Anna D'Agostino, Autore presso Cultura https://cultura.biografieonline.it/author/anna-dagostino/ Canale del sito Biografieonline.it Sun, 10 Nov 2024 09:51:35 +0000 it-IT hourly 1 Il mito della caverna di Platone https://cultura.biografieonline.it/mito-della-caverna-platone/ https://cultura.biografieonline.it/mito-della-caverna-platone/#respond Sun, 10 Nov 2024 09:51:33 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=36047 Il mito della caverna è uno dei miti di Platone più famosi in assoluto. Esso fa parte del libro VII de La Repubblica, un’opera filosofica in forma dialogica che ha come tema centrale la giustizia e come protagonista Socrate. Il mito è sicuramente uno dei testi fondamentali della cultura occidentale. Da esso sono partite tante correnti di pensiero e interpretazioni che arrivano fino ai giorni nostri.

Illustrazione che spiega l'allegoria del mito della caverna di Platone
Illustrazione che spiega l’allegoria del mito della caverna di Platone

Come è fatta la caverna

Socrate racconta a Glaucone il mito della caverna proprio all’inizio del VII libro. Egli gli chiede di immaginare che alcune persone vivano, dalla nascita, in una caverna, incatenate mani e piedi senza neanche muovere il collo. Esse non vedono l’apertura perché non possono girarsi e sono rivolte verso la parete di fondo.

Alle loro spalle c’è un fuoco che fa luce. A separarli c’è un piccolo muretto. Lungo il muro altri uomini portano oggetti, persone e piante la cui ombra viene proiettata nella parete difronte. Qualunque persona si trovi a passare per la caverna si potrebbe accorgere che si tratta di semplici ombre. I prigionieri invece non lo sanno e pensano che le ombre che vedono, siano in realtà oggetti reali.

La scoperta del mondo esterno

Se uno di questi uomini venisse liberato, innanzitutto sarebbe accecato dalla luce proveniente dall’apertura, che lui però non ha mai visto. Una volta passata questa sensazione, inizierebbe a guardare le ombre delle cose, i riflessi e poi tutto il resto: i paesaggi, il cielo, la natura. Così capirebbe che il mondo non è quello che lui e i suoi compagni erano abituati a vedere.

Dopo essersi reso conto della situazione in cui si trovava precedentemente, sarebbe tornato nella caverna per raccontare ai compagni la sua verità, con lo scopo di liberarli.

Gli altri prima si mostrerebbero increduli poi, addirittura, lo prenderebbero in giro, fino a volerlo uccidere, deridendolo per il suo assurdo racconto.

Mito della caverna: spiegazione

Dopo aver terminato il racconto, Socrate spiega a Glaucone il significato del mito.

Esso è un’allegoria della situazione che, secondo Platone, vivono gli uomini e della scoperta della realtà delle cose.

La caverna rappresenta la prigione, cioè il mondo conoscibile, tutto ciò che si trova intorno agli uomini.

Nella caverna è difficile vedere il sole, che rappresenta il bene; esso però brilla all’esterno della caverna. Gli uomini secondo Platone, sono quindi tenuti prigionieri e costretti ad osservare solo le ombre delle cose, che invece si trovano all’esterno.

Il prigioniero liberato è il filosofo che, attraverso un percorso lungo e complesso, riesce a vedere la realtà delle cose ma non viene accettato dagli altri al suo ritorno nella caverna. Il filosofo, infatti, è l’unico in grado di governare sugli altri con giustizia.

La teoria filosofica dietro il mito

Platone si riferisce al processo che Socrate subì. Il mito della caverna infatti è la metafora della vita del filosofo che conobbe la verità, ma venne ucciso per averla raccontata a tutti gli uomini.

Inoltre, secondo Platone, il mondo che noi percepiamo è soltanto una copia, una rappresentazione mentale di quello perfetto, il mondo delle idee – che sono immutabili e possono essere conosciute solo dai filosofi.

Il filosofo quindi ha un ruolo fondamentale all’interno della società.

Interpretazioni

Il mito della caverna è uno dei più famosi della cultura occidentale e l’idea della liberazione dalle catene, così come della conseguente conoscenza della realtà, ha sempre fatto parte delle tematiche più importanti di tutte le arti.

Ci sono state molteplici rappresentazioni in chiave moderna del mito, soprattutto in campo cinematografico

Basti pensare a due film cult:

Nel primo, il protagonista  sembra vivere una vita apparentemente normale. In realtà poi scopre che si trattava di uno show televisivo di cui lui era l’inconsapevole protagonista.

Ascoltami Truman, là fuori non troverai più verità di quanta non ne esista nel mondo che ho creato per te… le stesse ipocrisie, gli stessi inganni; ma nel mio mondo tu non hai niente da temere.

Christof, dal film “The Truman Show”

Nella saga di Matrix, gli uomini vengono sfruttati dalle macchine, credendo di vivere liberamente, quando in realtà il mondo non esiste più da un centinaio di anni ed essi si trovano in una condizione di prigionia.

Il mito della caverna, quindi, non è soltanto un racconto di liberazione di un prigioniero ma il fondamento della cultura europea, che ha spinto letterati e filosofi ad interrogarsi sempre di più sulla vita umana.

caverna

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In morte del fratello Giovanni: testo, parafrasi, analisi e commento alla poesia di Foscolo https://cultura.biografieonline.it/in-morte-del-fratello-giovanni/ https://cultura.biografieonline.it/in-morte-del-fratello-giovanni/#comments Wed, 06 Nov 2024 05:45:31 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21576 La poesia In morte del fratello Giovanni è uno dei sonetti più famosi di tutta la produzione di Ugo Foscolo. Il sonetto è stato composto sicuramente dopo la primavera del 1803 ed è dedicato alla morte del fratello del poeta, Gian Dionisio detto Giovanni. Questi si tolse la vita con un pugnale l’8 dicembre 1801 mentre era soldato a Venezia. Giovanni Foscolo, fratello maggiore (nato a Zante il 27 febbraio 1781) di Ugo, scelse di suicidarsi perché aveva pagato un debito di gioco con del denaro sottratto alla cassa dell’esercito. Questo fu un avvenimento molto doloroso per il poeta, che – oltre alla poesia In morte del fratello Giovanni – affronta l’argomento soprattutto nel suo epistolario.

Ugo Foscolo - Poesie

La raccolta Poesie

La lirica fa parte della raccolta di poesie dell’autore, che sono state pubblicate in un’edizione definitiva nel 1803.

Le Poesie raccolgono dodici sonetti e due odi, composte tra il 1798 e il 1803, e restituiscono ai lettori un ritratto dell’autore.

Tra i componimenti più noti vi sono:

I sonetti sono notevolmente autobiografici, mentre le due odi neoclassiche (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica risanata) si discostano dalla vena personale.

Una parte importante della raccolta è rappresentata dai 12 sonetti, che mettono in luce l’animo tormentato dell’autore e i suoi pensieri.

Ugo Foscolo rinnova completamente la forma del sonetto, inserendovi tematiche lontane dalla tradizione metrica e stilistica precedente.

Nella lirica in esame l’autore inserisce il tema dell’esilio e della morte, vista nei suoi risvolti più tristi.

