Liliana Serio, Autore presso Cultura https://cultura.biografieonline.it/author/lilianaserio/ Canale del sito Biografieonline.it Thu, 22 Aug 2024 13:32:32 +0000 it-IT hourly 1 Imagine Dragons, breve storia del gruppo https://cultura.biografieonline.it/imagine-dragons/ https://cultura.biografieonline.it/imagine-dragons/#comments Thu, 22 Aug 2024 12:40:33 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13285 Gli Imagine Dragons sono un gruppo indie rock statunitense formatosi nel 2008 a Las Vegas (Nevada). La band è composta da quattro membri: Dan Reynolds, frontman del gruppo; Ben McKee, basso, tastiera, percussioni, cori; Wayne Sermon, chitarra, tastiera, percussioni, violoncello, cori; Dan Platzman, batteria, percussioni, viola, cori.

Il nome del gruppo

Secondo quanto dichiarato dal cantante Dan Reynolds il nome del gruppo sembra essere un anagramma. L’ipotesi più probabile riporta alla scritta Ragged Insominia (vi è ancora del mistero intorno al significato reale di questa espressione) che compare sull’auto di Wayne Sermon nel video della canzone On Top of the World.

Imagine Dragons
Imagine Dragons

Dalle “guerre tra bande” al successo

Nel 2009 gli Imagine Dragons, dopo aver vinto alcune “guerre tra bande”, registrano presso la “Battle Born Studios” due EP (extended play) indipendenti: l’omonimo Imagine Dragons e Hell and Silence (2010), seguiti da It’s Time (2011) e Continued Silence (2012).

È proprio con It’s Time che arrivano i primi riconoscimenti. Giunto tra i primi 5 nelle classifiche Billboard Alternative e Billboard Rock – importante rivista statunitense dedicata alla musica – il video della canzone riceve la nomination agli Mtv Video Music Awards nella categoria “Best Rock Video”. Usato dalla Apple nel video di presentazione dell’iPhone 5, It’s Time è stato certificato nel 2012 come singolo d’oro da RIAA (Associazione Americana dell’Industria Discografica).

Il crescente successo della band lungo tutta la West Coast giunge fino alle orecchie di Alex Da Kid (produttore di Eminem, Rihanna) che nel 2010 inizia a lavorare con il quartetto al loro album d’esordio, Night Visions.

Il risultato è un lavoro che risente chiaramente dell’attenta rifinitura di un navigato produttore discografico, un prodotto indie-rock che ha in sé influenze e sonorità diverse, dall’elettronica alla dubstep, passando per il pop e non tralasciando qualche accenno folk.

Il disco, uscito nel settembre del 2012, ha indubbiamente un buon riscontro tra il pubblico statunitense.

L’entrata a gamba tesa direttamente alla seconda posizione nella Billboard 200 consacra non solo Night Visions tra i 200 album più venduti negli Usa, ma al tempo stesso catapulta la band americana ai vertici di tutte le classifiche.

Solo nella prima settimana d’uscita, infatti, vengono vendute 83.000 copie dell’album, registrando il record per il più alto numero di vendite per un disco rock di debutto dal 2006.

Imagine Dragons
Imagine Dragons

Night Visions apre definitivamente le porte del successo agli Imagine Dragons.

Dopo Night Visions

È così che la band, giovane e ammicante nel suo sound che a tratti ricorda storiche band come i Killers, o ancora i Coldplay, i Linkin Park o gli All American Rejects, passa dall’anonimato alla fama mondiale. Non è un caso, infatti, che subito dopo la distribuzione del loro album, il gruppo intraprende un tour mondiale e viene ospitato in diversi show televisivi (The Tonight show with Jay LenoJimmy Kemmel Live!, Late Night with Jimmy Fallon). Il riconoscimento arriva nuovamente dalla rivista Billboard, che nel 2013 attribuisce agli Imagine Dragons il titolo di “Band di punta del 2013”, e dalla rivista Rolling Stone (altro importante periodico statunitense di musica, politica e cultura) che nomina Radioactive (prima traccia dell’album Night Visions) singolo rock dell’anno.

Nel 2014 la band collabora alla colonna sonora del quarto capitolo della serie cinematografica dedicata ai Transformers (L’era dell’estinzione) con il brano Battle Cry, realizzato con il musicista e compositore tedesco Hans Zimmer (“Rain Man – L’uomo della pioggia”, “La sottile linea rossa”), e lo statunitense Steve Jablonsky (“La maledizione della prima luna”,  “Armageddon – Giudizio finale”).

YouTube Video

Altra collaborazione di rilievo è quella con Riot Games, che usa il singolo Warriors per il video-trailer dell’evento “World Championship” 2014 del videogioco. Gli Immagine Dragons concludono l’anno con l’uscita di due nuovi singoli: I Bet My Life (presentato agli “American Music Awards”, ove tra l’altro vincono per il secondo anno consecutivo il premio come “Favorite Artist – Rock”) e Gold. I due brani anticipano l’uscita del loro secondo lavoro intitolato Smoke + Mirrors, presentato in Italia durante la prima serata del Festival di Sanremo 2015.

Aggiornamento 2024

Nell’agosto 2024 il batterista degli Daniel Platzman annuncia il suo addio definitivo alla band statunitense dopo più di un decennio. Platzman si era unito al gruppo nel 2011, poco prima che firmassero con la Interscope Records.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/imagine-dragons/feed/ 1
Muse, breve storia del gruppo https://cultura.biografieonline.it/muse/ https://cultura.biografieonline.it/muse/#respond Mon, 30 Nov 2020 18:35:39 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13339 I componenti

I Muse sono una band britannica nata nel 1994 dall’incontro di Matthew Bellamy, voce, chitarra e pianoforte; Dominic Howard, batteria; Chris Wolstenholme, basso e cori. Conosciutisi giovanissimi tra i banchi di scuola a Teignmouth (Inghilterra), il loro successo è legato ad un sound particolare che nasce dalla fusione di progressive rock, glam, atmosfere elettroniche e seducenti melodie vocali.

Muse
Muse: da sinistra Dominic Howard, Matthew Bellami e Chris Wolstenholme

Muse: da gruppo di supporto al successo mondiale

Nel 1997 i Muse pubblicano il loro omonimo EP (extended play) di debutto attraverso la “Dangerous Records”, seguito nel 1998 dall’EP Muscle Museum. La loro musica, emotiva e passionale, in unione con la forte presenza scenica della band dal vivo, attira le prime critiche e i primi consensi, suscitando interesse nella “Maverick Records” con cui firmano un contratto.

I singoli “Cave” e “Uno” precedono l’uscita dell’album di debutto, Showbiz, avvenuta alla fine del 1999. L’album, che conquista i favori del pubblico e diversi premi della critica, procura ai Muse ottimi ingaggi di supporto a band quali i Foo Fighters e i Red Hot Chili Peppers.

