Storia del Rock Archivi - Cultura https://cultura.biografieonline.it/argomento/musica/storia-del-rock/ Canale del sito Biografieonline.it Sun, 18 Aug 2024 14:53:23 +0000 it-IT hourly 1 Il disco Slippery When Wet (Bon Jovi, 1986): pietra miliare dell’hard rock https://cultura.biografieonline.it/bon-jovi-slippery-when-wet-1986/ https://cultura.biografieonline.it/bon-jovi-slippery-when-wet-1986/#respond Tue, 03 Oct 2023 16:22:17 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5657 Pubblicato nel 1986, l’album “Slippery When Wet” è considerato il più riuscito tra quelli realizzati dal gruppo dei Bon Jovi. In America il disco ottiene il disco d’oro e una dozzina di dischi di platino. Nel resto del mondo questo capolavoro musicale, simbolo dell’hard rock, vende circa 33 milioni di copie. Insieme all’album viene lanciata in promozione anche una raccolta di videoclip.

Bon Jovi, Slippery When Wet (1986)
Bon Jovi, Slippery When Wet (1986)

I singoli di sucesso

I quattro singoli estratti dall’album raggiungono ottime posizioni nelle hits musicali, restando in vetta alle classifiche mondiali per molto tempo:

  • Wanted Dead or Alive;
  • You give Love a Bad Name;
  • Never Say Goodbye;
  • Livin’ on Prayer.

Il successo di Slippery When Wet

Rispetto agli album precedenti, che non riscuotono il successo previsto e che anzi vengono bersagliati dalla critica, questo terzo album dei Bon Jovi si avvale di preziose collaborazioni: il noto compositore Desmond Child, Bruce Fairbaim in veste di produttore e Bob Rock nel ruolo di ingegnere del suono.

La maggior parte dei brani contenuti in “Slippery When Wet” sono stati scritti da Richie Sambora e Jon Bon Jovi. Questi inizialmente decide di non inserire all’interno del disco il brano “Livin’ on Prayer”, ma dopo cede alle insistenze, e così il pezzo diventa uno dei più famosi dell’intero album. Qual è la ragione del titolo dell’album “Slippery When Wet”? (che in italiano significa “Scivoloso se bagnato”).

È lo stesso tastierista del gruppo, David Bryan, a rivelare che durante la registrazione dell’album il gruppo era solito frequentare un locale di striptease in cui alcune bellissime ragazze si bagnavano con acqua e sapone, così tanto che fosse difficile stringerle per quanto erano scivolose. Un membro del gruppo ad un certo punto esclama: “Slippery When Wet”!, e gli altri realizzano al volo che questo sarebbe stato il titolo del nuovo album!

La copertina del disco

In origine la copertina del disco doveva riportare una foto con un seno prorompente, ma per evitare le denunce di un’associazione moralista facente capo all’allora Vice Presidente degli Stati Uniti, Al Gore, il gruppo decide di optare per un’altra soluzione meno rischiosa. La nuova copertina viene ideata da Jon Bon Jovi, e raffigura un sacco di immondizia bagnato sul quale il cantante scrive il titolo.

A venti anni dalla pubblicazione dell’album, il 20 settembre 2005, “Slippery When Wet” viene ristampato in Dual Disc (lato CD e lato DVD, con i cinque videoclip estratti). I Bon Jovi, ereditando il rock tradizionale degli anni Ottanta (di cui Bruce Springsteen è il rappresentante più importante), diventano gli esponenti più famosi dell’emergente hard rock, raggiungendo in breve tempo il successo planetario. I pezzi contenuti nel terzo album sono impregnati di stile metropolitano, e trattano di scelte, paure e disagi giovanili.

Breve recensione

Ovviamente non mancano spunti autobiografici, a volte contornati da melodie romantiche.

Nel disco non mancano “ballate” dal sapore nostalgico, come la famosa “Never Say Goodbye”. Il pezzo contiene un monito a lasciarsi andare all’esistenza, senza fossilizzarsi su idee e scelte definitive, ma sempre pronti a mettersi in discussione. La formula musicale vincente di questo gruppo statunitense è diventata un modello per le band che si sono formate successivamente, ma nessuna è riuscita ad eguagliare l’hard rock melodico originalissimo dei Bon Jovi.

La band americana, originaria del New Jersey, si forma nel 1983. Durante la carriera, la band ha pubblicato undici album realizzati in studio, un album live e tre raccolte. I Bon Jovi si sono inoltre esibiti in più di quattromila concerti in tutto il mondo. Il gruppo è composto da:

  • Jon Bon Jovi (cantante);
  • David Bryan (tastierista);
  • Richie Sambora (chitarrista solista);
  • Tico Torres (batterista).
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I più grandi successi di Elvis Presley https://cultura.biografieonline.it/i-piu-grandi-successi-di-elvis-presley/ https://cultura.biografieonline.it/i-piu-grandi-successi-di-elvis-presley/#comments Wed, 06 Sep 2023 13:11:33 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1235 La musica ha suonato un ritmo tutto nuovo, grazie a Elvis Presley. Il cantante, nato a Tupelo l’8 gennaio 1935, è la star del rock’n’roll. Prima di Elvis, nessuno era riuscito a sedurre il pubblico con così tanta forza, merito sicuramente di una voce incredibile, ma anche della sua capacità di stare sul palco e ipnotizzare lo spettatore.

Elvis Presley
Elvis Presley

Il contesto storico: gli anni ’50

Elvis Presley è diventato famoso in un momento estremamente produttivo della musica.  Negli anni Cinquanta tutto doveva ancora essere sperimentato. A ben vedere i limiti di quel periodo storico, soprattutto negli Usa, erano di carattere culturale: le radio dell’epoca facevano distinzioni tra ritmi bianchi e neri. Per Elvis la musica non aveva colore, proprio come la sua voce. Probabilmente è stata proprio quest’apertura mentale a permettergli di andare oltre, di osare e di esprimere il suo talento senza inibizioni.

L’esordio e la carriera

La sua carriera iniziò nel 1954, collaborando con la Sun Records: il 7 luglio la radio WHBQ trasmise per la prima volta That’s all right, nel programma Red, Hot & Blue di Dewey Phillips. E’ qui che il mondo conobbe la sua stella. Lo dimostra la leggenda che racconta che Phillips dovette far suonare quella canzone per 14 volte di seguito, perché fu sommerso da 47 chiamate. Oggi sembrano poche, ma nel 1954 erano tantissime.  Questo singolo ha venduto oltre 20.000 copie e ha raggiunto il 4° posto nella classifica di Memphis.

Con la Sun Records, Elvis incise numerosi dischi, tutti di successo. Oltre a That’s All Right (Mama), ricordiamo Blue Moon of Kentucky, Good Rockin’ Tonight e Baby Let’s Play House. Questa è solo l’inizio della sua carriera, nel 1955 dalla radio Elvis approda in televisione, grazie al suo manager il Colonnello Tom Parker.  Il rock’n’roll entrò nelle case degli americani e fu una rivoluzione culturale. Per l’epoca era una musica forte, nuova, accompagnata da movimenti definiti scabrosi.

The Pelvis

Non a caso Presley fu chiamato The Pelvis, proprio per l’ondeggiare del suo bacino. Le canzoni di quel periodo furono molto discusse, ma raggiunsero sempre le vette delle classifiche. Ricordiamo alcuni successi, come Hound Dog (13 milioni di copie), Jailhouse Rock (il  singolo ha venduto più di 9 milioni di copie), All Shook Up (7 milioni di copie) e Love Me Tender (5 milioni di copie). Ma c’è di più, perché questi singoli ancora oggi sono tra i più venduti nella storia della musica.

Ma la forza di Elvis non era solo quella di interprete, il suo successo fu tale che da semplice cantante divenne anche attore, complice il suo bell’aspetto. Il 15 novembre 1956, Al Paramount Theater di New York viene proiettata la prima del film “Love Me Tender”, il lungometraggio di debutto di Elvis Presley.

Il melodramma, ambientato durante la Guerra Civile, nel Sud dell’America, raccoglie un buon consenso di pubblico e anche di critica, che elogia l’interpretazione di Elvis. È ancora agli inizi della sua carriera, ma da qui al il 1958, Presley interpreta 4 pellicole ed è diretto da veri maghi della cinepresa, come Robert Wise e Michael Curtiz. Questo fu solo l’inizio, perché negli anni Sessanta prese parte a più di 29 film, molti però furono dei veri flop.

The King

I grandi numeri di The King non erano solo legati alle canzoni e ai film. Secondo una stima del 1956 del The Wall Street Journal, il business del cantante aveva prodotto in un paio d’anni di carriera un guadagno in vendite pari a 22 milioni di dollari. Una cifra folle!

Nel 1958 Elvis visse uno dei periodi più dolorosi: morì sua mamma Gladys, ammalata di epatite acuta a soli 46 anni. Il cantante probabilmente da questo lutto non è più stato in grado di riprendersi e la sua carriera fece davvero fatica a mantenersi sulla cresta dell’onda. Tom Parker fece di tutto per promuoverlo, trovargli ingaggi e spronarlo.

Gli anni ’60

Elvis dovette fare i conti, in questo decennio, con i problemi personali, ma anche con un mercato in cambiamento: gli anni Sessanta furono anche gli anni dei Beatles (che incontrò nel 1965) e dei Rolling Stones che conquistarono una fetta enorme del mercato. Nel 1960, Elvis tornò finalmente in sala di registrazione (dopo il servizio militare): il suo album GI Blues entrò nella classifica e ci restò 111 settimane. Il pubblico non l’aveva dimenticato, ma il suo senso di frustrazione continuò a crescere e nella seconda metà degli anni Sessanta iniziarono i flop, soprattutto cinematografici. È qui che i primi segni di depressione furono evidenti, nonostante una vita privata soddisfacente: si sposò con Priscilla e insieme comprarono un enorme ranch nel Mississipi.

Elvis Presley
Elvis Presley

Gli anni ’70

Si scorse una luce alla fine del tunnel a Natale del 1968, quando andò in onda sulla NBC, uno speciale dedicato a Presley, 68 Comeback Special: l’enorme successo di pubblico segnò  ufficialmente il suo grande ritorno.

