Giuseppe D'Agostino, Autore presso Cultura https://cultura.biografieonline.it/author/giuseppe-d-agostino/ Canale del sito Biografieonline.it Fri, 05 Jul 2019 05:04:14 +0000 it-IT hourly 1 Strade ed autostrade: le più belle e le più famose del mondo https://cultura.biografieonline.it/strade-ed-autostrade-piu-belle-del-mondo/ https://cultura.biografieonline.it/strade-ed-autostrade-piu-belle-del-mondo/#comments Mon, 31 Jul 2017 13:30:40 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22976 Lunghi nastri d’asfalto lisci e levigati che attraversano paesaggi incantevoli, che sfidano gli ostacoli che la Natura mette di fronte al cammino dell’uomo, o che brillano di luci scintillanti e di negozi lussuosi. Sono milioni i chilometri di strade ed autostrade che in ogni angolo del mondo aiutano dall’antichità gli uomini a spostarsi da un luogo all’altro. Sono una risorsa di immensa importanza logistica che può però anche diventare scenario unico per viaggi da sogno. Come ben sa chi ama programmare le sue vacanze “on the road“, spesso senza una precisa meta e fermandosi dove un luogo o uno scorcio tolgono il respiro e danno un senso di pace. Le strade ed autostrade che meritano di esser percorse almeno una volta nella vita sono più di quante si possa immaginare. Qui, tra quelle famose e quelle un po’ meno conosciute, cercheremo di darvi qualche suggerimento per i vostri prossimi viaggi.

Route 66
La Route 66 attraversa gli Stati Uniti d’America da costa a costa. Tra le strade ed autostrade più famose del mondo occupa uno dei primissimi posti.

L’autostrada dei Laghi: la prima al mondo

Partiamo dalla nostra vecchia e cara Europa, che ha il privilegio di ospitare la prima autostrada del mondo. A “contendersi” il titolo l’Italia e la Germania (toh, guarda caso). Noi con la “Autostrada dei Laghi“, i tedeschi con la AVUS (Automobil Verkehrs und Übungs-Straße ovvero Strada per il Traffico e per le Prove delle Automobili).

Entrambe vennero progettate e costruite negli anni ’20. La diatriba nasce dal fatto che sebbene la AVUS fu terminata prima della “Milano Laghi”, in realtà non nacque come autostrada ma come pista di prova per le auto. Venne convertita solo dopo in via trafficabile.

Invece, la strada che nel 1921 l’ingegnere Pietro Puricelli progettò per collegare Milano con le zone turistiche del Lago di Como e del Lago Maggiore, nacque proprio come riservata al traffico veloce e con il pagamento di un pedaggio per coprire le spese di costruzione e di gestione.

Strade ed autostrade: entrata della Milano-Laghi da Piazzale ai Laghi
Settembre 1952: l’entrata dell’autostrada Milano-Laghi da Piazzale ai Laghi.

Le strade degli antichi romani

Ma a costruire vie di comunicazione lunghe e funzionali avevano già pensato gli antichi Romani. Essi pur senza gli ausili della modernità, facevano cose davvero a regola d’arte. Da Roma partivano e partono tuttora strade che collegano l’Urbe ai quattro angoli dello Stivale. Tra queste vi è la Via Appia, che arrivava sino a Brindisi e che serviva per portare uomini e merci al porto da cui salpavano le navi per la Grecia. Oggi le antiche vie romane sono strade statali preziose per alleggerire il traffico delle principali autostrade e collegare i piccoli centri.

Strade famose d’Europa

Altri due esempi di strade da vedere (e percorrere) in Europa li troviamo in Norvegia e in Irlanda. Il paese dei fiordi possiede una delle opere viarie più ardite, la Atlantic Ocean Road. Una strada lunga solo otto chilometri simile ad un immenso otto volante sospeso su una serie di isolotti che collegano le città di Kristiansund e Molde. E’ esposta a vento e mareggiate tanto da essere classificata come la strada più pericolosa del mondo. In compenso nel 2006, il quotidiano inglese The Guardian l’ha eletta “miglior viaggio su strada”.

