Personaggi storici Archivi - Cultura https://cultura.biografieonline.it/argomento/personaggi-storici/ Canale del sito Biografieonline.it Fri, 23 Dec 2022 16:23:03 +0000 it-IT hourly 1 Re Artù tra storia e leggenda https://cultura.biografieonline.it/re-artu-storia-leggenda/ https://cultura.biografieonline.it/re-artu-storia-leggenda/#comments Fri, 23 Dec 2022 09:44:37 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=40752 Re Artù è esistito veramente?

Non esiste una risposta univoca a questa domanda che molti lettori e appassionati si sono posti nel corso dei secoli. Esistono alcune deboli tracce storiche riguardo la sua persona. Il periodo è quello risalente alla fine dell’Impero Romano. Sulla base di tali tracce sono state costruite tutte le storie tramandate di generazione in generazione.

Quasi sicuramente Artù fu un valoroso capo della popolazione celtica attivo intorno al V-VI sec. d.C. che lottò contro gli invasori anglosassoni.

Le sue azioni e il suo eroismo servirono a scacciare gli invasori e a garantire una certa pace nel sud della Gran Bretagna.

Re Artù - King Arthur
Immagine tratta dalla copertina del libro per ragazzi Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda (Domenico Volpi, 2016, Ed. Giunti)

La letteratura dedicata alla figura di Re Artù

Molte sono state le opere letterarie dedicate alla sua figura. La prima e più completa è l’Historia regum Britanniae (Storia dei re della Britannia) scritta da Goffredo di Monmouth, un cronista inglese attivo intorno al XII secolo.

Quest’opera ebbe un grande successo e ispirò una serie di leggende successive dedicate alla figura di Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda. Tali storie venivano tramandate oralmente di corte in corte.

Un altro grande autore che si occupò di questi argomenti fu il francese Chrétien de Troyes. Egli compose numerosi romanzi intorno al XII secolo; in essi raccontò le avventure e gli amori di alcuni nobili alla corte di re Artù. L’autore ottenne un successo enorme e questi argomenti, chiamati Ciclo Bretone, si diffusero moltissimo in tutta Europa, anche in Italia.

Chrétien de Troyes
Chrétien de Troyes

Nel corso del Medioevo molti furono gli autori che si dedicarono a questi temi ma, col passare dei secoli, questo filone andò decadendo. Una lieve ripresa si ebbe soltanto intorno al XIX secolo.

Oggigiorno le storie dedicate a Re Artù vengono utilizzate soprattutto al cinema, nei fumetti, canzoni e teatro.

La sua storia

Nei racconti del ciclo Bretone, Re Artù appare come il figlio segreto del re di Britannia Uther Pendragon e di Igraine, la moglie del duca di Tintagel.

Il re, affascinato dalla bellezza della donna, si era rivolto al famoso Mago Merlino per riuscire a giacere con lei. Il mago, infatti, gli aveva fatto assumere le sembianze di suo marito per una notte.

Il duca morì poi in battaglia e Igraine riuscì a sposare il re Uther. Il bambino venne poi consegnato a Mago Merlino, che lo fece crescere con lui.

Egli venne riconosciuto re, secondo la leggenda, perché riuscì ad estrarre la spada Excalibur che si trovava bloccata in un incudine.

Governò poi secondo giustizia, riuscendo anche ad allontanare gli invasori Sassoni.

Quanto sia realtà e quanto sia leggenda è purtroppo complicato stabilirlo. Soprattutto perché in quel periodo le fonti celtiche non venivano trascritte ma tramandate soltanto oralmente.

Poster del film epico Excalibur (1981)
Poster del film di animazione Disney La spada nella roccia (1963)

Curiosità

Molti sono stati i film, le serie tv, i fumetti dedicati a questo famoso personaggio. Ne citiamo uno: nel film X Men II Magneto legge questa storia nella sua cella; esistono anche molti videogiochi dedicati ad Artù, come Stronghold Legends e Dark Age of Camelot; una serie a fumetti è dedicata al principe Valiant.

Innumerevoli sono poi le rappresentazioni artistiche, dedicate anche ad altri personaggi del ciclo arturiano.

In Italia, in provincia di Siena, precisamente nell’Abbazia di San Galgano, si trova una spada conficcata nella roccia: secondo la leggenda, sarebbe la spada del cavaliere Galgano Guidotti che si convertì al cattolicesimo dopo una vita dissoluta e la conficcò in una fessura della roccia per trasformarla in una croce sulla quale pregare.

Sean Connery - Re Artù
Sean Connery interpreta Re Artù nel film “Il primo cavaliere” (1995)
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Elisabetta II, la regina dei record https://cultura.biografieonline.it/elisabetta-regina-dei-record/ https://cultura.biografieonline.it/elisabetta-regina-dei-record/#comments Thu, 08 Sep 2022 15:02:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15507 Elisabetta II è un’icona e un’incredibile macchina da lavoro. Il suo personaggio è presente ovunque in Inghilterra sotto forma di immagini, foto e oggetti di ogni tipo; da quando la sovrana ha deciso per motivi economici di aprire al pubblico una parte dei suoi castelli la quantità di curiosi che hanno pagato il biglietto per vedere come vive un re, sono stati tantissimi. Ma soprattutto il suo lungo percorso come regina le ha permesso di essere, in questi ultimi anni, il personaggio in vita più rappresentativo del XX secolo. Elisabetta II - corona

Ha conosciuto 6 papi, 12 primi ministri inglesi, un numero incalcolato di ministri e capi di Stato esteri, ha superato il record del monarca più longevo sul trono di Inghilterra (la regina Vittoria, che diede il nome a un’epoca) e sicuramente fra i più longevi del mondo; ha commesso pochi errori, il più madornale dei quali è stato quello di non aver interpretato per tempo il sentimento di cordoglio del popolo britannico per la morte di Diana Spencer.

In questo momento, mentre scrivo, non ha nessuna intenzione di abdicare in favore del figlio Carlo che alla bella età di 67 anni deve ancora iniziare a lavorare come re. Eppure malgrado gli scandali che la sua famiglia le ha procurato e l’inevitabile caduta del prestigio della monarchia nell’arco degli ultimi 50 anni, Elisabetta II è ancora molto amata e rispettata dal popolo britannico e da molte persone che non vivono in Inghilterra ma ammirano la sua dignità e il suo senso del dovere.

Giovanissima, Elisabetta è diventata regina, dopo che il padre, Giorgio VI, è morto forse per le troppe responsabilità che ne hanno minato la già fragile salute. Giorgio VI infatti sostituì il fratello maggiore Edoardo VIII, il quale abdicò perché innamorato della signora Wallis Simpson, già divorziata. L’abdicazione del fratello e la inevitabile accettazione del trono mentre l’Europa stava per entrare in guerra lo costrinsero ad assumere pesanti responsabilità (parte della sua storia è narrata nel film “Il Discorso del Re“).

Elisabetta, l’ultima regina: il libro

La figlia primogenita arrivò sul trono nel 1953, a soli 27 anni. La sua vita è raccontata bene da Vittorio Sabadin che nel saggio Elisabetta II, pubblicato da Utet, analizza in modo distaccato la regina dei record.

Elisabetta 2 - libro
La copertina del libro di Vittorio Sabadin “Elisabetta – l’ultima regina” (Utet, 2015)

Elisabetta ha affrontato nell’arco del suo regno migliaia di chilometri per poter essere presente in tutti i territori del Commenwealth, ha incontrato più capi di stato lei che un libro di storia, ha partecipato a quasi un evento al giorno ed è riuscita anche a rappresentare un notevole guadagno per l’Inghilterra, avendo aumentato con la sua presenza le esportazioni inglesi. Sabadin racconta la vita di Elisabetta non solo attraverso i suoi impegni ufficiali ma anche attraverso la storia della sua famiglia, che è inevitabilmente legata al suo personaggio.