Gli anni 2000

Due anni dopo (2001) vede la luce il secondo lavoro del terzetto inglese, The Origin of Symmetry.  Si inizia a conoscere ed apprezzare di più l’individualità musicale della band e, soprattutto, comincia quello che è l’allontanamento dal pedissequo accostamento dei Muse ai Radiohead.

L’album riscuote grande successo grazie a pezzi impegnati come New Born e Space Dementia; all’uso di strumenti poco ortodossi come l’organo, un mellotron (strumento musicale a tastiera), un drumset espanso; e ancora alla voce di Bellamy (frontman del gruppo) che unisce falsetti in crescendo di gran livello alla sua maestria da pianista, che trae ispirazione da Chopin e Rachmaninov.

Absolution: il terzo album

Nel 2003 arriva il terzo album: Absolution. I Muse sono ormai una realtà musicale e questo lavoro consolida la loro fama a livello mondiale e la direzione artistica presa con il precedente Origin of Symmetry. Le influenze classiche si fondono con un suono robusto in una perfetta armonia di contrasti.

La band riconferma la volontà di dare musicalmente voce a tematiche odierne: teologia, scienza, politica e futurismo sono argomenti che attraversano tutto l’album. Oltre al successo di pubblico, nel 2004 e nel 2005 arrivano i riconoscimenti dalla critica, vincono infatti un “MTV Europe Music Awards” come Best Alternative Act e un “Q Awards” come Best Live Act, mentre ai “Brit Awards” vincono per il British Live Act.

Muse
Muse – Matthew Bellamy durante un concerto in uno stadio

Un nuovo disco impegnato

Black Holes and Revelations, che nasce nel 2006, è in parte registrato a Milano, alle Officine Meccaniche di Mauro Pagani. Anche questo è un album che si può definire “impegnato”, canzoni come Take a Bow (sulla guerra in Iraq), Assassin (critica del governo di Tony Blair), o Invincible (storia dell’uomo fino agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001), mostrano il vivo interesse della band per tematiche attuali.

Ancora una volta i riconoscimenti non si fanno attendere e, vinto il premio come Best Alternative agli “MTV Music Awards” di Copenaghen, nel 2007 si aggiudicano nuovamente il premio come Best Live Act ai “Brit Awards”. L’uscita del disco è seguita da un tour, da cui viene estratto HAARP, il primo album dal vivo registrato allo stadio di Wembley, Londra, nell’estate del 2007.

Il successo di The Resistance

A tre anni di distanza arriva la quinta prova del gruppo, The Resistance. Senza discostarsi troppo dal precedente lavoro, il disco orchestrale (vanta alle sue spalle la presenza dell’orchestra sinfonica della Scala di Milano) è in parte registrato in Italia. Mixato da Mark Stent (Madonna, OasisU2 e Depeche Mode) risulta essere una miscela di influenze, dalla musica classica al metal, dal prog ai motivetti arabi.

Grande il successo di questo album, che a pochi giorni dall’uscita, balza sulla vetta delle classifiche italiane, inglesi, olandesi e australiane, facendo sì che le programmate 30 date del “The Resistance Tour” diventino 144. Anche la critica fa la sua parte e i Muse vincono nella categoria Best Act in the World Today in occasione dei “Q Awards 2009” e nel 2011 ai “Grammy Awards” nella categoria Best Rock Album.

Gli anni 2010

Nel 2011 Bellamy e soci chiedono e ottengono di scrivere il tema ufficiale per le Olimpiadi di Londra del 2012 e la band torna con “Survival”, primo singolo del loro sesto album pubblicato dalla “Warner Bros”, The 2nd Law.

Il gruppo intraprende un altro tour per promuovere l’ultimo lavoro, e la loro spettacolare performance allo Stadio Olimpico di Roma – completa di giochi pirotecnici, pareti video e acrobati – è ripresa in alta definizione per realizzare il film concerto “Muse – Il concerto allo Stadio Olimpico di Roma”, uscito nelle sale e in DVD nel 2013.

YouTube Video

Il 2015 è l’anno di Drones, settimo album della band inglese. Un ritorno alle origini, come ha dichiarato lo stesso frontman dei Muse:

“ Negli ultimi due dischi ci siamo allontanati un po’ da quelli che sono i nostri veri strumenti, concentrandoci su sintetizzatori, batterie elettroniche, effetti vari e via di questo passo. Sento che per il prossimo disco torneremo verso una musica “suonata”, torneremo ad usare i nostri soliti strumenti, ossia chitarra, basso e batteria. Sarà un disco in qualche modo più grezzo, di certo più rock.”

Dopo lunghi tour dal vivo tornano in studio per sfornare nel 2018 un nuovo album complesso e articolato, che non rinuncia alle loro caratteristiche e peculiarità: è il disco “Simulation Theory”, a cui segue un film-concerto omonimo che viene distribuito nel 2020.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/muse/feed/ 0
Ebe, scultura di Antonio Canova https://cultura.biografieonline.it/ebe-canova/ https://cultura.biografieonline.it/ebe-canova/#comments Thu, 02 Jul 2015 14:57:12 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14647 La statua in marmo di Ebe (alta cm 157) è sicuramente una delle più elevate creazioni in cui si incarna l’ideale neoclassico del Bello, ricercato e sperimentato dallo scultore italiano Antonio Canova (“Amore e Psiche”, “Adone e Venere”). Di questa scultura, una delle opere più controverse e discusse dell’artista, esistono quattro versioni, realizzate in tempi diversi e con diverse scelte stilistiche. L’opera presa in esame è il primo esemplare di Ebe scolpito dal maestro Canova.

Commissionata forse all’artista dal principe Jusupof nel 1795 (terminata dopo quattro anni, nel 1799) la statua, che fu poi ceduta a Giuseppe Vivante Albrizzi e acquistata nel 1830 dal re di Prussia Federico Guglielmo III, oggi si trova presso la Nationalgalerie di Berlino.

Ebe - Antonio Canova
Ebe – Antonio Canova

Ebe, descrizione dell’opera

Nella mitologia greca Ebe (la Juventas romana), figlia di Zeus e di Hera (o Era), era la dea dell’eterna giovinezza. Ancella e coppiera degli dei, sostituita successivamente dal bellissimo Ganimede, aveva il compito di servire alle divinità l’ambrosia e il nettare, ovvero il cibo e la bevanda di cui questi ultimi si nutrivano per mantenersi giovani e immortali.

Abbandonate le torsioni barocche, gli elementi estranei e i superflui panneggi a tutto vantaggio di una composizione pura, in grado comunque di incarnare e trasmettere azioni e sensazioni, Canova, esponente di spicco del Neoclassicismo, nella sua scultura fa rivivere la lezione appresa sui valori fondamentali dell’arte antica dal critico tedesco Johann Winckelmann: la ricerca della “nobile semplicità” e della “quieta grandezza”.