Dal 1970 al 1976, in splendida forma, si esibì in quasi un migliaio di concerti (ne tenne uno ogni due giorni). Ormai il fenomeno The Pelvis sembrava aver conquistato il mondo, tanto che il 21 dicembre 1970 si recò alla Casa Bianca per incontrare il presidente Richard Nixon.

I singoli di maggior successo di questo decennio furono: Kentucky Rain (1970), The Wonder of You (1970), There Goes My Everything (1971), Burning Love (1972), Steamroller Blues (1973), Promised Land (1974), My Boy (1975), T-R-O-U-B-L-E (1975) e Moody Blue (1977).

Inoltre è fondamentale ricordare il suo primo show satellitare, trasmesso da Honolulu, Elvis: Aloha From Hawaii. Lo show televisivo fu seguito da oltre un miliardo di telespettatori in 40 Paesi.  Da questo programma, è stato anche ricavato il primo disco quadrifonico, diventato million seller, intitolato Aloha From Hawaii: Via Satellite (1973).

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Def Leppard, Hysteria (1987): storia di uno dei dischi più venduti della storia del rock https://cultura.biografieonline.it/def-leppard-hysteria-1987/ https://cultura.biografieonline.it/def-leppard-hysteria-1987/#respond Thu, 20 Jul 2023 06:48:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5817 Con più di venti milioni di copie vendute in tutto il mondo, “Hysteria” è il quarto album realizzato dalla band britannica dei Def Leppard. La casa discografica “Mercury Records” pubblica questo disco il 3 agosto 1987, quattro anni dopo “Pyromania”, l’album che ha decretato il successo del gruppo nel panorama musicale hard & heavy.

Hysteria Def Leppard
Def Leppard, Hysteria (1987)

Quando il batterista Rick Allen perse un braccio

Durante la lavorazione dell’album, che contiene al suo interno sei singoli che si piazzano ai vertici delle classifiche, il batterista del gruppo Rick Allen perde il braccio sinistro a seguito di un incidente stradale.

Il titolo stesso dell’album, Hysteria, è ideato da Allen, riferendosi alla sua triste vicenda e all’interesse che l’incidente suscita nei suoi confronti. L’album “Hysteria”, inoltre, è l’ultimo cui partecipa il chitarrista Steve Clark, che muore l’8 gennaio 1991.

Il titolo originario dell’album doveva essere “Animal Instinct” ed il suo produttore doveva essere Mutt Lange, che però si ritira in fase di pre-produzione. Jim Steinman prende il suo posto, ma il contributo al gruppo non è determinante, perché non essendo un perfezionista, prende per buona qualsiasi iniziativa della band. Quando Steinman si allontana, il gruppo cerca di produrre “Hysteria” in maniera autonoma.

Nonostante il grave incidente che gli costa la perdita di un braccio, Rick Allen decide di continuare a suonare la batteria utilizzando un kit acustico/elettronico con pedali. Quando Mutt Lange torna, un anno dopo, Allen ha perfettamente imparato ad utilizzare il kit, e nonostante altri intoppi durante la registrazione (la parotite di Joe Elliot e l’incidente automobilistico di Lange, che rimane ferito alle gambe, ma per fortuna non gravemente), finalmente l’album vede la luce il 3 agosto del 1987, con il lancio del singolo “Animal”, mentre in America il singolo si intitola “Women”.

Hysteria e la popolarità dei Def Leppard

Anche se tra un album e l’altro sono trascorsi alcuni anni di silenzio, la popolarità dei Def Leppard non viene intaccata: in Inghilterra, dopo la sua uscita, l’album “Hysteria” conquista velocemente le prime posizioni in classifica, ma anche in America la band è molto conosciuta e apprezzata.

Nel 2006, per la precisione il 24 ottobre, è stata pubblicata una versione “Deluxe” dell’album, formata da due CD con due tracce bonus e il rifacimento di alcuni brani originali. Nella nuova versione vi sono anche remix e parti inedite aggiunte.

Il produttore Lange aveva l’intenzione di creare una versione hard rock del grande successo di Michael Jackson, “Thriller”, ma questo delude i fan che erano rimasti affezionati allo stile più metal di “Pyromania”.

Per la registrazione dell’album la band dei Def Leppard utilizza le tecnologie più moderne, per esempio l’amplificatore “Rockman”.

I singoli dell’album “Hysteria” vengono lanciati con tempi diversi: la versione finale di “Animal” ci mette tre anni per il suo sviluppo completo, mentre altri pezzi come “Pour Some Sugar on Me” vengono scritti velocemente.

Breve storia dei Def Leppard

I Def Leppard cominciano a strimpellare musica fin da giovanissimi, e da ragazzi semplici di provincia si trovano a gestire un grande successo con l’album “Pyromania”, che conquista il pubblico molto più di quello che loro stessi si aspettano. L’album di esordio si intitola “On Throught the Night” : con questo disco i Def Leppard si avviano a conquistare il pubblico americano. Mutt è il loro produttore, e nonostante le difficoltà che incontrano sul  cammino (l’incidente di Allen, il chitarrista alcolizzato da mandare via, un altro chitarrista con problemi di droga) il gruppo non si rompe e continua a produrre musica di grande impatto.

Questa è l’attuale formazione del gruppo:

  • Joe Elliott (voce)
  • Phil Collen (chitarra e voce)
  • Rick Savage (voce, basso)
  • Vivian Campbell (voce, chitarra)
  • Rick Allen (batteria)

La critica ha spesso stroncato le esibizioni del vivo del gruppo britannico, perché pare che i componenti non siano granché carismatici, mentre il risultato degli album è positivo grazie alle tecnologie utilizzate durante la registrazione.

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Brown Sugar: 3 cose che non sapevi sulla canzone dei Rolling Stones https://cultura.biografieonline.it/brown-sugar-rolling-stones/ https://cultura.biografieonline.it/brown-sugar-rolling-stones/#respond Thu, 02 Feb 2023 12:22:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13553 Brown Sugar è una delle canzoni più famose dei Rolling Stones: fu pubblicata il giorno 16 aprile 1971 in Gran Bretagna. Scritto da Mick Jagger e Keith Richards, il singolo “Brown Sugar” fa parte dell’album Sticky Fingers, il 9° disco nella lunga storia del gruppo (il 9° in Europa, 11° nel mercato statunitense). Brown Sugar precedette l’uscita del disco, che venne lanciato nel mese di maggio dello stesso anno.

Brown Sugar - The Rolling Stones - 1971
The Rolling Stones – la copertina del singolo “Brown Sugar”, pubblicato nel Regno Unito il 16 aprile 1971

Brown Sugar: la storia della canzone degli Stones

Il singolo è stato primo in classifica per ben due settimane negli Stati Uniti, Canada e Olanda mentre per la Gran Bretagna si piazzò “solamente” al secondo posto.

La canzone “Brown Sugar” comincia con un riff di chitarra elettrica (lungo assolo) e le parole di Jagger, proseguendo poi con la batteria e il sassofono, strumento che diventa protagonista della canzone dal minuto 1’38”.

Il cantato di Mick Jagger è accompagnato anche dal coro degli altri componenti del gruppo ma assume una valenza minore rispetto agli strumenti musicali, che hanno la meglio nel brano. Probabilmente l’unico compositore della canzone fu il solo Jagger durante le riprese del film “I fratelli Kelly”, in Australia, nel 1969. Il brano venne registrato infatti nel 1969 ma non venne pubblicato subito per problemi di copyright. Jagger lo dedicò alla sua compagna segreta, madre di suo figlio Karis.

L’origine del testo di Brown Sugar

Il testo del brano è molto scandaloso: lo stesso titolo allude sia ad un tipo di eroina (“brown sugar” significa letteralmente “zucchero marrone” con riferimento a quello grezzo, lo zucchero di canna; tuttavia nello slang di strada si riferisce principalmente all’eroina) sia ad una ragazza di colore.

La trama infatti racconta di schiavismo, sadomasochismo, sesso , droga e perdita della verginità. Si parla di una donna matura che fa l’amore con il proprio schiavo nero, di una ragazza giovane che perde la sua verginità, ma in modo velato. Spesso infatti grazie alla melodia conosciutissima ed orecchiabile, il testo è sempre passato in secondo piano.

Il 18 dicembre del 1970 durante il compleanno di Keith Richards venne incisa una versione con Al Kooper al piano e Eric Clapton alla chitarra. Per la versione definitiva dell’album il gruppo era indeciso se pubblicare quest’ultima oppure quella originale: alla fine si optò per quella già incisa, in quanto l’ultima risultava troppo spontanea negli arrangiamenti.

YouTube Video

Testo originale della canzone

Gold coast slave ship bound for cotton fields,
Sold in a market down in New Orleans.
Scarred old slaver know he’s doin’ alright.
Hear him whip the women just around midnight.
Ah Brown Sugar how come you taste so good
(A-ha) Brown Sugar, just like a young girl should
A-huh.

Drums beating, cold English blood runs hot,
Lady of the house wond’rin where it’s gonna stop.
House boy knows that he’s doin’ alright.
You should a heard him just around midnight.
Ah Brown Sugar how come you taste so good
(A-ha) Brown Sugar, just like a black girl should
A-huh.

I bet your mama was a tent show queen, and all her boy
Friends were sweet sixteen.
I’m no schoolboy but I know what I like,
You should have heard me just around midnight.

Ah Brown Sugar how come you taste so good
(A-ha) Brown Sugar, just like a young girl should.

I said yeah, I said yeah, I said yeah, I said
Oh just like a, just like a black girl should.

I said yeah, I said yeah, I said yeah, I said
Oh just like, just like a black girl should

La traduzione italiana

Nave schiavista della costa d’oro
in rotta per i campi di cotone,
venduto in un mercato giù a New Orleans
Lo schiavista sa che sta facendo bene.
Senti come frusta le donne verso mezzanotte

Ah, Brown Sugar
che buon sapore hai
(A-ha) Brown Sugar,
proprio come una ragazzina dovrebbe

Tamburi suonano,
freddo sangue inglese scorre caldo,
La padrona di casa si sta domandando
dove si fermerà
Il ragazzo di casa sa che sta facendo bene
Avresti dovuto sentirlo intorno a mezzanotte

Ah, Brown Sugar
che buon sapore hai
proprio come una ragazzina dovrebbe

Scommetto che tua mamma
era la regina di un circo, e tutti i suoi
fidanzati erano dolci sedicenni.
Io non sono uno scolaro ma so cosa mi piace
Avresti dovuto sentirmi intorno a mezzanotte

Ah, Brown Sugar
che buon sapore hai
proprio come una ragazzina dovrebbe

Ho detto sì, ho detto sì,
ho detto sì, ho detto
Oh proprio come una,
proprio come una ragazza nera dovrebbe

Ho detto sì, ho detto sì,
ho detto sì, ho detto
Oh proprio come una,
proprio come una ragazza nera dovrebbe

Curiosità

Alcune delle frasi più scandalose ( “sentitelo quando frusta le donne all’incirca verso mezzanotte”) sono state modificate in modo da risultare meno offensive (“dovreste sentirlo circa verso mezzanotte”).

