Gloria Scott, Autore presso Cultura https://cultura.biografieonline.it/author/gloria-scott/ Canale del sito Biografieonline.it Sun, 04 May 2025 12:48:49 +0000 it-IT hourly 1 Il Proclama di emancipazione di Lincoln https://cultura.biografieonline.it/il-proclama-di-emancipazione-di-lincoln/ https://cultura.biografieonline.it/il-proclama-di-emancipazione-di-lincoln/#comments Sun, 04 May 2025 12:18:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2480 Proclama è un termine derivante dal latino proclama, cioè gridare avanti, annunciare. Si tratta quindi di un annuncio solenne riguardante un provvedimento di particolare importanza, emanato da un’autorità e rivolto al popolo.

Questo concetto si rifà all’usanza antica di dare annuncio di notizie gridandole nelle vie, piazze o luoghi di ritrovo. Ciò per permettere alla maggior parte della popolazione di venirne a conoscenza.

Proclama di emancipazione Lincoln
Lincoln mentre discute con il suo Gabinetto il primo abbozzo del Proclama di Emancipazione – Dipinto a olio di Francis Bicknell Carpenter

Proclama di notevole importanza è quello emanato da Abraham Lincoln, sedicesimo presidente degli Stati Uniti d’America: il Proclama di Emancipazione.

Il Proclama di Emancipazione

È promulgato durante la guerra civile americana, detta anche guerra di secessione americana, durata dal 1861 al 1865.

Quest’ultima vede contrapposti da un lato gli Stati Uniti d’America e dall’altro gli Stati Confederati d’America. Di questi fanno parte i 7 stati che dichiarano la propria secessione dagli Stati Uniti d’America: Alabama, Florida, Georgia, Louisiana, Mississippi, Carolina del Sud e Texas.

Successivamente si uniscono alla Confederazione altri 4 Stati: Virginia, Arkansas, Carolina del Nord e Tennessee.

Contro la schiavitù

Il Proclama di Emancipazione costituisce secondo alcuni, oltre che una precisa presa di posizione contro la schiavitù, anche una misura di strategia militare: a partire dal 1° gennaio 1863, gli schiavi appartenenti a proprietari in stato di rivolta contro l’Unione, sono dichiarati liberi.

Il Proclama di Emancipazione è composto da due ordini esecutivi:

  1. il primo emanato il 22 settembre 1862, decreta la liberazione di tutti gli schiavi dei territori degli Stati Confederati d’America a partire dal 1° gennaio 1863;
  2. il secondo elenca gli stati nel quale il primo ordine deve essere applicato.

Dopo il proclama

A seguito di questo Proclama, durante gli anni successivi e fino al 1865 sono liberate circa quattro milioni di persone.

Successivamente, dopo esser stato riconfermato Presidente nel 1864, Lincoln, insieme ad altri politici statunitensi, per evitare che il Proclama fosse considerato soltanto come una momentanea misura dovuta alla guerra, propone la ratifica del XIII emendamento della Costituzione Americana, grazie al quale, il 18 dicembre 1865, la schiavitù viene definitivamente abolita.

Abraham Lincoln
Abraham Lincoln

Abraham Lincoln viene assassinato il 14 aprile 1865, per mano di John Wilkes Booth, attore teatrale statunitense e simpatizzante confederato, che al Ford’s Theatre, a Washington, spara un colpo di pistola alla testa del Presidente, dichiarato morto il mattino del 15 aprile 1865.

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Di cosa sono fatti gli anelli di Saturno? https://cultura.biografieonline.it/anelli-saturno-composizione/ https://cultura.biografieonline.it/anelli-saturno-composizione/#comments Wed, 16 Apr 2025 08:48:56 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=12121 Saturno, il sesto pianeta del nostro Sistema Solare in ordine di distanza dal Sole, ha uno spettacolare sistema di anelli planetari che orbitano attorno al suo piano equatoriale formando un disco piatto. Gli anelli risultano inclinati poiché, come per la Terra, l’asse di rotazione di Saturno è inclinato rispetto al piano orbitale.

Saturno
Saturno e i suoi anelli in un immagine ripresa dal telescopio spaziale Hubble

La scoperta degli anelli di Saturno

Il primo astronomo ad aver osservato delle insolite protuberanze ai lati di Saturno fu Galileo Galilei con il suo telescopio che però, non essendo abbastanza potente, non gli permise di identificarne con chiarezza la forma.

Ipotizzò così che Saturno fosse tricorporeo, ovvero formato da un grande corpo centrale con due protuberanze ai lati.

Nel 1655, l’astronomo olandese Christiaan Huygens fu il primo ad intuire la forma anulare delle sporgenze avvistate da Galileo.

Vent’anni dopo, nel 1675, l’astronomo italiano Giovanni Domenico Cassini comprese che non si trattava di una struttura continua intorno al pianeta, ma bensì presentava uno spazio vuoto che separava gli anelli: individuò così la prima suddivisione che ancora oggi porta il suo nome, divisione di Cassini.

Successivamente, nel 1859, fu dimostrata per via teorica la natura “granulare” degli anelli dal fisico scozzese James Clerk Maxwell, che suggerì che fossero costituiti di tante piccole parti che ruotavano intorno al pianeta, sembrando dei corpi unici nel complesso.

Anelli di Saturno
In questa immagine simulata degli anelli di Saturno, il colore viene utilizzato per diversificare le informazioni sulle dimensioni delle particelle dell’anello in diverse regioni in base agli effetti misurati da tre segnali radio. Image Credit: NASA/JPL

Composizione degli anelli di Saturno

Gli anelli sono formati da una miriade di frammenti di ghiaccio, roccia e polveri.