Ne scaturisce un ritratto straordinario, in cui una donna con uno spiccato senso del dovere è riuscita a salvare e a preservare il senso di dignità che il suo ruolo prevede. Ma il libro è anche un interessante ripasso della storia inglese del XX secolo e un curioso vademecum sul complesso rapporto fra la sovrana, che ricopre un ruolo da capo di Stato e il governo britannico, la più antica democrazia del mondo, in cui i ruoli fra monarchia e parlamento sono ben distinti. Elisabetta ha sempre rispettato questa differenza tanto che il suo ruolo è stato soprattutto di rappresentanza più che di sostanza. Elisabetta II - regina

Vittorio Sabadin sottolinea questo aspetto ma precisa anche quanto questa rappresentanza con il suo prestigio abbia indirettamente influenzato la politica interna ed estera del Regno Unito. “Elisabetta. L’ultima regina” è un buon libro perché unisce la cronaca alla storia, il ritratto psicologico ad una sapiente gestione delle fonti che ci permette di scoprire inedite informazioni sulla regina più rispettata d’Europa.

Come ad esempio il racconto sulle sue vacanze a bordo del Britannia, yacht reale oramai in disarmo che l’ha accompagnata per quasi 50 anni, oppure il rapporto fra lei e il Duca di Edimburgo, Filippo, più importante di quello che si pensi, anche se lui come principe consorte si è definito un’ameba. Ma più importante ancora: il libro racconta bene la difficoltà per una donna che è stata abituata a svolgere sempre il suo dovere, ad accettare i cambiamenti radicali che la monarchia ha dovuto subire sia nel rapporto con la politica e lo Stato sia nei rapporti con i cittadini.

Elisabetta II
Elisabetta II

Elisabetta, quando deciderà di abdicare, lascerà, però, una famiglia reale più forte, un’istituzione più amata di quando è salita al trono e una Gran Bretagna che giocherà un ruolo sempre più forte in Europa.

Leggi anche le altre recensioni dei libri dello stesso autore:

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I poeti maledetti: chi erano? (Riassunto) https://cultura.biografieonline.it/poeti-maledetti/ https://cultura.biografieonline.it/poeti-maledetti/#comments Sat, 27 Nov 2021 15:22:36 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7965 La definizione di poeti maledetti trae origine da un’opera del poeta francese Paul Marie Verlaine (1844-1896), ovvero Les poètes maudit che, pubblicata nella sua prima edizione nel 1884, comprende, oltre ai testi dello stesso Verlaine, alcuni testi dei poeti francesi Arthur Rimbaud (1854-1891), Tristan Corbière (1845-1875) e Stéphane Mallarmé (1842-1898).

Poeti maledetti - Damned poets - Poètes maudit
I poeti maledetti in un quadro di Henri Fantin-Latour (1872). I primi due a sinistra sono Verlaine e Rimbaud.

Nel 1888, esce un’edizione aggiornata con inserite le opere della poetessa francese Marceline Desbordes-Valmore (1786-1859), dello scrittore francese Auguste de Villiers de l’Isle-Adam (1838-1889), e di Pauvre Lelian, pseudonimo e anagramma di Paul Verlaine. Nella sua opera, Verlaine li definisce “poeti maledetti“, descrivendoli come anticonformisti, ribelli, innovatori, dei “poeti assoluti”.

Paul Verlaine
Il poeta francese Paul Verlaine: dalla sua opera Les poètes maudit trae origine la definizione di “poeti maledetti”

Il poeta e scrittore francese Charles Baudelaire (1821-1867)con il suo pensiero e le sue opere, tra cui ricordiamo Les Fleurs du Mal, I fiori del male, ha influenzato i poeti successivi a lui ed è considerato uno dei precursori dei poeti maledetti.

Charles Baudelaire
Charles Baudelaire, precursore dei poeti maledetti

La nozione del poète maudit costituisce il mito del pensiero romantico e domina l’ideologia della poesia della seconda metà del XIX secolo; la sua immagine definisce una condizione di disagio nei confronti della società, con conseguente isolamento, tendenza alla ribellione ed alla provocazione. La sregolatezza di questo stile di vita si traduce anche nell’inclinazione all’uso di alcol e droghe, alla ricerca di esperienze intense con l’intento di riuscire ad evocare sensazioni e situazioni estreme, con la tendenza all’autodistruzione.

Interpretazione dei testi

I testi dei poeti maledetti sono sovente di difficile lettura ed interpretazione, poiché il sentirsi incompreso sfocia nella difficoltà ed impossibilità di esprimere il proprio essere, divenendo esso la propria prigione. Dall’animo sofferente e malinconico, tormentati da patimenti e turbamenti esistenziali, tendenti al vizio e alla ricerca di piacere, i poeti maledetti sono il simbolo dell’angoscia umana che deriva dall’osservazione della decadenza della società in cui vivono. Descrivendo le crude realtà della vita, considerano la poesia come una realtà superiore, eterna ed infinita.

La poesia diviene il modo per comprendere il senso della realtà: attraverso una sregolatezza dei sensi, il poeta diventa “veggente” e attribuisce alla poesia un potere magico, in grado di addentrarsi nelle verità profonde e celate della vita e dell’anima, illuminandole. L’arte viene celebrata come strumento per esplorare l’ignoto attraverso i simboli, per penetrare nell’animo umano, nelle sue emozioni e nei suoi desideri inconsci.

Arthur Rimbaud, afferma che “il Poeta si fa Veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi” e chesolo l’Amore divino conferisce le chiavi della conoscenza”.

Arthur Rimbaud
Il poeta maledetto Arthur Rimbaud

“Scrivevo silenzi, notti, notavo l’inesprimibile, fissavo vertigini” (Arthur Rimbaud)

“E’ la pena più grande | non conoscerne il motivo, | senz’amore e senz’odio, | il mio cuore ha tanta pena!”  (Paul Verlaine)

L’assenzio

Bevanda prediletta da poeti e artisti maledetti, l’assenzio è un distillato molto amaro dal gusto di anice, ad alta gradazione alcolica. E’ derivato dai fiori e dalle foglie dell’Assenzio maggiore, pianta erbacea dal quale prende il nome, contenente semi di anice verde.

Di colore che può variare dal giallo tenue al verde smeraldo, ha la sua massima diffusione nell’800 e viene assunto aggiungendo zucchero o ghiaccio.

Nel 1915 in Francia l’assenzio viene ritirato dal commercio e la sua produzione vietata.

Durante il suo secondo periodo parigino, nel 1901, il grande pittore Pablo Picasso realizza l’opera La bevitrice di assenzio.

La bevitrice di assenzio
La bevitrice di assenzio, 1901, opera di Pablo Picasso

Artisti maledetti

L’appellativo di maledetto viene usato per definire anche artisti di epoche diverse che hanno alimentato questo mito; i poeti francesi:

  • François Villon (1431-1463),
  • Aloysius Bertrand (1807-1841),
  • Gérard de Nerval (1808-1855),
  • Lautréamont (1846-1870),
  • Petrus Borel (1809-1859),
  • Charles Cros (1842-1888),
  • Germain Nouveau (1851-1920)

I poeti inglesi:

  • Thomas Chatterlon (1752-1770),
  • John Keats (1795-1821)

E poi:

Arthur Rimbaud e Jim Morrison

Arthur Rimbaud rappresenta un poeta culto per l’icona del rock, poeta e leader carismatico della band The Doors, Jim Morrison: nella sua musica, oltre che nella sua vita, si può individuare un forte legame con il poeta maledetto.

Jim Morrison
Jim Morrison

Nel 1968, Wallace Fowlie, professore di letteratura francese alla Duke University, riceve da Jim Morrison una lettera di complimenti per la sua traduzione delle opere di Rimbaud. Da questo avvenimento, molti anni dopo, nacque il saggio “Rimbaud e Jim Morrison. Il ribelle come poeta”, pubblicato ne 1994, in cui Fowlie evidenzia le similitudini tra le loro vite e descrive le analogie tra le opere di Rimbaud ed i testi e le poesie di Jim Morrison, nelle quali l’influenza di Rimbaud è quasi evidente.