Nella sua opera, l’artista veneto riversa perfettamente la grazia, l’armonia e la compostezza neoclassica, cogliendo mirabilmente Ebe nel suo procedere leggero e lieve, quasi danzante. Riverente e silenziosa, come si confà ad una ancella, la dea avanza in punta di piedi, su una nuvola, con una grazia tale da annullare la gravità del marmo che la trattiene. La statua, a tutto tondo, è perfettamente equilibrata in ogni sua parte. Il movimento delle gambe, che increspa il panneggio che le ricopre, è bilanciato nella parte superiore dalla torsione del busto delicatamente levigato e dall’aggraziata apertura delle braccia. In chiara rivalità con alcune statue classiche descritte dalle fonti, come è possibile notare, Canova decide di arricchire la statua di Ebe con due oggetti in metallo che la divinità regge delicatamente tra le mani: un’anfora e una coppa. Il suo corpo, infine, attraversato da un’ineffabile forza interiore, sembra avvolto da un soffio di vento che scompiglia la ricercata acconciatura che, abbellita da un nastro, evidenzia la mancanza di espressione della giovane dea, e al contempo fa sì che la veste, trattenuta nella parte posteriore da un fiocco, aderisca alle gambe come una seconda pelle naturale.

Ebe di Antonio Canova - particolare
Ebe di Antonio Canova – particolare

Questa prima versione della statua di Ebe riscosse grande successo tra i contemporanei così come svariate polemiche, alle quali Canova fu costretto a rispondere. Ciò che si rimproverò all’artista fu la mancanza di espressività sul viso della giovane dea. A questa critica il Canova, nel 1800, rispose: “a voler più espressione nel viso mi sarebbe stata cosa assai facile il dargliela, ma certamente alle spese di esser criticato da chi sa conoscere il bello; la Ebe sarebbe diventa[ta] una Baccante”. La seconda versione della scultura (Ermitage di San Pietroburgo), molto simile alla precedente, vede la luce tra il 1800 e il 1808. Esposta al Salon di Parigi, l’opera subì nuove critiche legate alle scelte cromatiche effettuate dall’artista e alla presenza degli elementi decorativi in bronzo dorato (vaso e coppa) giudicati fuori luogo. Alcuni critici, inoltre, non accolsero positivamente la scelta del Canova, considerata come un’redità del repertorio figurativo barocco, di far “fluttuare” su una nuvola la dea Ebe. Nacquero così le successive due versioni della statua (Devonshire Collection di Chatsworth e Museo di San Domenico di Forlì) ove lo scultore sostituì le nuvole con un tradizionale tronco d’albero.

Ebe - Museo di San Domenico, Forlì
Ebe – Museo di San Domenico, Forlì

Profondamente coinvolto nella ricerca della “nobile semplicità e quieta grandezza”, Canova dona ai posteri un delicato esempio di serena bellezza, non la meccanica riproduzione di un modello ma il perfetto ed equilibrato incanto che solo un’opera, che rispetta canoni compositivi razionali e piacevoli alla ragione, sa dare.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/ebe-canova/feed/ 1
Adone e Venere (Canova) https://cultura.biografieonline.it/adone-venere-canova/ https://cultura.biografieonline.it/adone-venere-canova/#comments Wed, 01 Jul 2015 14:06:38 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14628 Adone e Venere è un gruppo in marmo (alto cm 185) dello scultore e pittore italiano Antonio Canova (Amore e Psiche), considerato uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo, tendenza culturale sviluppatasi come reazione al Barocco e al Rococò in Europa, tra il XVIII e il XIX secolo.

Commissionata dal marchese Francesco Berio, che la collocò in un tempietto espressamente realizzato nel giardino del suo palazzo in via Toledo a Napoli, la scultura Adone e Venere fu realizzata dal Canova in cinque anni (1789 – 1794). Alla morte del marchese l’opera, che oggi si trova a Ginevra presso il Musée d’Art et d’Histoire, fu acquistata su suggerimento dello stesso Canova dal colonnello Guillaume Favre.

Adone e Venere (Canova)
Adone e Venere – particolare

Il mito di Adone e Venere

Adone è sicuramente una delle figure di culto più complesse dei tempi classici. Assumendo numerosi ruoli in ogni periodo, in quanto oggetto di culto nelle varie religioni legate ai riti misterici, Adone è il simbolo della bellezza maschile giovanile ma anche della morte ed del rinnovamento della natura. Nato dal rapporto incestuoso fra Cinira (re di Cipro) e sua figlia Mirra, secondo l’antica mitologia, il giovane allevato dalle Naiadi (le ninfe che presiedevano le acque dolci della terra e possedevano facoltà guaritrici e profetiche) riuscì con la sua sfolgorante bellezza maschia a far innamorare di sé Venere, dea dell’amore e della bellezza, e Proserpina, dea minore degli Inferi e regina dell’oltretomba. Secondo alcuni mitografi, Adone fu ucciso da un cinghiale, durante una battuta di caccia, inviato dal geloso Apollo con l’aiuto di Artemide, sua sorella gemella, o da Ares amante della dea Venere. In base alle fonti, dal sangue del giovane morente nacquero gli anemoni (genere di piante) e da quello della dea, feritasi tra i rovi mentre cercava di soccorre il giovane amato, le rose rosse. Il padre Zeus, commosso dal dolore della figlia, concesse ad Adone di vivere quattro mesi nel regno di Ade, quattro sulla Terra insieme a Venere e quattro dove preferiva lui.

Descrizione dell’opera

Il ritorno all’arte antica e alla ricerca del Bello ideale, universale ed eterno, espresso dalla perfezione delle figure classiche e dai loro gesti è interpretato in maniera sublime dal “Gran Canova”, come soleva chiamarlo Giacomo Leopardi.

Adone e Venere - Antonio Canova
Adone e Venere – Celebre scultura di Antonio Canova

L’opera, realizzata a tutto tondo, rappresenta Adone e Venere in un momento di profonda intimità e dolcezza. Il momento catturato dallo scultore è quello che precede la fatale caccia, ovvero quello in cui la dea Venere sfiora con le sue dita delicatamente il viso di Adone, trattenendolo dall’andar via. Le perfette anatomie dei corpi, tali da dare l’impressione che le due figure si fondino intimamente l’una nell’altra, i gesti misurati e sensuali, la rotondità delle forme e le linee curve del drappo, che rivela più che celare la sinuosità del corpo femminile, fanno sì che la scultura risulti straordinariamente armonica e armoniosa. La frontale imponenza di Adone, dall’efebica bellezza, è spezzata soltanto dal volgere della testa del giovane uomo verso Venere, che con tenerezza accarezza il volto dell’amato, in un intenso gioco di amorosi sguardi. La dea, abbandonata languidamente la testa sulla spalla dell’amante, lo cinge in un intimo abbraccio che sembra voler celare ad occhi estranei il loro momento di profonda unione. Adone, invece, accennando un passo che conferisce movimento alla scultura e suggerisce soprattutto l’imminente distacco, sfiora senza stringerli i fianchi di Venere, accostandola a sé.