In Irlanda invece c’è la splendida Conor Pass, un valico montano posto nella Penisola di Dingle, nel nord dell’isola. Una strada impervia e insidiosa, che si arrampica sulle pendici del Monte Brandon e che offre panorami mozzafiato sulla omonima baia e su una serie di laghetti sparsi nelle vallate. Come per la sua “sorella” norvegese, la Conor Pass richiede grande impegno nella guida. In alcuni punti la strada è limitata solo da un muretto di pietra, oltre il quale ci sono precipizi di oltre seicento metri.

Se non amate i paesaggi selvaggi e le emozioni forti ma preferite le luci delle metropoli e la bellezza dei monumenti, potete comunque concedervi una lunga ed appagante promenade sugli Champs Elysées a Parigi o sulle Ramblas a Barcellona, i due “salotti” più belli del Vecchio Continente, sempre vivi e popolati giorno e notte.

In America

Spostiamoci dall’altra parte dell’Atlantico e diamo un’occhiata a cosa offre il continente americano. Concentriamoci sulle meraviglie stradali negli USA, a partire dalla celeberrima Route 66. La più famosa ed antica “highway” statunitense, resa celebre anche anche da tante “apparizioni” cinematografiche, attraversa gli States da costa a costa lungo 3.755 km che uniscono Chicago alla California e che percorrono scenari unici al mondo.

Oggi purtroppo la via originale non esiste più, rimpiazzata dal 1985 dalla Interstate Highway System (il tema è affrontato anche nel celebre film d’animazione Disney del 2006, Cars)Ma all’interno di ogni singolo stato attraversato da quella che oggi si chiama Historic Route 66, le varie contee hanno cercato di ripristinare il vecchio tracciato. Di fatto oggi, con una attenta e precisa pianificazione dell’itinerario, si può percorrere oltre l’80% della via originale.

Ovviamente i “salotti buoni” da frequentare non mancano nemmeno negli USA. Due su tutti: la celeberrima 5th Avenue a New York e la meno famosa ma altrettanto lussuosa Magnificent Mile a Chicago. Strade nelle quali si concentra tutto il meglio dello shopping e dei negozi delle più grandi griffes della moda, percorse ogni anno – come le loro omologhe europee – da milioni di turisti.

Lombard Street strada a curve San Francisco
Un’altra celebre strada statunitense: Lombard Street, a San Francisco, è una caratteristica strada in discesa composta da un susseguirsi di curve.

Strade ed autostrade nel resto del mondo

Dando uno sguardo al resto del mondo, meritano un viaggio la Ruta 40, che attraversa tutta l’Argentina da nord a sud, dalla Bolivia alla Terra del Fuoco lungo 5.000 km di paesaggi mozzafiato. La Garden Route, una meravigliosa autostrada panoramica che costeggia la parte meridionale del Sudafrica. E infine la Great Ocean Road, un’altra litoranea che disegna circa 200 km della costa sudorientale dell’Australia. Un’autostrada anche simbolica dal punto di vista storico, visto che fu costruita dai soldati australiani reduci dalla Prima Guerra Mondiale, e da loro stessi dedicata ai commilitoni caduti.

Conoscete o avete percorso altre strade famose che vi sentite di consigliare ad altri? Scrivetelo nei commenti.

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Canale di Panama https://cultura.biografieonline.it/canale-di-panama/ https://cultura.biografieonline.it/canale-di-panama/#comments Mon, 24 Jul 2017 12:36:05 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22900 La storia del Canale di Panama

Quando Cristoforo Colombo partì con le sue tre caravelle per raggiungere le Indie via mare, non immaginava che in mezzo al suo cammino avrebbe trovato un altro continente. E men che meno poteva pensare che non troppo distante rispetto al punto nel quale toccò terra, quello stesso continente offriva l’insperata possibilità di proseguire la sua navigazione, attraversando un varco naturale: l’istmo di Panama.

Canale di Panama
Geografia: il Canale di Panama

Quel varco fu scoperto, quasi per caso, nel 1513 (quindi pochissimo dopo l’arrivo di Colombo in America) da un navigatore ed esploratore spagnolo. Vasco Nunez de Balboa fu il primo ad “affacciarsi” sulla più vasta distesa di mare del pianeta, l’Oceano Pacifico.