Poeti maledetti, immersi nelle tempeste interiori del genio e della sregolatezza poiché, come disse Aristotele:

Non esiste grande genio senza una dose di follia”.

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L’altezza di Napoleone: era veramente basso? https://cultura.biografieonline.it/napoleone-altezza/ https://cultura.biografieonline.it/napoleone-altezza/#comments Tue, 04 May 2021 14:31:11 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23275 Un errore storico

L’altezza di Napoleone Bonaparte è storicamente motivo di discussione. Era piccolo Napoleone? No, non lo era. Napoleone, generale e imperatore dei francesi che nacque nel 1769 e morì nel 1821 (nella celebre data del 5 maggio), non era un tappo. La convinzione comune che fosse più basso della media è un errore storico.

L'altezza di Napoleone – Bonaparte e Giorgio III - vignetta di James Gillray
Napoleone Bonaparte e Giorgio III – vignetta di James Gillray

Il medico personale dell’impero, quando eseguì l’autopsia sul suo cadavere, registrò un’ altezza di 5 pieds et 2 pouces, cioè esattamente un metro e sessantanove centimetri.

Un’altezza normale, quindi, se si pensa che all’inizio dell’ottocento l’altezza media di un francese era di un metro e sessantaquattro centimetri.

Napoleone dunque poteva quasi “sovrastare” i suoi concittadini. E non solo.

Ad esempio, il suo temibile avversario, il Duca di Wellington (1769 – 1852), che lo sconfisse nella battaglia di Waterloo, era alto solo sei centimetri più di lui.

Wellington è un pessimo generale. Prevedo la vittoria entro l’ora di pranzo. (Celebre frase attribuita a Napoleone)

L’altezza di Napoleone e dei militari

Fu lo stesso Napoleone, dopo aver preso il potere in Francia, a stabilire l’altezza minima per entrare nell’esercito. Ad esempio per entrare nella Guardia imperiale, i granatieri, corpo speciale ed elitario, i richiedenti dovevano essere alti non meno di un metro e settantotto centimetri. I cacciatori a cavallo, guardia personale dell’imperatore, dovevano essere alti almeno un metro e settanta centimetri.

I militari erano quindi più alti di lui e accentuavano l’impressione che Napoleone Bonaparte fosse basso di statura.

Napoleone Bonaparte
Napoleone Bonaparte

La propaganda straniera

Anche la propaganda straniera cercò di sminuire la figura di Napoleone pubblicizzando in senso negativo la sua statura. Un caricaturista britannico, James Gillray, fu l’autore di una delle vignette più famose sull’imperatore dei francesi. In essa il condottiero veniva ritratto come un minuscolo generale, tenuto sul palmo della mano dal sovrano inglese, re Giorgio III (1738-1820). Quest’ultimo, osservandolo, (con riferimento ai lillipuziani e ai Viaggi di Gulliver) affermava che si trattasse di un essere orrendo.

Un’altra propaganda contro la statura di Napoleone riguarda un detto popolare che attribuisce alle persone basse il desiderio di essere aggressive e di prevaricare gli altri. Come, così si dice, fece il generale imperatore con le altre nazioni europee. E’ però una diceria non suffragata da prove scientifiche o storiche.

Il fatto che Napoleone Bonaparte fosse basso, anche se il contrario è provato da testimonianze storiche, sembra sia rimasta come credenza universale, forse anche per attribuire un difetto ad un uomo dalle molte qualità.

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Il Piano Marshall del 1947: gli Stati Uniti aiutano l’Europa https://cultura.biografieonline.it/il-piano-marshall/ https://cultura.biografieonline.it/il-piano-marshall/#comments Mon, 08 Feb 2021 21:05:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=559 Piano Marshall: le origini

Un membro dello staff del generale Marshall ha ricordato,  in un’ intervista alla CBS di qualche anno fa, un episodio emblematico riguardante il generale. Pare che il presidente Truman incontrandolo alla Casa Bianca, per nominarlo segretario di Stato gli abbia chiesto se poteva chiamarlo George e lui rispose che sarebbe stato meglio generale Marshall. Da lui prende il nome il Piano Marshall.

Il generale Marshall
George Marshall

Chi era George Marshall

Era un uomo tutto d’un pezzo che prendeva in modo estremamente serio il suo incarico. Dopo la nomina a segretario di Stato  si occupò, con determinazione e disciplina, alla realizzazione del più grande programma di ricostruzione della storia moderna, il così detto Piano Marshall. Il 5 giugno 1947 con un discorso all’Università di Harvard George Marshall ne delineò i contorni parlando di un piano di ricostruzione economica dell’Europa.

Il centro teorico del piano era la necessità di evitare una decadenza inevitabile dei paesi coinvolti nella Seconda Guerra Mondiale e che non avevano più risorse per affrontare la loro ricostruzione. Durante il discorso, Marshall non entrò dei dettagli strategici del piano, lasciando la sua attuazione a successivi interventi e soprattutto all’operatività che si sarebbe sviluppata nei successivi 4 anni. Tuttavia chiarì subito che l’intento era quello di iniziare una collaborazione fra le due sponde dell’Atlantico che non si limitasse solo alla realizzazione del piano ma che  fosse anche da stimolo affinché il Continente europeo potesse iniziare a mettere le fondamenta della sua futura unione.

Piano Marshall - Il Poster
Piano Marshall – Il Poster

Una strategia di aiuti per l’Europa

La strategia del Piano Marshall, il cui nome ufficiale era ERP (European Recovery Program) prevedeva un investimento di 17 miliardi di dollari erogati dal 1947 al 1951. La strategia non prevedeva un finanziamento a pioggia ma un sistematico e ragionato intervento su diversi livelli. A questo proposito si attuò l’ OECE: Organization for European Economic Cooperation il cui scopo principale era quello di sistematizzare l’intervento, stimolando in modo perentorio gli stati beneficiari del finanziamento affinché utilizzassero i fondi, non solo per appianare i problemi e le necessità immediate, ma anche per sviluppare progetti di più ampio respiro e di più lungo corso.

Questo in parte venne fatto soprattutto finanziando impianti industriali e dando vita alla ricostruzione dell’ossatura produttiva e imprenditoriale dei paesi coinvolti. Tuttavia molti finanziamenti vennero dirottati verso l’acquisto massiccio di beni di prima necessità come combustibile, prodotti industriali e materie prime.

Gli Stati, infatti, chiesero all’ECA, l’organismo che si occupava del coordinamento degli aiuti e che prendeva le decisioni da Washington, di avere la possibilità di sanare alcuni squilibri microeconomici  che si erano creati in diversi territori, intervenendo anche con sostegni quotidiani soprattutto per il ricovero delle persone e il loro sostentamento con generi alimentari e beni materiali di utilizzo domestico e quotidiano.

La fine del Piano Marshall

Nel 1951 il governo americano pose termine all’attuazione del Piano Marshall. Le sue conseguenze furono largamente positive e anche a distanza di tempo la storiografia ha dimostrato che il  Piano abbia avuto conseguenze benefiche sia per le economie degli Stati europei sia per gli Stati Uniti d’America. I miglioramenti furono palesi già dal 1948 quando le economie europee raggiunsero livelli di crescita superiori al periodo pre-bellico.

Furono favoriti gli scambi commerciali con gli Usa e questo aiutò l’economia americana ad assorbire l’80% della sua disoccupazione, passando da 10.000.000 di lavoratori senza un lavoro stabile a poco più di 2.000.000. I partiti delle democrazie europee, che erano al potere durante l’erogazione degli aiuti, rafforzarono notevolmente il loro consenso.

E’ importante sottolineare che l’URSS e i paesi satelliti non parteciparono all’organizzazione del Piano e quindi non ne beneficiarono in alcun modo, questo perché Stalin lo considerò un modo per rafforzare la Cortina di ferro e obbligò direttamente e indirettamente tutti gli Stati dell’Europa dell’Est a rifiutare qualsiasi aiuto  proveniente dagli americani.