Adone e Venere - Antonio Canova
Adone e Venere – Antonio Canova

Vista da dietro, l’opera conferma la maestria di Antonio Canova. L’intreccio delle braccia, sottolineando la fluidità del movimento e l’armoniosità delle curve perfettamente delineate, risulta ancora più sensuale e passionale. Il drappo, stretto tra le gambe di Venere, svela e sottolinea la pienezza e la morbidezza della carne; mentre il pelo ruvido del cane, un Cirneo dell’Etna, che siede ai piedi degli amanti osservandoli, esalta ed evidenzia la levigatezza dei corpi di Adone e Venere.

È indubbio che con la sua opera, il maestro Antonio Canova, riesce a confermare che la scultura è rappresentazione viva ed eterna della parola che non si legge ma si contempla.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/adone-venere-canova/feed/ 1
Il simbolismo massonico nel dollaro americano https://cultura.biografieonline.it/simboli-massoni-dollaro/ https://cultura.biografieonline.it/simboli-massoni-dollaro/#comments Sat, 27 Jun 2015 10:29:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14578 Guardando con attenzione una banconota americana da un dollaro, il cosiddetto The one dollar, è possibile notare alcuni simboli che celano in sé significati legati alla Massoneria. È noto che quest’ultima, definita anche come “arte reale”, è un’associazione iniziatica che si propone come patto etico-morale tra liberi individui, come perfezionamento delle più nobili condizioni umane.

Al suo interno, l’uso dei simboli, rappresenta l’essenza stessa della Massoneria, il mezzo tramite il quale dialogare a distanza con tutti i fratelli massoni. Infatti, stando alle stesse parole di Pierre Mariel, massone e martinista, “il simbolo dunque, non è destinato a nascondere la verità. Il suo scopo è invece quello di selezionare coloro che, integrandosi a esso, si mostrano degni di accedere alla Realtà ultima”.

Dollaro americano
Dollaro americano

Simbolismo massonico: realtà o coincidenza?

Esaminando il dollaro, l’attenzione si focalizza subito sull’effige del primo Presidente degli Stati Uniti d’America, George Washington. Eletto alla presidenza nel 1789, supervisore dei lavori di costruzione della Casa Bianca (sede ufficiale del Presidente in carica), Washington, in occasione della cerimonia ufficiale di insediamento, fece il suo solenne giuramento sulla sacra Bibbia di proprietà della loggia massonica St. John N°1 di New York.

Il primo Presidente degli Stati Uniti era già stato “iniziato” ai segreti esoterici in giovane età, come membro della Massoneria e dell’Ordine degli Illuminati Bavaresi, ben prima della sua candidatura al potere. È opportuno sottolineare che molti altri presidenti americani furono iscritti alla Libera Muratoria, come ad esempio Franklin Delano Roosevelt, 33° Grado del Rito Scozzese della Libera Muratoria (a lui si deve la decisione di stampare nel 1933 sul dollaro il “Delta Luminoso”); Harry Truman, raggiunto il 33° Grado si fece aggiungere il secondo nome di Solomon, in onore del re Salomone, eroe della Massoneria; William Jefferson Clinton, 33° Grado e George H. W. Bush, anch’egli 33° Grado.

Dipartimento del Tesoro - particolare
Dipartimento del Tesoro – particolare

Accanto a George Washington compare sulla sinistra il logo della Riserva Federale (Federal Riserve Bank, nella banconota presa in esame di New York, ma questa lettera cambia in base alla banca federale di emissione); mentre sulla destra vi sono il simbolo del Dipartimento del Tesoro (Department of the Treasury) e la sua data di fondazione, il 1789. Quest’ultima coincide, oltre che con la fondazione della Riserva Federale, anche con l’anno di inizio della Rivoluzione francese (Presa della Bastiglia), ovvero con un periodo di radicale sconvolgimento sociale e politico, il cui fervore fu alimentato dalle idee proprie dell’Illuminismo e della Massoneria, che prometteva di cambiare il mondo, di creare una società libera dalle ingiustizie, di realizzare una vera eguaglianza tra gli uomini, portandoli tutti ad un elevato grado di conoscenza.

Osservando attentamente il logo, è possibile rintracciare diversi simboli massonici: lo scudo, la bilancia, la chiave (tutti e tre facilmente identificabili) e la squadra (meno visibile, è la linea spessa con il vertice sotto la bilancia che divide in due lo scudo).

Quest’ultima, sulla quale sono disegnati tredici punti (Il numero tredici ricorre più volte nella banconota), è certamente uno dei simboli massonici più noti perché rappresenta lo strumento principe del lavoro massonico. Racchiudendo in sé il rigore morale e la perfezione, con il suo angolo sempre fisso, simboleggia infatti il mondo del concreto, o ancora la misura della realtà oggettiva. La chiave rappresenta il sapere esoterico tramandato nel tempo dai confratelli massoni, mentre la bilancia simboleggia chiaramente il delicato equilibrio tra le forze opposte.

Simbolismo massonico: Dollaro americano - particolare
Dollaro americano – particolare

Curiosità: la scritta “In God We Trust” è presente su tutte le monete: il Congresso degli Stati Uniti lo stabilì il 22 aprile 1864 con il Coinage Act.

Girando la banconota da un dollaro, sulla sinistra è possibile notare, all’interno di un cerchio, una piramide tronca sormontata al vertice da un Delta, al centro del quale vi è un occhio (“Delta Luminoso” o “L’occhio che tutto vede”). La piramide, uno dei simboli più famosi della Massoneria, è formata da tredici gradini e settantadue mattoni (7+2=9, numero della perfezione massonica). Alla base vi è incisa la data “MDCCLXXVI”, ovvero 1776, anno sia della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America sia della nascita dell’Ordine degli Illuminati. Sotto la piramide la scritta Novus Ordo Seclorum (e non Secolorum come ci si aspetterebbe) è formata da diciassette lettere, numero che indica la mancanza della perfezione divina, rappresentata invece dal numero diciotto.

Come accennato il numero tredici ricorre numerose volte sulla banconota da un dollaro: tredici, infatti, sono gli stati che formarono la prima confederazione americana; tredici i “passi” da compiere durante il percorso di iniziazione degli Illuminati; tredici le lettere che compongono la scritta che sovrasta la piramide, Annuit Coeptis (“Approva le cose iniziate”).