Il brano è stato inoltre inserito nella raccolta “Hot rocks” 1964-1971, la prima dei Rolling Stones pubblicata negli Stati Uniti grazie alla casa discografica ABKCO, di proprietà del manager Allen Klein. La raccolta fu in realtà una mossa della casa discografica per ottenere maggiori vendite e maggiori guadagni dal gruppo ed ottenne un grande successo. In Inghilterra uscì solamente nel 1990 ma, a dispetto degli anni trascorsi, ottenne comunque il terzo posto in classifica.

La canzone Brown Sugar nel 1998 è diventata anche colonna sonora di una pubblicità della Pepsi Cola, anche se non in versione originale.

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Rolling Stones: breve storia https://cultura.biografieonline.it/rolling-stones/ https://cultura.biografieonline.it/rolling-stones/#comments Tue, 21 Jun 2022 06:55:31 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13398 I Rolling Stones sono uno dei gruppi rock più famosi del pianeta e uno dei più importanti dell’intera storia del rock. Di origine britannica, sono formati da Mick Jagger (voce, armonica, chitarra), Keith Richards (chitarra, voce), Ronnie Wood (chitarra, cori), Charlie Watts (batteria, percussioni). Quest’ultimo è scomparso nell’agosto 2021, all’età di 80 anni.

Rolling Stones
The Rolling Stones nel 2012. Da sinistra: Charlie Watts, Mick Jagger, Keith Richards e Ron Wood

Insieme sono diventati una leggenda del rock mondiale, punto di riferimento per tutti gli artisti in questo campo e soprattutto idoli per diverse generazioni di giovani e non solo. La loro musica può definirsi il perfetto mix di rock e blues, evolvendosi proprio dai ritmi del rock and roll degli anni ’50.

Sesso, droga e rock ‘n’ roll

I Rolling Stones (spesso indicati solo come Stones) sono diventati famosi oltre che per la loro musica anche per la loro trasgressione: furono tra i primi a fare riferimento nelle loro canzoni alla droga, al sesso, all’alcool e molto spesso passarono dal testo alla realtà, trasgredendo anche nella vita e diventando icone degli eccessi. Furono infatti chiamati “brutti, sporchi e cattivi” proprio per la loro vita borderline, in contrapposizione ai Beatles, l’altro gruppo inglese entrato nella storia della musica, ma universalmente riconosciuto come quello dei bravi ragazzi.

In realtà tra i due gruppi non c’erano grosse rivalità ma rapporti di stima e di amicizia. I Rolling Stones però premevano molto su questa contrapposizione, proprio per proporsi come una band fuori dal coro e dagli schemi.

La fondazione degli Stones

Le “pietre rotolanti” erano originariamente cinque ragazzi inglesi appassionati di rhythm & blues, che adoravano suonare la chitarra e soprattutto la buona musica. I cinque erano molto diversi per estrazione sociale e infanzia; alcuni di loro nacquero da genitori insegnanti (Lewis Brian Jones), altri invece da famiglie operaie (Keith Richards), altri ancora di estrazione sociale più elevata (Charles Watts era figlio di un pilota della RAF).

Mick Jagger
Mick Jagger

I ragazzi si conobbero sui banchi di scuola e la musica ebbe sempre un posto importante nelle loro vite: iniziarono a suonare prima da soli e poi nei gruppi parrocchiali, intraprendendo la strada della musica.

L’unione ufficiale e la nascita dei Rolling Stones avvenne il 12 luglio 1962 quando negli studi della BBC il musicista Alexis Corner chiese al gruppo di sostituirli nella registrazione televisiva: suonarono così insieme Brian Jones, Mick Jagger, Keith Richards, Mick Taylor e Ian Stewart.

L’esordio ufficiale avvenne nel tempio del rock di Londra, il Marquee e il successo fu presto enorme.

Nel gennaio del 1963 Charlie Watts entrò ufficialmente nel gruppo sostituendo Tony Chapman alla batteria.

Gli esordi

Gli anni dell’esordio (1962-1963) li vide associarsi all’etichetta Decca Records e contrapporsi ai Beatles come immagine e target. Famoso fu lo slogan pubblicitario: “Lascereste andare vostra figlia con un Rolling Stones?”.

Nel 1965 per la prima volta ottennero un enorme successo con il brano “Satisfaction”. Proprio in questo periodo Jones e Richard introdussero la tecnica della tessitura di chitarra (guitar weaving): i due chitarristi suonano la parte ritmica e solistica nello stesso momento. Richard dichiarò che ascoltando alcuni lavori di gruppo gli venne in mente questa tecnica per far assomigliare il suono di due chitarre a quello di quattro o cinque.

Nel 1966 uscì il primo disco composto da canzoni esclusivamente scritte da loro “Aftermath”. Seguì un periodo di concerti e un successo mondiale, dal quale però i componenti del gruppo uscirono piuttosto stanchi, anche a causa dell’eccessivo uso di alcool e droga.

La morte di Brian Jones

Nel 1969 Brian Jones morì in circostanze misteriose: venne sostituito nel gruppo da Mick Taylor. Brian sarà però sempre rimpianto per l’immagine che diede al gruppo.

Il periodo di Taylor fu però comunque importante per il riavvicinamento al blues e alla freschezza di nuovi arrangiamenti ma sarà sostituito nel 1974.

Gli anni ’70 e la crisi

Gli anni Settanta trascorsero tra successi in vetta alla classifica, come gli album Black and blue, Love you live e Some girls.

Nel 1974 Mick Taylor decise di abbandonare il gruppo, provocando grandi difficoltà agli Stones. Venne chiamato Ry Cooder che accompagnò la band nel tour di quell’anno; alla fine anche Ry Cooder non seppe gestire la convivenza con la sregolata formazione inglese, così per sostituirlo venne ingaggiato nel 1975 Ron Wood (amico di vecchia data che lavorò in passato con Rod Stewart nel Jeff Beck Group e nei Faces).

Keith Richards e Mick Jagger iniziarono poi ad avere delle divergenze: il primo voleva tornare al rock and roll, il secondo invece avvicinarsi al pop.

Keith Richards
Keith Richards con la sua chitarra, una Fender Telecaster

Si sentì così nell’aria lo scioglimento e la crisi, sancita con la pubblicazione nel 1988 da parte di Keith Richards del suo primo album da solista (Talk is cheap).

La reunion, gli anni ’90 e successivi

Negli anni 90’ i Rolling Stones tornarono a calcare le scene e a produrre un album ogni tre anni, seguito da tour mondiali.

Così dal 2000 in poi proseguirono i mega concertoni che la band tenne in tutto il mondo senza mai perdere spettatori e pubblico. In Italia i Rolling Stones vennero più volte; una delle più recenti esibizioni fu quella del 22 giugno 2014 a Roma, al Circo Massimo, davanti ad un pubblico di 71.000 spettatori.

The Rolling Stones - Il celebre simbolo della bocca con la lingua
The Rolling Stones – Il celebre simbolo della bocca con la lingua

Il mito dei Rolling Stones continua attraverso le generazioni, incarnando l’ideale di musica rock, aggressiva, potente e forte. Il loro simbolo (la lingua con la bocca spalancata) è diventato una delle icone più famose del mondo a dimostrazione che nonostante tutti i cambiamenti, i periodi di crisi e lo scioglimento, i brutti-sporchi e cattivi della musica mondiale non hanno mai mollato.

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Dal Rock & Roll delle piccole sale ai grandi concerti all’aperto https://cultura.biografieonline.it/dal-rock-delle-piccole-sale-ai-grandi-concerti/ https://cultura.biografieonline.it/dal-rock-delle-piccole-sale-ai-grandi-concerti/#respond Fri, 03 Jul 2020 17:37:34 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=29906 L’arte preistorica viene studiata dall’archeologo attraverso il riconoscimento di strumenti primordiali reperiti negli scavi, quali semplici strumenti a percussione, sonagli, raschiatoi e flauti in osso. Per mezzo degli strumenti si riusciva a creare solo suoni ritmici di accompagnamento, quindi è ipotizzabile che la parte essenziale della musica ancestrale consistesse in ciò che non può essere ritrovato, cioè la voce . (1)

L’importanza della voce per esprimersi musicalmente si ritrova, ad esempio, nella nascita ed evoluzione del teatro greco, nato come espressione religiosa di gruppo, sostenuta dalle voci dei coreuti, che solo in un secondo tempo ha evoluto le parti singole delle prime voci, divenute poi gli attori dediti al recitativo. (2)

Il passaggio evolutivo da esibizione musicale e corale a “recita” ha inoltre causato un primo allontanamento del pubblico, non più completamente interattivo, dagli esecutori, ormai divenuti artisti. Da un lato questa trasformazione ha prodotto i grandi spettacoli greci e romani, che hanno tenuto banco per secoli, dall’altra ha fatto nascere le professioni di artisti itineranti che, spesso da soli, si esibivano nelle piazze dei mercati, contemporaneamente all’evoluzione della musica cantata di impronta religiosa. (3)

Teatro greco e teatro romano

Tra costoro, chi riusciva a raccogliere maggiori consensi poteva aspirare a esibirsi nelle corti nobiliari, dove il pubblico era numericamente ridotto, più raffinato nella cultura musicale e per ciò consolidava dei canoni estetici standardizzati tipici del periodo.