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Questo aspetto intensificò le polemiche contro il piano Marshall da parte delle opposizioni nei parlamenti europei, soprattutto quelle di stampo marxista – leninista, che lo considerarono un cavallo di Troia, strutturato solo per avvicinare le economie europee a quella americana al fine di egemonizzarle. Tuttavia fu facilmente dimostrato che avvenne il contrario e cioè che l’economia statunitense fu superata da molti paesi europei provocando  un danno competitivo sulla produzione USA.  Appare palese, comunque,  che nel lungo periodo il rapporto fra le economie presenti sulle due sponde dell’Atlantico si sostennero a vicenda creando e rafforzando la loro alleanza politica e militare.

I Paesi che beneficiarono del Piano Marshall

I paesi a beneficiare degli aiuti furono:

  • Austria;
  • Belgio;
  • Lussemburgo;
  • Danimarca;
  • Francia;
  • Germania Ovest;
  • Islanda;
  • Irlanda;
  • Italia;
  • Paesi Bassi;
  • Norvegia;
  • Portogallo;
  • Regno Unito;
  • Svizzera;
  • Svezia;
  • Turchia.
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Chi ha inventato le luci di Natale? https://cultura.biografieonline.it/luci-di-natale/ https://cultura.biografieonline.it/luci-di-natale/#comments Wed, 09 Dec 2020 10:47:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20565 Le luci di Natale

Il periodo natalizio porta con sé svariate tradizioni. Una di queste è quella di illuminare il nostro Natale. In questo periodo dell’anno è piacevole rimanere incantati nell’osservare le luci di Natale e i giochi che producono. Esse rendono scintillanti le nostre case, i nostri giardini, le nostre strade. Un Natale di luce e calore.

Luci di Natale
Luci di Natale

L’invenzione delle luci di Natale

Un tempo, però, gli addobbi che si utilizzavano erano costituiti da nastri, ghirlande, fiocchi, candeline e piccoli frutti. Utilizzato come pianta decorativa già molto prima dell’avvento del Natale cristiano, era anche l’agrifoglio. A questi ornamenti se ne aggiunse un altro, più… lucente.

Nel 1882, Edward Hibberd Johnson, inventore e socio in affari di Thomas Edison, ebbe l’idea di attorcigliare un filo di lampadine colorate intorno al suo albero di Natale. Erano 80 lampadine rosse, bianche e blu delle dimensioni di una noce. Era il 22 dicembre 1882 e l’albero era quello nella sua casa a New York. La storia è stata riportata nel giornale Detroit Post and Tribune da un reporter di nome William Augustus Croffut.

Edward Hibberd Johnson
Edward Hibberd Johnson, il padre delle luci di Natale

Scriveva Croffut: “Ieri sera mi avvicinai al di là della Fifth Avenue, chiamato presso la residenza di Edward H. Johnson, vice presidente della Edison’s Electric Company. C’era, nella parte posteriore dei bellissimi saloni, un grande albero di Natale, che presentava un aspetto più pittoresco e sconcertante. Era brillantemente illuminato con molte sfere colorate grandi come una noce inglese. (…) C’erano ottanta luci in tutto, racchiuse in queste uova di vetro delicate, quasi equamente divise tra i colori bianco, rosso e blu. (…) Non ho bisogno di dirvi che il sempreverde scintillante è stato un bello spettacolo, difficilmente si può immaginare qualcosa di più bello”.

Le prime luci di Natale
Foto scattata il 25 dicembre 1882 che mostra l’albero di Natale di Edward Hibberd Johnson

Le prime luci di Natale

Da quel momento in poi, le luminarie sono entrate a far parte delle tradizioni natalizie. Non solo l’albero di Natale, ma anche le strade, gli esterni e gli interni delle case, sono resi scintillanti da ghirlande di luci di ogni colore, che rendono l’atmosfera più calda e festosa. Nel 1895, il presidente degli Stati Uniti Grover Cleveland sfoggiò il primo albero illuminato elettricamente alla Casa Bianca, con più di cento luci multicolori.

Le prime luci di Natale destinate ad essere commercializzate, furono fabbricate dalla Edison General Electric Company di Harrison, in New Jersey. Apparvero sulle riviste americane per la prima volta nel numero di dicembre del 1901 della rivista Ladies’ Home Journal.

Casa con luci di Natale

Grazie a Edward Hibberd Johnson, quindi, il Natale, oltre che ad essere bianco, magico, gioioso (ma per alcuni anche malinconico), è diventato anche luminoso, luccicante, scintillante!

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Albert Einstein: cronologia della sua vita https://cultura.biografieonline.it/einstein-cronologia-vita/ https://cultura.biografieonline.it/einstein-cronologia-vita/#comments Sat, 14 Nov 2020 19:36:03 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30877 Oltre alla biografia di Albert Einstein, presente sul sito principale, abbiamo deciso di pubblicare un elenco cronologico che riassume la sua storia e la sua vita. Questa cronologia riprende in gran parte le informazioni che si trovano nelle cronologie dei volumi 1 e 5 di The Collected Papers of Albert Einstein, in quella di Sottile è il Signore… di Abraham Pais, negli appunti di conversazioni avute con Helen Dukas tra il 1978 e il 1980.

Albert Einstein con i capelli spettinati
Albert Einstein con i capelli spettinati

Biografia di Einstein: cronologia

1879
14 marzo: Albert Einstein nasce a Ulm, Germania, in casa dei genitori Hermann (1847-1902) e Pauline Koch (1858-1920).

1880
La famiglia si trasferisce a Monaco di Baviera.

1881
18 novembre: nasce la sorella di Albert, Maja.

1884
Albert riceve in regalo dal padre una bussola tascabile e ne rimane affascinato.

1885
In autunno entra alla Petersschule, una scuola elementare cattolica, ed è l’unico bambino ebreo della classe. Riceve a casa un’istruzione religiosa ebraica. La religione lo interesserà fino ai dodici anni.

Comincia a prendere lezioni di violino.

Albert Einstein suona il violino
Albert Einstein mentre suona il violino (foto del 1930 circa)

1888
Frequenta il Luitpold Gymnasium di Monaco.

1889
Comincia a interessarsi di fisica, di matematica e di filosofia.

1894
La famiglia si trasferisce a Pavia, nella casa che fu del poeta Ugo Foscolo (gli Einstein abiteranno poi a Milano, nel palazzo della contessa Clara Maffei, in via Bigli). Albert rimane a Monaco per terminare gli studi. In estate raggiunge la famiglia in Italia e fa un’escursione a piedi da Pavia a Genova.

1895
In autunno tenta l’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo (ora ETH: Eidgenéssische Technische Hochschule), con una dispensa perché è di due anni più giovane dell’età consentita, ma è bocciato. Frequenta allora la scuola cantonale di Aargau e vive in casa di uno dei suoi insegnanti, Jost Winteler.

1896
Rinuncia alla cittadinanza tedesca perché non sopporta la mentalità militare prussiana e rimane apolide per cinque anni.

In autunno ottiene il diploma della scuola di Aargau; può così frequentare il Politecnico e si trasferisce a Zurigo alla fine di ottobre.

1899
A vent’anni chiede la cittadinanza svizzera.

1900
Si laurea al Politecnico di Zurigo dove chiede, ma non ottiene, un posto di assistente per il semestre autunno-inverno.

Durante l’estate dice alla madre — decisamente contraria — che intende sposare una studentessa, Mileva Maric.

Alla fine dell’anno manda il primo articolo scientifico alla rivista «Annalen der Physik».

1901
Diventa cittadino svizzero. Cerca lavoro. Il primo articolo scientifico, Conclusioni tratte dal fenomeno della capillarità, viene pubblicato in marzo.

D’estate, insegna come supplente alla scuola tecnica di Winterthur, e in autunno dà ripetizioni in un collegio privato di Schaffhausen.