In morte del fratello Giovanni è un sonetto di endecasillabi, che segue lo schema di rime:

ABAB ABAB CDC DCD

In morte del fratello Giovanni, testo completo

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente, mi vedrai seduto
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
Il fior de’ tuoi gentili anni caduto:

La madre or sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col tuo cenere muto:
Ma io deluse a voi le palme tendo;
E se da lunge i miei tetti saluto,

Sento gli avversi Numi, e le secrete
Cure che al viver tuo furon tempesta;
E prego anch’io nel tuo porto quiete:

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
Allora al petto della madre mesta.

Parafrasi

Un giorno, se non andrò sempre vagando
di popolo in popolo,
mi vedrai seduto sulla tua tomba,
o fratello mio, piangendo il fiore reciso della tua giovinezza.

Solo adesso la madre, portando con sé i giorni della sua vecchiaia (suo dì tardo),
parla di me con il tuo corpo silenzioso,
ma io tendo invano verso di voi le mie mani
e solo da lontano saluto la mia patria.

Sento le avversità del destino e i travagli dell’animo
che hanno provocato la tempesta nella tua vita,
e anche io prego di poter raggiungere la quiete del tuo porto (la morte).

Solo questo mi rimane oggi di tutta speranza!
O genti straniere, restituite al cuore di mia madre triste
almeno le mie ossa.

Analisi

La struttura del sonetto è ben definita. Nella prima quartina vengono introdotti subito i due temi principali: l’esilio e la morte dell’amato fratello.

Nella seconda quartina viene introdotto il terzo personaggio della lirica: la madre che piange per la morte del figlio.

Nella prima terzina il poeta esprime tutti i suoi affanni e le pene del suo animo.

Nella seconda terzina egli rovescia la visione negativa della morte, che diventa così un luogo di pace, che il poeta vuole raggiungere.

Il modello a cui si ispira Foscolo è il Carme 101 di Catullo. I primi versi corrispondono ad una perfetta traduzione dei versi del poeta latino (traduzione del carme di Catullo: “Condotto per molte genti e molti mari, sono giunto a queste tue tristi spoglie, o fratello“). Foscolo, però, non si limita a copiare o citare i versi di Catullo, ma li reinterpreta in chiave moderna, aggiungendovi maggiore pathos e sentimento, perché dubita che possa mai tornare sulla tomba del fratello.

Dal punto di vista stilistico, bisogna ricordare: i numerosi enjambements che spezzano i versi (v. 1-2, v. 2-3., v. 3-4 etc.) sia nelle due quartine che nelle due terzine, la rima in gerundio (fuggendo-gemendo v. 1-3) e l’utilizzo di questo modo verbale anche in altri versi della poesia (v.5).

È presente, inoltre, il latinismo “cenere” al verso 6 e un utilizzo accentuato dei pronomi personali.

Foto di Ugo Foscolo, In morte del Fratello Giovanni
Ugo Foscolo

Commento

Il sonetto In morte del fratello Giovanni è uno dei più intensi della produzione dell’autore.

Qui Ugo Foscolo mette in evidenza il tema dell’esilio, che provocherà sempre un dolore in lui. Evidenzia anche il valore della tomba, che sarà poi approfondito nel carme Dei sepolcri.

Spicca però l’importanza della famiglia: questo è il valore che consola il poeta, in particolare la figura della madre, che crea una connessione tra lui e il fratello morto.

Si tratta di un sonetto intenso e struggente, nel quale Foscolo utilizza il tema della morte del fratello Giovanni per esprimere il dolore per il suo esilio e i suoi affanni.

Questa poesia rappresenta non solo un lamento funebre per la morte del fratello, ma anche una riflessione più ampia sulla condizione umana e sull’esilio. La distanza fisica dalla tomba del fratello diventa metafora della distanza esistenziale che separa i vivi dai morti.

Dal punto di vista letterario vi sono 3 elementi innovativi:

  1. La fusione tra elemento autobiografico e riflessione universale.
  2. L’intreccio tra dolore personale e condizione storica.
  3. La modernità della riflessione sulla solitudine dell’individuo.

La perfezione formale del sonetto si fonde con l’intensità emotiva del contenuto, creando un equilibrio magistrale tra forma e sostanza.

Il tema dell’esilio, così centrale nella vita di Foscolo, si intreccia qui con il dolore per la perdita del fratello, creando un doppio livello di separazione: quella fisica dalla patria e quella esistenziale dalla persona amata.

Il componimento rappresenta uno dei momenti più alti della lirica foscoliana, dove l’esperienza personale si trasforma in poesia universale.

Foscolo riesce di fatto a trasformare un evento tragico personale in una riflessione universale sulla condizione umana.

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Il Rosso e il Nero di Stendhal: riassunto e analisi approfondita del capolavoro https://cultura.biografieonline.it/riassunto-il-rosso-e-il-nero/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-il-rosso-e-il-nero/#respond Wed, 18 Sep 2024 15:22:08 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10019 Romanzo dello scrittore francese Stendhal, “Il rosso e il nero” reca come data della prima stampa 1831 ma in realtà fu redatto e completato nel 1830. Lo scrittore fu uno dei maggiori rappresentanti del romanzo francese del XIX secolo. È ricordato per essere profondamente romantico ma anche altrettanto critico: infatti i suoi romanzi sono pieni di aspra analisi dei personaggi.

Egli è infatti considerato l’iniziatore del romanzo in senso moderno, ma fu quasi ignorato dai suoi contemporanei.

Il rosso e il nero - copertina
Stendhal: Il rosso e il nero. Una copertina italiana e una riproduzione fotografica della prima edizione francese, del 1831.

Il rosso e il nero (titolo francese originale: Le Rouge et Le noir), è il secondo romanzo di Stendhal (pseudonimo di Henri Beyle) e prende spunto proprio da una storia vera: la condanna a morte di un figlio di un maniscalco dopo aver assassinato l’amante, una vicenda molto nota della Francia del tempo.

Con questo romanzo, l’autore cerca di dipingere uno spaccato della società francese a seguito delle rivoluzioni del 1830 e quindi dell’età post napoleonica.

Il rosso e il nero: riassunto

La storia narrata è quella del giovane Julien Sorel, un ragazzo molto ambizioso e studioso, che ammira Napoleone Bonaparte.

Diventato precettore a casa del sindaco della sua città, Monsieur Renal, il giovane Julien aspira a diventare l’amante di sua moglie Madame de Renal, ma i due si innamorano dando inizio ad una chiacchierata storia. Le voci iniziano a diffondersi in paese e per questo il giovane sceglie di entrare in seminario.

La sua ambizione però ancora non si placa perché anche qui riesce ad entrare in un giro di potenti amicizie e ad andare a Parigi come segretario del marchese de la Mole. Qui conduce una vita mondana e si innamora della figlia del marchese, Mathilde. I due riescono a stare insieme e la ragazza aspetta anche un bambino. Il marchese non è molto contento ma accetta comunque di far sposare i due giovani.

Prima del matrimonio arriva una lettera di Madame de Renal, la prima amante di Julien per informare il marchese che Julien è un truffatore, ovviamente per vendetta personale. Il marchese crede a queste cattiverie e quindi annulla il matrimonio.

