Rina Zamarra, Autore presso Cultura https://cultura.biografieonline.it/author/rina-zamarra/ Canale del sito Biografieonline.it Thu, 19 Oct 2023 15:56:47 +0000 it-IT hourly 1 Simonetta Cesaroni: il delitto di via Poma https://cultura.biografieonline.it/simonetta-cesaroni-il-delitto-di-via-poma/ https://cultura.biografieonline.it/simonetta-cesaroni-il-delitto-di-via-poma/#comments Thu, 19 Oct 2023 15:38:08 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=960 Il delitto di via Poma

Simonetta Cesaroni viene assassinata nel pomeriggio del 7 agosto 1990 nell’ufficio dell’A.I.A.G di via Poma 2 a Roma presso il quale presta servizio come contabile. A provocarne la morte è il forte trauma cranico subìto. Le successive 29 coltellate inferte dall’assassino sono solo un’ulteriore testimonianza dell’efferatezza e della crudeltà del delitto. Al momento della morte la vittima ha poco più di vent’anni, e niente nella sua vita privata lascia supporre l’esistenza di frequentazioni poco chiare o pericolose.

Simonetta Cesaroni
Una foto di Simonetta Cesaroni

L’ultimo giorno di lavoro di Simonetta Cesaroni

Simonetta Cesaroni presta servizio presso lo studio di commercialisti Reli Sas che annovera tra i suoi clienti proprio l’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù. Il suo superiore, Salvatore Volponi, le propone così di integrare la settimana lavorativa recandosi presso l’A.I.A.G di via Poma il martedì e il giovedì pomeriggio.

Per la ragazza si tratta dell’ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze, e deve controllare semplicemente alcune pratiche. Durante il pomeriggio effettua un’unica telefonata alla collega, Luigia Berettini, per chiederle una password di accesso al computer. Quel pomeriggio di piena estate  è sola in ufficio, e i due portieri dello stabile, Pietro Vanacore detto Pietrino e la moglie Giuseppa de Luca detta Pina, dichiarano di non aver visto nessun estraneo varcare il portone dello stabile in via Poma e entrare nella palazzina B.

Alle 21.30 la sorella, Paola, non vedendola rientrare chiama il Volponi che non riesce a fornirle alcuna informazione utile. Paola e il fidanzato decidono di passare a prendere il Volponi per raggiungere l’ufficio, dove quest’ultimo trova il corpo senza vita della ragazza. Simonetta è nuda, l’assassino gli ha lasciato addosso solo i calzini, un top e il reggiseno.

L’autopsia rivela che l’arma utilizzata per infliggerle i colpi è probabilmente un tagliacarte. Oltre ai tagli, uno dei capezzoli presenta un segno compatibile con un morso. Le uniche tracce di sangue non appartenenti alla vittima sono maschili, e vengono rinvenute sulla maniglia della porta dell’ufficio.

Il primo indiziato: Pietro Vanacore

Il delitto sembra trovare inizialmente una facile soluzione. Tutti i sospetti si appuntano sul portiere dello stabile, Pietro Vanacore. I familiari del portiere dichiarano di essere stati in cortile dalle 16 alle 20, ma il portiere risulta assente proprio nel lasso di tempo in cui è stato commesso l’omicidio, vale a dire tra le 17,30 e le 18,30.

La situazione già delicata viene aggravata dalla scoperta di una macchia di sangue sui pantaloni dell’uomo. Ad un esame scientifico più approfondito il sangue risulterà appartenere allo stesso Vanacore, malato di emorroidi.

Gli abiti, inoltre, non presentano ulteriori tracce ematiche, indizio che scagiona definitivamente il portiere. Dopo aver commesso il delitto, l’assassino ha, infatti,  accuratamente ripulito l’ufficio ed è altamente probabile che si sia macchiato con il sangue di Simonetta. Gli abiti di Vanacore, invece, pur essendo stati indossati per ben tre giorni (dal 7 al 9 agosto) non sono stati macchiati dal sangue della vittima. Infine, anche il sangue sulla maniglia dell’ufficio non appartiene al portiere.

Le ipotesi di indagine: dal coinvolgimento del giovane Federico Valle fino al SISMI e alla Banda della Magliana.

Un caso che sembrava risolto

Il caso che sembrava, dunque, praticamente risolto finisce per complicarsi e per assumere sempre più i contorni di un giallo.

Si dovrà attendere fino al marzo 1992 per una nuova svolta nelle indagini.

Compare sulla scena un cittadino austriaco, Roland Voller, che racconta di una serie di conversazioni telefoniche avute con una donna, Giuliana Ferrara.

La donna è la moglie di Francesco Valle, figlio di un anziano architetto, Cesare Valle, residente nello stabile di via Poma e assistito dal portiere Vanacore.

Il Voller racconta di essere venuto a contatto con la donna a seguito di una telefonata fatta per errore. Tra i due è iniziata una sorta di amicizia telefonica, e Giuliana si è confidata con l’uomo raccontandogli che proprio il 7 agosto del 1990 il giovane figlio, Federico, è tornato a casa sporco di sangue dopo una visita al nonno Cesare.

Secondo questo racconto, Federico avrebbe commesso il delitto perché accecato dalla rabbia per la relazione del padre con la giovane Simonetta. La donna, pur ammettendo di conoscere il Voller, dichiara di non avergli mai fatto questo tipo di confidenze. La procura tenta di perseguire Federico ipotizzando che il giovane abbia avuto come complice il portiere Vanacore, chiamato dal nonno per cancellare le tracce del delitto e proteggere così il nipote.

Le analisi sul sangue rinvenuto in ufficio dimostreranno, però, l’estraneità ai fatti del giovane Federico.

Voller, un personaggio misterioso

La figura dello stesso Voller non consente agli inquirenti di battere ulteriormente questa pista. L’uomo svolge la professione di commerciante, ma è in realtà un truffatore che vende spesso informazioni alla polizia.

Nonostante queste scoperte, Voller rimane un personaggio così misterioso da corroborare un’ipotesi investigativa secondo la quale gli uffici di via Poma sarebbero una copertura per non ben precisate attività dei servizi segreti. Si ritiene, infatti, che l’uomo sia vicino a quegli ambienti, e durante una perquisizione vengono trovati in suo possesso alcuni documenti riservati riguardanti il delitto dell’Olgiata. Questi strani e misteriosi intrecci non verranno, però, mai chiariti.