Rimane in contatto con Mileva e la incontra regolarmente.

Inizia a lavorare a una tesi di dottorato sulle forze intermolecolari nei gas che presenta all’università di Zurigo in novembre.

In dicembre, fa domanda di assunzione all’Ufficio brevetti di Berna.

1902
Il 27 gennaio Nasce Lieserl Einstein, figlia sua e di Mileva.

La sua tesi di dottorato viene rifiutata dall’università di Zurigo.

In giugno è assunto in prova come tecnico di terza classe all’Ufficio brevetti.

Suo padre muore a Milano in ottobre.

1903
6 gennaio: sposa Mileva a Berna dove trovano casa. In settembre, Lieserl è registrata all’anagrafe, il che può indicare che la coppia intendesse farla adottare nel caso la sua nascita illegittima facesse perdere a Einstein il posto all’Ufficio brevetti.

Lieserl non viene più menzionata dopo la scarlattina di cui soffre in settembre, mentre Mileva è a Budapest. (Sembra che la bambina non abbia mai abitato con i genitori, e ogni sua traccia è scomparsa.) All’epoca Mileva è di nuovo incinta.

Mileva Maric con Albert Einstein
Mileva Maric con Albert Einstein

1904
14 maggio: nasce a Berna Hans Albert Einstein (muore nel 1973 a Falmouth, nel Massachusetts).

In settembre Einstein è assunto stabilmente all’Ufficio brevetti.

1905
E’ l’«anno miracoloso» di Albert Einstein per quanto riguarda le pubblicazioni scientifiche.

Il 30 aprile sottopone la tesi di dottorato, Su una nuova determinazione delle dimensioni molecolari, per la pubblicazione.

Inoltre pubblica tre dei suoi lavori scientifici più importanti:

  • Su un punto di vista euristico sulla generazione e la trasformazione della luce (pubblicato il 9 giugno), che tratta dell’ipotesi dei quanti e dimostra che la radiazione elettromagnetica interagisce con la materia come se avesse una struttura corpuscolare (il cosiddetto effetto fotoelettrico);
  • Sul moto di particelle in sospensione in un fluido in quiete, come previsto dalla teoria cinetica del calore (pubblicato il 18 luglio), il suo primo articolo sul moto browniano, che porterà a esperimenti in grado di confermare la teoria molecolare del calore;
  • e infine Elettrodinamica dei corpi in movimento (pubblicato il 26 settembre), il suo primo articolo sulla teoria della relatività ristretta, una pietra miliare nella storia della fisica moderna.

Un secondo articolo più breve sulla relatività ristretta, L’inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia?, pubblicato il 21 novembre, contiene la formulazione originaria della relazione E=mc2

1906
15 gennaio: consegue il dottorato all’università di Zurigo. Il 10 marzo è promosso tecnico di seconda classe all’Ufficio brevetti.

1907
Rimane all’Ufficio brevetti, ma cerca lavoro alla scuola cantonale di Zurigo e all’università di Berna.

1908
Febbraio: è nominato Privatdozent (libero docente) all’università di Berna. Sua sorella Maja consegue il dottorato in lingue romanze alla stessa università.

1909
7 maggio: è nominato professore associato di fisica teorica all’università di Zurigo, con incarico a partire dal 15 ottobre.

Si licenzia dall’Ufficio brevetti e dall’università di Berna.

Riceve la prima laurea honoris causa dall’università di Ginevra.

1910
Maja sposa Paul Winteler, il figlio dell’insegnante di Albert Einstein ad Aargau.

Nasce il 28 luglio il secondo figlio Eduard Einstein (muore nel 1965 all’ospedale psichiatrico di Burghölzli, in Svizzera).

In ottobre termina un articolo sull’opalescenza critica e sul colore blu del cielo, il suo ultimo lavoro importante di fisica statistica classica.

1911
Accetta di dirigere l’Istituto di fisica teorica dell’università tedesca di Praga, a partire dal 1° aprile, e si dimette dall’università di Zurigo.

Si trasferisce a Praga con la famiglia.

Il 29 ottobre partecipa al primo Congresso Solvay di Bruxelles.

1912
Conosce una sua cugina divorziata, Elsa Léwenthal, e inizia un corteggiamento epistolare mentre il suo matrimonio si disintegra.

È nominato professore di fisica teorica all’ETH di Zurigo, a partire da ottobre, e si dimette dall’università di Praga.

1913
In settembre, i suoi figli Hans Albert e Eduard ricevono il battesimo cristiano ortodosso vicino a Novi Sad, in Jugoslavia, la città natia della madre.

A novembre, è eletto all’Accademia prussiana delle scienze e gli viene proposto un incarico a Berlino, la città di Elsa Lowenthal.

L’offerta comprende un posto di ricercatore e una cattedra all’università di Berlino, senza obbligo d’insegnamento, nonché la direzione del costituendo Kaiser-Wilhelm-Institut fiir Physik. Si dimette dall’ETH.

Mileva Maric con i figli Eduard Einstein e Hans Albert Einstein
Mileva Maric con i figli Eduard Einstein e Hans Albert Einstein (a destra)

1914
In aprile arriva a Berlino per assumere il nuovo incarico. Mileva e i figli lo raggiungono ma tornano poco dopo a Zurigo perché a Berlino Mileva è infelice.

In agosto scoppia la Prima guerra mondiale.

1915
È tra i firmatari dell’appello «Manifesto agli europei» a sostegno della cultura europea, probabilmente il primo documento politico che abbia firmato.

In novembre termina il lavoro sulla struttura logica della relatività generale.

1916
Pubblica I fondamenti della teoria della relatività generale (diventerà poi il suo primo libro) negli «Annalen der Physik».

In maggio diventa presidente della Società tedesca di Fisica.

Pubblica tre articoli sulla teoria dei quanti.

1917
In febbraio scrive il primo articolo di cosmologia.

Si ammala prima di fegato poi di un’ulcera allo stomaco e viene accudito da Elsa.

In ottobre prende la direzione del Kaiser-Wilhelm- Institut fiir Physik.

Dopo la Prima guerra mondiale, ottiene la doppia cittadinanza svizzera e tedesca.

1919
Il 14 febbraio divorzia da Mileva. La sentenza di divorzio decreta che somme provenienti da un eventuale premio Nobel saranno destinate agli alimenti di Mileva e dei figli.

Il 29 maggio, durante un’eclissi solare, Sir Arthur Eddington misura sperimentalmente la curvatura della luce e conferma le previsioni di Einstein, che diventa improvvisamente un personaggio famoso.

Il 2 giugno sposa Elsa, che vive con due figlie nubili, Ilse (ventidue anni) e Margot (vent’anni).

Verso la fine dell’anno s’interessa al sionismo attraverso l’amicizia con Kurt Blumenfeld.

1920
In marzo la madre Pauline muore a Berlino.

Einstein è oggetto di manifestazioni di antisemitismo e di proteste contro la teoria della relatività, ma difende comunque la Germania.

È sempre più impegnato in attività non scientifiche.

1921
In aprile e maggio si reca per la prima volta negli Stati Uniti. Tiene quattro lezioni sulla teoria della relatività alla Princeton University dalla quale riceve una laurea honoris causa.

Accompagna Chaim Weizmann nel suo viaggio per raccogliere fondi a favore dell’università ebraica di Gerusalemme.

1922
Completa la prima memoria sulla teoria unitaria dei campi.

Da ottobre a dicembre si reca in Giappone facendo varie tappe in Estremo Oriente.

In novembre viene annunciato che Albert Einstein ha ricevuto il premio Nobel 1921 per la fisica per «i contributi alla fisica teorica e specialmente per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico»; molti lo ritengono un premio di consolazione perché non gli era stato dato per la sempre più controversa teoria della relatività.

Princeton University Press negli Stati Uniti e Methuen and Company in Gran Bretagna pubblicano Il significato della relatività, la raccolta delle lezioni alla Princeton University nel 1921.