L’americanizzazione della musica in Europa

A cavallo tra il XIX e il XX secolo giungono in Europa i primi accenni di popular music, direttamente dagli Stati Uniti; un esempio può essere trovato, a metà dell’800, con Louis Moreau Gottschalk, che per alcuni anni spopola presentando musicalità caraibiche e afroamericane. Molti autori europei contribuiscono a diffonderle, come Georges Bizet (1838-1875), che inserisce nella sua Carmen la danza cubana “El Arreglito”. Anche Debussy compone alcuni pezzi a carattere afro-americano, ispirato dalle compagnie di minstrels che iniziano a girare per l’Europa, presentando la novità della musica sincopata. (4)

Un secondo passo nell’americanizzazione lo compie negli anni dieci del novecento l’avvento in Europa del tango, musica da ballo liberatoria dell’espressione corporea e – perché no – degli istinti repressi. (5)

Tango Luego Mario Eduardo Aguilera Merlo

Ad esso segue, negli anni venti, l’avvento del jazz: in realtà all’inizio si tratta di balli riecheggianti la “modernità” della nuova epoca. Solo in un secondo tempo prendono piede le grandi orchestre.

La definitiva conquista del vecchio Continente da parte dell’America avviene, però, nell’immediato dopoguerra: al seguito dei soldati statunitensi è presente la loro musica, quella realmente “popular”, sotto forma delle incisioni di grandi musicisti americani realizzate appositamente per le truppe al fronte.

Una volta terminata la guerra, quei dischi – soprattutto di jazz – divengono merce di scambio con i giovani, soprattutto inglesi, che si trovano a contatto con le forme più aggiornate di musica popolare americana. Grazie anche al cinema, quella musica opererà la trasformazione della musica popolare europea, mentre l’originale inizia a spegnersi in patria (5).

Rock & Roll, Rhythm & Blues

Le influenze americane penetrano nel sentire musicale collettivo dei giovani e nelle forme musicali da loro preferite, fin alla conversione al rock and roll, suonato e vissuto però nell’ottica stilistica tipica del folk britannico.

Intorno alla fine degli anni cinquanta anche in GB il Jazz tradizionale inizia a perdere terreno e non è più musica di tendenza; alcune giovani band inglesi si dedicano al Rhythm & Blues e lo acquisiscono integrandovi il folk tradizionale. È il caso dei Rolling Stones, che iniziano come amici che amano suonare insieme e si ispirano a musicisti che trovano unanimemente di loro gradimento.

In questo periodo storico i gruppi musicali agli esordi, quelli meno conosciuti e le avanguardie si esibiscono in pub e balere, locali a capienza limitata; gli artisti famosi, in parte statunitensi, vengono invitati in teatri e sale concertistiche, davanti a poche centinaia di persone o poco più. Il polo di intrattenimento musicale londinese era il quartiere di Soho: qui prende vita lo skiffle nel 1956 e sul finire del decennio vi fiorisce una serie di famosi locali che offrono concerti di jazz e skiffle.

Il Marquee Club, ad esempio, nasce nel 1958 sulle ceneri di una sala da ballo che già aveva tentato senza successo di trasformarsi in punto di aggregazione musicale; nel 1962 inizia con serate dedicate al rhythm & blues.

Rolling Stones, Beatles e l’hard rock

I Rolling Stones, che hanno trovato i primi ingaggi nei piccoli locali in cui è ancora relegata la nuova forma musicale, nel 1962 vi suonano in pianta stabile come “gruppo spalla” di altre band di rhythm and blues, quali Brian Auger, John Mayall and the Bluesbreakers, gli Yardbird e il bluesman americano Sonny Boy Williamson.

I Rolling Stones già nel 1962 avevano un contratto allo Station Hotel, iniziato come occasionale tappabuchi in una giornata piovosa: davanti a tre soli spettatori riescono ad essere talmente convincenti da moltiplicare in brevissimo tempo il pubblico, che spiega il loro successo affermando che “suonano la nostra musica”.

Durante questo periodo avvenne un fatto significativo che può far comprendere come la musica avvince il pubblico e lo rende partecipe. In quelle sale strapiene e con molti posti a sedere non era immaginabile che gli uditori potessero interagire con gli esecutori esprimendosi attraverso il ballo e quindi il pubblico ascoltava fermo e un po’ silenzioso.

Tale situazione poco si avvicina alle coinvolgenti ritualità ancestrali di forte impatto emotivo, come le danze tribali, perciò i Rolling Stones, benché si impegnassero enormemente e trovassero riscontro nella grande affluenza di fans, sentivano che mancava un’indefinibile completamento dell’evento. A questo ovviò un loro collaboratore, che una sera, nel momento clou dell’esibizione, salì su un tavolo, alzò le braccia in
alto e iniziò ad agitarle. La risposta fu immediata e totale, il pubblico rispose all’invito imitando i gesti dell’uomo. (6)

Negli stessi anni in Gran Bretagna si sta sviluppando la variabile nazionale dell’industria musicale, riadattando a scopi commerciali forme musicali americane, come il beat, il blues e il rhythm and blues, che saranno riesportate negli USA da gruppi come Beatles e Rolling Stones; in pratica, grazie alla estrema vicinanza linguistica, gli inglesi sono parte fondamentale nella creazione della popular music consumistica e nel prosieguo sono proprio le band inglesi le più impegnate nel creare il nuovo genere, l’hard rock. (7)

Il capitalismo nella musica

Con la commistione tra USA e Great Britain il capitalismo trova interesse a entrare con forza nel mondo musicale, attirato dalla possibilità di arricchire e iniziano le azioni di marketing: non sono più basilari le capacità degli interpreti, ma la loro presa sul pubblico, ovvero sul potenziale acquisto di dischi.

Il discografico arruola i gruppi esordienti, modifica la formazione per meglio commercializzare l’immagine, vedasi per esempio Jan Stewart, escluso dal manager Andrew Oldham prevalentemente per motivi estetici. Oldham può essere considerato un archetipo di questa nuova figura, trova i Beatles e li lancia, poi li lascia quando non riesce a legarli a contratto con la Decca Record e si rivolge ai Rolling Stones, che invece vengono arruolati.

Un altro fenomeno negativo provocato dal capitalismo nella musica è che, curando il progetto e quindi le vendite, contribuisce a distanziare l’esecutore dal suo pubblico: fisicamente relegando le presenze nelle platee sempre più lontane dal palco e spiritualmente comprimendo i significati musicali, riducendo il musicista a registrare le sue creazioni e spingendo il pubblico ad acquistare il disco per poterlo ascoltare.

A questo cliché sono costretti a sottostare tutti i musicisti che desiderano diventare famosi, anche se hanno un messaggio da offrire; d’altro canto, il musicista stesso ha piacere a vedere ampiamente diffuse le sue opere.

Esistevano già case discografiche specializzate di piccole o medie dimensioni, ma la vera svolta si verifica quando le grandi etichette, compresa la ricerca del nuovo da parte di una larga fetta di pubblico, iniziano a offrire contratti alle band di nuova tendenza.

La moda e la trasgressione

Negli anni sessanta inizia il periodo che può venir definito “della trasgressione”, partendo dalla moda: Mary Quant, che già alla fine degli anni cinquanta aveva iniziato a vestirsi in modo eccentrico, divenuta stilista propone abiti sempre più corti, presentando modelli semplici, colorati e coordinati; lancia la “minigonna” nel 1963, insieme a collant colorati, grandi cinture appoggiate ai fianchi e gli “skinny ribs”, attillati maglioni a costine.

Altri stilisti la seguono, venendo incontro allo stile casual dei giovani, tra cui Barbara Hulanicki, che nel 1964, con un’attentamente studiata operazione commerciale apre Biba, negozietto-bazar di sue creazioni destinato a divenire un punto fermo nella moda. Le attività degli “alternativi” si concentrano a Soho, soprattutto lungo Carnaby Street, e proprio in questa zona alcune band – tra cui i Rolling Stones – stabiliscono la loro base per lavorare.

Nel frattempo si verifica un importante cambiamento culturale nelle giovani generazioni, che prediligono trasgredire anche altre imposizioni estetiche e comportamentali degli stereotipi inglesi, riassumibili in giacca, cravatta e bombetta. Appaiono sempre più spesso ragazzi con i capelli più lunghi del normale e che assumono atteggiamenti volutamente trasgressivi, da “cattivi ragazzi”.

Contemporaneamente, negli Stati Uniti dagli stimoli espressivi della Beat generation si originava un movimento di controcultura formato da persone che, partendo dal rifiuto della guerra in Vietnam e delle convenzioni borghesi, propugnavano e praticavano la rivoluzione sessuale e l’uso di allucinogeni come LSD e cannabis, ascoltando rock psichedelico e musiche di protesta, alla ricerca di un nuovo equilibrio sociale: la cultura hippie. Molti di costoro portavano vestiti colorati e sognavano un mondo impregnato di pace e libertà totale, non solo dalle convenzioni.

La moda e i valori hippie hanno avuto un notevole impatto sulla cultura, influenzando la musica popolare, la televisione, il cinema, la letteratura e l’arte in generale e molti suoi aspetti sono diventati di comune dominio, compresa la diversità culturale e religiosa e le filosofie orientali.

È evidente che nel corso degli anni sessanta avviene una commistione tra economie di mercato e preferenze musicali diffuse. Le produzioni che vengono veicolate attraverso canali tipicamente consumistici sono però quelle gradite dalle classi socioeconomiche basse, parlano alle minoranze e invitano gli oppressi ad alzare la testa. (8)

Quindi la domanda che ci si potrebbe porre è la seguente.

Quanto pesa in generale il market sulla diffusione delle musiche e degli stili di vita?

Un diverso approccio, stimolato dallo studio delle tipologie proposte da Merrian, in cui si ricercano collegamenti tra musica e dinamiche culturali, suscita invece l’interesse a indagare su quanto lo stile di vita hippy ha influenzato i cambiamenti sociali degli anni sessanta e settanta. (9)

I festival musicali

Riguardo a ciò, è palese che la voglia di condividere le esperienze quotidiane tipica della cultura hippy e l’istintiva pulsione umana alla concentrazione di grandi masse – come accadde già in preistoria per la nascita delle prime città – porta alla necessità di trovare luoghi molto molto più capienti del pub o del teatro per le esibizioni di artisti con centinaia di migliaia di fans; nella seconda metà degli anni sessanta si inizia a sperimentare concerti in ampie aree pubbliche che non siano tipicamente destinate a manifestazioni: inizia il fenomeno dei festival musicali.