Sulla scia dell’ipotesi precedente viene battuta una nuova pista investigativa fondata sul ritrovamento da parte della giovane di alcuni documenti scottanti dell’A.I.G.A comprovanti la concessione di alcuni favori a membri della Banda della Magliana con il beneplacito del Vaticano e del SISMI.

L’ipotesi prende corpo anche per la presenza di alcuni strani personaggi che dopo l’assassinio si aggirano sotto lo stabile della famiglia Cesaroni, e sembrano avere l’apparenza di agenti del SISMI. Le indagini non portano a nulla di fatto, nonostante proprio in quegli anni  si scoprano i legami realmente esistenti tra la Banda della Magliana e il SISMI.

La pista del Videotel

La difficoltà a sbrogliare l’intricata matassa fa venire alla luce improbabili piste come quella del videotel, una sorta di chat in cui Simonetta avrebbe conosciuto il suo probabile assassino.

In base a questa ipotesi, supportata dall’arrivo in procura di una lettera anonima, la ragazza avrebbe invitato lo sconosciuto del videotel a raggiungerla in ufficio proprio il pomeriggio del 7 agosto.

La pista risulterà poi infondata in quanto Simonetta non aveva un computer personale, e quello del suo ufficio non consentiva l’utilizzo del videotel.

L’accusa al fidanzato Raniero Busco

Le indagini subiscono una svolta quando vengono analizzate delle tracce di saliva rinvenute sul reggiseno e il corpetto indossati da Simonetta. Quelle tracce appartengono al fidanzato della ragazza, Raniero Busco, che viene iscritto nel registro degli indagati nel settembre del 2007.

La posizione di Busco si aggrava quando Paola Cesaroni asserisce che la sorella ha indossato quella biancheria proprio il giorno del delitto: le tracce dunque non possono essere state lasciate in un altro momento. Le ulteriori analisi sul sangue rinvenuto sulla maniglia rivelano, inoltre, la compatibilità con l’ex fidanzato della vittima. Stessa cosa accade anche per il segno del morso sul seno.

La sentenza di primo grado emessa nel 2011 dichiara Busco colpevole dell’omicidio di Simonetta Cesaroni, e lo condanna a una pena detentiva di 24 anni. Il processo di secondo grado è, invece, ancora in corso.

Nel 2009 viene anche archiviata l’indagine a carico del portiere Pietrino Vanacore, che purtroppo alla vigilia della sua testimonianza nel processo contro Busco si toglie la vita annegandosi. Lascia un biglietto in cui dichiara che vent’anni di sospetti non possono che condurre al suicidio.

Busco viene assolto in appello nel mese di aprile 2012.

La Cassazione assolve infine Busco in via definitiva il 26 febbraio 2014: il delitto di via Poma resta pertanto senza colpevoli.

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Barbie, storia e biografia https://cultura.biografieonline.it/barbie/ https://cultura.biografieonline.it/barbie/#comments Mon, 24 Jul 2023 15:06:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=4425 La prima Barbie, la prima bambola con le curve di una giovane donna, il cui nome per esteso è Barbara Stefania Roberts, viene presentata ufficialmente alla fiera American Toy Fair di New York nel 1959. La bambola nasce dall’estro della coppia fondatrice della Mattel, gli americani Ruth e Elliot Handler.

Barbie
Barbie

L’antenata di Barbie e la versione con la coda di cavallo

Tutto ha inizio quando Ruth decide di lanciare sul mercato un giocattolo che apra ai bambini le porte della vita adulta. La vulcanica creatrice di giochi si mette così alla ricerca di un’idea per una nuova bambola che non abbia i tratti infantili, ma sia caratterizzata dalle forme di una giovane donna con lunghe gambe e seno formoso.

Durante un viaggio in Svizzera, Ruth si imbatte in Lilli, l’antenata ufficiale della Barbie. Si tratta di una bambola in plastica che riprende le fattezze di un’eroina dei fumetti piuttosto allegra e birichina. La prima Barbie si ispira proprio alla gemella tedesca ed ha la vita stretta e le gambe sottili. La Mattel decide di produrla in vinile con i capelli sia biondi che bruni raccolti nella classica pettinatura raccolta detta Ponytail, coda di cavallo, da cui deriverà il nome della prima serie.

La bambola indossa un semplice body zebrato e i piedini hanno al centro un piccolo buco che permette di innalzarla sul piedistallo con cui viene venduta. Il successo è immediato. Solo nel 1959 (il lancio risale al 13 febbraio mentre il primo esemplare in commercio risale al 9 marzo) se ne vendono ben 350 mila esemplari al prezzo di 3 dollari ciascuno.

La biografia di Barbie

Per colpire ancora di più l’immaginario degli acquirenti, la Mattel decide di fornire alla Barbie una biografia ricca e articolata. Nasce così il fidanzato Ken, battezzato con il nome, Kenneth, del figlio maschio della famiglia Handler, così come Barbie deriva da Barbara, il nome della figlia femmina della coppia.

Barbie e Ken
Barbie e Ken

La lunghissima storia d’amore tra Barbie e Ken, ben 43 anni di appassionato fidanzamento, non sfocia però in un romantico matrimonio. La coppia si divide nel 2004. I biografi della Mattel provvedono ad attribuire immediatamente alla bambola un’avventura con il surfista Blaine.

Nel corso degli anni, la famiglia di Barbie si accresce di nuovi personaggi. Dalla sorella Skipper, in vendita nel 1964, ai gemelli Tutti e Todd, lanciati sul mercato nel 1966, fino alla piccola Krissy, comparsa nel 1999. La migliore amica della bambola è Midge, un personaggio che, scomparso per anni, e stato poi recuperato dalla Mattel. Midge stessa ha la sua personalissima biografia: è, infatti, sposata con Alan ed ha due figli.

Nel 2004, Barbie lancia addirittura la sua prima campagna elettorale per le presidenziali americane con un programma politico in piena regola stilato dalla Mattel.

Barbie

Al 1963 risale l’introduzione sul mercato dei primi accessori, tra cui scarpe, abiti, magliette. Poi è la volta di case, macchine, cavalli, camper e mobili. Barbie ha anche diviso la propria vita di bambola con diversi animali. Si contano ben quattordici cani, sette cavalli, due gatti, un pappagallo, un panda e un delfino.