Julien Sorel per vendetta torna nel suo paese e ferisce Madame de Renal con un colpo di pistola. Per questo è condannato alla ghigliottina; alla sua morte Mathilde recupera la testa e la bacia. Madame de Renal morirà di colera pochi giorni dopo.

Commento e breve analisi

Il romanzo Il rosso e il nero, vuole illustrare la Francia del tempo con un tocco di intensità e romanticismo per la descrizione dei personaggi. Importante è il titolo col suo simbolismo.

Il rosso evoca il colore del sangue. Mentre il nero evoca il colore della morte. C’ anche la contrapposizione tra il colore della rivoluzione francese (rosso) e quello del clero (nero).

Tutte le azioni dei personaggi vengono analizzate, soprattutto l’ambizione del protagonista. Resta così a noi un’opera ricca di forze fatali e di passione.

Analisi approfondita per punti

Chi è il protagonista?
Il protagonista è Julien Sorel, un ragazzo povero ma molto intelligente. Julien sogna di diventare importante e ricco, anche se proviene da una famiglia umile. È affascinato da due cose:

Il rosso
Rappresenta la carriera militare e l’eroismo di Napoleone.

Il nero
Simboleggia la carriera ecclesiastica (cioè diventare prete). 

Cosa succede nella storia?

L’inizio della scalata
Julien diventa precettore (insegnante privato) nella casa del sindaco de Rênal.
Qui, inizia una relazione segreta con la signora de Rênal.

Il seminario
Dopo essere stato scoperto, Julien va in seminario per diventare prete. Qui impara a essere furbo e a fingere per ottenere ciò che vuole.

Parigi
Julien diventa segretario del marchese de La Mole a Parigi. Si innamora di Mathilde, la figlia del marchese, e lei rimane incinta.
La vendetta: Quando tutto sembra andare bene, Julien riceve una lettera della signora de Rênal che lo descrive come un imbroglione. Furioso, Julien torna al paese e le spara, ferendola.

Il processo e la fine
Julien viene arrestato e condannato a morte. In prigione, capisce di amare veramente solo la signora de Rênal e accetta il suo destino.

I temi principali del libro

Ambizione
Julien vuole a tutti i costi diventare importante nella società.

Ipocrisia
Il libro mostra come molte persone fingono di essere ciò che non sono per ottenere vantaggi.

Amore
Julien ha relazioni con due donne molto diverse tra loro, la signora de Rênal e Mathilde.

Conflitto di classe
Il libro mostra le differenze tra ricchi e poveri nella Francia dell’epoca.

Perché questo libro è importante?

Critica la società
Stendhal usa la storia di Julien per criticare la società francese del suo tempo, mostrando come fosse piena di ingiustizie e falsità.

Psicologia dei personaggi
L’autore descrive molto bene i pensieri e i sentimenti dei personaggi, facendoli sembrare reali.

Realismo
Il libro racconta una storia che sembra vera, mostrando la vita quotidiana dell’epoca in modo realistico.

Stile innovativo
Stendhal usa uno stile di scrittura diretto e moderno per la sua epoca, che influenzerà molti scrittori successivi.

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Il Gattopardo: riassunto e commento al romanzo https://cultura.biografieonline.it/il-gattopardo/ https://cultura.biografieonline.it/il-gattopardo/#comments Mon, 19 Aug 2024 14:14:40 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10081 Il romanzo Il Gattopardo è stato scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa tra il 1954 e il 1957. Passò praticamente inosservato a due case editrici: Einaudi ed Arnoldo Mondadori, che si rifiutarono di pubblicarlo. Il romanzo non ebbe successo quando l’autore era in vita ma solamente qualche anno dopo. Fu pubblicato solamente nel 1958, un anno dopo la morte dell’autore, avvenuta nel 1957. La casa editrice Feltrinelli affidò la prefazione a Giorgio Bassani.

Il Gattopardo - Tomasi di Lampedusa
Il Gattopardo, celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: una copertina (ed. 1963) e una foto dell’autore

Nel 1959 era già un best seller che contava una tiratura di 100.000 copie. Il romanzo non fu capito all’inizio, ma solo successivamente gli intellettuali e critici si avvicinarono ad esso.

Il Gattopardo rappresenta un classico esempio di romanzo storico che l’autore ha scritto ispirandosi alla storia della sua famiglia: i Tomasi di Lampedusa. Il romanzo tratta infatti il periodo storico del Risorgimento che visse il bisnonno dell’autore, Giulio Fabrizio Tomasi che viene chiamato nel romanzo principe Fabrizio Salina.

Il Gattopardo: riassunto e trama

Il romanzo inizia con il racconto della recita del rosario a casa del principe di Salina, dove egli vive con la moglie e sette figli. Egli è una persona distinta, molto affascinante ma anche decadente per certi aspetti. Ciò perché riflette proprio sul disfacimento della nobiltà a seguito dello sbarco dei mille in Sicilia.

Egli guarda con disprezzo ai cambiamenti che stanno avvenendo nell’Italia risorgimentale. Al contrario di suo nipote Tancredi che invece cavalca l’onda del successo garibaldino, cercando di convincere anche lo zio a farlo e ad immischiarsi tra le file della nuova nobiltà.

Tancredi è innamorato della cugina Concetta, donna graziosa e superba e a sua volta è innamorata di lui.

L’estate trascorre nella residenza di Donnafugata, dove la famiglia entra a contatto con il sindaco del paese Don Calogero Sedara. Egli  rappresenta la nuova ambiziosa borghesia attratta dalla vecchia nobiltà.

La figlia del sindaco, Angelica, bellissima ragazza mette gli occhi su Tancredi, che cede al suo fascino. I due così si sposano.

Al momento di votare l’annessione al Regno di Sardegna, il principe di Salina decide per il no, nonostante gli venga anche offerto il posto di senatore.

Finale

Decide quindi di condurre il resto della sua esistenza appartato  fino al giorno della morte, avvenuta a Palermo a seguito di un viaggio a Napoli, assistito devotamente dalle cure dei familiari.

L’ultimo capitolo mostra invece la vita delle figlie di Fabrizio, dedicata completamente alla religione e all’illusione dei tempi passati.

Il principe di Salina non ha mai accettato i cambiamenti avvenuti nella sua regione a seguito dell’Unità d’Italia: i siciliani infatti si sono sentiti bloccati nella loro tranquillità e hanno visto gli italiani come invasori.

Analisi e commento

L’autore si è ispirato alla tradizione romanzesca siciliana di Giovanni Verga e Federico De Roberto e ci presenta la vicenda risorgimentale da un punto di vista machiavellico.

È stato considerato più che un romanzo storico, quasi un romanzo anti storico perché afferma non più la positività dell’esistenza quanto l’affermazione che il corso della storia genera nuove infelicità. La famiglia Salina infatti resterà chiusa per sempre nell’illusione di un mondo che ormai è cambiato completamente.

Il titolo si basa su una frase posta sullo stemma della famiglia Tomasi:

«Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra».

Il regista Luchino Visconti ne trasse anche un film nel 1963 che riscosse un ottimo successo.

Romanzo storico, sì o no?

Vittorio Spinazzola, in una analisi degli anni novanta intitolata “Il romanzo antistorico”, attribuisce a una triade di romanzi la fondazione di un nuovo atteggiamento del romanzo rispetto alla storia.