Oggi l’istmo naturale che attraversa lo stato di Panama è diventato uno dei canali navigabili più importanti della Terra assieme al Canale di Suez. Lungo 81,1 km (quello di Suez è invece il doppio, 164 km), il Canale di Panama è un’ardita opera ingegneristica. Grazie ad un complesso sistema di chiuse e camere d’acqua consente ogni anno a quasi 15.000 imbarcazioni mercantili di evitare la circumnavigazione dell’America Meridionale e il pericoloso doppiaggio di Capo Horn.

Canale di Panama - sistema di chiuse

Ma la corta distanza tra le sponde dei due oceani non deve ingannare. Attraversare il canale non è una “passeggiata di salute”. Tra passaggi e attraversamenti di chiuse e bacini, gli 80 km vengono percorsi in un tempo che va dalle 8 alle 12 ore. Altra curiosità è che durante l’attraversamento del canale di Panama, il comando della nave passa nelle mani di un “pilota” scelto dalle autorità di Panama. Il capitano non può in alcun modo intervenire, pur restando il responsabile dell’imbarcazione.

La ricerca di un passaggio tra Atlantico e Pacifico

La storia della costruzione del canale di Panama nasce proprio dalla scoperta fatta da Vasco Núñez de Balboa. L’allora sovrano di Spagna Carlo V d’Asburgo ordinò al Governatore di Panama, con un decreto del 1534, una ricognizione dell’istmo per trovare una via navigabile tra una costa e l’altra. Ma il lavoro si rivelò molto più difficile del previsto. L’area dell’istmo è una delle zone geograficamente più complesse e selvagge del pianeta, e il povero Governatore riferì al suo Re che tra fiumi, dislivelli e vegetazione fittissima, mai uomo avrebbe potuto costruire un passaggio sicuro per le navi in quella zona. Raramente previsione fu più azzardata.

Ci vollero però tre secoli per riprendere in mano il sogno di creare un passaggio tra i due oceani. A tentare l’impresa stavolta fu la Francia, che nel 1879 incaricò del progetto Ferdinand de Lesseps, che aveva appena costruito proprio il Canale di Suez. Ma la giungla selvaggia e infida dell’America centrale non era semplice da domare come il deserto. Il progetto (che non prevedeva l’uso delle chiuse) fallì. Stesso destino pochi anni dopo per un altro famoso transalpino, Gustave Eiffel.

Era destino che a risolvere la questione dovessero essere gli Stati Uniti. Nel 1901 ottennero il permesso dal governo della Grande Colombia (l’antico stato che nell’800 comprendeva Colombia, Ecuador, Venezuela e appunto Panama) per la costruzione dell’opera. Ma quando il governo colombiano – che forse pensava che gli statunitensi avrebbero fatto la stessa fine dei francesi – vide che il progetto procedeva a gonfie vele, due anni dopo si rimangiò l’accordo, reclamando la proprietà dell’opera. Gli Stati Uniti reagirono immediatamente, prima sobillando una sommossa popolare e poi minacciando un intervento militare. L’effetto fu quello sperato: Panama divenne un protettorato degli Usa, che poterono continuare a costruire il canale.

L’inizio dei lavori

I lavori iniziarono ufficialmente nel 1907, intrapresi dal genio militare statunitense, e si conclusero il 3 agosto 1914 seguendo i progetti del colonnello Gothal. L’inaugurazione ufficiale, tuttavia, fu rinviata al 12 luglio 1920, perché fu subordinata alla stipula di due accordi internazionali. Il più importante era il cosiddetto trattato di neutralità, con il quale gli Stati Uniti si sono arrogati il diritto permanente di difendere il canale da ogni minaccia che impedisca l’accesso continuato e neutrale alle navi di tutte le nazioni.

Nel 1999 gli USA hanno restituito ufficialmente il canale allo stato di Panama, con l’obbligo però di sorvegliarlo militarmente.

Navi nel Canale di Panama
Passaggio di navi nel Canale di Panama

Storia recente

Nel 2016 ulteriori lavori hanno portato al raddoppio della capacità del canale, permettendo il passaggio di navi più grandi. L’inaugurazione del nuovo canale si è svolta il 26 giugno del 2016.