Il primo ad accomunare rivoluzione musicale e stili di vita alternativi fu l’inglese Reading, iniziato nel 1961, che lanciò definitivamente i Rolling Stones nel 1963. Negli USA esisteva dal 1959 il Newport Folk Festival (10).

Dal 1966 il festival rock divenne il palcoscenico della contestazione giovanile, della nascita della cultura hippie e della rivoluzione sessuale. Il Monterey Pop Festival del 1967 fu un grande evento gratuito, con un foltissimo cartellone di musicisti e un pubblico di ben 200.000 persone.

In Europa uno dei luoghi – poi divenuti simbolici – può essere identificato in Hyde Park a Londra, dove iniziarono a esibirsi i Pink Floyd. (11)

Il 1969 è un altro anno importante per i grandi eventi all’aperto in Europa: i Rolling Stones perduto tragicamente Brian Jones, sentono la necessità di esprimere i loro umori del momento:

“Il concerto ad Hyde Park fu davvero strano. Per certi versi era come ricominciare tuto d’accapo, ma invece di farlo al Crawdaddy club o da qualche altra parte presentavamo un nuovo membro per la prima volta davanti al più grande pubblico che avessimo mai avuto […] dovevamo affrontare il fatto Brian non aveva sol lasciato il gruppo ma anche questo pianeta. Eravamo preda di emozioni contrastanti, suona r e in quelle condizioni era come camminare su una corda molto sottile” (12)

Il concerto, naturalmente gratuito, si dimostra ricchissimo di emozioni già per i componenti della band, che anni dopo ricorderanno ancora la forte comune commozione, i timori per il debutto di Mick Taylor, le problematiche di amplificazione e la loro mediocre prova dal punto di vista musicale. (13)

Ma per il pubblico si tratta dell’apoteosi, dell’avvenimento unico e irripetibile. Sicuramente giocano un ruolo notevole le emozioni e il totale coinvolgimento emotivo in sinergia tra la massa e gli esecutori. (14)

Molti concerti seguono a Monterey e Hyde Park. Sorge il contrasto a sfondo prettamente economico tra le band che propongono l’ingresso libero e gli imprenditori (discografici, agenti e organizzatori) che, da bravi capitalisti, puntano a massimizzare i profitti. Il risultato è che gli artisti vedono assottigliarsi notevolmente i proventi e il pubblico inizia ad assuefarsi al dover pagare per entrare. È una delle cause – a mio avviso forse la principale – del declino per questo tipo di esibizione.

Pochi mesi dopo Hyde park ecco Woodstock, considerato l’apoteosi del fenomeno hippy e della musica ad esso legata: tre giorni di maxi-concerto con 500.000 presenze fanno credere che davvero il rock possa cambiare il mondo.

Festival di Woodstock 1969
Il Festival di Woodstock si tenne dal 15 al 17 agosto del 1969

La rapidissima disillusione giunge, sempre nel 1969, ad Altamont, un festival gratuito voluto dai Rolling Stones allo scopo di favorire il pubblico della costa orientale , ma organizzato pessimamente, che degenera in risse e nella morte di un ragazzo. Infine il festival (a pagamento) dell’Isola di Wight nel 1970, con Doors, Free, ELP , Taste, Jethro Tull, Who e Jimi Hendrix, pubblicizzato a dismisura dai discografici, evidenzia drammaticamente la divaricazione fra esigenze del marketing e ideali giovanili.

Assodato che la scelta degli ambienti condiziona la musica, l’artista e l’ascoltatore, viene da domandarsi quanto il periodo dei grandi eventi abbia influito, in bene e in male, sulla creatività degli artisti e sull’ascesa della cultura hippy, che sembrava inarrestabile ma che ha subito un duro colpo dalla sua mercificazione.

È giusto che l’etnomusicologia, nello studiare le manifestazioni musicali di un popolo, ponga attenzione alla musica delle classi socioeconomiche basse, degli oppressi e delle minoranze. (15)

Esiste però un’altra categoria che necessita di maggiore attenzione, l’universo femminile.

Le cantanti donne

Per secoli la cultura maschilista interconnessa al concetto di capitale e proprietà ha mantenuto la donna in condizioni di minorità. Negli ultimi due secoli la condizione femminile ha iniziato a trovare riconoscimenti e sbocchi, ma siamo ancora molto lontani da una reale parità. In campo
musicale la rivalutazione è iniziata grazie al melodramma, che ha sdoganato dal settecento la presenza di donne sul palco, ma secondo Reublin e Beil, la scarsa rinomanza delle cantautrici è un’omissione imbarazzante nel patrimonio musicale. (16)

Anche se dalla seconda metà del secolo scorso grandi cantanti hanno ottenuto la fama, esse paiono più casi singoli, artiste di altissima levatura come Aretha Franklin. Certamente la rivoluzione sociale iniziata negli anni sessanta, lo stesso fenomeno hippy e le molteplici manifestazioni femministe hanno contribuito a ridurre il divario tra i sessi, ma resta il fatto che i discografici continuano a puntare su cantanti donne di bell’aspetto senza curarsi delle loro reali doti musicali.

Ma siamo ancora lontani dalle condizioni neolitiche, in cui le donne guidavano a pieno titolo il canto corale intorno al fuoco dell’insediamento.

Note bibliografiche

(1) Corso di Storia della Tecnologia del prof. Vittorio Marchis presso il Politecnico di Torino
(2) Aristotele, Poetica, IV secolo a.C.
(3) Raffaele Arnese, Storia della musica del medioevo europeo, Historiae Musicae Cultores, ISBN: 978882223
(4), (5) Weschool, La popular music americana in Europa fino al secondo dopoguerra.
(6) Intervista a Giorgio Gomelsky, 2003
(7) Ira A. Robbins, Encyclopedia Britannica – British Invasion, maggio 2020
(8) Credo, Bruno Nettl (The Study of Ethnomusicology, 2005)
(9) Antropologia della musica, Alan P. Merriam, Sellerio Editore, Palermo, 2000
(10) Alfredo Cristallo, Rock Festival Storie di musici e musica – Gli anni del Festival, in musicastrada.it
(11) Hearn, Marcus (2012). Pink Floyd, Titan Book
(12) Intervista a Keith Richards, According to The Rolling Stones, Weidenfeld & Nicolson, 2003
(13) According to the Rolling Stones, Mondadori, 2003
(14) Sito ukrockfestivals.com
(15) Credo, Bruno Nettl, The Study of Ethnomusicology, 2005
(16) Richard Reublin e Richard Beil, Women in american Song, The parlour Song Academy

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The Dark Side of the Moon https://cultura.biografieonline.it/the-dark-side-of-the-moon/ https://cultura.biografieonline.it/the-dark-side-of-the-moon/#comments Thu, 01 Mar 2018 11:21:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=24393 E’ uno degli album più celebri dei Pink Floyd e nel contempo uno dei più importanti della storia del rock. Si intitola: The Dark Side of the Moon. L’ottavo album del gruppo è stato pubblicato dalla Capitol Records negli Stati Uniti il 10 marzo del 1973, e dalla Harvest Records in Gran Bretagna il 23 marzo dello stesso anno. La storia del disco affonda le radici nel dicembre del 1971, quando i componenti della band britannica, in seguito al lancio di “Meddle” – il 6° album in studio dei Pink Floyd – , si riuniscono in vista di un tour che li avrebbe portati in Giappone e negli Usa.

Artwork - The dark side of the Moon -disco
La copertina del disco, estremamente semplice, con la forma geometrica del triangolo al suo centro (un prisma che riflette la luce), ha contribuito al successo di The Dark Side of the Moon rendendolo facilmente riconoscibile.

La genesi del disco

Nel frattempo i ragazzi si dedicano alle prove a Londra, in Broadhurst Gardens. E’ in questa occasione che il bassista Roger Waters lancia l’idea di un nuovo album dedicato ad argomenti in grado di far arrabbiare le persone, con testi più diretti rispetto a quelli usati fino a quel momento. Così vengono registrati i primi demo nell’abitazione di Waters a Islington, all’interno di uno studio di registrazione creato ad hoc in giardino. Vi prendono parte, oltre allo stesso Waters, il tastierista Richard Wright, il chitarrista David Gilmour e il batterista Nick Mason.

Il nome del disco

Dopo aver comprato un mixer di ventotto canali, un impianto luci, casse acustiche e amplificatori, il gruppo decide di attribuire al nuovo materiale il nome provvisorio di “The Dark Side of The Moon”, con riferimento non all’astronomia ma alla follia. Tuttavia i Pink Floyd si rendono conto che quel titolo è già stato impiegato dai Medicine Head, e dunque lo sostituiscono con “Eclipse”.

Il 20 gennaio del 1972 il lavoro viene presentato a Brighton, ma l’LP “Eclipse” ottiene riscontri molto tiepidi. Così la band sceglie di recuperare il titolo iniziale, trasformato in “Dark Side of the Moon: A Piece for Assorted Lunatics”. Le canzoni vengono fatte ascoltare il 17 febbraio del 1972 a un gruppo di giornalisti, riscuotendo critiche positive da giornali come il “Sunday Times” o il “Times”.

Anche il tour seguente conquista un riscontro entusiastico da parte dei fan, includendo i nuovi pezzi eseguiti live secondo lo stesso ordine in cui verranno proposti nel disco. Tra il 1972 e il 1973, dunque, va in scena tra l’Europa e l’America il “Dark Side of the Moon Tour”, nel corso del quale la band lavora anche per migliorare i suoni e gli argomenti di alcuni brani.

Vinile - The dark side of the Moon - canzoni
Foto di un vinile d’epoca di The Dark Side of the Moon, prodotto e distribuito in Yugoslavia

The Dark Side of the Moon, le canzoni

L’elenco seguente si riferisce all’edizione originale in vinile del 1973.