Il numero di accessori realizzati è vastissimo e comprende ben 4800 diversi esemplari. Il successo di vendite è tale che la produzione comincia a differenziarsi in base alla tipologia di acquirenti. Nascono cioè le bambole destinate al gioco e contenute nella famosa Pin Box, e quelle rivolte unicamente ai collezionisti.

Molti stilisti di fama internazionale hanno messo a disposizione la propria abilità sartoriale per dar vita ai più begli abiti di Barbie, da Dior a Moschino, da Yves Saint Laurent all’italiano Versace.

Critiche sul ruolo della Barbie nel mondo dei giochi per bambini

Nel corso degli anni, la bambola si è attirata molte critiche. La causa è la rivoluzione che ha imposto nel mondo dei giochi per l’infanzia. Le bambole tradizionali rappresentano per le bambine una sorta di figlie con cui sperimentare il proprio futuro ruolo materno. E la Barbie diventa un mezzo per scimmiottare la vita adulta, eliminando la fase filiale e genitoriale.

Tra i tanti personaggi che ne compongono il mondo, non c’è spazio, infatti, per i genitori. A tutt’oggi, Barbie non ha né padre né madre. In realtà, l’idea stessa della bambola viene suggerita a Ruth dai giochi di sua figlia. Era solita tentare continuamente di imitare gli adulti. Ed è proprio con questo intento che nasce la Barbie. Assecondare il desiderio dei bambini di comportarsi come i grandi che li circondano.

Il film del 2023

Nel 2023 esce il film “Barbie” interpretato da Margot Robbie, con Ryan Gosling nei panni di Ken.

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I moti di Stonewall https://cultura.biografieonline.it/moti-di-stonewall/ https://cultura.biografieonline.it/moti-di-stonewall/#comments Sun, 27 Jun 2021 08:13:46 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2633 Il 27 giugno 1969 si verificano a New York una serie di scontri, ricordati come moti di Stonewall, tra la polizia locale e un nutrito gruppo di gay che rivendicano il diritto a vivere liberamente la propria sessualità. A scatenare la sommossa è l’irruzione della polizia nel bar omosessuale di Stonewall Inn. I poliziotti non sono nuovi ad azioni di questo tipo e, anzi, fino agli anni Sessanta si verificano regolarmente molti episodi di aperta intolleranza. Basta un bacio tra appartenenti allo stesso sesso o anche semplicemente il tenersi per mano a far scattare l’accusa di indecenza.

I poliziotti mettono in atto una pratica detta entrapment (come il film del 1999 con Sean Connery e Catherine Zeta-Jones) che consiste nell’adescare giovani gay in modo da avere una motivazione concreta per l’arresto. Le cose cominciano a cambiare quanto a capo della Mattachine Society, società per la difesa dei diritti degli omosessuali, arriva Dick Leitsch.

I diritti e la polizia

Prima del 1969 la Mattachine agiva in segreto; grazie, però, alle lamentela dei suoi membri, nel 1966, il commissario della polizia di New York, Howard Leary, impone nuove direttive alle forze dell’ordine. I poliziotti non possono più adescare i gay a scopo di incarcerazione, e, anche nei casi in cui questa si rende necessaria, viene richiesta la presenza di un civile come testimone.

Dopo questo risultato, Dick Leitsch tenta di risolvere la questione connessa ai bar gay organizzando un sip in, vale a dire un incontro con alcuni omosessuali per bere qualcosa in un locale. Il barista, però, non consente loro di rimanere. Così dopo la denuncia alle autorità cittadine, la SLA, la società americana che regola il consumo dei liquori, dichiara legale la vendita di alcol ai gay.

Moti di Stonewall: le cause degli scontri

Quando, dunque, avviene la retata nello Stonewall Inn, il bar ha tutto il diritto di essere aperto. Varie sono le motivazioni addotte per spiegare l’accaduto.

Secondo alcuni la causa è da ricercarsi nelle elezioni amministrative che vedono in corsa per la poltrona di sindaco John Lindsay. Questi, infatti, avendo perso le primarie del suo partito, cerca di attuare una politica di repulisti tra i bar cittadini per accrescere la propria reputazione.

Secondo il vice ispettore Seymour Pine, invece, l’ordine di irrompere gli viene dato perché il bar è uno dei centri in cui è possibile reperire informazioni sui gay che lavorano a Wall Street, e sarebbe al centro di una serie di furti in alcune società di intermediazione.

Le tesi

Tra le tesi più fantasiose vi è anche quella sostenuta nel film del 1995 “Stonewall del regista Nigel Finch, morto di AIDS subito dopo aver girato la pellicola. Secondo questa ricostruzione, la rabbia dei gay al momento dell’irruzione è acutizzata dalla morte dell’attrice Judy Garland, nota icona del mondo omosessuale, scomparsa appena una settimana prima.

Pare che al suo funerale abbiano partecipato ben 22 mila persone, tra cui 12 mila omosessuali. La tesi storica sostiene, invece, che i movimenti pacifisti contro la guerra in Vietnam e quelli per i diritti civili dei neri abbiano preparato il terreno al desiderio di protesta delle minoranze. Durante gli scontri, infatti, i manifestanti urlano lo slogan Gay power, mutuato dal più famoso Black Power.

L’irruzione e la protesta

L’irruzione ha luogo intorno all’una e venti di notte. La maggior parte degli avventori riescono a fuggire e vengono arrestati solo alcuni dipendenti del locale e qualche cliente in abiti femminili. Non è, dunque, molto chiara la successiva dinamica dello scontro tra la polizia e i gay presenti.

La ricostruzione più accreditata sostiene che la causa scatenante sia stata il lancio di una bottiglia da parte della transgender Sylvia Rivera, pungolata da un manganello.

Manifestazione gay dopo i Moti di Stonewall
Manifestazione gay dopo i Moti di Stonewall

La mischia è tale che i poliziotti sono costretti a rifugiarsi nel locale. La folla composta da ben 2 mila persone sostiene lo scontro contro 400 poliziotti.