Queste particelle hanno dimensioni variabili, da quella di un granello di sabbia ad un diametro di alcune centinaia di metri.

Il loro spessore può variare da poche decine di metri (alcuni stimano addirittura soltanto 10 metri in media) nelle regioni più interne, sino a circa 1 km in quelle più esterne. Si estendono a partire da un’altezza di circa 6.600 km dalla superficie di Saturno e fino a 120.000 km, poco meno di un terzo della distanza Terra-Luna.

Gli anelli formano un disco il cui diametro arriva fino a circa 300.000 Km.

Gli anelli sono divisi in sette fasce, separate da “divisioni” che sono quasi vuote.

In alcune zone le particelle di cui sono formati sono addensate in strutture che si estendono da 3 a 5 km sopra e sotto il piano degli anelli.

La velocità degli anelli non è uniforme: l’analisi degli spettri di Saturno e dei suoi anelli ha evidenziato come le parti esterne si muovano con una velocità inferiore a quella delle parti più interne.

Attualmente il sistema degli anelli di Saturno è suddiviso in sette zone denominate D, C, B, A, F, G ed E, dall’interno verso l’esterno, nell’ordine in cui sono stati scoperti.

anelli Saturno
Questa immagine, scattata durante l’inserimento orbitale della sonda Cassini su Saturno, mostra, da sinistra a destra, la parte esterna dell’anello C e la parte interna dell’anello B. Image Credit: NASA/JPL/University of Colorado

Origine degli anelli di Saturno

Dell’origine degli anelli ancora non si ha certezza.

A riguardo, esistono due ipotesi principali: la prima ipotizza che siano il risultato della disintegrazione di un satellite di Saturno, a seguito di una collisione con una cometa o con un altro satellite; la seconda, che siano una parte del materiale da cui si formò Saturno che non è riuscito ad aggregarsi in un corpo unico.

Anellone di Saturno
Questa immagine simula una visione ad infrarossi dell’anellone di Saturno, che appare come un piccolo punto all’interno. Image credit: NASA/JPL-Caltech/Keck

L’anellone di Saturno

Nell’ottobre 2009 il telescopio spaziale della Nasa, Spitzer, ha scoperto il più grande anello di Saturno mai osservato prima d’ora: inizia da circa 6 milioni di Km dal pianeta e si estende verso l’esterno di altri 12 milioni di Km; il suo spessore è di 2,4 milioni di Km e il suo volume totale è pari alla massa di un miliardo di pianeti come la Terra.

L’anellone di Saturno è composto da piccolissime particelle di ghiaccio e polvere così distanti tra loro che se ci trovassimo all’interno dell’anello, non ce ne accorgeremmo nemmeno.

Nel video seguente possiamo assistere allo storico avvicinamento della sonda Cassini a Saturno, avvenuto il 30 giugno 2004.

YouTube Video

Anche gli altri tre pianeti gassosi esterni del Sistema Solare, Giove, Urano e Nettuno, hanno un proprio sistema di anelli, ma i più spettacolari e noti sono quelli di Saturno che spesso, e a ragione, viene definito “il Signore degli Anelli“, immortalato in immagini astronomiche eccezionali.

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La scoperta di Nettuno https://cultura.biografieonline.it/nettuno-pianeta-scoperta/ https://cultura.biografieonline.it/nettuno-pianeta-scoperta/#comments Wed, 19 Feb 2025 14:12:34 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6099 Ottavo pianeta del Sistema Solare per distanza dal Sole e quarto per grandezza, il pianeta Nettuno è simile ad Urano per quanto riguarda la sua composizione. I due pianeti si presentano con un aspetto similare, di colore azzurro intenso, dovuto alla presenza di metano nella loro atmosfera, oltre che di idrogeno, elio, acqua ed ammoniaca.

Per questo motivo i due astri sono anche definiti pianeti gemelli.

Nettuno dista dal Sole mediamente 4.500 milioni di chilometri. Con un diametro equatoriale di 49.528 Km (4 volte quello della Terra), la temperatura minima della sua atmosfera può raggiungere i -220°C.

I suoi satelliti naturali conosciuti sono 14, i cui nomi derivano da quelli di antiche divinità marine.

Il satellite principale è Tritone, che presenta la particolarità di essere geologicamente attivo: sulla sua superficie infatti, avvengono numerose eruzioni simili a geyser.

Nettuno possiede inoltre un sistema di 10 anelli molto tenui e sottili.

Il pianeta Nettuno
Il pianeta Nettuno

La visibilità nel cielo anche ad occhio nudo ha permesso a cinque dei pianeti del nostro Sistema Solare, ovvero Mercurio, Venere, Marte, Giove, e Saturno di essere scoperti già in tempi remoti.

La scoperta di Urano, Nettuno e Plutone (riclassificato come pianeta nano nel 2006) invece, ha avuto inizio dopo l’introduzione del telescopio, avvenuta grazie al contributo di Galileo Galilei che, il 21 agosto 1609, rivoluzionò il mondo dell’astronomia presentando al governo veneziano il suo cannocchiale.

Legge di gravitazione di Newton errata o pianeta disturbatore?

Dopo la scoperta di Urano da parte di William Herschel nel 1781, numerosi astronomi rilevarono una serie di anomalie nell’andamento del moto del pianeta: vi erano grandi divergenze tra l’orbita effettiva osservata e quella calcolata teoricamente; irregolarità tali che fu perfino ipotizzato un errore nella legge di gravitazione universale di Newton.