  • Lato A
    1. Speak to Me – 1:30 (musica: Nick Mason)
    2. Breathe – 2:43 (Roger Waters, David Gilmour, Richard Wright) – Cantata da David Gilmour
    3. On the Run – 3:30 (musica: David Gilmour, Roger Waters)
    4. Time + Breathe (Reprise) – 6:53 (Nick Mason, Roger Waters, Richard Wright, David Gilmour) – Cantata da David Gilmour e Richard Wright
    5. The Great Gig in the Sky – 4:15 (Richard Wright) –Cantata da Clare Torry
  • Lato B
    1. Money – 6:30 (Roger Waters) – Cantata da David Gilmour
    2. Us and Them – 7:49 (Roger Waters, Richard Wright) – Cantata da David Gilmour e Richard Wright
    3. Any Colour You Like – 3:24 (musica: David Gilmour, Nick Mason, Richard Wright)
    4. Brain Damage – 3:50 (Roger Waters) – Cantata da Roger Waters
    5. Eclipse – 1:45 (Roger Waters) – Cantata da Roger Waters

Le registrazioni

Il 20 gennaio del 1972 iniziano le prove negli studi britannici, mentre le registrazioni finali si svolgono a Londra tra il 24 maggio e il 25 giugno dello stesso anno. Il capo tecnico audio è Alan Parsons, già assistente per “Atom Heart Mother” (il loro 5° album).

Le varie sessioni sono valorizzate dalle tecnologie più evolute del tempo: lo studio permette di missare ben sedici tracce, la prima delle quali è “Us and Them”, che viene registrata il 1° giugno e che anticipa “Money”. Infine, il 9 gennaio del 1973, dopo la pubblicazione del film-documentario concerto “Pink Floyd a Pompei”, l’incisione viene portata a termine. E’ in questa occasione che vengono registrati “On the Run”, “Any Colour Yoy Like”, “Eclipse” e “Brain Damage”.

Nasce, così, un album in cui si parla di malattia mentale, di morte, di vecchiaia, di avidità: ogni lato del disco contiene cinque tracce, ciascuna delle quali simboleggia un particolare stadio dell’esistenza umana. Non a caso, l’inizio e la fine dell’album sono rappresentati da un suono di battiti del cuore. Il lato A si conclude con una metafora della morte, “The Great Gig in the Sky”, mentre il lato B termina con i concetti di unità e alterità di “Eclipse”.

Quando la registrazione fu terminata portai una copia a casa e la feci ascoltare a mia moglie. Ricordo che si mise a piangere. A quel punto pensai «questo ha sicuramente toccato una corda da qualche parte», ed ero contento. (Roger Waters)

Curiosità

Nel Regno Unito è il settimo album più venduto di tutti i tempi. Si stima che uno statunitense su quattordici sotto i 50 anni possegga, o abbia posseduto, una copia dell’album. Fonti dell’industria discografica stimano che le vendite totali in tutto il mondo ammontino a circa 50 milioni di copie, dalla prima uscita: in pratica non esiste giorno dell’anno in cui non vengano vendute decine di copie di questo disco.

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London Calling (The Clash): la celebre foto di Pennie Smith https://cultura.biografieonline.it/foto-london-calling-clash-pennie-smith/ https://cultura.biografieonline.it/foto-london-calling-clash-pennie-smith/#respond Thu, 03 Aug 2017 12:59:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22928 Il disco London Calling fu pubblicato il 14 dicembre 1979. E’ il terzo lavoro della punk rock band The Clash. L’album passato alla storia non solo perché contiene moltissimi generi musicali, ma proprio grazie alla sua copertina, ancora oggi molto riconoscibile. La grafica riprende il primo lavoro discografico di Elvis Presley.

The Clash - London Calling - Famous rock photo - Pennie Smith
La celebre foto di Pennie Smith scattata il 21 settembre 1979

Come nasce la celebre foto della copertina

Pare infatti che alla fine del concerto, tenuto a New York il 21 settembre 1979, Paul Simonon (bassista), insoddisfatto della performance decide di spaccare il proprio basso sul palco. Da qui lo scatto della fotografa inglese Pennie Smith, che si trova sul bordo del palco. Lo scatto è destinato a fare il giro del mondo. La fotografa cattura la scena senza staccare le mani dalla camera. Utilizza una Pentax ESII con una pellicola TRIX400 ASA. Compie tre scatti mentre il musicista si sfoga distruggendo il suo strumento. Oggi il basso elettrico esposto al Rock and Roll Hall Of Fame and Museum.

Si tratta di una delle fotografie più famose della storia del rockSi vede il bassista colto in modo naturale durante lo spettacolo al Palladium, a New York. La foto si è aggiudicata il riconoscimento di migliore fotografia rock and roll di tutti i tempi.

The Clash - London Calling - Cover album
The Clash, “London Calling”: la copertina del disco del 1979

Chi è Pennie Smith

La fotografia di Pennie Smith influenza una giovane generazione di fotografi. Lei è specializzata in bianco e nero. Il suo primo incarico è per la rivista NME: ci sono i Led Zeppelin in tour. Ma vediamo un aneddoto sulla foto scelta dalla band per la copertina del vinile.

La fotografa inglese sconsiglia al gruppo di utilizzarla perché sfuocata e troppo vicino al soggetto che lei fotografa, cioè il bassista intento a rompere il basso. Mentre i Clash ritengono opportuno utilizzarlo proprio per questo “difetto” che, secondo loro, ben ritrae la loro musica.

Pennie Smith
Pennie Smith

La Smith ha lavorato per le più importanti riviste musicali inglesi, ha pubblicato diversi libri, ha esposto i suoi lavori in molte gallerie in giro per il mondo, e ha continuato la sua carriera da freelance.

La band londinese

I The Clash sono nati a Londra, nel 1976, e sono stati attivi sino al 1986.  Senza neppure aver pubblicato un disco, sono riusciti a entrare nel giro delle punk band di Londra e ad esibirsi in numerosi concerti con altri gruppi famosi, quali, ad esempio, Sex Pistols, Buzzcocks e Damned. Un anno dopo dalla formazione, la band viene messa sotto contratto dalla Columbia, all’epoca una delle etichette più importanti.

Nasce così, dopo soli tre mesi, The Clash, un disco (omonimo) punk, vario e leggero. I membri storici della band sono: il cantante Joe Strummer (stroncato nel 2002 da un infarto), il chitarrista Mick Jones e il già citato bassista Paul Simonon.

Il successo per loro arriva nel 1978. Un anno dopo, nel 1979, viene registrato London Calling, un disco che esce come doppio al prezzo di uno. Esso contiene 19 brani. Inizialmente doveva essere intitolato The New Testament, titolo poi abbandonato a favore dell’altro. Il lavoro della band vende oltre due milioni di copie nel mondo, certificato disco di platino e disco d’oro negli Stati Uniti, nonché disco d’oro e d’argento nel Regno Unito.

Il doppio disco si apre con il brano omonimo.

London Calling, la canzone

La canzone recita:

The ice age is coming…the sun is zooming in
Engines stop running and the wheat is growing thin
A nuclear error… but I have no fear
London is drowning… and I…
I live by the river!”

che tradotta significa:

Sta arrivando l’era glaciale…il sole sta precipitando
I motori si fermano e il frumento avvizzisce
Un errore nucleare…ma io non ho paura
Londra sta annegando… ed io…
Io vivo vicino al fiume!

Il significato della canzone

Insomma non si tratta di una canzone felice, in quanto richiama tensioni sociali e la paura causata dall’incidente nucleare di Three Mile Island, avvenuto proprio nel 1979. Eppure è stata proposta come “jingle” per il countdown verso le Olimpiadi londinesi del 2012.

La canzone comincia con le parole: “London calling to the faraway towns, now that war is declared and battle come down. (“Londra sta chiamando le città lontane, ora che la guerra è dichiarata e la battaglia è arrivata”).

In pratica “Londra sta chiamando” è la traduzione letterale del titolo e allude al messaggio che trasmetteva la BBC in radio nel corso della Seconda Guerra Mondiale nei paesi occupati. La frase era pronunciata dall’annunciatore radiofonico Edward R. Murrow.

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Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Beatles) https://cultura.biografieonline.it/sgt-peppers-beatles/ https://cultura.biografieonline.it/sgt-peppers-beatles/#respond Wed, 20 May 2015 17:14:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14337 Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles è l’ottavo album della discografia ufficiale del famoso gruppo britannico. Secondo la rivista Rolling Stones, è al primo posto della classifica dei 500 dischi più venduti di tutti i tempi. Il disco ha sfiorato i 32 milioni di copie vendute e vinse nel 1967 il Grammy Award come miglior album dell’anno.

Beatles - Sgt. Pepper
I Beatles di Sgt. Pepper. Da sinistra: Ringo Starr, John Lennon, Paul McCartney, George Harrison (1967)

Venne messo in commercio il 1° giugno del 1967 ed è uno dei più conosciuti della storia del rock, oltre che uno dei primi concept album della storia della musica mondiale. Il termine sta ad indicare un album discografico le cui canzoni sono tutte incentrate su un particolare tema, sviluppato poi al loro interno come una storia. Per “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band“, i Beatles si immedesimarono ognuno in una personalità diversa, interpretando la Banda dei Cuori Solitari del Sergente Pepper. In realtà i testi delle canzoni non sono tutti legati l’uno all’ altro, pertanto, secondo alcuni esperti, non si tratterebbe di un vero e proprio esempio di concept album ma solamente di un suo antecedente.

L’idea e il titolo del celebre disco

Nel 1966 Paul McCartney voleva riunire di nuovo il gruppo a seguito dell’interruzione della tournee per continuare la carriera musicale tutti insieme. Durante un viaggio in Kenia con Mal Evans, il produttore e assistente personale dei Beatles, a Paul venne l’idea di comporre un album ispirato ad un gruppo di musicisti immaginario “La banda del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepper” , una banda di ottoni di epoca vittoriana.

Il nome così complesso era derivato dal contatto con musicisti californiani che utilizzavano nomi complicati per esplorare nuovi settori innovativi della musica. Probabilmente l’ispirazione di Paul per il nome dell’album derivò dai contenitori di sale e pepe utilizzati durante il viaggio in aereo di ritorno dal Kenya o da un agente di scorta dei loro concerti che si chiamava Sergeant Pepper.

YouTube Video

Paul McCartney compose il brano di apertura del disco (omonimo del titolo del disco) e lo sottopose al giudizio degli altri Beatles: secondo lui, ognuno di loro doveva interpretare i brani come se fosse un componente di questa band immaginaria. Inizialmente l’idea non piacque né a John Lennon né a George Harrison. Ringo Starr invece si offrì di cantare come solista una canzone e fu entusiasta del progetto.