A destra della banconota, è presente un altro simbolo massonico, l’Aquila.  Anche qui il numero tredici ritorna costantemente. Tredici sono le stelle nell’aureola sopra l’Aquila così come lo sono le strisce presenti sullo scudo; tredici i rami con altrettante olive che compongono il ramo d’ulivo sorretto dall’Aquila nell’artiglio destro, mentre nel sinistro vi sono tredici frecce; tredici infine le lettere che compongono le parole E Pluribus Unum (“Da molti uno”), presenti nel cartiglio che l’Aquila regge con il becco. Quest’ultime rivelano che l’insegnamento degli Illuminati si diffonderà per dare inizio ad un nuovo governo universale.

Che si tratti di realtà o di pure coincidenze, che si creda o meno all’esistenza della Massoneria, al suo insito simbolismo, il misterioso fascino della banconota da un dollaro statunitense resta del tutto intatto.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/simboli-massoni-dollaro/feed/ 2
Ratto di Proserpina (scultura del Bernini) https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/ https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/#respond Thu, 23 Apr 2015 05:17:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14115 Il “Ratto di Proserpina” (base esclusa, alto cm 255) è un gruppo scultoreo dell’architetto e scultore napoletano Gian Lorenzo Bernini (“Apollo e Dafne”, “David”), commissionato da Scipione Borghese per la sua residenza romana, Villa Borghese. Alcuni mesi dopo la conclusione dell’opera però, per motivi a noi ignoti, Scipione Borghese dona la scultura a Ludovico Ludovisi, nipote del nuovo papa Gregorio XV.

Il Ratto di Proserpina - Galleria Borghese
Il Ratto di Proserpina (1621/1622) – Galleria Borghese

Il gruppo scultoreo, trasportato pertanto a Villa Ludovisi e sistemato in una sala al pianterreno attigua al giardino, è stato acquistato dallo Stato italiano nel 1908 e riportato a Villa Borghese, residenza naturale per la quale l’opera è stata concepita.

Il “Ratto di Proserpina” eseguito tra il 1621 e il 1622 dal giovanissimo artista (al tempo il Bernini ha 23 anni), rappresenta per l’appunto il famoso mito del Ratto di Proserpina, tratto dalle Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone.

Il mito del Ratto di Proserpina nelle Metamorfosi di Ovidio

Il mito in questione è legato al ciclo delle stagioni e racconta il ratto (ovvero il rapimento) di Proserpina, figlia del dio Giove e di Cerere (dea della fertilità dei campi), ad opera del dio Plutone (fratello di Giove e sovrano dell’Ade, luogo in cui risiedono in eterno le anime dei morti). Infatuatosi della dea, mentre questa è intenta a raccogliere fiori in un campo presso il lago di Pergusa (Enna), Plutone la rapisce portandola con sé nei recessi più cupi della terra.

Cerere, cercata a lungo e inutilmente la figlia, cessa per il grande dolore ogni sua divina attività: abbandona i campi, rende sterile ogni seme, lascia che i raccolti marciscano. A sua volta Giove, preoccupato per lo stravolgimento dei cicli naturali, interviene grazie alla mediazione di Mercurio, trovando un accordo tra il dio Plutone e Cerere. Il patto concluso prevede che Proserpina trascorra sei mesi sulla terra con la madre, mentre nei mesi invernali risieda nell’Ade con il dio Plutone, suo sposo.

Analisi dell’opera il “Ratto di Proserpina”

Ancora una volta, come già in altre sue notorie sculture, Lorenzo Bernini coglie l’essenza del momento, l’immediatezza e la potenza del movimento, rendendolo eterno. Ispiratosi, per la realizzazione del gruppo scultoreo, alla pittura contemporanea di Annibale Carracci e di Rubens, il Bernini pensa e realizza il “Ratto di Proserpina” per una ricezione pittorica da parte dell’osservatore, cioè per essere percepita e ammirata da un unico punto di vista, quello frontale.

Il Ratto di Proserpina - Bernini
Il Ratto di Proserpina – Bernini

Il dramma è in pieno svolgimento, le dinamiche del concitato momento sono rese dal movimento degli arti e delle teste dei protagonisti.
La dea è prigioniera, ma continua a lottare. Avvinta tra le braccia di Plutone, rivolgendo la sua preghiera al cielo, Proserpina respinge con la mano il suo assalitore arricciando così la pelle del viso del dio.

La sua chioma, fluente e scomposta, lascia ampio spazio all’espressività del viso segnato superbamente da una lacrima; il panneggio, fluido anch’esso, lascia scoperto il corpo perfetto di Proserpina, mettendo al contempo in evidenza la torsione del corpo stesso e il pathos dell’attimo rappresentato.

Plutone è vincitore, fiero e trionfante. Il suo viso è delineato dalla resa dei capelli e della barba, esempi della maestria e dell’eccellenza del Bernini; il corpo, possente e virile, presenta una muscolatura che evidenzia la forza del dio. Il realismo di questo gruppo scultoreo tocca l’apice del virtuosismo nella rappresentazione delle mani di Plutone. Le dita del dio, infatti, che affondano letteralmente nella coscia e nel fianco di Proserpina, non solo segnano ed esaltano la morbidezza e la pienezza della carne della dea, ma fanno sì che l’osservatore dimentichi per un attimo che di fronte a sé ha una scultura in marmo e non una scena reale. Ai piedi della coppia, in parte nascosto dalle gambe della divinità femminile, il cane a tre teste (ovvero il guardiano infernale) abbaia.

Ratto di Proserpina - particolare
Ratto di Proserpina – particolare

Ancora una volta, grazie all’operato del Bernini, la potenza evocativa e rappresentativa della scultura viene fuori in tutta la sua straordinaria magnificenza lasciando che dove non arrivi la parola, giunga il potente silenzio della scultura.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/feed/ 0
La fontana della Barcaccia https://cultura.biografieonline.it/fontana-della-barcaccia/ https://cultura.biografieonline.it/fontana-della-barcaccia/#comments Sat, 21 Mar 2015 17:30:53 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13858 La “fontana della Barcaccia”, comunemente conosciuta come la “Barcaccia”, è una fontana in travertino situata a Roma nella famosissima Piazza di Spagna, ai piedi dell’altrettanto celebre scalinata di Trinità dei Monti. Commissionata da Papa Urbano VIII (al secolo Maffeo Vincenzo Barberini), l’opera è stata interamente realizzata in tre anni (1627-1629) da Pietro Barberini, architetto dell’acquedotto romano “Acqua Vergine”, con l’aiuto dello scalpellino Battista Bancozzi e probabilmente del più noto figlio Gian Lorenzo Bernini (“David”, “Apollo e Dafne”, “Ratto di Proserpina”), a cui si attribuisce la conclusione del lavoro in seguito alla sopraggiunta morte del padre.