I tre titoli sono:

  1. I Viceré, di De Roberto;
  2. I vecchi e i giovani, di Pirandello;
  3. Il Gattopardo, di Tomasi di Lampedusa.

Secondo Spinazzola non vi è più l’ottimismo di una concezione storicista e teleologica dell’avvenire dell’uomo, bensì la dolorosa consapevolezza che la storia degli uomini non procede verso il compimento delle magnifiche sorti e progressive. Il romanzo antistorico è il deposito di questa concezione non trionfalistica della storia.

Nei tre testi citati, il corso della storia genera nuovi torti e nuovi dolori, invece di lenire i vecchi.

Un altro elemento di differenza tra Il Gattopardo e altri romanzi storici è il suo essere una trasposizione in un racconto di fantasia di vicende familiari che in parte sono realmente avvenute e sono state tramandate attraverso la bocca dei parenti di Tomasi di Lampedusa. A differenza – ad esempio – de I promessi sposi  – qui abbiamo una rappresentazione che è essa stessa una testimonianza storica di come una parte della nobiltà visse quel determinato periodo di transizione risorgimentale.

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Il mito di Amore e Psiche: spiegazione, riassunto e commento https://cultura.biografieonline.it/amore-psiche-mitologia/ https://cultura.biografieonline.it/amore-psiche-mitologia/#comments Tue, 26 Mar 2024 06:09:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20532 Il mito di Amore e Psiche è nato molti secoli fa ed ha avuto una grande diffusione soprattutto nell’epoca greco-romana. La prima testimonianza scritta, però, è quella presente nelle Metamorfosi di Apuleio.

Apuleio fu uno scrittore latino di origini africane che visse nel secondo secolo dopo Cristo.

La favola ebbe l’apice del successo soprattutto nell’età ellenistica.

La sua fama è durata nel tempo, attraverso i secoli. Basti pensare che sono numerosissime e vaste le rappresentazioni musicali, letterarie e artistiche ad essa dedicate.

Il mito di Amore e Psiche - mitologia - Cupido - Eros

Riassunto della storia: Amore e Psiche, il mito

Amore e Psiche è una storia d’amore tra Psiche, una fanciulla bellissima che però non riesce a trovare marito, e Amore, il figlio della dea della bellezza Venere.

La dea, infatti, gelosa della bellezza della ragazza che stava oscurando la propria, invia il figlio Amore (detto anche Eros o Cupido) a scoccare una freccia per far innamorare di lei l’uomo più brutto della terra. Cupido, però, sbaglia la mira e si punge, innamorandosi perdutamente della fanciulla.

Nel frattempo i genitori di lei, per risolvere il problema della ricerca del marito, la portano da un oracolo che gli consiglia di lasciare Psiche ai bordi di una rupe e aspettare che venga presa dal vento Zefiro, che avrà cura di consegnarla al futuro marito.

Psiche viene trascinata così in un palazzo e, piena di paura, attende la notte e l’arrivo del suo sposo. Non sa che, invece dell’uomo più brutto della terra, è andata in sposa al dio Amore.

I due vivono una grande passione che si consuma però solo di notte, in quanto Cupido non vuole far sapere nulla alla madre Venere per non scatenare la sua ira.

Psiche, istigata dalle sorelle, ha la curiosità di vedere in volto il suo sposo. Ella non l’ha mai visto perché questi arriva soltanto di notte. Munita di una lampada ad olio, una notte decide di illuminare il viso di Cupido. Con una goccia di olio bollente, lo ustiona e lo fa svegliare. Egli, deluso per la troppa curiosità di Psiche, scappa via.

Le prove di Psiche

La ragazza tenta il suicidio, ma le viene impedito di morire dagli dei. Inizia così a vagare di città in città, alla ricerca del suo Amore perduto. Ad un certo punto, si imbatte in un tempio di Venere, dove decide di fermarsi per placare le ire della dea.

Venere decide di sottoporla a numerose prove, che hanno come premio finale il ritorno del suo amato Cupido.

  1. La prima prova consiste nel suddividere un grande mucchio di grano in tante parti diverse. Essa non tenta di superare la prova ma, mentre piange sconfortata, viene aiutata da alcune formiche nel lavoro.
  2. La seconda prova è forse ancora più complicata della prima. Psiche deve recuperare la lana di alcune pecore dal vello d’oro. Ingenuamente, essa si avvicina a loro ma viene avvertita da un cane parlante che è meglio non provare a toccarle di giorno, perché sono delle belve terrificanti. Grazie al consiglio del cane, Psiche si reca di notte a recuperare la lana che è rimasta incastrata tra gli arbusti.
  3. L’ultima prova è la più difficile. Psiche viene costretta a scendere agli inferi per recarsi dalla dea Proserpina, che le darà una boccetta della sua bellezza. Al ritorno, però, in preda alla curiosità, apre l’ampolla e cade in un sonno profondo.

A questo punto Amore arriva in suo aiuto.

Egli chiede a Zeus, il padre degli dei, di poterli riunire per sempre.

Dopo tutte queste prove, i due innamorati sono finalmente liberi di amarsi, questa volta per l’eternità.

Commento

Il mito di Amore e Psiche è stato molto amato e studiato nel corso di tutte le epoche storiche.

Diverse sono state le interpretazioni.

Su tutte bisogna ricordare la seguente

Amore sarebbe la rappresentazione del desiderio del piacere e Psiche (che in greco significa “anima” e anche “farfalla“) quella dell’anima.

Altre interpretazioni, anche religiose, si sono susseguite nel corso dei secoli.

Il mito è stato di ispirazione ai più grandi letterati, poeti e artisti.

Si pensi alla favola (Les Amours de Psyché et Cupidon) che ne trasse Jean de La Fontaine, poeta e scrittore francese che visse alla corte del Re Sole (Luigi XIV) nel 1600.

Diverse sono poi le versioni romanzate, impossibili da nominare tutte perché numerosissime.

Tra queste, anche molte scritte da autori italiani, come Raffaele La Capria (1973).

amore e psiche antonio canova
Il mito di Amore e Psiche: la scultura di Antonio Canova è una delle più celebri sculture al mondo e una delle più rappresentative dell’intera storia dell’Arte.

La celebre scultura

Artisticamente non si può non ricordare l’opera omonima, la scultura Amore e Psiche, di Antonio Canova, attivo tra il XVIII e il XIX secolo. Oggi conservata al Louvre, è una delle sculture tra le più ammirate e fotografate, non solo del museo parigino ma forse dell’Europa intera.

Quadri, libri, opere liriche e persino fumetti sono stati dedicati alla grande storia d’amore tra Amore e Psiche, che è in grado di affascinare il lettore oggi, come allora.

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Illuminismo, i personaggi principali: riassunto per la scuola https://cultura.biografieonline.it/illuminismo-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/illuminismo-riassunto/#comments Tue, 26 Mar 2024 05:42:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19649 L’Illuminismo è un movimento intellettuale, politico e ideologico che nacque nell’Europa del Settecento. Esso ha caratterizzato tutto l’orientamento culturale del secolo stesso ed è stato fondamentale perché ha stravolto il pensiero intellettuale e non solo. Nacque in Francia ma si diffuse molto presto in Inghilterra e poi in tutta l’Europa, arrivando perfino al Nord America.