I componenti dei Beatles arrivarono ad un compromesso per la pubblicazione: decisero di riunire nell’album tutte le tracce già composte fino a quel momento, senza dargli un’unica trama ma accostandole ad un’unica copertina. La registrazione durò 129 giorni e comportò una spesa di oltre 25.000 sterline.

Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band: i brani

Il disco inizia con un sottofondo che ricorda il chiacchiericcio di un teatro o di un bar e con un’orchestra che accorda gli strumenti musicali. Questo precede la canzone che dà il titolo all’album, nella quale vengono presentati i membri di questa immaginaria band musicale del Sergente Pepper.

Segue il brano N°2: With a Little Help from My Friends di cui è celeberrima la versione cantata da Joe Cocker al Festival di Woodstock del 1969.

La canzone più famosa del disco è certamente la terza : Lucy in the Sky with Diamonds. È ricordata per essere un’allusione alla LSD, droga allucinogena molto diffusa in quel periodo tra i giovani. Le iniziali del titolo infatti sarebbero chiaramente riferibili ad essa.

John Lennon si difese però da queste accuse raccontando che aveva composto il brano ispirandosi ad un disegno del figlio, che aveva ritratto una compagna di classe nel cielo con dei diamanti. Il brano divenne però talmente famoso da essere conosciutissimo anche dagli altri artisti: venne infatti citato anche dai Pink Floyd nel loro A Saucerful of Secrets.

La presunta morte di Paul McCartney

Un’altra canzone discussa è la decima, Lovely Rita, composta da McCartney dopo uno scontro con una vigilessa. In realtà alcuni avrebbero visto dietro essa un presunto indizio della morte dello stesso Paul. Rita sarebbe l’autostoppista che il cantante avrebbe fatto salire la notte del 9 novembre 1966.

Con lei si sarebbe poi schiantato e sarebbero morti entrambi. La leggenda vuole che la morte sarebbe stata occultata dai componenti della band e il cantante sostituito con un suo sosia. Non esistono prove concrete a dimostrazione della presunta morte di McCartney. Ma i sostenitori di questa tesi hanno ritrovato proprio in questo disco, in particolare nella copertina, molti indizi che comprovano la veridicità di queste teorie.

Il disco si conclude con una canzone composta da Paul e John, A Day in the Life, momento apice della collaborazione tra i due grandi autori. Anche questo brano è noto per i suoi riferimenti alla droga.

La lista completa delle canzoni

Lato A

  1. Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Lennon-McCartney) – 2:00
  2. With a Little Help from My Friends (Lennon-McCartney) – 2:43
  3. Lucy in the Sky with Diamonds (Lennon-McCartney) – 3:26
  4. Getting Better (Lennon-McCartney) – 2:47
  5. Fixing a Hole (Lennon-McCartney) – 2:35
  6. She’s Leaving Home (Lennon-McCartney) – 3:33
  7. Being for the Benefit of Mr. Kite! (Lennon-McCartney) – 2:35

Lato B

  1. Within You Without You (Harrison) – 5:05
  2. When I’m Sixty-Four (Lennon-McCartney) – 2:37
  3. Lovely Rita (Lennon-McCartney) – 2:41
  4. Good Morning Good Morning (Lennon-McCartney) – 2:42
  5. Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Reprise) (Lennon-McCartney) – 1:19
  6. A Day in the Life (Lennon-McCartney) – 5:04

La copertina

L’album è famosissimo in tutto il mondo proprio per la sua copertina particolare e coloratissima. Venne realizzata su suggerimento di Paul McCartney da Jann Haworth e Peter Blake. Grazie alla creatività vinse il Grammy Awards come migliore copertina nel 1968.

Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band - copertina
“Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, la celeberrima copertina del disco dei Beatles – Uscì il 1° giugno 1967

Rappresenta una vera e propria icona pop art, imitata e parodiata da moltissimi artisti. L’idea è quella di una sorta di collage sul quale i Beatles hanno voluto riunire tutti i loro personaggi preferiti, che rappresentano il pubblico ideale davanti al quale avrebbero voluto cantare. Sono presenti Marlon Brando, Albert Einstein, Edgar Allan Poe, Karl Marx e molti altri. John Lennon avrebbe poi voluto introdurre anche Gesù, Hitler e Gandhi ma poi l’ipotesi venne scartata.

Alcuni dei personaggi rappresentati chiesero anche un compenso per il copyright ma i Beatles accettarono solo le candidature gratuite. Sono rappresentati anche degli oggetti e delle foglie che sembrerebbero di marijuana ma che in realtà sono della pianta del peperoncino.

I Beatles avrebbero voluto includere anche dei mini gadget ma il progetto venne abbandonato a causa del costo eccessivo. Nella rappresentazione della band, Paul è l’unico che è girato di spalle. Questa, secondo i mitomani, sarebbe una delle prove più importanti della leggenda Paul is dead (la presunta morte e sostituzione dell’artista alla quale si è accennato prima).

Il retro del disco

La copertina è importante anche per il retro, che include i testi delle canzoni.

Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band - retro copertina
Il retro della copertina del disco in vinile: si possono distinguere i testi delle canzoni di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” e la foto che ritrae i Beatles, con Paul McCartney di spalle.

Allora, si trattò di una vera e propria rivoluzione pop art del mondo della musica. Appariva chiaro – ed oggi ne abbiamo assoluta conferma – come Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band fosse un album destinato a rimanere nella storia del rock per sempre, grazie alle sue canzoni, ma anche ai messaggi che i componenti del gruppo hanno voluto inserire al suo interno.

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Woodstock: il Festival del 1969 https://cultura.biografieonline.it/woodstock-1969/ https://cultura.biografieonline.it/woodstock-1969/#comments Fri, 06 Sep 2013 11:13:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7802 Il Festival di Woodstock fu un evento tanto importante, da diventare un aggettivo: utilizzato per rendere l’idea di una grande manifestazione, soprattutto se a carattere musicale e se popolata da un pubblico numeroso, perlopiù giovanile (e, anche, trasgressivo). È Woodstock, il più grande raduno della storia del rock, andato in scena nella piccola cittadina rurale di Bethel, situata nello stato di New York, in una distesa di prato aperto (per la precisione, si tenne nel caseificio di proprietà di Max Yasgur, poco fuori il White Lake).

Festival di Woodstock 1969
Il Festival di Woodstock si tenne dal 15 al 17 agosto del 1969

Il festival ebbe luogo dal 15 al 17 agosto del 1969, con un’appendice finale “debordata” al 18 agosto (per la verità non prevista), e può ben essere considerato il punto culminante, il vero apice, della diffusione della cultura hippy. Un happening mondiale organizzato allo scopo di riunire gli amanti della musica rock e del movimento della controcultura sessantottina, in tre giorni di “Peace And Music”. Vi presero parte alcune delle migliori espressioni musicali del tempo, vere e proprie leggende della musica, ancora oggi idolatrate in tutto il mondo: da Jimi Hendrix a Janis Joplin passando per Santana, David Crosby e Richie Havens.

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Tutto nacque da un annuncio sul giornale

Conosciuto anche come “An Aquarian Exposition”, Woodstock nacque grazie all’intuizione di quattro giovani organizzatori: John Roberts, Joel Rosenman, Artie Kornfeld e Mike Lang. Il più vecchio dei quattro, aveva appena ventisette anni.  Il gruppo diede vita ad un evento storico di una portata ben più grande rispetto a quella che, almeno all’inizio dei lavori, avevano intenzione di mettere in piedi.

Ad ogni modo, a dare l’abbrivo al festival fu un semplice annuncio pubblicato sul New York Times, il quale diceva pressapoco così: “Giovani con capitale illimitato sono alla ricerca di interessanti opportunità di investimento e business, legali”. I soldi, in pratica, erano quelli di Roberts, il quale li aveva ereditati dal ramo farmaceutico. Con lui, nella missione, era impiegato il suo migliore amico, Rosenman. Ma a far scoccare la scintilla furono i due nuovi arrivati, Kornfeld e Lang.

Il “Piano Woodstock”

La prima proposta di business era legata all’idea di dare vita ad uno studio di registrazione di grande portata, all’avanguardia, punto di riferimento per i rocker, in una località, New York, già famosa per accogliere alcuni dei musicisti più in voga del momento. Subito dopo però, Kornfeld e Lang pensarono che dare vita ad un concerto rock che potesse ospitare fino a cinquantamila persone, avrebbe fatto da trampolino di lancio sia per un successivo studio di registrazione e sia dal punto di vista finanziario.

Gli inizi non sono entusiasmanti. I quattro individuano un luogo utile per lavorare all’allestimento dell’evento e lo trovano in un parco industriale nella vicina Wallkill, sempre nello stato di New York. Stampano biglietti da 7, 13 e 18 dollari ciascuno, rispettivamente per una, due o tre giornate di concerto. Vengono venduti in alcuni negozi selezionati o, anche, per corrispondenza. Tuttavia, la cittadinanza di Wallkill non sembra vedere di buon occhio la cosa: la gente del luogo, semplice e perlopiù operaia e contadina, non vuole “un mucchio di drogati” nella propria località e così, dopo molte dispute legali, la cittadina riesce a far approvare una legge esattamente il 2 luglio del 1969, nella quale viene vietato il concerto tanto a Walkill che nelle immediate vicinanze.

In pratica, ad un mese e mezzo dal Festival, tutto è in alto mare: senza località, il rischio di far saltare tutto all’aria è concreto. Intanto, a seguito dell’ordinanza cittadina, molti musicisti cominciano a declinare l’invito e anche i rivenditori dei biglietti non hanno più intenzione di sostenere un evento così in bilico.

L’uomo della Provvidenza. Anzi, del caseificio

A tirare in ballo Max Yasgur fu il proprietario del Motel El Monaco, Elliot Tiber, titolare di una tenuta di circa quindici acri. Quest’ultimo infatti, contattato dagli organizzatori, pur avendo accettato di dare asilo agli ospiti, ben presto si rese conto che non avrebbe mai potuto accogliere, con i propri mezzi, l’enorme mole di gente prevista. A metà luglio infatti, con il festival in alto mare e nonostante l’annuncio di spostamento della località, erano già stati venduti oltre centocinquantamila biglietti. Per tale ragione allora, Tiber suggerì di interpellare Max Yasgur, proprietario di un caseificio di 600 acri a ridosso di uno stagno il quale a propria volta, successivamente, sarebbe stato reso famoso proprio dagli hippy intervenuti alla tre giorni di concerto (il bagno completamente svestiti divenne infatti uno dei momenti leggendari di Woodstock).