1923
Visita la Palestina e la Spagna.

1924
La figliastra Ilse sposa Rudolf Kayser.

1925
Si reca in Sudamerica.

Insieme con Gandhi, firma un manifesto contro il servizio militare obbligatorio. Diventa un ardente pacifista.

Riceve la medaglia Copley, il più importante premio scientifico assegnato dalla Royal Society di Londra.

Diventa, fino al 1928, membro del consiglio di amministrazione dell’università ebraica di Gerusalemme.

1926
Riceve la medaglia d’oro della Royal Astronomical Society.

1927
Suo figlio Hans Albert sposa Frieda Knecht.

1928
Si ammala di nuovo, questa volta per un ingrossamento del cuore. È costretto a letto per mesi e rimane indebolito per un anno intero.

In aprile, Helen Dukas viene assunta come segretaria e lo resterà fino alla morte di Einstein.

1929
Inizia l’amicizia con la regina Elisabetta del Belgio, che durerà fino alla fine della sua vita.

In giugno riceve la medaglia Max Planck.

1930
Nasce il primo nipotino, Bernhard Caesar Einstein, da Hans Albert e Frieda.

La figliastra Margot sposa Dmitri Marianoff (dal quale divorzierà).

Firma il manifesto per il disarmo mondiale.

In dicembre visita New York e Cuba, si reca al California Institute of Technology (CalTech) di Pasadena, dove rimane fino al marzo 1931.

1931
È a Oxford in maggio e passa alcuni mesi nella sua casa di campagna di Caputh, a sudovest di Berlino. In dicembre torna a Pasadena.

1932
Tra gennaio e marzo è al CalTech. Rientra a Berlino. Accetta poi la cattedra all’Institute for Advanced Study di Princeton, dal momento in cui sarà terminata la costruzione del campus. In dicembre è nuovamente negli Stati Uniti.

1933
I nazisti arrivano al potere in gennaio. Si dimette dall’Accademia prussiana delle scienze, rinuncia alla cittadinanza tedesca (conserva invece quella svizzera). Non tornerà mai più in Germania.

Dagli Stati Uniti si reca con Elsa a Le Coq-sur-Mer, in Belgio, dove sono protetti da alcune guardie di sicurezza. Li raggiungono Ilse, Margot, Helen Dukas e un assistente, Walther Mayer.

Viaggia a Oxford e in Svizzera, dove va a trovare il figlio Eduard per quella che sarà la sua ultima visita.

Rudolf Kayser, il marito di Ilse, riesce a spedire le carte di Einstein da Berlino in Francia, e quindi negli Stati Uniti.

In settembre lascia l’Europa con Elsa, Helen Dukas e Walther Mayer. Arriva a New York il 17 ottobre con la Westmoreland; Ilse, Margot e i rispettivi mariti rimangono in Europa.

Pubblica insieme con Sigmund Freud Perché la guerra?.

Occupa la cattedra dell’Institute for Advanced Study, temporaneamente nel Fine Hall (ora Jones Hall) nel campus della Princeton University.

1934
Il 10 luglio, Ilse muore a Parigi dopo una lunga e dolorosa malattia. Margot e Dmitri arrivano a Princeton.

1935
In autunno trasloca al 112 di Mercer Street, a Princeton, dove abiteranno fino alla morte Elsa, Margot e Helen Dukas.

Riceve la medaglia Franklin.

1936
Hans Albert ottiene il dottorato in ingegneria dall’ETH di Zurigo (nel 1947 diventa professore di ingegneria idraulica all’università della California a Berkeley). Il 20 dicembre, Elsa muore dopo una lunga lotta contro una malattia cardiaca e renale.

1939
Sua sorella Maja Einstein-Winteler lo raggiunge in Mercer Street.

Il 2 agosto firma la famosa lettera al presidente Roosevelt sulle implicazioni militari dell’energia atomica.

In Europa scoppia la Seconda guerra mondiale.

1940
Albert Einstein diventa americano: la cittadinanza gli era già stata proposta con una delibera del Congresso, ma aveva preferito aspettare e ottenerla come tutti gli altri. Conserva fino alla morte anche la cittadinanza svizzera.

1941
Gli Stati Uniti entrano in guerra.

1943
Diventa consulente dell’Ufficio approvvigionamento della Marina americana, Sezione esplosivi e munizioni.

1944
Riscrive a mano l’articolo originale del 1905 sulla teoria della relatività ristretta; il manoscritto è venduto all’asta per sei milioni di dollari, versati come contributo allo sforzo bellico.

1945
Fine della Seconda guerra mondiale. Si dimette dall’Institute for Advanced Study e riceve una pensione, ma conserva il proprio ufficio all’Institute fino alla morte.

1946
Dopo un’emorragia cerebrale, Maja è costretta a letto.

Albert Einstein diventa presidente dell’Emergency Committee of Atomic Scientists.

Invita le Nazioni Unite a formare un governo mondiale, l’unico modo, secondo lui, per garantire una pace permanente.

1948
4 agosto: Mileva muore a Zurigo.

In dicembre i medici diagnosticano a Einstein un grosso aneurisma dell’aorta addominale.

Albert Einstein mentre scrive
Albert Einstein: foto di Alfred Eisenstaedt (1949)

1950
Il 18 marzo firma il proprio testamento, in cui nomina esecutore Otto Nathan e amministratori congiunti del suo lascito, Otto Nathan e Helen Dukas.

Le lettere e i manoscritti andranno all’università ebraica di Gerusalemme dopo la morte di entrambi gli amministratori. L’archivio vi sarà però trasferito prima.

1951
Maja muore a Princeton, in giugno.

1952
Gli viene offerta la presidenza di Israele, che rifiuta.

1954
Soffre di anemia emolitica.

1955
11 aprile: scrive a Bertrand Russell l’ultima lettera, in cui accetta di firmare un manifesto per sollecitare tutte le nazioni a rinunciare alle armi nucleari.

Il 15 aprile Albert Einstein è ricoverato all’ospedale di Princeton. Muore alle 13.15 del 18 aprile per la rottura dell’aneurisma dell’aorta addominale.

Frasi celebri di Albert Einstein

L’odierna ed immortale popolarità di Albert Einstein la si deve in parte anche ad alcune sue frasi famose e celeberrime. Ne riportiamo qui di seguito alcune delle più celebri. Per un nutrito elenco di frasi di Albert Einstein vi rimandiamo al sito Aforismi.meglio.it

  • La meccanica quantistica è degna di ogni rispetto, ma una voce interiore mi dice che non è ancora la soluzione giusta. È una teoria che ci dice molte cose, ma non ci fa penetrare più a fondo il segreto del Grande Vecchio. In ogni caso, sono convinto che questi non gioca a dadi col mondo.
    (Da una lettera a Max Born del 4 dicembre 1926)
  • Ci sono due modi di vivere la vita. Uno è pensare che niente è un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa è un miracolo.
    (Riportata dal geografo Gilbert Fowler White)
  • Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre.
  • La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.
    (Il mondo come io lo vedo, 1931)
  • Dostoevskij a me ha dato più di qualunque scienziato, più di Gauss.
  • Finché le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non sono certe, e finché sono certe, non si riferiscono alla realtà.
  • Se verrà dimostrato che la mia teoria della relatività è valida, la Germania dirà che sono tedesco e la Francia che sono cittadino del mondo. Se la mia teoria dovesse essere sbagliata, la Francia dirà che sono un tedesco e la Germania che sono un ebreo.
  • Non mi preoccupo mai del futuro, arriva sempre abbastanza presto.
  • Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.
    (Da una lettera a Carl Seelig, 11 marzo 1952)
  • Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena vivere.
    (Dalla risposta alla domanda dei redattori di Youth, citato nel New York Times, 20 giugno 1932)

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Il pensiero sociologico di Georg Simmel https://cultura.biografieonline.it/simmel-teoria-pensiero-filosofia/ https://cultura.biografieonline.it/simmel-teoria-pensiero-filosofia/#respond Wed, 18 Jan 2017 19:36:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20681 L’opera del filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel ha assunto una grande importanza, in particolare nell’ambito della sociologia fenomenologica, tanto che Simmel ha potuto essere definito come “il più contemporaneo dei classici”.

