Letteratura Archivi - Cultura https://cultura.biografieonline.it/argomento/letteratura/ Canale del sito Biografieonline.it Tue, 17 Dec 2024 09:11:22 +0000 it-IT hourly 1 Le lupe, libro di di Pierre Boileau e Thomas Narcejac. Un romanzo noir senza tempo https://cultura.biografieonline.it/le-lupe-libro-recensione/ https://cultura.biografieonline.it/le-lupe-libro-recensione/#respond Mon, 16 Dec 2024 13:19:27 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42494 Le lupe è un romanzo noir scritto da Pierre Boileau e Thomas Narcejac.

È stato pubblicato da Adelphi nel 2024, ma la prima edizione risale al 1955.

È un romanzo senza tempo: scopriamo assieme perché.

Le lupe
Le lupe: copertina del libro

Trama e commento al romanzo

La guerra è al culmine e due uomini, Bernard e Gervais, stanno scappando verso un luogo sicuro.

Una casa dove possono riposarsi e non pensare più a quello che hanno vissuto li sta aspettando a Lione, dove due donne si prenderanno cura di loro.

Ma qualcosa va storto e solo Gervais raggiunge la casa rifugio.

Tuttavia, non può presentarsi con la sua vera identità, deve invece assumere l’identità di Bernard.

Da quel momento inizia una sorta di gioco di equivoci, trappole, minacce velate, azioni mal interpretate.

Gervais e le due donne che lo ospitano tendono una tela sofisticata e complessa dove è facile perdersi. E dove si rischia la vita.

Soprattutto quando arriva una terza donna, la sorella di Bernard, la quale non vuole perdere l’eredità di venti milioni di franchi di cui avrebbe goduto il fratello e per questo vuole giocare una partita ancora più pericolosa.

Commento

“Le lupe” è un romanzo in cui ciò che sembra non è. E dove quello che i personaggi interpretano è sempre qualcosa di diverso da ciò che pensiamo.

Proprio per questo gioco di scacchi, di equivoci, di trappole, il romanzo di due maestri del noir francese ascende ad un livello narrativo molto interessante.

Perché dall’inizio fino ad un finale inaspettato, la tensione rimane sottesa e tesa come un filo di ferro.

La sentiamo man mano che la trama ci porta verso una spirale di dubbi e di eventi inaspettati.

Chi sta intrappolando chi?

Gervais sembra all’inizio comandare il gioco ma poi non ne siamo più sicuri e chi sembra più debole si rivela invece molto più forte e diabolico.

In questo gioco dai volti sconosciuti, in cui dobbiamo indovinare il colpevole, siamo solo certi che la verità rimarrà nascosta fino alla fine.

Leggere un noir come questo è un’esperienza che non ha tempo.

Ne sono stati scritti molti di romanzi gialli da quando questo libro è stato pubblicato più di settant’anni fa ma questo, come il buon vino, è invecchiato molto bene.

Consigliato.

Voto: 8

Dati sintetici

Titolo: Le lupe

Autori: Pierre Boileau, Thomas Narcejac

Traduzione: Lorenza Di Lella, Francesca Scala

Edizione: 2024, 2ª ediz., pp. 179

ISBN: 9788845939013

Su Amazon: https://amzn.to/3P09TN8

Le lupe: incipit del libro

«Dài, che ce l’abbiamo fatta» disse Bernard.

Le ruote del vagone sussultavano sugli scambi; i tramezzi di legno stridevano; le protuberanze del sacco di patate a cui ero appoggiato — da chissà quante ore — mi si conficcavano sempre più a fondo nelle costole, nelle reni; la corrente d’aria che penetrava dalle fenditure del tetto sapeva di umidità e del vapore grasso delle macchine sotto pressione che sentivamo sbuffare di tanto in tanto nella direzione contraria alla nostra, in mezzo a un gran cozzare di respingenti. Mi alzai anch’io, con il corpo intorpidito da far spavento; uno scossone mi fece ricadere sui sacchi, ma la mano possente di Bernard mi rimise in piedi.

«Guarda» gridò. «È La Guillotière».

«La Guillotière, come no…».

«È La Guillotière, ti dico!».

Avvicinai la faccia alla feritoia ma riuscii a vedere soltanto la sagoma di qualche vagone, livide nuvole di fumo e le lucine rosse e verdi dei semafori. Bernard avvicinò la testa alla mia.

«Tutto bene?… Non sei troppo stanco?».

«Sono sfinito».

«Ti aiuterò io».

«No».

«Casa di Hélène non è lontana».

«Non importa».

«Gervais, amico mio, non fare l’idiota».

«Ci ho pensato» dissi. «Non voglio più esserti d’impiccio. Salirò su un altro treno diretto a Sud, a Marsiglia, a Tolone, un posto qualsiasi… In un modo o nell’altro me la caverò».

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Pasto Nudo, romanzo di William S. Burroughs (riassunto) https://cultura.biografieonline.it/pasto-nudo/ https://cultura.biografieonline.it/pasto-nudo/#comments Mon, 11 Nov 2024 14:51:51 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19233 Un capolavoro assoluto realizzato dallo scrittore e saggista statunitense William S. Burroughs è “Pasto Nudo“. Il romanzo fu pubblicato nel 1959 a Parigi dalla Olympia Press. In seguito ne seguì un’altra edizione statunitense pubblicata da Grove Press, nel 1962. In ultimo, nel 2002, grazie al prezioso contributo degli scrittori James Grauerholz e Barry Miles, il testo “Pasto Nudo” venne risistemato. Vennero aggiunti brani che fino allora risultavano mancanti.