Ma di tutti gli aspetti sorprendenti di questa ciclopica opera dell’ingegno dell’uomo, ce n’è uno davvero curioso: a causa della conformazione dell’istmo e della particolare articolazione del canale, quando si passa dall’Oceano Atlantico al Pacifico, l'”uscita” si trova incredibilmente più a est dell’entrata. Stessa “anomalia” ovviamente capita alle navi che fanno il percorso inverso. Come avrebbe mai potuto immaginarlo, il povero Governatore di Panama durante i suoi affannosi sopralluoghi.

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Moviola negli eventi sportivi. Dal tennis al calcio e le possibili polemiche https://cultura.biografieonline.it/la-moviola-nello-sport/ https://cultura.biografieonline.it/la-moviola-nello-sport/#comments Wed, 19 Jul 2017 15:50:35 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22866 La “moviola“, termine cinematografico che indica una particolare tecnica di montaggio dei film, è ormai da quarant’anni una parola associata allo sport. E alle polemiche che purtroppo spesso provoca.

Molti anni fa, durante il torneo di tennis femminile WTA che si teneva a Palermo al Country Time Club e che seguivo per il Giornale di Sicilia, ebbi la fortuna e il privilegio di intervistare Eva Asderaki. Un nome che certamente dice nulla a chi non segue il tennis, ma che invece dice tantissimo agli appassionati. La giovane e spigliata ragazza greca è infatti da anni uno dei giudici di sedia più apprezzati del circuito di tennis professionistico. E’ un arbitro cosiddetto “gold badge”, il livello più alto. Lo dimostra la sua designazione per la finale femminile del torneo di Wimbledon 2017 tra Garbine Muguruza e Venus Williams.

Eva Asderaki
Eva Asderaki, arbitro internazionale di tennis (nata in Grecia il 27 gennaio 1982). A destra con Novak Djokovic e Roger Federer: nel 2015 è stata la prima finale Us Open arbitrata da una donna.

Alla Asderaki feci una domanda che mi frullava in testa da molto tempo, e che da cronista sportivo non potevo non fare: “l’introduzione nel tennis del cosiddetto Occhio di Falco, ha sminuito il vostro ruolo di arbitri?

La moviola nel tennis

L’”Hawk Eye” – Occhio di Falco appunto – è il nome convenzionalmente assegnato alla tecnologia con cui nel tennis si può stabilire con estrema precisione se una palla è finita dentro o fuori dal campo. Si utilizzano delle telecamere opportunamente posizionate ai bordi del terreno di gioco e un software di conversione grafica.

Ogni giocatore ha a disposizione un certo numero di chiamate dette “challenge” (tre per ogni set, più una di bonus in caso di tie-break) che può invocare se ritiene che il giudice di linea o il giudice di sedia abbiano sbagliato una chiamata su una palla dubbia. Se la chiamata dimostra che il giudice ha commesso un errore, il giocatore conserva il “challenge”, altrimenti lo perde. Una moviola semplice e geniale.

La domanda era motivata dall’eco delle polemiche roventi che riecheggiavano dai campi di calcio, e dalla levata di scudi della classe arbitrale internazionale, che riteneva allora l’adozione della cosiddetta “moviola in campo” di difficile attuazione in uno sport senza pause di gioco e anche una indebita intrusione nella loro sovranità.

La risposta della Asderaki fu netta e inequivocabile. Non solo non considerava affatto “invadente” l’introduzione della tecnologia, ma anzi mi spiegò come l’Occhio di Falco avesse giovato a tutto il movimento tennistico. Tennisti, giudici di linea, arbitri e anche il pubblico erano molto più tranquilli, sapendo che il rischio che un errore umano e in perfetta buona fede potesse decidere una intera partita non c’era più.

Moviola - Tennis - Occhio di falco - Hawk eye
Moviola nel tennis: un giudice consulta l’Occhio di falco (Hawk-eye).

L’instant replay nel calcio

L’autorevole parere dell’arbitro greco era peraltro già avallato da quanto accadeva e accade da anni in sport importanti come il rugby, il basket e il football americano, dove l’introduzione della moviola in campo aiuta concretamente (e soprattutto serenamente) i direttori di gara nel loro lavoro.

Dopo infinite discussioni ed altrettante polemiche, anche il calcio sta finalmente “piegandosi” all’aiuto della tecnologia, stretto d’assedio, più che dalle pressioni interne, proprio dai risultati concreti e convincenti che sono arrivati dagli altri sport. Insomma, se è dimostrato che altrove la moviola funziona, non ci si può più esimere dal provarla anche nello sport più popolare al mondo. Solo che – particolare non trascurabile – il calcio è un po’ meno lineare del tennis. Le situazioni di gioco sono più complesse e il campo molto più esteso. Occorreva dunque operare su più fronti.