Georg Simmel
Georg Simmel

La società secondo Simmel

Per Simmel, la società è il risultato delle relazioni reciproche degli individui; dalla complessità dell’agire, in una correlazione di situazioni, sorge un’unità che è appunto la società. Se le unità sociali sono caratterizzate dall’agire individuale, per conoscere tali unità il sociologo deve procedere attraverso astrazioni e selezioni che, solo utilizzando le categorie proprie dell’intelletto umano, si possono trovare. A differenza di Kant, Simmel ritiene che le categorie mediante le quali noi abbiamo accesso alla conoscenza e all’esperienza nascono dai nostri bisogni vitali. Inoltre, Simmel riconosce gli a-priori come una concezione non realista della conoscenza. Essa viene considerata come il risultato di un’attività costruttiva dell’individuo conoscente.

Il rapporto tra idee e strutture sociali si configura nei termini di un’influenza reciproca tra le due dimensioni, dato che la conoscenza nasce attraverso dei condizionamenti naturali e sociali ma, a sua volta, è anche il risultato di un’attività soggetiva autonoma.

Le forme sociali

Per analizzare e comprendere le unità sociali, il sociologo deve procedere attraverso selezioni e astrazioni per costruire il suo oggetto di studio. Simmel propone di mettere in evidenza le forme di relazione che vengono a stabilirsi nei rapporti dinamici tra gli attori sociali. Egli distingue tra forma e contenuto della società.

Il contenuto, semplicemente, è tutto ciò che negli individui è presente come impulso, interesse, scopo, ecc.; la forma, invece, è rappresentata dai diversi modi attraverso cui gli individui stabiliscono le loro intenzioni. Dunque, se il contenuto costruisce, la forma permette la giusta strutturazione. Le forme, a loro volta, tendono a rendersi indipenti dal contenuto e ciò spiega quello che per Simmel sono le “forme del gioco”.

La filosofia del denaro

La filosofia del denaro” è l’opera principale di Georg Simmel, scritta nel 1900. In essa, l’autore vuol mettere in evidenza gli effetti culturali e sociali provocati, nella modernità, dallo sviluppo e dallo scambio economico fondato sul denaro. Il denaro, per Simmel, è la migliore dimostrazione del carattere simbolico del sociale, trasforma la qualità in quantità. L’oggetto del desiderio appare svuotato di ogni valore, che può essere basato dal sacrificio, dal lavoro, che siamo disposti a fare per ottenerlo; questo valore viene sostituito dal denaro. Quando il valore diventa denaro, per molti individui, l’oggetto difficilmente può essere raggiunto, perciò non riescono a comprendere il nesso tra valore e desiderio, in quanto ormai il valore viene oggettivato nel prezzo di mercato. Questo, per Simmel, comporta profondi scompensi nella società moderna, recando un sostanziale contributo all’analisi marxista con l’alienazione.

Rapporto individuo-società

Per Simmel, come detto prima, la società è il risultato delle azioni reciproche; l’individuo, come tale, da solo, non può mai essere integrato socialmente. Simmel afferma che nell’individuo vi è una dimensione che non è rivolta alla società. Questa dimensione non deve essere intesa come qualcosa che sta accanto alla parte socialmente significativa nell’individuo, ma deve essere ritenuta unita con essa. L’ambivalenza della posizione dell’individuo nella società, spiega il fatto che l’individuo si possa contrapporre all’ordine sociale. Si mostra dunque una tensione continua che riguarda il rapporto tra individuo e società, poiché l’attore sociale, con le sue forme di rappresentazione, può sia avvicinarsi nelle interazioni reciproche ma, d’altro canto, può rinchiudersi, alienandosi da ciò che più propriamente appartiene alla sua vita.

In Simmel, dunque, emerge “l’ambivalenza delle forme di determinazione”. Egli sviluppa una concezione tragica della cultura poiché essa produce effetti inquietanti. La mancanza di misura della vita, costituisce un presupposto essenziale attraverso cui Simmel spiega come sia naturale la complessità dei fenomeni sociali. E’ nel rapporto con le forme che si sviluppa l’esperienza umana; quindi, la necessità delle forme viene riconosciuta come determinante e Simmel critica la modernità perché essa tende a liberarsi da ogni forma determinante.

La crisi della modernità

Simmel dunque critica aspramente la modernità. Nella società moderna, un’immensa quantità di rappresentazioni e significati culturali diversi è venuta, in un tempo breve, oggettivandosi in cose e conoscenze, istituzioni e comodità, per poi creare un regresso della cultura.

Per tale motivo, l’attore sociale tende sempre di più a non riuscire ad integrarsi nello sviluppo lussureggiante della cultura oggettiva, riducendosi in quella quantità che viene definita trascurabile.

Per le sue caratteristiche, la modernità appare come un’epoca nella quale si verifica per eccellenza una sorta di “epifania della condizione umana”, durante la quale si manifesta la tensione che c’è nel rapporto tra individuo e società.

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Il pensiero sociologico di Max Weber https://cultura.biografieonline.it/weber-teoria-pensiero-filosofia/ https://cultura.biografieonline.it/weber-teoria-pensiero-filosofia/#respond Mon, 28 Nov 2016 13:10:43 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20446 Il sociologo tedesco Max Weber si forma nella tradizione dello stoicismo tedesco; le sue posizioni teoriche sono assai diverse da quelle del positivismo di cui si ispirava il suo collega Emile Durkheim.

Max Weber - Pensiero sociologico - sociologia - riassunto
Le copertine di due opere di Max Weber: “Economia e società” e “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo

Weber critica l’idea che l’agire sociale deva essere spiegato a partire dalle esigenze funzionali del sistema sociale. La sua vasta produzione è caratterizzata soprattutto dall’interesse per i rapporti tra economia e sociologia, sviluppando inoltre importanti analisi sulle religioni mondiali.

In una sua opera, “Economia e Società“, Max Weber sintetizza i risultati delle sue riflessioni metodologiche e teoriche. Assume un atteggiamento critico nei confronti delle teorie che consideravano la società come un sistema autonomo rispetto all’azione degli individui.
La sociologia per Weber, rispetto alle scienze naturali, è volta alla comprensione dell’atteggiamento degli individui che partecipano alla formazione sociale.

La razionalità cosciente

Egli introduce la razionalità cosciente. Questa dimensione può essere messa in luce grazie al senso in base al quale si determina l’atteggiamento umano; dunque, percepisce la sociologia come una scienza, la quale si propone di intendere, in virtù di un procedimento interpretativo, l’agire sociale e quindi di spiegarlo casualmente nel suo corso e nei suoi effetti. Il senso guida la nostra azione, dà plausibilità a quello che si fa; per comprendere il senso abbiamo bisogno dello VERSTEHEN, intendere, dunque capire il significato, e dello ERKLAREN, spiegare, quindi la spiegazione causale del fenomeno.

Il concetto di agire

Il concetto di agire viene collegato a qualunque atteggiamento, attivo o passivo che sia, che viene unito ad un senso soggettivo. Un agire meccanico non viene preso in considerazione; dunque, l’agire è definito sociale quando:

  1. è riferito secondo il senso soggettivamente intenzionato di colui che agisce all’atteggiamento di altri individui;
  2. è con-determinato in base al riferimento dotato di senso;
  3. quando può essere spiegato in modo intelligibile in base a senso intenzionato.

La società

La società si presenta come il risultato di azioni individuali dotate di senso. Weber, inoltre, parla di relazione sociale come comportamento di più individui instaurato reciprocamente ed essa si fonda perciò esclusivamente sulla chance che si agisca socialmente in un dato modo dotato di senso.