Illuminismo - Enciclopedia
Il frontespizio della “Enciclopedia”, l’opera simbolo dell’Illuminismo

La parola Illuminismo (in francese Lumieres, in inglese Enlightenment) deriva da lume: esso infatti ha lo scopo di illuminare le menti e il mondo, attraverso la ragione, per allontanare le tenebre della superstizione e dell’ignoranza .

Questo movimento, fondamentale per la nascita della cultura moderna, parte da un’idea di fondo. Gli uomini possono salvarsi non attraverso il ruolo di Dio (e quindi attraverso la religione) ma mediante l’uso del libero pensiero.

La rivoluzione dell’Illuminismo

Questo concetto era profondamente rivoluzionario per un periodo, quello del Settecento, da cui si era appena usciti dall’epoca degli assolutismi. I sovrani sfruttavano, quindi, la religione per imporre il proprio potere. Il re in persona veniva considerato diretto discendente divino.

Il Seicento, per molti aspetti, fu quindi un secolo ricco di superstizioni e credenze che non avevano alcun fondamento scientifico. A tutto ciò gli intellettuali reagirono con l’Illuminismo, con lo scopo di creare un nuovo modo di vedere le cose solo attraverso la ragione.

Da un punto di vista politico, l’Illuminismo comportò evidenti cambiamenti. Per la prima volta un movimento mise al centro l’individuo, il suo bisogno di libertà e la creazione di migliori condizioni di vita per tutti. Si affermò, inoltre, il concetto di uguaglianza sociale e di sovranità popolare, temi che avrebbero cambiato per sempre le sorti politiche europee.

Gli illuministi

Il padre dell’Illuminismo può essere considerato John Locke (1632-1704). Egli fu un importantissimo filosofo inglese, creatore dell’empirismo ovvero la teoria secondo la quale la conoscenza dipende completamente dall’esperienza.

Secondo il suo pensiero, quando si deve conoscere qualcosa è importante partire dalla pratica. Perché è solo attraverso l’esperienza che si può capire la realtà. Insieme a Locke, altri grandi intellettuali inglesi  che ispirarono gli illuministi furono Isaac Newton e David Hume.

John Locke
John Locke

In Francia

Le loro lezioni furono quindi recepite in Francia da alcune delle figure che sono diventate i pilastri di questo movimento: Voltaire, Rousseau, Montesquieu, Diderot, Fontenelle, D’Alembert ed altri intellettuali borghesi che si erano formati nei salotti letterari del tempo.

Con questi grandi esponenti nacque la figura dell’intellettuale al servizio dell’umanità. Essi, con le loro opere, intesero diffondere le credenze dell’Illuminismo in tutti i campi del sapere. Dalla politica, alle scienze diffusero i valori e i costumi in modo tale da liberare la cultura dalla superstizione e dall’ignoranza.

Lo scopo primario degli illuministi era infatti quello di creare una cultura aperta a tutti, in nome dell’autonomia della ragione. Soprattutto in nome della fiducia nel progresso legato alle scoperte scientifiche.

L’Enciclopedia

Fondamentale divenne così la stesura di un’enciclopedia che toccasse tutti i saperi e che fosse riscritta secondo i canoni dell’Illuminismo stesso. Nacque così l’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri. Sotto la direzione di Denis Diderot per la parte umanistica e di Jean D’Alembert per quella scientifica, l’opera cercò di valicare le differenze tra le diverse discipline per creare un sapere che fosse sempre aperto alla tecnica. A formare la monumentale opera che fu l’Enciclopedia, c’erano 17 volumi. Venne pubblicata tra il 1751 e il 1772.

Denis Diderot
Denis Diderot

Chiaramente, dando molta importanza alla ragione e criticando la religione e le sue credenze, l’Illuminismo entrò in collisione con la Chiesa. Questa inserì le opere degli intellettuali all’indice dei libri proibiti.

L’Illuminismo e la Chiesa

Anche l’Enciclopedia venne aspramente criticata perché la Chiesa era spaventata dalla diffusione di queste nuove teorie. In realtà Voltaire affermò spesso che l’uomo era naturalmente predisposto alla religione, dando vita ad una nuova dottrina chiamata deismo. Il deismo affermava l’esistenza di Dio ma rifiutava tutte le altre forme di religiosità.

In Italia

L’Illuminismo fu un movimento cosmopolita: si diffuse presto in tutto il Nord del mondo. In Italia si ricordano Pietro Verri (fondatore della rivista «Il Caffè») e Cesare Beccaria, che scrisse un trattato sulla pena di morte e la tortura (Dei delitti e delle pene). Questi furono temi davvero innovativi per l’epoca.

Dei delitti e delle pene
Dei delitti e delle pene, un’immagine dell’autore Cesare Beccaria e una delle prime pagine

Verso le rivoluzioni

Le nuove idee di libertà, uguaglianza e fratellanza si diffusero con grande successo tra gli intellettuali. Queste nuove idee aprirono talmente tanto le menti, da portare all’insorgere della Guerra d’Indipendenza Americana (1785-1783) e della Rivoluzione Francese (1789- 1799). Per la prima volta il popolo agì per contrastare l’assolutismo e ribadire i propri diritti di libertà e uguaglianza.

Liberté, Égalité, Fraternité (in italiano Libertà, Uguaglianza, Fratellanza) sono le parole che compongono un celebre motto francese del periodo dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese. Esso è poi divenuto il motto nazionale della Repubblica Francese.

L’Illuminismo può pertanto essere considerato come un movimento che ha rivoluzionato il mondo, che ha portato grandi conquiste per l’umanità (come affermarono i grandi filosofi tedeschi Marx ed Hegel). Certamente però ha avuto i suoi limiti.

In particolare il fatto che queste idee siano rimaste ferme agli intellettuali borghesi senza il coinvolgimento dell’intera popolazione.

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Jane Eyre: riassunto e breve commento al romanzo https://cultura.biografieonline.it/jane-eyre/ https://cultura.biografieonline.it/jane-eyre/#respond Mon, 05 Feb 2024 10:04:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10423 Famoso romanzo della scrittrice inglese Charlotte Brontë, Jane Eyre fu pubblicato per la prima volta nel 1847 con lo pseudonimo di Currel Bell. Si tratta di un romanzo di formazione: racconta cioè tutte le tappe della vita della protagonista Jane. È scritto inoltre in forma autobiografica: ella si rivolge in maniera diretta al lettore.

Jane Eyre, un'illustrazione tratta da una copertina inglese
Jane Eyre, celebre romanzo del 1847 scritto da Charlotte Brontë

L’importanza fondamentale del romanzo risiede nella descrizione dei cambiamenti di Jane, non soltanto dal punto di vista fisico ma soprattutto dal punto di vista psicologico: da giovane ragazza, la ritroviamo donna piena di passioni. Il romanzo risulta abbastanza attuale anche al giorno d’oggi soprattutto per l’attenzione dedicata alla psicologia e all’analisi interiore dei personaggi, in particolar modo della protagonista ,donna dotata di grande coraggio e forti sentimenti. Il romanzo riscosse all’epoca grande successo, ed è ancora oggi molto venduto nelle librerie.

