spunto da un passo dell’Eneide di Virgilio e fa parte dei quattro gruppi borghesiani prodotti dall’artista tra il 1621 ed il 1625.

Gian Lorenzo Bernini: Enea, Anchise e Ascanio (1621-1625)
Enea, Anchise e Ascanio: celebre scultura del Bernini realizzata negli anni tra il 1621 e il 1625 (Roma, Galleria Borghese)

Storia dell’opera

La statua di Enea, Anchise e Ascanio, è oggi esposta all’interno della Galleria Borghese di Roma, così come gli altri tre gruppi borghesiani dell’artista, il Ratto di Proserpina (1621 – 1622), Apollo e Dafne (1622 – 1625) e il David (1623 -1624). Le quattro opere marmoree, raffiguranti soggetti mitologici (fatta eccezione per il David che rappresenta un mito biblico), furono commissionate all’artista dal cardinale Scipione Borghese che le destinò all’abbellimento della sua Villa romana sul Pincio.

Filippo Baldinucci, scrittore d’arte dell’epoca e consulente del cardinale Leopoldo dè Medici, riteneva che la scultura fosse il frutto di una collaborazione tra Gian Lorenzo ed il padre Pietro Bernini. La tesi del Baldinucci venne confutata grazie al ritrovamento di alcuni documenti d’archivio, nello specifico una ricevuta di pagamento che fa risalire l’acquisto del piedistallo su cui poggia il gruppo scultoreo al 1619; ciò permise la totale attribuzione dell’opera a Gian Lorenzo.

Breve analisi: Bernini dona forma ad un passo dell’Eneide di Virgilio

Il Bernini rappresenta la fuga di Enea, del padre Anchise e del figlioletto Ascanio dalla città di Troia in fiamme. Il momento è pieno di tensione e l’artista, grazie alla sua maestria e sensibilità, in quest’opera riesce a manifestare, oltre che una sopraffina abilità tecnica, una sorprendente capacità comunicativa.

Chi si trova davanti al manufatto infatti, non può far altro che immedesimarsi, arrivando addirittura a vivere la scena come se fosse anch’egli uno dei protagonisti dell’evento: lo spettatore diventa parte integrante dell’azione, fino a percepirne la preoccupazione ed il pericolo. Il vecchio, il giovane ed il bambino rappresentano il passato, il presente ed il futuro. Enea porta il padre Anchise sulla spalla sinistra ed il piccolo Ascanio lo segue; Anchise, vecchio stanco e preoccupato, tiene con la mano sinistra il keramos troikos contenente le ossa degli avi ed Ascanio, sempre con la mano sinistra, sorregge il fuoco eterno di Vesta, due dei sette “Pignora Imperii” ovvero gli oggetti che, per credenza del popolo romano, erano in grado di garantire e mantenere in eterno la grandezza di Roma.

Risulta evidente che in questa scelta, l’artista abbia voluto mettere in risalto il potere della committenza, oltre che rappresentare i due oggetti per il loro significato intrinseco: Anchise portatore della storia, delle tradizioni e Ascanio, destinato a dare origine alla futura gens julia, custode del sacro fuoco vestale.

Lo sviluppo del gruppo marmoreo è verticale. Le differenti età dei tre personaggi si evincono, non soltanto dalle fattezze dei volti o dalle dimensioni corporee (come nel caso del piccolo Ascanio) ma, soprattutto, dalla bravura dell’artista nel rappresentare l’epidermide dei soggetti: segnata dalla caducità quella di Anchise, tonica quella di Enea, paffuta e tenera quella di Ascanio.

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Il David di Bernini https://cultura.biografieonline.it/david-bernini/ https://cultura.biografieonline.it/david-bernini/#comments Fri, 30 May 2014 10:00:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11172 Il David del Bernini è da considerarsi uno dei primi esempi di scultura seicentesca capace di racchiudere in toto la concezione plastica dell’estetica barocca. L’opera, realizzata a Roma tra il 1623 ed il 1624, raffigura un soggetto biblico ed è uno dei quattro Gruppi borghesiani realizzati da Gian Lorenzo Bernini nell’arco del quinquennio che va dal 1621 al 1625.

Il David di Bernini: un dettaglio della celebre scultura
Un dettaglio del David di Gian Lorenzo Bernini (scultura realizzata nel periodo 1623-1624)

Storia dell’opera

Le statue, oggi esposte all’interno della Galleria Borghese a Roma, furono commissionate all’artista dal suo mecenate, il cardinale Scipione Borghese, al fine di destinarle alla decorazione dell’omonima Villa romana sul colle Pincio.

Gli altri tre gruppi marmorei, dal soggetto mitologico, sono Enea e Anchise (1618 – 1619), Ratto di Proserpina (1621 – 1622), Apollo e Dafne (1622 – 1625).

Il mito biblico di Davide e Golia, rappresentato dallo scultore, architetto, pittore e figlio d’arte (il padre Pietro, fu anch’egli pittore e scultore), è un’opera in marmo bianco ricca di dettagli e dinamismo, da cogliere in movimento, non statica ed essenziale come le precedenti proposte rinascimentali di Donatello, di Verrocchio e di Michelangelo.

Bernini: Il David (1623-1624)
David (Bernini) • Foto della scultura nella sua interezza

Breve analisi: il mito biblico di Davide e Golia secondo Bernini

Il David di Bernini agisce, è protagonista immortalato nel pieno di un’azione risolutiva; Golia, pur non essendo rappresentato, prende consistenza in quel punto dello spazio in cui si concentra e si materializza lo sguardo attento dell’intraprendente giovane.

David si lascia il peso dell’armatura offertagli dal re Saul alle spalle e, munito unicamente di una fronbola, affronta il gigante filisteo Golia con quel coraggio, quella forza e quella concentrazione resi manifesti dall’espressione del volto.

E’ quasi come se l’ingombrante armatura facesse da perno fisso alla torsione del corpo, trasmettendo nel contempo azione, tensione e potenza.

Bernini riesce a cogliere abilmente il momento cardine, lasciando pregustare all’osservatore la sconfitta di Golia, preannunciata inoltre dalla presenza, ai piedi del David, di una cetra, strumento musicale con il quale il giovane, appassionato musicista, certamente intonerà il suo canto di vittoria.

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