I gol fantasma

L’urgenza più importante era quella legata alla decisione gol/non gol. A partire dal 1966 e dalla famosa finale mondiale tra Inghilterra e Germania decisa da un “gol fantasma” dell’inglese Hurst (le immagini dimostrarono chiaramente che la palla non aveva sorpassato la linea!), fino al gol valido ma non visto del milanista Muntari durante una sfida di campionato contro la Juventus nel 2012, la decisione di assegnare o meno una segnatura dubbia era l’incubo di ogni terna arbitrale.

YouTube Video

Il primo passo importante è stata quindi l’introduzione della cosiddetta “Goal Line Technology”, un sistema di sensori piazzati sui pali e sulla traversa e collegati ad un dispositivo elettronico posto al polso dell’arbitro: se la palla è totalmente dentro la linea il dispositivo emette un suono, e il gol viene assegnato senza alcun dubbio. La moviola cominciava finalmente a spostarsi dagli studi televisivi ai campi.

Restavano però altre situazioni di gioco altrettanto delicate e di difficile valutazione, come il fuorigioco, l’assegnazione di un calcio di rigore o i falli da espulsione, e anche qui l’ausilio della moviola poteva essere decisivo. Non è un mistero per nessuno infatti che durante la finale del mondiale 2006 che vide l’Italia trionfare sulla Francia, la testata a Materazzi che costò l’espulsione a Zidane sfuggì all’arbitro argentino Elizondo, ma non al quarto uomo. E soprattutto alle telecamere, che fecero rivedere immediatamente il replay dell’episodio sui maxi-schermi dello stadio di Berlino.

Il progetto VAR

La FIFA ha dunque finalmente approvato il progetto VAR (Video Assistant Referee), che debutterà a livello internazionale nel mondiale del 2018 in Russia ma che già dall’anno prossimo verrà adottato in alcuni campionati nazionali tra i quali la nostra Serie A. Questo sistema, del tutto simile a quello utilizzato nel rugby, prevede la presenza di un assistente addizionale che, per aiutare l’arbitro, esaminerà le sue decisioni con l’ausilio di filmati video.

In ogni caso sarà sempre il direttore di gara ad avere l’ultima parola sulla decisione definitiva. E l’impatto di questo tipo di moviola sui tempi di gioco dovrebbe essere minimo e limitato a una quarantina di secondi. In nessun caso, infine, i giocatori o le panchine potranno richiedere l’intervento della VAR. Ciò per evitare di interrompere azioni decisive o usare il sistema per furbe perdite di tempo.

Moviola - Fuorigioco - Guardalinee

Le polemiche sportive

Se questo sistema si rivelerà davvero capace di mettere fine una volta per tutte alle polemiche che arroventano il mondo del calcio non è ancora certo. Chiunque segua il calcio e la moviola alla tv sa benissimo che in alcuni casi non bastano una ventina di replay da svariate posizioni per capire l’entità di un fallo. Oppure se un contatto avvenga dentro o fuori dall’area.

La scelta di lasciare comunque all’uomo la discrezionalità sulla decisione appare saggia, anche se alcuni dubbi non potranno mai essere fugati del tutto. Quanto inciderà la pressione del pubblico su una decisione in campi particolarmente “caldi”, ma soprattutto come si concilierà questa “rivoluzione” rispetto ai campionati minori, nei quali non ci sarà la possibilità economica e tecnica di adottare la VAR. Si corre il rischio di avere un calcio di nicchia nel quale l’esito sportivo è “tutelato” dalla moviola in campo, e un altro nel quale si continuerà a sbagliare senza possibilità di correzione.

L’unica cosa che appare certa è che nessuna VAR potrà mai cancellare il campanilismo e la mania di persecuzione che affligge le frange più ostinate ed estreme del tifo. Loro continueranno a non arrendersi di fronte ad una decisione avversa, nemmeno di fronte all’evidenza. Ma quello, purtroppo, è un problema di cultura sportiva, e non c’è tecnologia che possa risolverlo.

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