Woodstock 1969 - una foto della folla
Woodstock 1969 – una foto della folla

La nuova location si prestava bene ma l’intera organizzazione era molto, molto in ritardo: tutti i contratti di locazione (e non solo) dovevano essere ancora redatti, stesso dicasi per quanto riguarda la costruzione e l’allestimento del palco, i padiglioni, un parco giochi per i bambini e molto altro ancora, bagni compresi. Infine, cosa ancora più grave, non si riuscì mai a mettere in piedi le biglietterie e le cancellate di recinzione: cosa che trasformò il festival di Bethel in una enorme kermesse gratuita. Da ogni dove, prima e immediatamente dopo il concerto, fioccarono le accuse di aver dato vita ad un evento disorganizzato e pericoloso.

Ciononostante, fu proprio il titolare del caseificio, Max Yasgur, a dare la definizione più giusta del festival di Woodstock, parlando di come mezzo milione di persone, in una situazione che avrebbe permesso risse e saccheggi, avessero creato realmente una comunità motivata dagli ideali di pace e amore: “Se ci ispirassimo a loro potremmo superare quelle avversità che sono i problemi attuali dell’America – dichiarò Yasgur – nella speranza di un futuro più luminoso e pacifico“.

Un festival “free” in tutto e per tutto

Woodstock divenne Woodstock già nei giorni precedenti all’inizio vero e proprio del festival. I quattro organizzatori intesero che non avrebbero mai potuto nulla contro l’enorme quantità di gente in arrivo da ogni parte degli States. Già mercoledì 13 agosto, due giorni prima dell’inizio della rassegna musicale, circa 50.000 persone campeggiavano nell’area adiacente il palco. La zona infatti, non era recintata e non lo fu mai, in realtà. Le stime salirono ben presto a duecentomila persone, ma alla fine ve ne presero parte circa cinquecentomila (anche se stime mai confermate parlano di un milione di partecipanti).

woodstock 1969 - una scena
Woodstock

La dichiarazione ufficiale di una tre giorni di musica gratuita fu proprio ad opera degli organizzatori ed ebbe un effetto devastante sull’intera cittadina di Bethel (e suoi suoi immediati dintorni). Frotte di giovani si misero in marcia, le automobili vennero abbandonate per strada e ben presto si campeggiò un po’ ovunque, a totale danno dell’ordine pubblico. Per favorire gli spostamenti degli artisti dagli alberghi al palcoscenico, vennero noleggiati degli elicotteri, utilizzati come vere e proprie navette.

La musica ha inizio

Nonostante tutti i problemi degli organizzatori (non solo non si alzarono mai i cancelli a recinzione dell’area delimitata al concerto, ma non si riuscì neanche a provvedere per i servizi igienici), il Festival di Woodstock cominciò quasi in orario. Venerdì 15 agosto, intorno alle 17, Richie Havens salì sul palco e cominciò ufficialmente la rassegna più importante della storia della musica rock.

Il grande cantante e chitarrista afroamericano aprì con il brano “High flyin’ bird”, per poi suonare un paio di cover dei Beatles – ufficialmente già sciolti all’epoca e assenti a causa del rifiuto degli organizzatori di voler includere anche la Plastic Ono Band, secondo le pretese di John Lennon – e per intonare, infine, una delle canzoni improvvisate più note di sempre: “Freedom”.

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L’esecuzione durò diversi minuti e divenne una sorta di inno di Woodstock, il quale in quelle ore di venerdì cominciava a diventare anche per i cittadini della contea ciò che sarebbe stato per tutti: un raduno di giovani desiderosi di cambiare il modo di vivere, la cultura dominante, la società circostante, e di farlo a ritmo di musica, senza rinunciare ad esperienze al limite, come l’uso di droghe a scopo totalmente pacifico.

Venerdì folk

La prima giornata venne dedicata ufficialmente al folk: vero nume ispiratore del movimento giovanile di quegli anni. Assente giustificato Bob Dylan (alle prese con problemi di famiglia piuttosto gravi), dopo Havens suonarono Country Joe (che sarebbe ritornato sul palco domenica, con i suoi “The Fish”), gli Sweetwater, Bert Sommer, Tim Hardin, Ravi Shankar, Melanie, The Incredible String Band e i due grandi musicisti folk americani di quel periodo: il leggendario Arlo Guthrie e la madrina Joan Baez. Quest’ultima, al sesto mese di gravidanza durante la sua performance, successivamente avrebbe dichiarato che suo marito, David Harris, proprio mentre lei suonava a Woodstock, veniva arrestato dall’esercito statunitense in quanto obiettore di coscienza.

Il Sabato degli Who (e non solo)

Fu Quill, poco dopo mezzogiorno, ad aprire le danze della seconda giornata, la quale durò praticamente fino alle nove della domenica. Sul palco si alternarono artisti strepitosi come Carlos Santana (leggendaria l’esecuzione di una delle versioni più spettacolari di sempre del celebre brano “Soul Sacrifice”, senza dimenticare “Evil ways” ed altre canzoni altrettanto importanti) Janis Joplin, i Grateful Dead (che presero “la scossa” sul palco) e gli Who. Questi ultimi salirono sul palcoscenico intorno alle quattro del mattino, molto probabilmente perché non riuscirono subito ad accordarsi economicamente con gli organizzatori.

La loro performance fu importante, con la consueta distruzione della chitarra da parte di Pete Townshend e conseguente lancio dello strumento tra il pubblico presente. Suonarono brani storici come “My Generation”, “I’m free” e “I can’t explain”, oltre ad un’altra dozzina altrettanto importanti. Keef Hartley, i Creedence (altra band leggendaria), i Mountain, i Canned Heat e gli psichedelici Jefferson Airplane completarono la giornata di sabato, che di fatto si concluse intorno alle nove del mattino di domenica. Canzoni come “Somebody to love”, “Volunteers” e “White Rabbit”, a forte connotazione politica e anche acida, firmate proprio dai Jefferson, caratterizzarono definitivamente il festival di Woodstock.

La domenica di Hendrix

Durate questa ultima giornata, la gran parte della gente abbandonò l’accampamento. Woodstock era agli sgoccioli e quando l’ultimo artista in scaletta suonò la sua strabiliante musica, esattamente alle ore nove del lunedì successivo, ad ascoltarlo erano “solo” in duecentomila. Peccato, perché l’artista in questione è considerato il chitarrista rock più grande di sempre e la sua performance (durata oltre due ore) fu la più importante dell’intera rassegna e, forse, della sua stessa carriera.

Jimi Hendrix passò alla storia per il brano The Star-Spangled Banner: una reinterpretazione “molto personale” dell’inno degli Stati Uniti, da interpretare come un vero e proprio inno di protesta nei confronti dell’esercito americano, in quel tempo impegnato nella contestatissima guerra nel Vietnam (una delle motivazioni principali dello stesso festival di Woodstock). Hendrix e la sua Fender Stratocaster destrorsa rovesciata passarono letteralmente alla storia: il chitarrista di Seattle simulò le bombe con le sei corde della sua chitarra, facendole vibrare con il suo grosso anello dorato inserito nell’indice della mano sinistra, evocando anche le urla e il suono dei missili aerei, e intersecando tutto all’interno del contestato inno nazionale statunitense.

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Fu un delirio, naturalmente. E ancora oggi, il video della sua esibizione (e le infinite registrazioni “pirata”) rappresentano uno punto di riferimento per i musicisti di tutto il mondo. Fantastiche anche le esecuzioni di canzoni ormai “classiche” della storia del rock: da “Hey Joe” a Purple Haze”, passando per “Foxy Lady”, “Fire” e “Voodoo Chile”.

La domenica “degli altri”

L’ultima giornata non fu solo Hendrix. Sul palco si alternarono artisti importanti come il bluesman bianco Johnny Winter, i Blood Sweet & Tears, The Band, Sha-Na-Na, The Grease Band e Paul Butterfly. Una menzione a parte la merita anche l’allora giovanissimo Joe Cocker, il quale aprì ufficialmente il festival alle due del pomeriggio, oltre alla chitarra impazzita di Alvin Lee, front-man dei leggendari Ten Years After (straordinario il suo “I’m going home” eseguito alla velocità della luce).

Tuttavia, a riscuotere un grande successo fu soprattutto il quartetto vocale e strumentale di David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young. Questi ultimi iniziarono intorno alle tre del mattino e diedero vita a due esibizioni distinte: una vocale ed una (successiva) strumentale. Magnifiche le esecuzioni di brani come “Helplessy hoping”, “Blackbird”, “Marrakesh Express”, “Bluebird” e “Wooden Ships”.

Da segnalare, infine, un’altra nota di colore: alla fine dell’esibizione di Joe Cocker, su Bethel si abbatté un fortissimo temporale che arrestò il concerto per diverse ore, prima della ripresa di Country Joe and The Fish, intorno alle 18. Durante quelle ore di pioggia, le centinaia di migliaia di persone assiepate diedero vita ad una vera e propria danza della pioggia, intonando un coro improvvisato che diceva solamente le seguenti parole “No rain, no rain, no rain”.

Dopo Woodstock? Un paio di film e tanti, tanti debiti

Gli organizzatori di Woodstock si ritrovarono letteralmente travolti dalla rassegna e dal successo incredibile della tre giorni di musica. Più che altro, non ebbero il tempo di rendersi conto di ciò che erano stati in grado di organizzare. Questo perché immediatamente dovettero fare i conti con il loro debito accumulato, il quale ammontava a circa un milione di dollari. Successivamente, dovettero provvedere alle settanta cause giudiziarie presentate contro di loro: altra grana non da poco.

A dare conforto al gruppo però, furono i diritti ricavati dal film originale del Festival di Woodstock, il quale risultò un grande successo e diede la possibilità ai quattro organizzatori di coprire una larga fetta del debito accumulato. Il titolo del film cui si fa riferimento è “Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica”, per la regia di Michael Wadleigh, datato 1970. Successivamente, nel 2009, anche il regista Ang Lee provò a raccontare la grande esperienza del 1969, con il suo “Motel Woodstock”, il quale però non riscosse un grande successo né di pubblico e né di critica.

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