George Biddel Airy, Astronomo reale dell’Osservatorio di Greenwich nominato nel 1835, scrisse alla Royal Society, il 17 dicembre 1836, teorizzando che ci fosse una grande probabilità che:

la legge di gravitazione universale differisse leggermente da quella dell’inverso del quadrato della distanza.

Si andava anche diffondendo l’ipotesi che ci fosse un altro corpo celeste, incognito, che svelava la sua stessa esistenza attraverso la sua attrazione esercitata sul moto di Urano.

John Couch Adams
Il matematico John Couch Adams

Per spiegare l’andamento anomalo del moto di Urano, bisognava scoprire l’origine del disturbo che influenzava il suo movimento.

Nel settembre 1845 John Couch Adams, matematico britannico all’Osservatorio di Cambridge, terminò i calcoli per determinare le irregolarità del moto di Urano e le ipotesi relative al corpo celeste che ne perturbava l’orbita.

Urbain Le Verrier
L’astronomo Urbain Le Verrier

Nel frattempo, l’astronomo francese Urbain Le Verrier, all’insaputa del lavoro di Adams, il 1° giugno 1846, presentò all’Accademia delle scienze francese di Parigi un lavoro analogo.

Venuto a conoscenza di tale lavoro, l’astronomo reale Airy, nel luglio 1846 propose a James Challis, direttore dell’Osservatorio di Cambridge, di cercare il pianeta in questione con il telescopio equatoriale, per porre fine ad una questione che sembrava non riuscire ad essere risolta.

Era presente anche Sir John Herschel, astronomo inglese, figlio di William Herschel.

Le Verrier, intanto, non trovando riscontro in Francia, inviò i suoi calcoli aggiornati al 31 agosto all’astronomo tedesco Johann Gottfried Galle dell’Osservatorio di Berlino.

La scoperta

Il 23 settembre 1846 all’Osservatorio di Berlino, Galle utilizzò i tabulati di Le Verrier per tentare di osservare il pianeta “invisibile” che causava anomalie nel moto di Urano.

Poco dopo la mezzanotte, a meno di un grado dalla posizione prevista da Le Verrier, fu individuato il pianeta, all’interno della costellazione dell’Acquario.

Il 24 settembre, a seguito di un’altra accurata osservazione, fu possibile annunciare in modo definitivo l’esistenza del pianeta.

Il 25 settembre Galle scrisse a Leverrier:

Signore, il pianeta, di cui voi avete segnalato la posizione, esiste realmente. Lo stesso giorno, in cui ho ricevuto la vostra lettera, trovai una stella di 8a grandezza, che non era segnata nell’eccellente carta Hora XXI… della collezione di carte celesti, pubblicate dall’Accademia Reale di Berlino.  L’osservazione del giorno seguente decise che era il pianeta cercato.

Comunicazione della scoperta e polemiche

La comunicazione ufficiale della scoperta fu data da Encke, direttore dell’Osservatorio di Berlino, in una lettera del 26 settembre, pubblicata in Astronomische Nachrichten, N. 580.

L’annuncio portò però ad una feroce diatriba sulla priorità della scoperta, in quanto venne comunicato che anche Adams aveva determinato l’esistenza del nuovo pianeta attraverso i suoi calcoli.

In Francia e Inghilterra, infuriarono polemiche accompagnate da una campagna di stampa spietata riguardo i meriti dei due astronomi, polemiche non ancora sopite.

Riconoscimenti

Nonostante ciò, il 5 ottobre 1846 il monarca Louis Philippe nominò Le Verrier Ufficiale della Legion d’Onore e fu designato alla cattedra di Meccanica Celeste presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Parigi.

La Royal Society, nello stesso anno, conferì a Le Verrier il suo più alto riconoscimento, la medaglia Copley, medaglia che venne conferita anche ad Adams due anni dopo, nel 1848.

Nel 1851 Adams fu eletto presidente della Royal Astronomical Society; nel 1858 divenne professore di Astronomia e Geometria a Cambridge, e nel 1861 successe a Challis come direttore dell’Osservatorio di Cambridge.

Nel 1876, Adams divenne Presidente della Royal Society per la seconda volta e conferì la medaglia d’oro a Le Verrier per le sue ricerche planetarie.

Il 10 ottobre 1846, dopo soli diciassette giorni dalla scoperta di Nettuno, l’astronomo inglese William Lassell scoprì il suo principale satellite Tritone.

Tritone
Tritone, il satellite principale di Nettuno

Osservazioni precedenti

Charles T. Kowal dell’Osservatorio di Mount Palomar e lo storico della scienza Stillman Drake, durante ricerche e studi storici approfonditi, hanno dimostrato che Nettuno fu intravisto da Galileo Galilei nel dicembre 1612 e nel febbraio 1613, mentre stava determinando le posizioni dei satelliti di Giove, identificandolo probabilmente con una stella fissa.

Nei suoi taccuini aveva indicato una stella “a” con la scritta:

oltre alla stella fissa a ne seguiva un’altra sulla stessa linea, come qui c’è b, la quale fu osservata anche la notte precedente; ma sembravano più lontane fra loro.

Con il relativo disegno.

La stella “b” era quasi certamente Nettuno, poiché in quella posizione non esisteva alcun altro oggetto visibile.

Scelta del nome

Il primo nome proposto per il nuovo pianeta scoperto fu quello di Janus, o Giano, divinità romano-italica antichissima, considerato il padre degli dei, il dio creatore.