L’agire sociale e i tipi di ideali

L’agire sociale non si può analizzare in termine di leggi immutabili, ma va valutato attraverso forme empiriche da verificare di volta in volta. La possibilità di cogliere le uniformità dell’agire, trova un modo valido per la formulazione di tipi ideali (IDEALTYPEN) dell’agire stesso. I tipi ideali sono il risultato di un procedimento dove il concetto di determinate caratteristiche prevalenti dell’agire sociale vengono astratte.

Weber distingue 4 tipi di ideali:

  1. Razionale rispetto allo scopo: è quello che risulta più evidente all’osservatore, perché l’agire è determinato da aspettative in relazione a scopi;
  2. Razionale rispetto al valore: quando l’agire è influenzato da credenze;
  3. Affettivo: quando l’agire è influenzato da sentimenti;
  4. Tradizionale: quando l’agire è influenzato da abitudini acquisite.

In sociologia i tipi ideali non si applicano solo ai comportamenti esterni ma si accentuano anche negli interni.

Ideali di potere

Inoltre, Weber costruisce anche i suoi tipi ideali di potere che si basano sulle diverse forme di legittimazione, che danno la loro legittimità alle credenze dei tipi ideali; i 4 tipi ideali di potere sono:

  1. Potere tradizionale: si verifica quando la legittimazione del potere è fondata sulla credenza di tradizioni ritenute valide da sempre;
  2. Potere carismatico: è fondato sul carisma di un individuo;
  3. Potere legale: si verifica quando la legittimazione poggia sulla credenza di ordinamenti giuridici.

Rapporto religione-società

Come accennato nell’introduzione, Weber dà un importante contributo al rapporto religione-società; egli individua la religione come la risposta agli interrogativi fondamentali della vita umana: la religione costituisce lo strato fondante della cultura di ogni società.

Max Weber
Una foto di Max Weber

Max Weber e il capitalismo

L’autore tedesco Max Weber dà particolare importanza anche al capitalismo e la sua specificità è data dal fatto che, in esso, la produzione economica è orientata a un profitto che non viene impiegato solo a migliorare un tenore di vita, ma per essere reinvestito in vista di maggiori profitti. Egli inoltre crede che il protestantesimo abbia favorito tutto ciò, mostra che il cristianesimo, a differenza di altre religioni, conteneva valori che promuovevano l’individualismo e un atteggiamento attivo nei confronti del mondo.

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Karl Marx e il marxismo: pensiero filosofico e politico https://cultura.biografieonline.it/marx-pensiero/ https://cultura.biografieonline.it/marx-pensiero/#comments Sat, 29 Oct 2016 14:09:03 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20256 Nel pensiero filosofico e politico di Karl Marx, nel quale sono presenti, oltre alla tradizione dell’utilitarismo e dell’economia politica classica, elementi derivanti sia dalla filosofia hegeliana sia dal positivismo di Auguste Comte. Il pensiero di Marx ha avuto anche una grande influenza sullo sviluppo della teoria sociologica.

Marx e Engels - Karl Marx Friedrich Engels
Un disegno che ritrae Karl Marx e Friedrich Engels

Karl Marx nacque in Renania nel 1818, studiò diritto a Bonn e filosofia a Berlino, ove entrò in contatto con la filosofia di Hegel. Trasferitosi a Parigi per motivi di soppressione da parte del governo Prussiano, egli conobbe Engels. I due diventarono colleghi ed amici. Pubblicarono insieme, nel 1848, il famoso Manifesto del Partito Comunista. Successivamente, Marx passò a Londra, ove morì nel 1883, scrivendo e pubblicando, nel 1859, L’economia politica e, nel 1867, Il Capitale.

Pur non avendo elaborato una vera e propria teoria sociologica, Marx ha profondamente influenzato la sociologia successiva, diventando un punto di riferimento sia per coloro che condividevano la sua teoria sia per chi non la condivideva.

Il pensiero di Marx e la teoria dialettica

Il pensiero di Marx intende sviluppare una teoria scientifica delle leggi che presiedono alla storia e alla dinamica sociale. Egli non adotta e non si ispira al modello comtiano del progresso come sviluppo unico, ma adotta il modello dialettico di Hegel, secondo il quale la storia evolve attraverso conflitti e contraddizioni. Marx interpreta la dialettica come un principio attivo operante all’interno delle condizioni materiali e dei rapporti socio economici. Pensa che l’evoluzione storico-sociale è determinata dalle contraddizioni oggettive legate alla disponibilità di risorse, anche naturali, e ai rapporti di produzione.

Mentre dal punto di vista sociologico, Marx intende la teoria dialettica come un qualcosa che si caratterizza per la rilevanza che assume in essa il conflitto nelle relazioni sociali. Il modello dialettico si articola a partire da un’idea di società come totalità, ovvero insieme di elementi in relazione reciproca tra di loro. La totalità viene concepita in modo diacronico, ovvero un processo in continua trasformazione il cui movimento è determinato dalle contraddizioni oggettive che man mano emergono nella realtà sociale attraverso le strutture materiali e i rapporti sociali.

La filosofia politica di Marx: le classi sociali

In Marx, i veri protagonisti delle trasformazioni sociali sono le classi sociali. Egli intende la classe come l’insieme degli individui che all’interno del sistema sociale si trovano nella stessa posizione. I membri di una classe sociale si presentano tutti alla stessa maniera e hanno le stesse possibilità di accesso alle risorse economico sociali. Su questa base, si formano anche le forme culturali o sub-culturali proprie della classe d’appartenenza, che definiscono appunto lo stile di comportamento di quell’individuo.

L’appartenenza ad una classe sociale è determinata in primis dalla nascita e dal processo di socializzazione nei primi vent’anni di vita e, successivamente, dipende dalle scelte che l’individuo effettua riguardo il lavoro. La classe è un fattore che sussiste indipendentemente dalla coscienza. Gli individui possono appartenerle e dunque è da considerare come classe in sé. Qualora gli individui dovessero diventare coscienti della loro appartenenza in quella determinata classe, essa diventa classe per sé. Dunque, quando una classe diventa cosciente, consapevole, essa può diventare anche soggetto politico promotore di cambiamenti anche rivoluzionari dell’ordine sociale.

L’alienazione

Altro concetto chiave della sociologia ma anche del pensiero di Marx in generale, è quello dell’alienazione. Il concetto di questo termine va compreso in riferimento alla teoria dell’attività produttiva come essenza dell’uomo. Ossia il lavoro è oggettivazione della vita generica dell’uomo.

L’alienazione assume 4 steps:

  1. alienazione dell’oggetto;
  2. alienazione dal processo di produzione;
  3. alienazione da se stessi;
  4. alienazione dalla comunità a cui si appartiene.

La causa principale dell’alienazione dunque è, per Marx, la proprietà privata, il capitalista, perché tende ad appropriarsi della produzione dell’operaio per arricchirsi. Ciò gli vieta di sentirsi ampiamente realizzato. La realizzazione dell’uomo si trova, per Marx, nell’oggetto della sua produzione, dunque dell’attività produttiva e lavorativa. Sopprimendo la proprietà privata e l’economia di scambio, l’uomo potrà liberarsi.

La soluzione del Comunismo

In questa prospettiva, il comunismo appare la vera e propria via di salvezza. Per Marx è l’unica soluzione del contrasto fra uomo e natura. La situazione di alienazione in cui si trova l’uomo è dunque colpa del capitalismo. Tale situazione è fondata sulla sostituzione del valore d’uso, legato ai bisogni affettivi dell’uomo. Il valore di scambio estrania l’individuo dal suo oggetto poiché è oggetto di scambio o merce.

La teoria dei comunisti può essere raccolta in una singola frase: abolizione della proprietà privata.
(KARL MARX)

Possiamo dunque notare come il pensiero di Karl Marx sia principalmente un pensiero di carattere utopico. Marx vorrebbe eliminare le differenze che vi sono tra le diverse classi sociali. Perciò anche con le sue opere cerca di dare delle soluzioni per modificare il capitalismo che ormai si era all’epoca instaurato.

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