Le proteste dei moti di Stonewall durano tre giorni con un intervallo di cinque giorni tra la seconda e la terza giornata. Dopo i moti, i movimenti per i diritti dei gay trovano finalmente un riconoscimento ufficiale e, nel mese di luglio dello stesso anno, nasce il Movimento di liberazione gay (GLF) con diverse sedi in molti paesi del mondo. L’anno successivo viene organizzato un corteo commemorativo al quale partecipano tra i 5 mila e i 10 mila uomini. Si inaugura così la tradizione ormai annuale dei gay pride.

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Arthur Wynne e la nascita del cruciverba https://cultura.biografieonline.it/arthur-wynne-e-la-nascita-del-cruciverba/ https://cultura.biografieonline.it/arthur-wynne-e-la-nascita-del-cruciverba/#comments Fri, 13 Jul 2012 10:00:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3043 Il 21 dicembre 1913 il New York World pubblica il primo cruciverba. Si tratta di una losanga priva di caselle nere creata dal giornalista inglese Arthur Wynne, considerato universalmente come il padre del fortunato gioco.

Arthur Wynne, inventore del cruciverba
Arthur Wynne, inventore del cruciverba

Questa ricostruzione dei natali del cruciverba è ormai quella più accreditata; nonostante si racconti che, nel 1890, uno dei rappresentanti della corrente letteraria della scapigliatura, Giuseppe Airoldi, abbia pubblicato con lo pseudonimo di Inno Minato di Monza uno schema con una serie di caselle bianche sul “Secolo illustrato della Domenica”.

A differenza del disegno romboidale di Wynne, lo schema scapigliato non ha alcun seguito e rimane un tentativo isolato. Il giornalista inglese è, invece, un vero e proprio specialista del settore: a lui, infatti, è affidata la pagina della rivista dedicata ai giochi e ai passatempi.

Arthur Wynne
Arthur Wynne

Quell’inverno, in particolare, è alle prese con la necessità di farsi venire una nuova idea per l’edizione natalizia. Ripensa così a un gioco insegnatoli dal nonno quando era un bambino: il cosiddetto word square. Questo gioco prevede l’inserimento di una serie di parole che si leggono sempre allo stesso modo da qualsiasi verso si cominci. Arthur decide di renderlo più interessante creando delle caselle che possano essere compilate sia in direzione orizzontale che verticale. Solo più tardi deciderà di introdurre anche delle caselle nere per separare le parole.

Inizialmente al nuovo passatempo viene dato il nome di cross-word, poi trasformato in word-cross a causa di un errore tipografico. La losanga con le caselle ottiene subito un grande successo di pubblico e viene programmata anche per le domeniche successive. Dopo qualche mese, la rivista decide di cancellare il cruciverba che presenta qualche difficoltà di stampa. Le proteste dei lettori, però, sono tali da indurre gli editori a trasformarlo in una rubrica fissa.

Per oltre dieci anni, nessun altro giornale si prende la briga di pubblicarne, e al  New York World rimane la completa esclusiva del cruciverba settimanale. Solo intorno al 1920 gli altri giornali cominciano a stampare le proprie versioni e, nel 1930, il termine cross-word compare nei dizionari a testimonianza del successo sempre più crescente di questo gioco che allena la mente e la memoria. In Italia bisogna attendere il 23 gennaio 1932 per la pubblicazione del primo numero de La Settimana Enigmistica, storica rivista dedicata a cruciverba, rebus e giochi di parole.

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Guy Fawkes e la Congiura delle polveri https://cultura.biografieonline.it/congiura-delle-polveri/ https://cultura.biografieonline.it/congiura-delle-polveri/#comments Wed, 23 May 2012 10:04:23 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2188 Il complotto conosciuto come Congiura delle Polveri viene orchestrato nel 1604 da un gruppo di cattolici inglesi guidati da Robert Catesby. L’intento con cui agiscono è quello di liberarsi del re Giacomo I, favorendo così l’incoronazione della figlia diciannovenne Elisabetta. L’ascesa al trono di Giacomo fa nascere inizialmente nei cattolici la speranza che le persecuzioni subite fino ad allora possano finalmente cessare.

La congiura delle polveri: un disegno che ritrae Guy Fawkes
La congiura delle polveri (5 novembre 1605): un disegno che ritrae Guy Fawkes

La madre del re, Maria Stuarda, è stata infatti una fervente cristiana e la politica iniziale della corona appare moderata. Ma le cose cambiano presto, e Giacomo assume un atteggiamento assolutista e reazionario. Di fronte al rinnovarsi del pericolo di nuove persecuzioni Catesby decide di reagire con la forza, e insieme ad altri quattro gentiluomini, Thomas Percy, Thomas Wintour, Guy Fawkes e John Wright, vittime anch’essi di numerose angherie, passa all’azione.

Il piano architettato dai cinque prevede di far saltare in aria il parlamento e l’adiacente abbazia di Westminster nel giorno dell’apertura dei lavori, lo State Opening, fissato per il 5 novembre 1605. L’esecuzione materiale del complotto è affidata a Fawkes, ex-soldato con una certa dimestichezza in materia di esplosivi.

Per poter mettere in atto le loro intenzioni, i cinque affittano una casa la cui cantina è adiacente al Parlamento, e progettano dei lavori di scavo di una galleria che dovrebbe consentire il posizionamento dell’esplosivo. Ben presto gli scavi si rivelano più complicati del previsto, e viene acquistata un’altra cantina. La necessità di reperire risorse fa aumentare il numero dei congiurati; i nuovi affiliati sono per lo più parenti dei cinque, tra questi: John Grant, sir Everard Digby, Robert Keyes, Ambrose Rookwood e Mark Tresham. Nel gruppo di cattolici rientrano anche padre Thomas Garnet e padre John Gerard, entrambi gesuiti. Il secondo in particolare, pur subendo la persecuzione della corona, informa le autorità del complotto in atto.

I cospiratori sono costretti intanto ad abbandonare l’idea della galleria, e decidono semplicemente di riempire le stanze di esplosivo. Gli altri cattolici a conoscenza del complotto cominciano ad agitarsi, e uno di questi, Mark Tresham, informa Lord Monteagle dell’imminente pericolo. La seduta dello State Opening viene aperta ugualmente alla mezzanotte del 4 novembre del 1605 come da prassi.