Fontana della Barcaccia - Scalina di Trinità dei Monti
Fontana della Barcaccia – Scalina di Trinità dei Monti

Storia della fontana della Barcaccia

L’opera commissionata da Papa Urbano VIII attua, in realtà, un antico progetto del 1570 che prevedeva l’abbellimento, con fontane pubbliche, delle più importanti piazze della città attraversate e alimentate dal cosiddetto acquedotto “Acqua Vergine”. Il progetto del Bernini, andando oltre la classica e canonica realizzazione delle fontane romane della fine del XVI secolo e traendo ispirazione da una barca che sta per affondare in un bacino d’acqua, dà vita ad una lineare opera scultorea più che architettonica.

Tra le diverse interpretazioni offerte, riguardo il soggetto rappresentato, spiccano due antiche e accreditate tradizioni popolari. Queste spiegano come la particolare forma della “fontana della Barcaccia” deriverebbe dalla presenza nella piazza di una barca in secca giunta lì a causa della piena del Tevere del 1598. Un’altra ipotesi è che in loco vi fosse una naumachia (con questo termine, letteralmente “combattimento navale”, si indicava nell’antica Roma sia uno spettacolo che riproduceva una battaglia navale sia l’edificio in cui tali rappresentazioni si svolgevano). Infine, in base alla fisionomia stessa della “fontana della Barcaccia”, che presenta fiancate basse e larghe, non è da escludere la teoria che, nel mondo romano, la barcaccia fosse semplicemente un’imbarcazione, che risaliva il Tevere fino al vicino porto di Ripetta, atta al trasporto fluviale dei barili di vino.

Fontana della Barcaccia - Bernini
Fontana della Barcaccia – Bernini

Analisi dell’opera

La realizzazione di tale progetto richiede al Bernini la risoluzione di un inconveniente non secondario. Infatti, la bassa pressione dell’acquedotto “Acqua Vergine”, nel luogo destinato ad ospitare la fontana, e la conseguente impossibilità di creare cascate o zampilli d’acqua, costringono lo scultore e pittore napoletano a ricorrere ad un espediente che nulla leva alla bellezza dell’opera ma, al contrario, ne accresce il valore artistico.

Pietro Bernini, infatti,  concepisce la “fontana della Barcaccia” come una barca semisommersa in una vasca ovale, posta lievemente al di sotto del livello stradale. La prua e la poppa, identiche nella forma, sono rialzate rispetto ai bordi laterali più bassi e larghi, dando così l’impressione allo spettatore che la Barcaccia stia per affondare. Al centro, da una piccola vasca dalla forma allungata sorretta da un gambo corto, fuoriesce un getto d’acqua che, passando dalla vasca superiore alla barca, tracima, attraverso le basse fiancate della barca stessa, nello specchio d’acqua sottostante in cui l’imbarcazione è immersa.

L’acqua, inoltre, fuoriesce zampillando da altri sei punti, equamente divisi: tre a poppa e tre a prua. All’esterno, sgorga da fori circolari che ricordano nella forma bocche di cannone; tra loro, quindi perfettamente al centro, spicca lo stemma pontificio con la tiara (copricapo papale usato un tempo nelle occasioni ufficiali) e tre api (segno di operosità, lavoro e dolcezza e simbolo araldico della famiglia Barberini). All’interno, invece, due mascheroni a forma di sole con fattezze umane gettano acqua in due vasche, alimentando così il flusso continuo verso l’esterno.

Fontana della Barcaccia - particolare
Fontana della Barcaccia – particolare

È indubbio che il genio e la perizia artistica dello scultore tardomanierista Pietro Bernini, esemplari nella “fontana della Barcaccia”, hanno lasciato ai posteri un tesoro in cui scultura e architettura si fondono per dare vita ad una splendida opera che contribuisce a rendere unica una delle più belle e suggestive piazze d’Italia.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/fontana-della-barcaccia/feed/ 1
Apollo e Dafne (scultura di Bernini) https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-bernini/ https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-bernini/#comments Thu, 19 Mar 2015 09:14:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13771 Apollo e Dafne” è un gruppo scultoreo a tutto tondo in marmo (alto cm 243) realizzato dall’architetto, pittore e scultore napoletano Gian Lorenzo Bernini tra il 1622 e il 1625. L’opera, commissionata per la sua villa dal cardinale Scipione Borghese – avido collezionista, nipote di Papa Paolo V – è da sempre sita presso la Galleria Borghese a Roma. Ad essere rappresentato ed immortalato nel tempo è un soggetto tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, colto nell’attimo di maggior pathos e intensità emotiva.

Apollo e Dafne - dettaglio
Apollo e Dafne: particolare

Il mito di Apollo e Dafne nelle Metamorfosi

Il mito di Apollo e Dafne ovidiano racconta che il dio Apollo, figlio di Zeus, vantandosi di saper usare come nessun altro arco e frecce, incorra nell’ira di Cupido. Quest’ultimo, per punire la superbia del giovane dio, lo colpisce con una freccia facendolo innamorare della bella ninfa Dafne (il cui nome in greco significa ”alloro”), figlia del dio fluviale Peneo e di Gea, la Terra. Dafne però, ha consacrato la sua vita alla sorella di Apollo, la dea Artemide, votata alla castità e al mantenimento della verginità, valori di cui è tale sostenitrice da costringere le ninfe del suo seguito a seguire il suo esempio, pena una esemplare punizione.

Apollo, innamorato, cerca disperatamente di raggiungere l’amata Dafne che chiede aiuto al padre per custodire la propria innocenza. Peneo, quindi, per evitare che i due giovani si possano congiungere, fa in modo che la forma umana della figlia si dissolva al tocco del dio. Apollo, infatti, insegue Dafne fino a quando, raggiungendola e toccandola, non la vede trasformarsi in un albero di alloro (la corona di alloro è uno dei simboli del dio Apollo).

Apollo e Dafne - Bernini
Apollo e Dafne: Bernini realizzò la scultura tra il 1622 e il 1625

Analisi dell’opera “Apollo e Dafne”

Il giovane Bernini rappresenta magistralmente proprio quest’attimo: Apollo, raggiunta Dafne, la tocca con la mano e nel momento stesso in cui lo fa, la ninfa inizia a trasformarsi. Leggiamo nelle Metamorfosi: “Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra, il petto morbido si fascia di fibre sottili, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici, il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva”.

Bernini gareggia con Ovidio, ed entrambi sono vincitori, perché se è vero che la poesia è padrona del tempo mentre l’arte figurativa lo è dello spazio, è anche vero che lo scultore napoletano sovverte questo stato di cose, imbrigliando in un senza tempo la potenza del movimento. In “Apollo e Dafne” il minuzioso trattamento del marmo, dalla dettagliata resa del fogliame e del panneggio sollevato dal vento alla corteccia del tronco, dalla fluente chioma dei protagonisti allo sguardo smarrito e sorpreso di Dafne, concorre a rendere perfettamente l’azione che sembra svolgersi davanti all’attento sguardo dell’osservatore.