Fu l’astronomo Galle, nella lettera in cui annunciava a Le Verrier la scoperta del pianeta, a proporre questo nome:

Forse questo pianeta sarà degno di essere chiamato Janus, dio dei più antichi dei Romani; così la doppia faccia sarà significante per la sua posizione alle frontiere del sistema solare.

Ma Le Verrier, che non pensava che il nuovo pianeta fosse l’ultimo del sistema solare, propose Nettuno, dio del mare nella mitologia romana, scrivendo a Galle:

Vi ringrazio cordialmente della premura che avete messo ad informarmi della vostra osservazione del 23 e 24 settembre. Grazie a voi, eccoci definitivamente in possesso del nuovo mondo. Il piacere che ho provato di vedere che voi l’avete trovato, a meno di un grado dalla posizione che avevo dato, è un poco turbato dall’idea che scrivendovi prima, quattro mesi fa, avremmo ottenuto già allora il risultato che abbiamo appena raggiunto. Il comunicherò la vostra lettera, lunedi prossimo, all’Académie des Sciences. Il Bureau des Longitudes si è qui pronunciato per Neptune. Il segno: un tridente. Il nome di Janus indicherebbe che questo pianeta è l’ultimo del sistema solare, cosa che non si ha alcuna ragione di credere.

Curiosità

Il periodo orbitale intorno al Sole di Nettuno è di 164,88 anni. Pertanto, dalla sua scoperta nel 1846, il pianeta ha compiuto la sua prima orbita attorno al Sole tra il 2010 e il 2011, ed è stato quindi osservato nella posizione in cui è stato scoperto.

La morte di Le Verrier si ricorda il 23 settembre 1877, lo stesso giorno che Nettuno venne osservato grazie ai suoi calcoli.

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L’origine dei nomi dei giorni della settimana https://cultura.biografieonline.it/nomi-dei-giorni/ https://cultura.biografieonline.it/nomi-dei-giorni/#comments Mon, 04 Nov 2024 10:18:38 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3626 I nomi dei giorni della settimana furono applicati dai Babilonesi e derivano dai nomi dei pianeti e del Sole

All’epoca si riteneva che i corpi celesti dominassero la prima ora di ogni giorno.

I Babilonesi erano grandi osservatori del cielo. Notarono che sette corpi celesti erano visibili ad occhio nudo: il Sole, la Luna e i cinque pianeti conosciuti all’epoca: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.

L’origine dei nomi dei giorni della settimana ci ricorda come l’uomo, fin dai tempi antichi, abbia cercato di comprendere e spiegare il mondo che lo circondava, creando legami tra i fenomeni celesti e il tempo che scorre.

I nomi dei giorni sono molto più che semplici etichette: sono un ponte tra il passato e il presente, un riflesso delle credenze e delle conoscenze delle antiche civiltà.

Perché sette?

Sette era un numero considerato magico e perfetto in molte culture antiche.

Successivamente, i Babilonesi associarono ciascuno di questi corpi celesti a una divinità, creando così una corrispondenza tra i giorni della settimana e le divinità stesse. Questa usanza si diffuse in altre culture, tra cui quella romana.

I nomi dei giorni della settimana derivano dai pianeti

I nomi dei giorni della settimana

I Romani adottarono questa idea e associarono a ciascun giorno una divinità del loro pantheon.

Così …

  1. lunedì era il giorno in cui dominava la Luna, in latino Lunae dies;
  2. martedì il giorno di Marte, Martis dies;
  3. mercoledì di Mercurio, Mercurii dies;
  4. giovedì di Giove, Iovis dies;
  5. venerdì di Venere, Veneris dies;
  6. sabato di Saturno, Saturni dies, che venne però sostituito, con il propagarsi del Cristianesimo, derivando il nome dal termine ebraico shabbath cioè “giorno di riposo”;
  7. domenica era il giorno del Sole, Solis dies, che venne sostituito da Costantino con “il giorno del Signore” in latino Dominica.

In inglese e francese: esempi

In inglese: Monday (Moon day), Tuesday (Tiw’s day, un dio germanico associato a Marte), Wednesday (Woden’s day, un altro dio germanico associato a Mercurio), ecc.

In francese: Lundi (Lune), Mardi (Mars), Mercredi (Mercure), ecc.

agenda nomi dei giorni

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Che cosa significa il motto “festina lente”? https://cultura.biografieonline.it/festina-lente/ https://cultura.biografieonline.it/festina-lente/#comments Wed, 04 Sep 2024 16:44:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3643 “Festina lente” significa “affrettati lentamente” ed unisce due concetti divergenti, velocità e lentezza. La frase è attribuita all’Imperatore Augusto dallo scrittore latino Gaio Svetonio Tranquillo, nel suo testo “Vita di Augusto, 25, 4”; essa sta ad indicare un modo di agire senza indugi, ma con cautela.

Festina lente: il simbolo della tartaruga con la vela
Festina lente: il simbolo della tartaruga con la vela

Un ossimoro

“Festina lente” è un ossimoro, ovvero un accostamento di due termini contraddittori. Questa contraddizione è intenzionale e serve a sottolineare l’importanza di un equilibrio tra velocità e cautela nell’agire.

Oltre il significato letterale

Il significato va oltre la semplice esortazione a fare le cose in fretta ma con calma. Implica la necessità di agire con determinazione ma senza precipitarsi, ponderando bene ogni passo.

Secoli dopo

Nel XVI secolo, Cosimo I de’ Medici, secondo duca di Firenze ed in seguito primo granduca di Toscana, associò questo motto al simbolo di una tartaruga con la vela, facendone l’emblema della sua flotta.