Proprio nel momento in cui si pronunciano i discorsi di apertura, Fawkes è pronto a dar fuoco all’esplosivo. Prima però che possa farlo, le guardie reali lo arrestano cogliendolo praticamente sul fatto. Dopo essere stato tradotto al cospetto del re, davanti al quale mantiene un atteggiamento fiero e sprezzante, Fawkes viene imprigionato nella Torre di Londra e sottoposto a tortura affinché riveli i dettagli della congiura e i nomi degli altri cospiratori. Nonostante il terribile supplizio, riesce a rimanere in silenzio fino all’8 novembre quando, stremato, rivela tutto e firma una confessione quasi in punto di morte.

Dopo un processo sommario, i congiurati vengono tutti condannati compreso Fawkes, tenuto in vita nelle carceri solo per essere giustiziato. Il 31 gennaio del 1606 viene condotto insieme agli altri condannati all’Old Palace Yard di Westminster, e qui provvedono prima a impiccarlo e poi a squartarlo e a decapitarlo.  A causa dell’eroismo dimostrato e dell’estrema crudeltà di cui è stato vittima, Fawkes diventa presto il simbolo della resistenza cattolica contro le persecuzioni reali.

Ancora oggi, nella notte tra il 4 e il 5 novembre, i bambini britannici accendono un piccolo falò e bruciano un fantoccio che rappresenta il fallimento della congiura.

La maschera di V per vendetta (rappresentante Guy Fawkes)
La maschera di V per vendetta (rappresentante Guy Fawkes)

L’emblematica figura di Guy Fawkes continua a essere esempio dell’importanza della resistenza contro tutte le forme di tirannia. Al suo eroismo è ispirato, infatti, il film “V per Vendetta” di James McTeigue uscito nelle sale nel 2005. Il protagonista, V, coinvolto in una sanguinosa lotta contro un regime crudele e dispotico indossa una maschera che riprende le stesse fattezze di Guy Fawkes, protagonista della congiura delle polveri. Anche V progetta un attentato contro il parlamento che avviene, non a caso, il 5 novembre del 2020.

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Un tram che si chiama Desiderio https://cultura.biografieonline.it/un-tram-che-si-chiama-desiderio/ https://cultura.biografieonline.it/un-tram-che-si-chiama-desiderio/#comments Wed, 09 May 2012 15:22:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1850 Il 3 dicembre del 1947 debutta sui palcoscenici di Broadway la commedia “Un tram che si chiama desiderio” scritta da Tennessee Williams. Il drammaturgo ha tratto ispirazione dalle tristi vicende personali che hanno coinvolto la sorella Rose.

La regia teatrale è di Elia Kazan e il ruolo del protagonista maschile, Stanley Kowalsky, è affidato a Marlon Brando che ne vestirà i panni anche nella fortunata versione cinematografica del 1951.

Un tram che si chiama Desiderio, locandina del film
Un tram che si chiama Desiderio, locandina del film

Trama dell’opera

Le vicende sono ambientate nell’atmosfera affascinante e ammaliatrice di New Orleans, e ruotano intorno a un nucleo familiare costituito da due donne, Blanche e Stella, e da un uomo, il rude operaio polacco Stanley. Le due non solo sono sorelle, ma si ritrovano anche accomunate da uno stesso infelice destino: Blanche ha perso il suo lavoro di insegnante ed è stata costretta ad abbandonare la vita agiata a cui era abituata, Stella vive un difficile rapporto con il marito, reso più complicato dalla differenza di estrazione sociale esistente tra i due. Blanche piomba nella casa della sorella senza rendersi neanche conto del percorso a ritroso che ha compiuto.

E’ partita, infatti, dalla tenuta di famiglia “Belle Reve” nel Mississipi, vestita e ingioiellata come se dovesse recarsi a un party, ha preso il tram chiamato Desiderio ed è arrivata a Elysian Field, dove la coppia vive in due  squallide stanze.

Sin dalla sua prima apparizione, la donna mostra segni evidenti di squilibrio. Affiora quasi subito la sua dipendenza dall’alcol e una confusione tale da impedirle di spiegare con esattezza come sia riuscita a dissipare tutto il patrimonio familiare. La sua presenza altera gli equilibri della coppia che vede Stanley dominare la povera Stella con la sua esuberanza virile e il suo maschilismo esasperato.

Nonostante il cambiamento di vita, Blanche continua a curare maniacalmente il suo aspetto, e intreccia una relazione con un ingenuo amico di Stanley, Mitch. Sembra quasi che per un attimo la storia possa prendere una piega positiva, favorita anche dalla maternità di Stella, ma il passato della donna torna a rovinare tutto. E’ Stanley a scavare nella vita della cognata e a riferire i torbidi dettagli al suo amico.

Blanche è costretta così a confessare che, dopo il suicidio del marito Allan scopertosi omosessuale, ha cercato protezione e contatto umano passando dal letto di numerosi estranei, e intrecciando una relazione persino con un suo studente diciassettenne; relazione che ha provocato il suo licenziamento dalla scuola. Mitch non riesce a comprendere la sofferenza di Blanche e a perdonarle gli errori passati, anzi la rifiuta categoricamente definendola troppo sporca per vivere sotto lo stesso tetto con la madre.

Per poter superare il dolore dell’ennesimo abbandono, Blanche, ormai delirante, immagina di ricevere un telegramma da un milionario texano che la invita per una favolosa crociera nei Caraibi, ma la sua illusione viene spezzata da Stnaley che le butta addosso la verità e le impone l’ultima delle umiliazioni: lo stupro. Distrutta nel corpo e nella mente, Blanche viene ricoverata in un manicomio.

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Winnie the Pooh https://cultura.biografieonline.it/winnie-the-pooh/ https://cultura.biografieonline.it/winnie-the-pooh/#respond Sat, 28 Apr 2012 05:21:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1674 La prima raccolta di storie per bambini con protagonista il dolce orsetto Winnie The Pooh viene pubblicata il 14 ottobre del 1926 grazie alla fantasia e alla vocazione paterna dello scrittore Alan Alexander Milne.

La comparsa di Winnie nel mondo della letteratura per ragazzi è dovuta al piacere  di Milne nel raccontare le fiabe della buonanotte al figlio Cristopher. Lo scrittore non si accontenta, però, delle fiabe classiche, costruisce delle vere e proprie storie su misura per il figlio.