Sia la foga dell’inseguimento sia la vanità di tale atto sono evidenziati da un distico latino, composto da Maffeo Barberini, inciso sul basamento dell’opera: “chiunque insegue il piacere di una forma che fugge, resta con un pugno di foglie in mano, o al massimo coglie delle bacche amare”. La chiave moraleggiante di questi versi nasce dall’esigenza di adeguare alla dimora di un cardinale questo gruppo scultoreo altamente sensuale.

Apollo e Dafne - Bernini
Un’altro fotografia della scultura Apollo e Dafne

Nell’insieme “Apollo e Dafne” rappresenta sicuramente, per la sua lavorazione e per la palpabile tensione psicologica, uno dei momenti più riusciti della scultura barocca. La bravura del Bernini, infatti, offre una scultura che non possiede un punto di vista privilegiato, ma dà la possibilità allo spettatore di cogliere in ogni dettaglio la bellezza classica, tipica dell’arte ellenistica, e al contempo la sensualità e la ricchezza di particolari proprie della poetica barocca.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-bernini/feed/ 7
LeBootCamp: la dieta di Valérie Orsoni https://cultura.biografieonline.it/lebootcamp-la-dieta-di-valerie-orsoni/ https://cultura.biografieonline.it/lebootcamp-la-dieta-di-valerie-orsoni/#respond Sat, 14 Mar 2015 13:54:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13747 Il Boot Camp (letteralmente “campo degli stivali”) è un tipo di allenamento nato, inizialmente, nelle accademie militari per modellare, in poco tempo, il corpo dei futuri ufficiali forgiandone al contempo il carattere con la disciplina. Diffusosi dal 1991 in Australia e poi in tutto il mondo come preparazione fisica in stile militare, oggi con l’espressione LeBootCamp si indica anche una famosa dieta, ideata ed elaborata da Valérie Orsoni, coach ed esperta di nutrizione.

Valérie Orsoni
Valérie Orsoni

Mens sana in corpore sano

Il richiamo tra i due campi (militare e alimentare) è spiegato dalla stessa Orsoni che in una intervista dichiara: “L’ho chiamata così perché mettersi a dieta è prima di tutto un lavoro mentale e il concetto è che non dobbiamo più trovare scuse per rimandare il momento in cui iniziare a perdere peso. Ci vuole disciplina”. Disciplina e forza di volontà sono indispensabili, e questo lo sa bene la coach ed  esperta di fitness che ha combattuto con grande determinazione per sconfiggere un tumore e le altre battaglie che la vita riserva. Ecco, quindi, le parole chiave e vincenti della dieta LeBootCamp, seguita da oltre un milione di persone in 34 diversi Paesi, i cui elementi costitutivi sono stati testati in diverse ricerche, effettuate secondo un rigido protocollo e su un adeguato campione.

Non essendo un medico e non avendo quindi la possibilità di dare un fondamento scientifico al suo criterio, Valérie Orsoni è ricorsa, con l’aiuto del padre, a diversi medici, dietologi e psicologi per verificare la fondatezza del suo metodo che ha sperimentato sulla sua stessa pelle. Prima di diventare un’esperta in nutrizione e consulente di star e atleti di alto livello, infatti, la Orsoni era una donna in sovrappeso che ha provato, senza risultati duraturi, circa quaranta tipi di diete diverse. La svolta arriva quando, stanca dei continui insuccessi, Valérie mette a confronto i punti forti e le debolezze di vari regimi alimentari fino a quel momento sperimentati, ideando ed elaborando una dieta perfetta divisa in quattro fasi, valida per tutti.

Dieta "LeBootCamp"
Dieta “LeBootCamp”

Le quattro fasi della dieta “LeBootCamp”

Il programma, non solo una dieta ma un vero e proprio riequilibrio del proprio stile di vita, ha quindi quattro step. Si inizia con il momento Detox, ovvero con la purificazione del corpo, che dura due settimane. In questa fase è necessario inserire all’interno di un equilibrato menu dieci elementi depurativi (grano saraceno, mela, carciofo, tofu, avocado, banana, barbabietola, crocifere, aglio, prugne secche) indispensabili per perdere velocemente i primi chili consistenti in genere in liquidi, trovare la giusta energia e determinazione e, infine, restituire luminosità alla propria pelle. Sono da evitare, invece, carne, latticini, lievito di birra, glutine e alcool. Sempre in questa fase, inoltre, è necessario seguire il Turbo Detox day, ovvero un giorno in cui si concentrano cinque particolari cibi (tra cui ricordiamo il grano saraceno, limone, acqua, carciofi, tè di grano saraceno e aglio) disintossicanti. Questo giorno ha un menu fisso che viene riproposto durante la dieta.

Nella seconda fase, ovvero quella di Attacco, che non ha una durata temporale ben precisa, si intacca il tessuto adiposo in eccesso fino a quando non si è perso il 75% del peso che si vuole eliminare. In questo step si consumano almeno sette alimenti Detox mentre è necessario evitare: alcool, glutine, lievito, uova, salse ricche, prodotti contenenti zucchero, carne e latticini.

Sette giorni bastano per concludere la fase Booster, indispensabile per accelerare il processo di perdita in atto. Come sostiene la stessa Valérie Orsoni: “Questo programma in sette giorni vi permette di imprimere lo slancio fondamentale per dimagrire e pulire il corpo in profondità”. I cibi sconsigliati sono il glutine, il lievito, i latticini, la carne e l’alcool. Vengono invece introdotte le spezie.

L’ultimo passo da compiere è quello dell’Equilibrio, il cui scopo principale è mantenere la linea riconquistata, stabilizzando in maniera definitiva il peso. In quest’ultima fase, infine, si introducono cereali integrali, verdure, frutta.

Mangiare sano e con gusto
Mangiare sano e con gusto

Si consiglia inoltre…

L’oltre milione di persone che ha sperimentato il metodo LeBootCamp testimonia l’efficacia di questa dieta, accompagnata da quattro preziosi e insostituibili alleati che sono i veri pilastri del viver sano: un’alimentazione regolare ma al tempo stesso gustosa e invitante, perché anche il palato vuole la sua parte; una corretta e costante attività fisica, con esercizi messi a punto dalla stessa Valérie; un supporto motivazionale continuo e duraturo fornito dalla coach autrice della LeBootCamp e dalla community, sostegno insostituibile dell’omonimo sito (lebootcamp.com) sempre aggiornato con ricette e consigli; l’eliminazione dello stress, causa nella maggior parte delle volte dell’assunzione eccessiva di cibo, grazie ad un sonno regolare (a letto non più tardi delle ore 23), ad una pausa dai social network una volta a settimana e alla libertà di poter mangiare, senza grandi rinunce, svariate pietanze.