Riassunto e trama

Il romanzo narra la storia di Jane Eyre, una bambina orfana che viene cresciuta da alcuni zii. Qui però viene derisa dai suoi cugini e maltrattata dalla zia. L’unico ad amarla è lo zio, che muore prematuramente. La zia pertanto la affida ad una sorta di collegio, dove vengono ospitate tutte bambine senza genitori.

È tenuta a dare una mano e a fare tanti sacrifici, crescendo in fretta, affrontando ogni giorno un’ ambiente difficile e soprattutto la morte della migliore amica, avvenuta per tubercolosi a causa delle pessime condizioni igieniche della struttura. Qui però continua i suoi studi e riesce anche a diventare insegnante.

Da donna indipendente trova un lavoro presso Thornfield Hall, come istitutrice della figlia adottiva di Mr. Rochester, la piccola Adele.

Jane lavora molto bene in questo clima fino all’arrivo di Mr. Rochester, un uomo arrogante che però viene subito colpito dalla ragazza. Egli le chiede la mano ma c’è un segreto nascosto tra quelle mura: l’uomo è già sposato con una tale Bertha Mason, una donna che è diventata pazza e viene tenuta rinchiusa nel castello. Jane quindi scappa, profondamente delusa e decide di andare a vivere presso un ecclesiastico St. John e le sue sorelle. Questi le propone di sposarlo e di andare con lui in missione in India ma Jane rifiuta, perché ancora innamorata di Mr. Rochester.

Finale

Torna a Thornfiel Hall e trova uno scenario devastato: il castello era stato bruciato da un incendio, in seguito al quale Bertha era morta e Mr. Rochester aveva perso la vista. Jane e il padrone di casa convolano finalmente a nozze e lui ritrova parzialmente la vista.

Charlotte Brontë
Un’immagine dell’autrice inglese, la scrittrice Charlotte Brontë

Commento e analisi

La scrittura della Brontë è così introspettiva che sembra quasi di dimenticare la vita reale per calarsi direttamente nei panni della protagonista. Jane è una donna sicuramente molto moderna per l’epoca, indipendente e passionale ma dotata anche di una forte integrità morale.

Bertha sembra essere quasi il suo alter ego: quel lato bestiale che doveva essere represso nella società Vittoriana ma che riemerge sconvolgendo l’equilibrio di tutti.

È un romanzo che lascia soddisfatti i lettori per il suo lieto fine, raggiunto però ad un alto costo.

Jane Eyre: locandina del film del 2011
Jane Eyre: locandina del film del 2011

I film

Esistono numerose trasposizioni cinematografiche e televisive di questo celebre romanzo. Le più note sono probabilmente i film:

 

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Le 12 fatiche di Ercole https://cultura.biografieonline.it/ercole-12-fatiche/ https://cultura.biografieonline.it/ercole-12-fatiche/#comments Fri, 24 Nov 2023 11:52:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22264 Le 12 fatiche di Ercole, detto Eracle in greco, sono delle storie che fanno parte della mitologia greca. Si ipotizza che siano state unite in un unico racconto chiamato L’Eracleia dall’autore Pisandro di Rodi, intorno al 600 a.C. Purtroppo però nulla si sa di certo perché questo testo è andato perduto. Certamente sappiamo che le storie sono state tramandate oralmente e sicuramente in un primo momento in maniera distinta. Esse raccolgono tutte quelle imprese che l’eroe Ercole ha dovuto compiere per espiare il peccato di aver ucciso sua moglie e i suoi figli durante un attacco d’ira. Tale condizione fu scatenata dalla dea Era per gelosia nei suoi confronti.

Ercole - Eracle - Dodici fatiche - Leone di Nemea - 12 fatiche di Ercole
Illustrazione: Ercole sconfigge il Leone di Nemea nella prima delle sue dodici fatiche. Esiste anche un riferimento astrologico con la Costellazione del Leone.

La nascita di Ercole

Ercole nacque da una relazione tra sua madre Alcmena, moglie di Anfitrione re di Tirinto, e Zeus, re degli dei. Quest’ultimo si innamorò della fanciulla e, per possederla, decise di assumere le sembianze del marito per una notte, così da potersi introdurre nel suo letto senza destare sospetti. Da questa relazione nacque Eracle, chiamato poi Ercole nella mitologia romana. Era, la moglie di Zeus, era molto gelosa del bambino che suo marito aveva avuto da un’altra donna e per questo rese la vita impossibile al fanciullo sin da quando aveva una tenera età. Mise due serpenti velenosi nella culla del bambino, che però fu così forte – la forza è la caratteristica principale dell’eroe Eracle – che riuscì ad ucciderli.

L’Oracolo di Delfi

L’ira di Era non si placò nel corso degli anni, anzi restò sempre vivida: fu a causa sua che l’eroe ebbe un attacco di rabbia e, in preda a questo sentimento, uccise la moglie Megara e i loro otto figli. Dopo questo evento, egli volle suicidarsi ma il suo amico Teseo e il re Tespio lo convinsero a recarsi presso l’oracolo di Delfi per purificarsi.

L’Oracolo consigliò all’eroe di mettersi al servizio del re di Argo, Micene e Tirinto, Euristeo. Egli fu colui che gli ordinò di eseguire le dodici fatiche, nell’arco dei dodici anni in cui sarebbe rimasto al suo servizio. Euristeo era però la persona che aveva usurpato il trono, posto che sarebbe invece spettato di diritto ad Ercole. L’eroe quindi provava un forte risentimento nei confronti di Euristeo. Se avesse superato queste prove, Eracle-Ercole avrebbe ottenuto l’immortalità.

Le 12 fatiche di Ercole: l’elenco

Le dodici imprese che Ercole dovette compiere sono nell’ordine:

  1. L’uccisione del leone di Nemea

    Eracle doveva cercare questo leone che terrorizzava la gente e che viveva nella zona compresa tra Micene e Nemea. Riuscì nell’intento strangolandolo con la forza delle sue mani. Con la pelle dell’animale (che aveva il dono dell’invulnerabilità) si cucì poi un mantello.

  2. L’uccisione dell’immortale Idra di Lerna

    Questo mostro, l’Idra di Lerna, era un serpente enorme che viveva in una palude. Aveva sette teste e non appena venivano recise, ricrescevano. Ercole riuscì a sconfiggerlo bruciando i tronconi da cui spuntavano le teste e schiacciandolo con un masso.

  3. La cattura della cerva di Cerinea

    La cerva era l’animale sacro ad Artemide, dea della caccia, e aveva il potere di incantare chiunque la inseguisse, conducendolo in luoghi dai quali non avrebbe più fatto ritorno. Ercole riuscì a condurre la cerva di Cerinea al re, ferendola leggermente. Euristeo rimase stupito della riuscita dell’impresa. Rimise poi la cerva in libertà per non far infuriare la dea Artemide.

  4. La cattura del cinghiale di Erimanto

    Ercole riuscì a catturare il feroce cinghiale di Erimanto che stava devastando la regione dell’Attica.

  5. Ripulire in un giorno le stalle di Augia

    Le stalle di Augia non venivano pulite da circa trent’anni. Ercole riuscì a portare a termine l’impresa in un solo giorno, deviando il corso di un fiume.