Winnie the Pooh
Winnie the Pooh

Il protagonista di questi racconti è un orsetto di pezza di Cristopher, battezzato inizialmente Edward, poi più confidenzialmente Teddy, e infine Winnie. Quest’ultimo nome appartiene a un cucciolo d’orso che ha conquistato il cuore di tanti bambini londinesi. Si tratta di un piccolo orsetto senza mamma che l’ufficiale veterinario Colebourn ha acquistato in Canada durante il primo conflitto mondiale.  Al termine poi della guerra lo ha donato allo zoo cittadino. L’orsetto viene battezzato inizialmente Winnipeg dal nome della città natale di Colebourn. Poi la dolcezza del suo carattere induce tutti a chiamarlo con il diminutivo Winnie.

Milne costruisce tutto un mondo di fantasia intorno al pupazzo Winnie, a cui attribuisce il secondo nome Pooh, mutuato da quello di un cigno che, ancora una volta, fa parte degli incontri del piccolo Cristopher. Nella sua raccolta lo scrittore attribuisce la scelta del secondo nome Pooh all’abitudine dell’orsetto di soffiar via ogni mosca che gli passa sotto il naso.

Winnie Pooh e i suoi amici
Winnie Pooh e i suoi amici

I personaggi che popolano il mondo di Winnie sono a loro volta ispirati ai giocattoli di Cristopher, e caratterizzati da qualità come la bontà d’animo, l’altruismo e la generosità. Ad accompagnare l’orsetto nelle sue avventure ci sono: il malinconico asinello Ih-Oh, la tigre appassionata di saltelli Tigro, il timido e dolce maialino rosa Pimpi, la mamma canguro Kanga, il piccolo canguro Roo allievo di salto di Tigro, il coniglio testardo e brontolone Tappo, il saggio gufo Uffa, e naturalmente Cristopher Robin. Tutti i simpatici personaggi vivono nel famoso Bosco dei 100 acri che in realtà è il giardino della casa dello scrittore. E Winnie in particolare alloggia su una vecchia quercia, trascorrendo le sue giornate a mangiare miele e comporre versi.

La raccolta viene pubblicata con le illustrazioni di Ernest H. Shepard che, per poter dare un volto ai personaggi, trascorre alcuni giorni in casa di Milne ad osservare i momenti di gioco del piccolo Cristopher.

Nel 1929, lo scrittore cede i diritti della sua creatura alla Walt Disney che lo trasforma in uno dei suoi maggiori successi.

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La battaglia di Lepanto https://cultura.biografieonline.it/la-battaglia-di-lepanto/ https://cultura.biografieonline.it/la-battaglia-di-lepanto/#respond Tue, 17 Apr 2012 09:02:58 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1508 La Battaglia di Lepanto, svoltasi il 7 ottobre del 1571, è uno degli episodi più importanti della guerra di Cipro che vede contrapposte le forze cattoliche e quelle del regno ottomano. La guerra scoppia a causa dell’occupazione ottomana dell’Isola di Cipro, allora dominata da La Repubblica di Venezia.

La Battaglia di Lepanto
Un dipinto che racconta la Battaglia di Lepanto

I turchi si sentono in qualche modo autorizzati a appropriarsi dell’isola per bloccare gli scali navali da cui partono i pirati che depredano le navi dirette a Costantinopoli. Secondo i turchi, la loro occupazione sarebbe ulteriormente legittimata dall’ottima accoglienza dei ciprioti, stanchi dell’eccessiva ingerenza veneziana.La questione di Cipro rientra però in un contesto più ampio, caratterizzato dallo scontro tra Occidente e Oriente per il dominio del Mediterraneo. L’espansionismo turco preoccupa molto i regni occidentali, e in particolare la Spagna. Così papa Pio V decide di approfittare della situazione per creare una Lega Santa, e riunire le forze cattoliche ormai divise intorno al vecchio spirito di crociata contro gli infedeli.

Il vessillo della Lega Santa viene consegnato a Don Giovanni D’Austria nella Basilica di Santa Chiara il 14 agosto del 1571. E le flotte della lega salpano da Messina, dirette a Patrasso nel tentativo di intercettare le navi ottomane guidate da Lalà Mustafà, reo di aver commesso un gesto di estrema crudeltà contro il senatore veneziano Bragadin, comandante della fortezza di Famagosta.

Dopo la resa e la stipula degli accordi di pace a Famagosta, i veneziani trucidano i prigionieri turchi, e rifiutano di ottemperare alla richiesta di questi ultimi di trattenere come garanzia alcuni capitani. Mustafà reagisce decapitando gli ufficiali veneziani e scorticando vivo Bragadin, la cui pelle viene riempita poi di paglia e issata sulla nave insieme alle teste di Alvise Martinengo e Gianantonio Querini. La terribile esposizione dei macabri trofei viene ripetuta anche nelle strade della capitale ottomana. Sarà proprio questo l’episodio scatenante della battaglia.

Per propiziarsi la vittoria Don Giovanni D’Austria decide di schierare la sua flotta con una formazione a croce, ponendo come esca sei galee veneziane e sostituendo gli spadaccini con gli archibugieri. Affida poi l’ammiraglia pontificia a Marcantonio Colonna, e la retroguardia ai Cavalieri di Malta. La superiorità degli armamenti veneziani rispetto a quelli turchi è uno dei motivi della forza della Lega Santa.

L’azione ottomana, invece, è volta principalmente a sorprende l’imbarcazione di Don Giovanni, e a ucciderlo nel tentativo di demoralizzare i soldati cattolici. La sua nave si trova, infatti, proprio al centro dello schieramento accanto alla galea comandata dal veneziano Sebastiano Venier, zio di una fanciulla ridotta in schiavitù nell’harem di Costantinopoli.

La battaglia di Lepanto si risolve con la vittoria cattolica e con la morte in battaglia di Alì Pascià. Nonostante l’opposizione di Don Giovanni, il comandante turco viene decapitato e la sua testa esposta sull’albero maestro dell’ammiraglia spagnola. Alla vista della testa del loro comandante i turchi decidono di arrendersi e di procedere alla ritirata.