La tartaruga, caratterizzata dall’estrema lentezza, simboleggia la prudenza.

La vela, che spinge la nave gonfiata dal vento, simboleggia l’azione.

All’interno del Palazzo Vecchio a Firenze, su soffitti e pavimenti, sono presenti molte raffigurazioni di questo emblema.

Anche il celebre stampatore veneziano Aldo Manuzio scelse questo motto, sottolineando così la sua attenzione alla qualità e alla precisione nella produzione dei suoi libri.

L’uso contemporaneo di “Festina lente” oggi, fa di questo motto un’espressione ancora attuale e viene utilizzato in diversi ambiti, dallo sport alla politica, per sottolineare l’importanza di un approccio equilibrato e ponderato.

Il bisogno di equilibrare fretta e cautela è una necessità umana universale, che trascende epoche e culture.

In un mondo sempre più frenetico, “festina lente” ci ricorda l’importanza di pianificare le nostre azioni e di non lasciarci trasportare dall’impazienza.

Questo motto ci invita a concentrarci sulla qualità dei nostri risultati piuttosto che sulla velocità con cui li otteniamo.

Altre curiosità

Il brand di orologi Festina trae il nome proprio da questo motto, sottolineando la sua filosofia di coniugare precisione e stile.

L’immagine della tartaruga con la vela è stata ripresa e reinterpretata da numerosi artisti nel corso dei secoli, diventando un’icona dell’arte e della cultura occidentale.

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Canta che ti passa: da dove deriva il modo di dire? https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-canta-che-ti-passa/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-canta-che-ti-passa/#respond Fri, 26 Apr 2024 15:05:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1740 Il modo di dire “canta che ti passa” pare che derivi da un incisione fatta su una trincea durante la Prima Guerra Mondiale da un soldato sconosciuto.

Piero Jahier

Piero Jahier, scrittore e poeta italiano nato nel 1884 e arruolato nel 1916 come volontario negli Alpini con il grado di sottotenente, lo cita nell’epigrafe della sua raccolta di Canti di soldato pubblicata nel 1919, che si ispira al periodo passato in trincea.

Nella raccolta, firmata con lo pseudonimo di Pietro Barba, Jahier parla del “buon consiglio che un fante compagno aveva graffiato nella parete della dolina: canta che ti passa”. Un modo di dire ai giorni nostri molto diffuso per invitare a superare con il canto le preoccupazioni che la vita quotidianamente presenta.

Tra l’altro è noto che nel Corpo militare degli Alpini vi sia una lunga tradizione di canti.

Il canto nell’antichità

La forza del canto è nota sin dall’antichità: Orfeo, figura della mitologia greca, con il suono della sua lira e del suo canto, ammansiva le bestie feroci, dava vita alle rocce e agli elementi della natura, resisteva alla forza seduttrice delle sirene.

Canta che ti passa
Incisione dell’artista Virgilius Solis raffigurante Orfeo – 16° secolo

Anche un verso del poeta e scrittore italiano Francesco Petrarca cita:

Perché cantando il duol si disacerba
(Canzoniere, XXIII, 4)

Cosa dice la scienza

Oggi, la scienza conferma quanto già intuito in passato: il canto ha effetti positivi sul corpo e sulla mente.

Riduce lo stress, l’ansia e la tensione, abbassa la pressione sanguigna e rinforza il sistema immunitario.

Inoltre, stimola la produzione di endorfine, le “molecole della felicità”, migliorando l’umore e il senso di benessere.

cantare in cucina - canta che ti passa

Quindi, la prossima volta che ti senti giù, prova a cantare! Potresti sorprenderti di quanto ti faccia bene.

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Perché si dice: “Carpe Diem”? https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-carpe-diem/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-carpe-diem/#comments Thu, 25 Apr 2024 19:44:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2310 Carpe diem” è una locuzione tratta dalle Odi del poeta latino Quinto Orazio Flacco, noto comunemente come Orazio (Odi I, 11, 8). Letteralmente “Cogli il giorno” ma tradotta generalmente con “Cogli l’attimo”, oltre ad essere una delle più celebri citazioni latine, è anche una delle filosofie di vita più conosciute nella storia.

Quinto Orazio Flacco
Quinto Orazio Flacco

Il verso di Orazio

Il verso oraziano completo cita:

Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero

tradotto:

Mentre parliamo il tempo invidioso sarà già fuggito. Cogli il giorno, confidando il meno possibile nel domani”.

Una filosofia in due parole

Questa filosofia si basa sul fondamento che all’uomo non è concesso di conoscere il futuro, né di predeterminarlo. Potendo agire solo sul presente, l’uomo deve concentrarsi sull’oggi, cogliendo le opportunità e le gioie di ogni giorno, senza essere condizionato da pensieri verso il futuro.

Questo pensiero è stato egregiamente proposto nel film del 1989, “L’attimo fuggente”, interpretato da Robin Williams.

È un invito a vivere il presente con intensità e ad apprezzare ciò che si ha, perché il futuro è incerto e il tempo passa inesorabilmente.

Il concetto espresso da “carpe diem” non si limita a un semplice invito all’edonismo o alla spensieratezza.

Si tratta piuttosto, come dicevamo, di una filosofia di vita che ci incoraggia a vivere ogni giorno al massimo delle nostre possibilità, perseguendo i nostri sogni e obiettivi senza lasciarci sopraffare dai timori o dalle incertezze del futuro.