Come infatti sottolinea la stessa Valérie Orsoni: “Lo stress fa ingrassare, ormai lo dimostrano numerosi studi. Durante la fase Detox impariamo a gestire meglio lo stress cronico riducendo al contempo i livelli di cortisolo e tossine”. Ed ancora: “Siamo connessi 24 ore su 24, un sovraccarico che avvelena l’organismo e ci fa accumulare chili”. Per questo motivo “occorre un giorno a settimana di digiuno da notizie e attività sui social. Il mondo non smetterà di girare”.

Ed è proprio vero, prendersi cura di sé, leggere un buon libro, nutrire il proprio corpo e la mente “staccando la spina” per un po’, sicuramente non impedirà al cosmo di girare e al contempo migliorerà e arricchirà la qualità di vita di ogni singolo individuo.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/lebootcamp-la-dieta-di-valerie-orsoni/feed/ 0
Leonid Afremov https://cultura.biografieonline.it/leonid-afremov/ https://cultura.biografieonline.it/leonid-afremov/#comments Tue, 10 Mar 2015 12:42:09 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13662 Leonid Afremov è stato un pittore impressionista moderno, nato a Vitebsk (Bielorussia, ex URSS) il 12 luglio del 1955 da genitori ebrei. Conosciuto come artista indipendente, che ha promosso e venduto il suo lavoro principalmente su internet, Afremov aveva uno stile inconfondibile. L’uso di una spatola per dipingere e di colori ad olio, rendono i suoi quadri (paesaggi, scene cittadine e marine, ritratti) immediatamente riconoscibili.

Leonid Afremov
Leonid Afremov

Arte e discriminazione

Il padre, Arkadiy Afremov, calzolaio e designer di scarpe, e la madre Bella Afremova, operaia in una fabbrica di metallo, nonostante le difficoltà causate dalla politica antisemita del governo, allevano il figlio secondo la tradizione ebraica. Leonid, appassionato d’arte fin da piccolo e incoraggiato dai genitori che ne riconoscono il talento, studia arte e grafica presso la scuola d’Arte di Vitebsk dove consegue ottimi risultati. In questi primi anni di formazione, scopre le opere di pittori quali Picasso, Dalì, Chagall (nato anch’egli a Vitebsk) e Modigliani che influenzano le sue prime opere e approccia quella che è una delle correnti pittoriche più famose nel panorama artistico mondiale: l’Impressionismo.

Nel 1975 Leonid Afremov conosce Inessa Kagan, che sposa l’anno successivo e dalla quale ha due figli, Dmitry e Boris. All’inizio della sua carriera, dopo la laurea, lavora in diversi campi come designer di loghi e come scenografo in un teatro locale. Nel 1980 opera come free lance per aziende comunali e scuole, realizza pareti a tema per eventi e anche manifesti di propaganda ma le sue radici ebraiche non gli consentono di far parte delle associazioni artistiche locali. I suoi lavori, infatti, non riscuotono grande successo e le sue opere vengono vendute in gran parte privatamente grazie a parenti e amici.

Nel 1986 il disastro ambientale di Chernobyl (a poche centinaia di chilometri da Vitebsk) e le continue discriminazioni razziali subite, spingono Leonid Afremov a trasferirsi con la famiglia in Israele approfittando del fatto che, in seguito alle leggi di Gorbachev, i cittadini sovietici ebrei hanno la possibilità di emigrare verso questo Stato. La sua condizione di immigrato e le offerte estremamente misere delle gallerie israeliane per l’acquisto delle sue opere, spingono il pittore, disprezzato e ghettizzato, a cercare compratori nelle fiere di strada e nei club sociali locali. In questi anni Leonid Afremov lavora perlopiù con acquerelli e acrilico, non utilizzando quasi la spatola.
La precaria situazione economica della famiglia costringe anche Dmitry, il figlio di 16 anni, a vendere i quadri del padre porta a porta. Questa mossa si rivela inaspettatamente fruttuosa, tanto che nel 1995 Leonid Afremov ha fondi sufficienti per aprire una sua galleria d’Arte (che viene danneggiata più volte) e un negozio ad Ashdod. È in questo periodo che inizia ad usare la spatola per dipingere, sviluppando così il suo stile personale.

Leonid Afremov - Ritratto di John Lennon
Leonid Afremov – Ritratto di John Lennon


Nel 1999 Afremov conosce il pianista e compositore Leonid Ptashka. La loro amicizia non solo è di ispirazione per una serie di quadri che raffigurano musicisti jazz popolari, ma permette al pittore di allestire una mostra presso il Festival Internazionale del Jazz di Ashdod. Sembra essere un momento d’oro per l’artista, fino a quando un ulteriore atto di vandalismo all’interno della sua galleria, la distruzione di alcune tele e la sottrazione degli attrezzi di lavoro, spingono Leonid Afremov ad abbandonare Israele e a trasferirsi negli Stati Uniti (2002).

…trovare l’America!

A New York le gallerie d’Arte mostrano maggior interesse per i dipinti a tema ebraico e per i ritratti dei grandi musicisti, limitando così la vena creativa di Leonid che si trova, costretto da esigenze materiali, a limitare la sua produzione in base alla richiesta e alle aspettative del pubblico americano. Quando si trasferisce a Fort Lauderdale (Florida) la situazione non è diversa, le gallerie sono interessate solo ai lavori che hanno un riscontro sul mercato e che possono essere venduti senza problemi.

La svolta per Leonid Afremov si presenta nel 2004. Il figlio Boris pensa di promuovere le opere del padre su internet, tramite il sito di compravendita eBay. Il successo finalmente sorride a questo artista, le vendite e gli apprezzamenti per il suo lavoro crescono esponenzialmente e Leonid può permettersi di dipingere ciò che desidera. Le sue opere, definite in vari talk show rilassanti, vengono usate in psicoterapia per la riduzione dello stress.

Leonid Afremov - Rain Princess
Leonid Afremov – Rain Princess

Nel 2007 Leonid Afremov promuove il suo sito personale, gestito dai figli. I suoi quadri, dai colori caldi e accesi, catturano l’attenzione dello spettatore trasmettendo sensazioni ed emozioni,  lasciando alla sensibilità di ognuno l’opportunità di immaginare la storia che si racconta in silenzio nel quadro. Vari i soggetti dipinti: animali, ballerini, musicisti, fiori e oggetti comuni, città e tantissimi paesaggi ove diverse figure, più o meno solitarie, passeggiano sotto una calda pioggia di colore che non comunica tristezza o solitudine, ma che lascia pensare e sperare che per tutti esiste una via illuminata da mille splendenti luci.

Afremov si è spento a causa di un arresto cardiaco il 19 agosto 2019, all’età di 64 anni, a Playa del Carmen, in Messico.

Foto: dal sito ufficiale afremov.com

]]>
https://cultura.biografieonline.it/leonid-afremov/feed/ 3