Il consuntivo della battaglia della durata di 5 ore è terribile. I turchi perdono 80 galee per affondamento, e 117 per cattura. Le vittime, tra morti e dispersi, ammontano a 30.000. Al termine dello scontro vengono liberati anche 15.000 schiavi cristiani ai remi. Le perdite della Lega Santa, invece, corrispondono a 15 galee e 7.650 morti e 7.780 feriti.
La vittoria è suggellata da una serie di riconoscimenti cattolici, come la festa di Santa Maria della Vittoria istituita per ricordare la storica battaglia conclusasi positivamente per intercessione della Vergine Maria.

La battaglia di Lepanto è storicamente importante anche perché è la prima vittoria delle forze cattoliche occidentali sui turchi, protagonisti di un forte movimento espansionistico che procede incontrastato fino alla guerra di Cipro. Ma la mancanza di coesione tra i vari stati che compongono la Lega non consente a Venezia di trarre alcun vantaggio dalla vittoria, anche a causa dell’opposizione di Filippo II, contrario alla possibilità che la Serenissima acquisisca un eccessivo dominio nel Mediterraneo.

Dopo appena due mesi, infatti, Cipro ritorna sotto la dominazione ottomana, e nel 1573 viene firmato un accordo tra Venezia e il Gran Visir. Don Giovanni D’Austria, principale fautore della vittoria, muore nel 1575 in Belgio, dove è impegnato a combattere contro le forze dei protestanti.

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La strage di Piazza Fontana https://cultura.biografieonline.it/la-strage-di-piazza-fontana/ https://cultura.biografieonline.it/la-strage-di-piazza-fontana/#comments Wed, 04 Apr 2012 10:09:41 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1318 Il 12 dicembre del 1969 una bomba scoppia presso la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Piazza Fontana a Milano. Sono le 16:37 e lo scoppio provoca la morte di diciassette persone e il ferimento di altre ottantotto. In un lasso di tempo di appena 53 minuti, oltre all’ordigno milanese, scoppiano a Roma altre due bombe: una in Via Veneto vicino alla Banca del Lavoro e una davanti all’Altare della Patria a Piazza Venezia.

Milano, 12 dicembre 1969: Strage di Piazza Fontana
Strage di Piazza Fontana: L’attentato di Piazza Fontana avvenne il 12 dicembre 1969 a Milano

Gli attentati rientrano nella cosiddetta stagione del terrore che insanguina l’Italia negli anni compresi tra il 1968 e il 1974. La motivazione con la quale i terroristi agiscono è quella di mantenere il clima di tensione instaurato dai gruppi di estrema destra con l’intento di fare pressione sugli organi di governo, e favorire così un inasprimento delle politiche di repressione. Oltre alla bomba di Piazza Fontana, viene rinvenuto anche un secondo ordigno inesploso in Piazza della Scala nei pressi della Banca Commerciale Italiana.

Il primo indagato: Giuseppe Pinelli

Le prime indagini portano all’arresto del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, che muore misteriosamente precipitando dai balconi della questura dopo tre giorni di interrogatorio. L’autopsia non viene resa pubblica, ma il sostituto procuratore responsabile del caso, Gerardo D’Ambrosio, definisce l’incidente un “malore attivo”. Secondo tale definizione, il Pinelli si sarebbe sentito male, e, sporgendosi eccessivamente dalla ringhiera, sarebbe precipitato.

In quel momento nella stanza non è presente il commissario che conduce le indagini, Luigi Calabresi, eppure l’uomo viene ritenuto responsabile, e fatto oggetto di una serie di attacchi che lo isolano e lo rendono vulnerabile. Gli attacchi provengono soprattutto dal giornale di Lotta Continua e dagli ambienti di sinistra. E saranno proprio degli esponenti di Lotta Continua a deciderne la morte.

Il commissario Calabresi viene assassinato il 17 maggio del 1972. Sono stati condannati come esecutori materiali dell’omicidio, Ovidio Bompressi e Leonardo Marino e, come mandanti, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani. Il commissario Calabresi e gli altri agenti, inizialmente processati per omicidio colposo, sono stati scagionati nel 1975 perché il fatto non sussiste.

Il secondo indagato: Pietro Valpreda

Il 16 dicembre del 1969, grazie alla testimonianza di un tassista, Cornelio Rolandi, viene arrestato anche il secondo sospettato, Pietro Valpreda. Secondo quanto affermato dal testimone, l’uomo si sarebbe diretto verso Piazza Fontana munito di una pesante valigia. Dopo l’interrogatorio, il procuratore Vittorio Occorsio contesta a Valpreda quattordici omicidi, ricevendo immediatamente le congratulazioni per il lavoro svolto dal presidente della repubblica Giuseppe Saragat.

La ricostruzione dei fatti fornita dal tassista presenta, però, delle incongruenze, prima fra tutte un improbabile percorso a bordo della vettura di soli 20 metri. Dopo ulteriori indagini comincia a prendere corpo l’ipotesi che l’uomo sul taxi non sia Valpreda, ma Antonino Sottostanti, un ex legionario di origine siciliana infiltrato nei circoli anarchici, dove è conosciuto con il soprannome di Nino il fascista.

Il Sottosanti risulta fisicamente molto simile all’imputato. Secondo una delle ricostruzioni, tale somiglianza sarebbe stata usata  da servizi deviati e gruppi di destra per pagare l’uomo affinché portasse la valigia con l’ordigno, facendo così ricadere la responsabilità della strage sugli anarchici. La ricostruzione, avvalorata anche da quotidiani come Il Corriere della Sera, risulterà falsa in quanto Sottostanti al momento dello scoppio è in compagnia del Pinelli. Quest’ultimo deve consegnarli un assegno di pagamento per la testimonianza resa in favore di un altro anarchico, il Pulsinelli, a torto accusato di un attentato alla Caserma Garibaldi. A complicare la situazione è la reticenza di Pinelli a svelare i fatti per timore che la testimonianza resa da Nino il fascista possa essere considerata falsa.

Le Brigate Rosse conducono una propria inchiesta sulla strage, di cui consegneranno solo in parte gli incartamenti alla magistratura. Secondo tale ricostruzione l’attentato è opera dei gruppi anarchici che si sono procurati esplosivo e ordigni dagli ambienti di destra. Il Pinelli, dunque, si sarebbe suicidato per il rimorso di essere incappato inavvertitamente nel traffico degli esplosivi usati per la realizzazione dell’ordigno.