Carpe Diem
Carpe Diem

Perché “carpe diem” è ancora oggi un motto attuale

  • Ci ricorda la brevità della vita
    Il tempo è un bene prezioso e non rinnovabile, e dobbiamo imparare ad apprezzarlo al meglio. Non possiamo tornare indietro nel passato e non possiamo sapere cosa ci riserva il futuro, quindi è importante vivere il presente con intensità.
  • Ci incoraggia a non rimandare
    Spesso tendiamo a rimandare le cose che ci piacerebbe fare o che sappiamo di dover fare, per paura o per pigrizia. Ma rimandare non fa che peggiorare le cose e ci fa perdere tempo prezioso. “Carpe diem” ci spinge ad agire e a non sprecare le nostre occasioni.
  • Aiuta a concentrarci sul positivo
    La vita è piena di sfide e difficoltà, ma è importante non perdersi d’animo e concentrarsi sugli aspetti positivi. “Carpe diem” ci ricorda che ci sono sempre motivi per essere felici e grati, anche nei momenti più bui.
  • Ci incoraggia a vivere con autenticità
    Non dovremmo vivere la nostra vita cercando di accontentare gli altri o di conformarci alle aspettative sociali. “Carpe diem” ci spinge ad essere fedeli a noi stessi e a vivere la nostra vita in modo autentico.

In definitiva, “carpe diem” è un invito a vivere la vita al massimo e a non sprecare neanche un attimo.

È un messaggio di speranza e di positività che può aiutarci a superare le difficoltà e a raggiungere i nostri obiettivi.

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Mayday: perché per segnalare un’avaria si usa questa parola https://cultura.biografieonline.it/mayday/ https://cultura.biografieonline.it/mayday/#comments Wed, 27 Mar 2024 07:49:28 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=684 La parola Mayday non ha nulla a che vedere con la traduzione di Primo Maggio, Festa dei Lavoratori che si festeggia nella maggior parte dei paesi del mondo. Il segnale internazionale di richiesta di aiuto deriva dal francese venez m’aider!” (venite ad aiutarmi).

Mayday
Mayday Mayday

L’utilizzo di questo termine è attribuito a Frederick Stanley Mockford, addetto alle comunicazioni radio impiegato nell’aeroporto di Croydon (Londra) che nel 1923 riceve l’incarico di trovare una parola facile e riconoscibile da ogni nazione, da utilizzare in caso di richiesta d’aiuto.

In quegli anni la maggior parte del traffico aereo avviene tra Croydon e l’aeroporto parigino Le Bourget; propone quindi l’espressione mayday che è una deformazione anglofona dell’espressione francese “m’aider”.

Tale espressione è ufficialmente utilizzata dal 1927.

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L’anno bisestile: storie e curiosità https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/ https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/#comments Thu, 29 Feb 2024 07:44:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16106 L’anno bisestile è quello composto di 366 giorni, anziché i soliti 365. Nella riforma giuliana del calendario, poi mantenuta in quella gregoriana, il mese a cui viene aggiunto il giorno in più è febbraio, che negli anni bisestili avrà quindi 29 giorni. È bisestile un anno ogni quattro, esclusi però gli anni secolari (divisibili per 100) il cui numero non sia divisibile per 400: il 1600 fu bisestile, il 1700, il 1800 e il 1900 no, il 2000 sì.

anno bisestile
Il 29 febbraio è il 60° giorno del calendario negli anni bisestili

Etimologia del termine

Il termine bisestile deriva dal latino tardo bisextus, ovvero “due volte sesto”, secondo l’uso romano di contare due volte, negli anni bisestili, il 6° giorno antecedente le calende di marzo, cioè il 24 febbraio. Doppio giorno sesto, ovvero bisesto. Più avanti, quando si incominciò a contare i giorni del mese partendo dal primo e continuando con i numeri successivi, il giorno “bis sexto” di febbraio divenne il 29.

Storia dell’anno bisestile

Nel 46 a. C. Giulio Cesare, seguendo le indicazioni dell’astronomo alessandrino Sosigene, introdusse il calendario giuliano, con l’anno composto da 365 giorni e, ogni quattro anni, un anno di 366 giorni. Questo per riuscire a recuperare le ore di scarto rispetto all’anno solare, che dura 365 giorni e 6 ore circa. Infatti, per ragioni pratiche, l’anno del calendario è composto da un numero intero di giorni.

L’aggiunta di un giorno agli anni bisestili serve appunto per sincronizzare il calendario con l’anno solare. Se il calendario non andasse di pari passo con l’anno solare, si avrebbe, nel corso degli anni, uno spostamento delle stagioni nell’arco dell’anno. L’equinozio d’autunno, per esempio, potrebbe slittare, con il passare del tempo, da settembre a ottobre, poi a novembre e così via.

Questo accorgimento introdotto da Giulio Cesare non riuscì però a far procedere di pari passo il calendario con l’anno solare. Nel 1582, papa Gregorio XIII introdusse il calendario gregoriano, quello che usiamo tuttora.

Con questa riforma, stabilì che gli anni bisestili fossero tutti gli anni non terminanti con due zeri e divisibili per 4, e quelli terminanti con due zeri, ma divisibili per 400. In altre parole, gli anni bisestili sono quelli divisibili per 4, eccetto gli anni secolari che sono bisestili solo se divisibili per 400 (come anticipato all’inizio dell’articolo).

gregorio XIII e la riforma del calendario
La tavola della biccherna, n. 72. Archivio di Stato Siena. Tempera su tavola, cm 52,4 × 67,8. Il dipinto, di autore sconosciuto, rappresenta Gregorio XIII che presiede la commissione per la riforma del calendario

Calcolo degli anni bisestili

Per determinare se un anno è bisestile, bisogna procedere con questo semplice calcolo: controllare che l’anno sia interamente divisibile per 4; se così non fosse, l’anno non è bisestile.