  6. La dispersione degli uccelli del lago Stinfalo

    Gli uccelli stavano devastando la regione del lago di Stinfalo cibandosi di carne umana. Erano uccelli mostruosi, con penne, becco ed artigli di bronzo. Con le loro penne che fungevano da dardi erano capaci di trafiggere mortalmente le loro vittime. Avevano inoltre un finissimo senso dell’udito. Ercole per sconfiggerli sfruttò proprio questa caratteristica. La dea Atena donò all’eroe delle potenti nacchere (o sonagli) di bronzo, il cui suono rese i mostruosi uccelli vulnerabili. Uccise così buona parte dello stormo utilizzando frecce avvelenate con il sangue dell’Idra di Lerna. Gli uccelli sopravvissuti invece volarono via per sempre.

  7. La cattura del toro di Creta

    L’eroe riuscì a catturare la terribile bestia, il toro di Creta, che stava creando molti problemi nell’isola. Vi riuscì grazie all’utilizzo di una particolare rete da lui costruita.

  8. Il rapimento delle cavalle di Diomede

    Le terribili cavalle di Diomede venivano nutrite con carne umana. Ercole riuscì a catturarle dopo aver ucciso il proprietario. Questi venne divorato dai suoi stessi animali.

  9. La presa della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni

    La richiesta relativa alla nona fatica di Ercole venne da Admeta, figlia di Euristeo. Ella desiderava la bellissima cintura d’oro della regina delle Amazzoni, Ippolita. L’oggetto, che le era stato donato dal padre Ares, la rendeva fortissima. Ercole partì con alcuni eroi, tra cui Teseo (anch’egli protagonista di 6 mitologiche fatiche), e riuscì ad ottenere la preziosa cintura dopo una battaglia con le terribili donne guerriere. Queste erano inoltre state spinte da Era ad odiarlo.

  10. Il rapimento dei buoi di Gerione

    Gerione fu un mostro con tre teste e sei braccia. I suoi buoi erano ben custoditi ai confini del mondo allora conosciuto. Ercole separò due monti e vi piantò due colonne (le colonne d’Ercole, oggi identificate con lo stretto di Gibilterra) pur di raggiungere gli animali. Nonostante una dura lotta con Gerione, riuscì nell’intento.

  11. La presa delle mele d’oro nel giardino delle Esperidi

    Ercole riuscì ad ottenere le preziose tre mele d’oro, scoprendo dove si trovava il giardino delle Esperidi. Lo fece mettendo in atto un tranello di cui fu vittima Atlante, l’unico a sapere l’esatta ubicazione del luogo.

  12. Portare vivo Cerbero a Micene

    Ercole riuscì con la forza delle sue mani a domare Cerbero, il terribile cane a tre teste che era posto a guardia degli inferi. Una volta giunto a Micene con Cerbero, il re Euristeo però ebbe così tanta paura dell’animale che ordinò ad Ercole di riportarlo indietro. Colpito dal suo coraggio, il re decise che era arrivato il momento di far terminare le fatiche di Ercole, liberando l’eroe dalla sua prigionia.

Le dodici fatiche di Ercole - Ercole e le tre mele d'oro - Eracle e Atlante
A sinistra Ercole con i tre pomi d’oro. A destra Atlante, che sorregge il mondo sulle sue spalle.

La metafora delle dodici fatiche di Ercole

Le 12 fatiche di Ercole possono essere interpretate come metafora di un cammino spirituale e di purificazione. Esse sono 12 perché nella più famosa rappresentazione scultorea nel tempio greco dedicato a Zeus ad Olimpia, sono appunto rappresentate in 12 metope (elementi architettonici del fregio dell’ordine dorico dell’architettura greca e romana).

Le leggende che circolavano intorno all’eroe e alle sue dodici fatiche, divennero poi famose nel corso dei secoli. Esse sono state narrate in particolare nella Teogonia di Esiodo e in numerose tragedie, sia di Sofocle che di Euripide. La fama dell’eroe Eracle-Ercole è rimasta intatta fino ai giorni nostri, grazie al suo coraggio e alla sua forza ma soprattutto al suo voler sfidare la morte.

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Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io, sonetto di Dante Alighieri: analisi e parafrasi https://cultura.biografieonline.it/guido-vorrei-che-tu-lapo-ed-io/ https://cultura.biografieonline.it/guido-vorrei-che-tu-lapo-ed-io/#comments Fri, 10 Nov 2023 07:37:45 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20860 Il sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io è uno dei più celebri di tutta la produzione di Dante Alighieri. Probabilmente risale alla prima fase dell’attività lirica di Dante, databile intorno al periodo tra il 1283 e il 1290. Nella lirica in esame, il poeta si rivolge a Guido Cavalcanti, il “primo amico” (come viene definito nella Vita Nova), che gli risponde anche lui con un sonetto intitolato “S’io fosse quelli che d’amor fu degno“, di atmosfera però più cupa. Guido è citato dal padre Cavalcante dei Cavalcanti nel Canto X dell’Inferno. L’altro amico citato nel titolo è Lapo Gianni, anch’egli poeta.

Dante Alighieri - Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
Dante Alighieri

Il componimento dantesco fa parte delle Rime, che sono state raccolte non dall’autore ma dagli studiosi e filologi. Esse sono un corpus di poesie composte tra il 1283 e il 1307 che comprende:

  • rime giovanili (prestilnoviste su modello di Guittone d’Arezzo);
  • rime stilnoviste in senso stretto;
  • rime allegoriche e dottrinali;
  • le rime petrose dedicate alla donna Petra;
  • rime varie.

Alla raccolta appartengono anche tutte le rime che sono state poi inserite dall’autore all’interno della Vita Nova e del Convivio, lavori considerati tra le opere minori di Dante, rispetto al suo capolavoro La Divina Commedia. Le Rime, che racchiudono diversi stili al loro interno, sono un esempio importante dello sperimentalismo e del plurilinguismo dantesco, precedente alla Commedia.

La lirica in esame – Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io – è un sonetto, composto quindi da due quartine e due terzine con il seguente schema di rime:

ABBA, ABBA, CDE, EDC

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.

Parafrasi

Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io
fossimo soggetti ad un incantesimo
e posti su un vascello, che ad ogni soffio di vento
andasse lungo il mare secondo il nostro volere;

cosicché la tempesta od ogni altra sventura
non ci potesse essere d’ostacolo,
ma anzi, avendo gli stessi desideri,
crescesse il desiderio di stare assieme.

E che Monna Vanna e Monna Lagia,
oltre a colei che è la trentesima
il nostro mago ci ponesse vicino:

e qui discutere sempre sull’amore,
e ciascuna di loro fosse felice,
così come, credo, lo saremmo noi [poeti].

Analisi del testo

Il tema centrale del sonetto “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io” è incentrato sulla visione stilnovista dell’amore e dell’amicizia. Dante Alighieri sogna di trovarsi su una nave incantata con Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, i suoi migliori amici, circondati dalle donne che amano e a parlare d’amore. I modelli a cui Dante si ispira sono quelli del plazer, un componimento tipico francese che è un elenco di cose piacevoli e desideri, e del ciclo bretone e carolingio per il tema della magia e dell’incanto.