L’arresto e il proscioglimento dei responsabili

Le indagini proseguono e, grazie alla scoperta della provenienza del timer da Treviso e delle borse da Padova, vengono individuati due esponenti di Ordine Nuovo: Franco Freda e Giovanni Venturi. Nel 1971 viene scoperto un arsenale di munizioni Nato presso l’abitazione di un militante veneto di Ordine Nuovo. Ci sono anche casse con un esplosivo simile a quello utilizzato per Piazza Fontana. Finiscono in manette Freda e Venturi e insieme a loro Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo.

YouTube video

Giovanni Venturi confessa la responsabilità di ben 21 attentati realizzati nel 1969, ma nega quello di Piazza Fontana. In una cassetta di sicurezza intestata alla zia vengono, però, ritrovati dei documenti dai quali emerge l’esistenza di una stretta comunicazione con Guido Giannettini, agente del SID meglio conosciuto come agente Z.

La magistratura interpella il SID che, per bocca del comandante Vito Miceli, dichiara il segreto di Stato. Sarà lo stesso Giannettini a consegnarsi al consolato italiano di Buenos Aires nel 1974. Il SID interviene anche in favore di Venturi, e, per timore che possa parlare, gli fa avere le chiavi della cella del carcere di Monza in cui è detenuto e un narcotizzante per le guardie. Nel 1972, Valpreda viene scarcerato, e poi nel 1985 prosciolto per insufficienza di prove insieme a Freda e Venturi. Questi ultimi due escono definitivamente dal processo nel 1987, quando La Cassazione rende definitiva la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Bari nel 1985.

Solo Carlo Digilio, neofascita di Ordine Nuovo, confessa il ruolo avuto, e ottiene nel 2000 la prescrizione del reato proprio in virtù della collaborazione resa. Sempre Digilio riferisce di una confessione fattagli da Delfo Zorzi secondo la quale sarebbe stato lui stesso a piazzare la bomba. L’uomo, però, trasferitosi in Giappone nel 1974 è diventato un imprenditore di successo, e gode della protezione del governo giapponese che non ha concesso allo stato italiano l’estradizione.

Nel 2005 la Corte di Cassazione assolve Delfo Zorzi, Carlo Maggi e Giancarlo Rognoni, tutti militanti di Ordine Nuovo. Nella sentenza i magistrati chiariscono che la responsabilità morale e storica della bomba è da attribuirsi a Franco Freda e Giovanni Venturi, capi del gruppo anarchico ideatore dell’attentato.

Nel 2009 le vedove di Pinelli e di Calabresi si incontrano invitate da Giorgio Napolitano, e, per la prima volta, si stringono la mano.

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Storia dell’Orient Express https://cultura.biografieonline.it/orient-express/ https://cultura.biografieonline.it/orient-express/#respond Tue, 27 Mar 2012 19:34:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1245 Orient Express, locandina
Orient Express, locandina

L’Orient Express comincia a correre sulle rotaie che collegano Parigi a Costantinopoli, l’attuale Istanbul, nel lontano 4 ottobre del 1883. E’ la prima volta che un treno congiunge l’Europa occidentale a quella orientale, anche se i passeggeri sono costretti a imbarcarsi su una nave nell’ultimo tratto del viaggio. Il treno attraversa quasi tutto il vecchio continente seguendo il percorso tracciato dal Danubio, e si ferma in città come: Strasburgo, Vienna, Budapest, Bucarest e Varna sul Mar Nero.

Le elegantissime carrozze dell’Orient Express nascono dal genio e dall’estro imprenditoriale di un banchiere di origine belga, Georges Nagelmackers che, a soli ventisette anni, partorisce l’idea del meraviglioso convoglio dopo un viaggio americano a bordo di carrozze pullman organizzate come una sorta di alberghi viaggianti.
Il successo del treno è tale che, nel 1889, la linea raggiunge direttamente Istanbul. L’Orient Express diventa così il simbolo della Belle Époque. A utilizzarlo sono soprattutto personaggi altolocati appartenenti alla nobiltà orientale spesso decaduta che amano circondarsi di lusso e comodità, e gustare le raffinate pietanze servite nella carrozza ristorante con tanto di stoviglie in argento.

L’Orient Express e il cinema

La fama del treno come teatro di intrighi amorosi e insoluti gialli viene amplificata dal fortunato romanzo di Agatha ChristieAssassinio sull’Orient Express”, scritto nel 1929. A  ispirare la giallista è una improvvisa interruzione del suo viaggio verso Istanbul a causa di un’abbondante nevicata.

Dal celebre giallo di Agatha Christie sono stati tratti numerosi film. L’ultimo in ordine temporale è quello del 2017, diretto e interpretato da Kenneth Branagh.

Il fascino misterioso dell’Orient Express viene colto anche da Alfred Hitchcock che, nel 1938, vi ambienta il film “Lady Vanishes”, seguito dal romanzo di Graham Greene “Stamboul Train” e da una citazione nel “Dracula” di Bram Stoker.

La storia recente

Il treno continua intanto a macinare chilometri subendo due uniche interruzioni; entrambe avvenute durante i due confitti mondiali. Il momento migliore coincide con il periodo di pace tra le due guerre. Negli anni Trenta, infatti, oltre al vero e proprio Orient Express, vi sono due nuovi treni: il Simplon Orient Express che viaggia tra Losanna, Milano, Venezia e Trieste e l’Arlberg Orient Express attivo sulla linea Zurigo, Innsbruck, Budapest.

Purtroppo nel 1971 la compagnia Wagons Lits a cui spetta la gestione dei vagoni termina la sua attività, e nel 1977 anche il famoso Orient Express effettua la sua ultima corsa. Sembra quasi che il mitico treno sia destinato a scomparire per sempre, quando, una compagnia privata inglese ristruttura le lussuose carrozze. Nasce così il Venice-Simplon Orient Express che, a partire dal 1982, collega Londra e Parigi a Venezia. Per rinverdire i fasti del mitico treno sono previsti anche un viaggio all’anno sulla linea Budapest-Bucarest-Istanbul e uno sulla linea Istanbul-Bucarest-Budapest-Venezia.

Nel 2001, viene rimessa in funzione la tratta che collega Parigi a Vienna, e l’Orient Express riprende definitivamente a viaggiare nel 2009.

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