  • Se è divisibile per 4, verificare che sia interamente divisibile per 100: se l’anno è divisibile per 4 ma non per 100, è un anno bisestile.
  • Se invece è divisibile sia per 4 che per 100 (come per esempio il 2000), bisogna verificare che sia interamente divisibile per 400.
  • Quando l’anno è divisibile per 4 e per 100, ma non per 400, non si tratta di un anno bisestile.
  • Se è divisibile anche per 400, è un anno bisestile.

Anno bisesto anno funesto?

A tutti è capitato di pronunciare il proverbio “Anno bisesto, anno funesto“. Ovviamente, le avversità non si verificano soltanto negli anni bisestili. La cattiva reputazione degli anni bisestili, deriva probabilmente dal fatto che febbraio era per antichi romani il mese dei morti, il Mensis Feralis, dedicato a riti per i defunti e a cerimonie di purificazione.

A febbraio si celebravano le Terminalia, dedicate a Termine, dio dei Confini, e le Equirie, gare di corsa di cavalli che trainavano carri; l’arena in cui si svolgevano queste ultime simboleggiava la Terra, i sette giri compiuti dai cavalli rappresentavano le orbite percorse dai sette pianeti antichi e le dodici porte delle rimesse rappresentavano le costellazioni dello Zodiaco. Quindi, un rito di rappresentazione astronomica, simbolo della conclusione di un ciclo cosmico e quindi simbolo di morte e di fine.

Un altra motivazione per la quale l’anno bisestile è visto come portatore di sventure è di natura psicologica e superstiziosa: poiché le cose anomale o poco frequenti sono a volte percepite come diverse e strane, possono causare paure immotivate e irrazionali, come accadde in passato, per esempio, con le eclissi.

Secondo una antica leggenda irlandese, l’unico giorno in cui una donna avrebbe la possibilità di chiedere in sposo l’uomo dei propri sogni è il 29 febbraio, il cosiddetto Leap Day.

Se la proposta veniva rifiutata, l’uomo era tenuto a comprare alla donna 12 paia di guanti, in modo che potesse nascondere il disagio di non aver ricevuto un anello di fidanzamento. Questa bizzarra tradizione ha ispirato perfino il film “Una proposta per dire sì”, del regista Anand Tucker, interpretato da Matthew Goode ed Amy Adams.

Leap Year film
Locandina del film “Una proposta per dire sì”

Curiosità giornalistiche

Dal 1980, in Francia, solo il 29 febbraio, esce in edicola il periodico umoristico “La Bougie du Sapeur” (La candela del pompiere), con una tiratura di 200.000 copie.

Notizie del giorno: riassunto degli ultimi quattro anni!

Se scrivete alla posta dei lettori avrete risposta dopo quattro anni; stesso tempo bisognerà aspettare per sapere la soluzione di sudoku e parole crociate.

30 febbraio

Nel corso della storia, sono esistiti casi isolati di calendari che hanno adottato la data del 30 febbraio.

In Svezia, nel 1712, il re Carlo XII decise di eliminare gli anni bisestili, dal 1700 fino al 1740, per far coincidere il calendario giuliano con quello gregoriano. Ma, ahimè, dimenticò di promulgare i relativi editti.

Per rimediare, tralasciò la decisione presa ritornando al calendario giuliano e, per recuperare il giorno saltato nel 1700, stabilì che venisse aggiunto, al febbraio 1712, bisestile, un “secondo giorno bisestile”.

Il calendario svedese ebbe così, nel 1712, un febbraio con 30 giorni.

Febbraio 1712 Svezia
Il mese di febbraio 1712 in un almanacco svedese: si nota la data del 30 febbraio

Il 1° ottobre 1929 l’Unione Sovietica iniziò ad utilizzare il “calendario rivoluzionario sovietico“, nel quale ogni mese aveva 30 giorni; i rimanenti 5 o 6 giorni erano considerate “feste senza mese”. Per esempio, dopo il 30 gennaio, veniva inserita una giornata chiamata la “festa di Lenin”, per poi passare al 1° febbraio. Quindi, nel 1930 e nel 1931 ci fu un 30 febbraio. Nel 1932, venne reintrodotto il vecchio calendario.

Nati il 29 febbraio

Rimandiamo alla lettura di una pagina di questo sito per scoprire i personaggi famosi nati il 29 febbraio. Festeggiare il compleanno ogni 4 anni li aiuterà a rimanere più giovani?

29 febbraio

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Valentina: la prima donna nello spazio https://cultura.biografieonline.it/la-prima-donna-nello-spazio/ https://cultura.biografieonline.it/la-prima-donna-nello-spazio/#comments Sat, 03 Feb 2024 10:33:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1088 La prima donna ad essere stata lanciata nello spazio è la russa Valentina Tereshkova. Il seguente articolo racconta un po’ della sua vita, di quanto fosse grande la sua passione per il volo, ma soprattutto dell’importanza dell’evento che l’ha portata in orbita il giorno 16 giugno dell’anno 1963.

Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova, la prima donna nello spazio
Valentina Tereshkova

Programma Vostok

Programma Vostok è il nome del progetto sovietico di missioni spaziali che porta per la prima volta nella storia un essere umano nello spazio: il 12 aprile 1961 Jurij Gagarin è il primo uomo ad orbitare intorno alla Terra a bordo della capsula Vostok 1. Poco dopo questo storico successo, viene lanciata l’idea di un progetto per l’addestramento di donne cosmonauta (termine sovietico per indicare astronauta).

Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova, prima donna nello spazio

Essendo esiguo il numero di donne pilota, si decide di estendere la ricerca delle candidate prendendo in considerazione anche le paracadutiste. Il 16 febbraio 1962 viene reso noto l’elenco ufficiale delle cinque donne russe scelte per formare il “gruppo donne cosmonauta” e tra loro compare Valentina Tereshkova, appassionata paracadutista e ammiratrice di Jurij Gagarin.

Valentina Tereshkova, prima donna nello spazio

Nata il 6 marzo 1937 a Maslennikowo, cittadina della Russia sul fiume Volga, da giovane lavora in una fabbrica produttrice di pneumatici e successivamente in una produttrice di fili, come sarta e stiratrice.

Consegue il diploma tecnico nel 1960 e il suo sogno si avvera nel 1962 quando riesce a superare l’esame per l’accesso al programma di addestramento per aspiranti cosmonauti. Successivamente al volo della Vostok 1, sono lanciate nello spazio anche la Vostok 2, 3, 4 e 5.

Intanto, delle cinque candidate del “gruppo donne cosmonauta”, una non supera l’esame teorico per l’addestramento, una rinuncia per motivi di salute, due vengono nominate riserve; il 4 giugno 1963 viene nominata ufficialmente Valentina Tereshkova, all’epoca 26enne, quale equipaggio per la missione Vostok 6.

Il lancio della Vostok 6

Il Cosmodromo di Baikonur è la base di lancio più datata ed utilizzata al mondo e pur trovandosi in Kazakistan è sotto l’amministrazione russa; da qui, il 16 giugno 1963, alle ore 12.29 di Mosca, viene lanciata la missione Vostok 6 con a bordo Valentina Tereshkova.

Raggiunta la traiettoria dell’orbita terrestre, riesce ad avvicinarsi alla Vostok 5 (già in orbita, lanciata due giorni prima) fino a 5 km circa ed a mantenere con essa il diretto contatto radio per l’intero primo giorno di missione. Nome in codice della Tereshkova per i collegamenti radio: Čajka, cioè “gabbiano“.

Le capsule Vostok non possono modificare la propria traiettoria di volo, quindi questo “incontro spaziale” è programmato prima del lancio con precisi calcoli.

La cosmonauta riesce a scattare diverse fotografie della Terra e registrare alcuni filmati, durante le 49 orbite terrestri effettuate.

Dopo quasi tre giorni di missione spaziale, il 19 giugno 1963 la Vostok 6 atterra alle ore 8.20 GMT a circa 620 Km a nord-est di Karaganda, in Kazakistan.

La prima donna a volare nello spazio si catapulta dall’abitacolo della capsula attraverso un seggiolino eiettabile ed atterra appesa ad un paracadute.

Valentina TereshkovaQuesta impresa spaziale dà alla Tereshkova grande popolarità: nel 1963 le viene dedicato un francobollo ed una linea di strumentazione fotografica viene chiamata Čajka in onore del nomignolo con cui è nota.

A novembre del 1963 sposa Andrijan Grigor’evič Nikolaev, terzo uomo nello spazio nella missione Vostok 3, da cui divorzia nel 1982, per poi sposarsi con Jurij Šapošnikov, del quale rimane vedova nel 1999.

Onorificenze

La prima donna nello spazio, riceve varie onorificenze tra cui il titolo di Pilota-cosmonauta dell’Unione Sovietica, Eroe dell’Unione Sovietica, Ordine di Lenin, Ordine della Rivoluzione d’Ottobre, Medaglia “Stella d’oro”, Medaglia d’oro Joliot-Curie, World Connection Award consegnato ad Amburgo nell’anno 2004 dal premio nobel per la pace Mikhail Gorbaciov. Una valle lunare viene nominata in suo onore “valle Tereshkova”.

Retroscena della missione

All’età di 70 anni, nel 2007, rilascia un intervista, nella quale racconta per la prima volta alcuni retroscena che hanno caratterizzato lo storico volo, fino ad allora rimasti ignoti.

Con la mente all’evento storico, racconta come i problemi siano sopraggiunti dopo 30 giri orbitali intorno alla Terra, quando i tecnici si sono accorti di un grave errore: la navicella, ad ogni orbita effettuata, non si avvicina alla Terra ma bensì se ne allontana.

Una volta uscita dall’attrazione della gravità terrestre il suo destino sarebbe stato quello di perdersi verso l’infinito. I tecnici prontamente correggono ed impostano i nuovi calcoli per evitare questo disastro.

Preoccupanti problemi vive anche all’interno della navicella in quanto per tutte le 70 ore e 50 minuti del volo rimane legata al sedile, con il pesante malessere causato dall’assenza di peso, con insopportabili dolori alle gambe, nausea e costrizione causata dalla tuta e dal casco sempre indosso.

Valentina Tereshkova
Una foto di Valentina Tereshkova in anni recenti

Inoltre, una volta raggiunto il suolo terrestre, sbatte il viso contro il casco provocandosi lividi e la quasi perdita di coscienza. Viene portata immediatamente all’ospedale. Una volta ripresa e guarita dai traumi, viene riportata nella zona di atterraggio per rifare le fotografie e le riprese, senza ferite e in un clima di maggior tranquillità.

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