Le quartine

La prima quartina quindi inizia in un clima di amicizia tra tre poeti. L’incipit presenta i primi tre personaggi maschili. Dante li immagina presi da una magia e messi insieme in un piccolo vascello che può navigare con ogni tipo di vento. I termini rinviano tutti alla tradizione medievale del ciclo bretone, in particolare la nave incantata, che ricorda quella di Mago Merlino.

Nella seconda quartina Dante continua la descrizione dell’atmosfera magica del vascello. Egli auspica che essi possano continuare a navigare in qualunque condizione atmosferica e uniti sempre da una comune volontà (vivendo sempre in un talento, v.7).

Nella prima terzina vengono presentate le tre figure femminili:

  • Donna Vanna, amata da Cavalcanti (di questo poeta abbiamo analizzato la poesia d’amore Perch’i’ no spero di tornar giammai);
  • Donna Lagia, amata da Lapo;
  • quella che è sul numer de le trenta, ossia la donna che si trova al 30° posto. Ella non è Beatrice, bensì una donna schermo che Dante avrebbe nominato in un sirventese (composizione poetica) ormai perduto.

Dante immagina che il buon incantatore (l’artefice di questo sogno, forse Mago Merlino) possa portare su questo vascello le donne, e che tutti insieme (seconda terzina) possano parlare sempre dell’amore.

L’atmosfera è rarefatta. Questo gruppo di poeti è ovviamente isolato dal resto del mondo perché la nave è un luogo privilegiato dove essi possono immergersi completamente nei loro discorsi sull’amore. Il pubblico a cui l’autore si rivolge è elitario, infatti soltanto gli intellettuali possono apprezzare i valori di cortesia e gentilezza. Il lettore è quindi immerso in pieno clima stilnovistico.

Commento all’opera

Dal punto di vista stilistico bisogna evidenziare la presenza del polisindeto (presenza di congiunzioni) al v.1 “che tu e Lapo e io” e la forte ricorrenza di verbi al plurale. Dal punto di vista delle scelte lessicali, prevalgono i termini che ricordano la letizia, la felicità (es. ripetizione della parola “sempre” ai versi 7 e 12, la parola “disio” al v. 8, “contenta” al v. 13 etc.). Molti sono poi i termini che rinviano alla dimensione fiabesca: “incantamento” (v. 2), “incantatore” v. 11, “vasel” v. 3.

La poesia “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io” è senz’altro una delle più belle testimonianze che ci ha lasciato Dante Alighieri della sua produzione. E’ un componimento che proietta immediatamente il lettore in un mondo fantastico, in cui i letterati si dedicano all’amore tutto il giorno e rappresentano a pieno gli ideali del Dolce stil novo.

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Realismo in letteratura: Italia e Francia, Verismo e Naturalismo https://cultura.biografieonline.it/realismo-letteratura-italia-francia-verismo-naturalismo/ https://cultura.biografieonline.it/realismo-letteratura-italia-francia-verismo-naturalismo/#comments Fri, 22 Sep 2023 12:19:19 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41075 Il Realismo è un movimento culturale che si è affermato in tutta Europa nella seconda metà dell’Ottocento. In particolare come reazione a quello che era stato il Romanticismo e la poetica delle illusioni.

Realismo in letteratura

Il Realismo, infatti, raccoglie sotto di sé tutti quegli scrittori che vogliono rappresentare la realtà così com’è, nelle sue storture e imperfezioni. L’obiettivo è cogliere, attraverso un’analisi scientifica della realtà, la situazione dell’uomo nell’ambiente fisico in cui vive.

Realismo in Letteratura
Realismo in Letteratura

Così, il Realismo si traduce in due movimenti letterari molto importanti, che per certi versi possono dirsi paralleli:

Il Naturalismo in Francia

Esso nasce intorno agli anni Settanta dell’Ottocento proprio come reazione a queste nuove correnti positiviste e realiste che si stavano diffondendo in quegli anni.

In Francia, infatti, si era sviluppato il Positivismo: un movimento culturale che rifiutava ogni tipo di visione religiosa per analizzare in maniera scientifica la realtà.

Il principale esponente fu Hippolyte Taine, che aveva indicato come modello di scrittore-scienziato Honoré de Balzac. Secondo lui il romanzo doveva essere una grande inchiesta sull’uomo e sulle degenerazioni della natura umana; quindi lo scrittore doveva indagare la natura umana con rigore scientifico.

I precursori di questo movimento sono stati proprio il già citato Balzac e Gustave Flaubert; quest’0’ultimo elaborò un nuovo tipo di narrazione impersonale: il narratore non interviene nella vicenda con giudizi espliciti ma racconta solamente i fatti dal punto di vista dei personaggi (impersonalità dell’opera d’arte ed eclisse del narratore).

Tali tecniche vengono alla luce nel capolavoro di Flaubert Madame Bovary (1857).

Madame Bovary - Flaubert
Madame Bovary – Flaubert

Il Realismo appare poi anche nelle opere dei fratelli Edmond e Jules de Goncourt, ma arriva al suo apice con lo scrittore Émile Zola: egli espone le sue teorie nel saggio Il romanzo sperimentale (1880), in cui afferma che lo scrittore deve applicare il metodo scientifico anche sulla psicologia umana.

Egli tenta  poi di inserire queste sue teorie nel ciclo di romanzi I Rougon-Macquart, in cui vuole descrivere la società francese in tutte le sue classi sociali.

Il Verismo in Italia

Le opere di Zola si diffondono in Italia grazie agli scrittori Luigi Capuana e Giovanni Verga, che scrivono molte recensioni dei suoi romanzi sui giornali italiani.

Insieme anche a Matilde Serao e Federico De Roberto, sono considerati appartenenti ai cosiddetti veristi italiani: essi non sono stati un gruppo di scrittori ben organizzato e coeso, ma hanno recepito la lezione del Naturalismo francese e l’hanno trasposta nei loro romanzi, proponendo quindi una nuova corrente letteraria italiana sulla stessa scia di quella d’oltralpe.

Capuana è considerato il teorico del Verismo in quanto rifiuta la concezione di letteratura da indagare mediante un metodo scientifico: la scientificità e l’oggettività, secondo lui, sono da ricercarsi solo attraverso i mezzi espressivi e l’impersonalità della narrazione (ecco quindi cosa differenzia il Naturalismo francese dal Verismo italiano).

Giacinta - Luigi Capuana - copertina del libro
Giacinta – Luigi Capuana – copertina del libro

In realtà, quindi, i Veristi italiani si possono accomunare al Naturalismo per la scelta di rappresentare la realtà popolare e di utilizzare un narratore impersonale, ma restano lontani da quella visione scientifica della realtà dei francesi.

Non c’è bisogno di citare l’importanza delle opere di Verga nel panorama letterario italiano, ma è utile ricordare scrittori come De Roberto, ancora poco conosciuti, che utilizza la tecnica dell’impersonalità in modo originale con la costruzione di discorsi indiretti liberi.

I Viceré – La prima edizione del capolavoro di Federico De Roberto è del 1894
I Viceré – La prima edizione del capolavoro di Federico De Roberto è del 1894

Questa nuova corrente realista si svilupperà in tutti i paesi europei, anche in Inghilterra e Russia, solo per citarne alcuni.

È quindi fondamentale mettere in comunicazione tutta la letteratura europea, per avere un quadro maggiormente definito delle varie correnti che saranno poi attive nel corso del tempo.

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