Pasto Nudo - libro - riassunto
Pasto Nudo (Naked Lunch). Prima edizione: 1959; prima edizione italiana: 1964.

Appunti dall’inferno

Inizialmente, il libro di Burroughs fu oggetto di un importante processo per oscenità e di innumerevoli censure. Dapprima, venne riconosciuto solo come un ritratto dall’inferno. Poi fortunatamente gli editori vinsero la causa a Boston e il romanzo, nel 1962, venne pubblicato anche negli USA.

Pasto Nudo viene definito una raccolta di appunti dall’inferno, che rimarrà impresso nelle nostri menti. Lo scrittore si sofferma sul tema della “Malattia”, quello della tossicodipendenza, che non lascia inizialmente scampo al protagonista del romanzo. Il protagonista è il suo Doppio Lee, che vive in un clima di sconforto, di indifferenza e di solitudine.

Il romanzo è autobiografico perché anche lo stesso autore fu afflitto da questo problema per ben quindici lunghi anni. Al termine di questo “inferno”, riordinò i bozzetti definiti da lui stesso “deliranti”. Infine li pubblicò in un romanzo dal senso compiuto.

William Burroughs
William Burroughs

Nel libro, Burroughs dispone i capitoli in maniera disordinata.

Segue solamente la libera rappresentazione dei pensieri di una persona, così come compaiono nella mente (ovvero il flusso di coscienza).

Adotta molto spesso una brusca interruzione dei passaggi.

Il libro non è certo caratterizzato da forme di sentimentalismo.

E l’humor americano usato dalla scrittore è spesso molto duro e pungente.

Il titolo

Il titolo del romanzo, “Pasto Nudo”, gli fu suggerito dal suo amico scrittore e poeta statunitense Jack Kerouac, considerato uno dei maggiori e più importanti scrittori statunitensi del XX secolo. Con il titolo “Pasto Nudo”, si vuole indicare l’istante, raggelato, in cui si vede quello che c’è sulla punta della forchetta.

Sento sul collo il fiato caldo della Legge, li sento che fanno le loro mosse, piazzano pupe diaboliche come informatori e canticchiano davanti al cucchiaino e al contagocce che butto via alla fermata di Washington Square, salto un cancelletto girevole, scendo a precipizio due rampe di scale di ferro, prendo la metropolitana in direzione uptown… (INCIPIT)

Riassunto di “Pasto Nudo”

Prima parte

Il libro narra delle vicende e della vita di un tossicodipendente che vive la sua vita tra il bisogno di dipendenza dalla droga e il continuo sfuggire da poliziotti e spacciatori. Nella prima parte del romanzo, viene descritto il mondo sommerso di Lee, il Doppio dello scrittore. Egli trascorre le sue giornate in preda ai sintomi di astinenza dall’eroina e il desiderio di fuga tra USA, Messico e l’Interzona, ovvero Tangeri. Vengono così narrate le sue deliranti esperienze visionarie.

Lo scrittore, nel libro, ci offre un ritratto diverso della società americana di fine anni Cinquanta, fatta di casa e famiglia e buoni propositi e ci presenta, in questo caso, uno spaccato dell’America all’acido fenico e assoggettata dalla volontà dello Stato.

In questo particolare contesto, anche gli altri protagonisti del libro si inseriscono in un clima diverso rispetto a quello della classica America anni Cinquanta. Risultano tutti soppressi, emarginati e inquadrati in una cospirazione di più ampio respiro. Tale cospirazione coinvolge in modo significativo tutti gli ambienti della politica, della medicina, arrivando perfino al terrorismo internazionale.

Seconda parte

Nella seconda parte del libro, invece, l’autore si sofferma sulla figura chiave del Dottor Benwey. Egli è a capo del Centro di Ricondizionamento nella Repubblica della Libertà, luogo caratterizzato da persone deviate come tossicodipendenti e criminali. L’uomo viene descritto come un personaggio manipolatore e coordinatore di sistemi, di simboli. E’ uno scienziato esperto di tutti gli aspetti dell’interrogatorio, del lavaggio del cervello e del controllo.

Lo scienziato, infatti, utilizza le proprie competenze per la creazione di sistemi di controllo della personalità più efficaci ma che, alla fine, non riescono a risolvere i reali problemi dei protagonisti.

Anche Tangeri, la città in sui si svolgono gli altri avvenimenti, è condizionata da una sorta di controllori che manipolano il muoversi dei loro bisogni fisici per accrescere solamente il proprio potere. Il messaggio che passa è che l’umanità è in parte succube di tale situazione. La colpa è attribuibile in parte ad una società sbagliata.

Temi trattati

Tra i temi fondamentali descritti da Burroughs troviamo, oltre quello della tossicodipendenza, quello relativo al controllo delle menti che lo Stato compie di sovente sugli individui e quello relativo all’uso della telepatia come unico mezzo e salvezza per sfuggire e superare questa particolare situazione.

Commento all’opera

Il libro, con il tempo, ottenne un notevole successo tanto che furono numerose le traduzioni del romanzo. Fu perfino realizzato un film omonimo dal titolo: “Il Pasto Nudo”, nel 1991. A realizzarlo fu il regista e produttore cinematografico David Cronenberg con la straordinaria partecipazione di Julian Sands, Peter Weller, Ian Holm, Judy Davis. Sontuoso.

Non dimentichiamo inoltre che il fumettista italiano Gianluca Lerici ha realizzato l’adattamento a fumetti ispirandosi al libro “Pasto nudo” di William S. Burroughs per la Shake Edizioni.

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La metamorfosi, opera di Kafka: riassunto e interpretazione https://cultura.biografieonline.it/kafka-la-metamorfosi/ https://cultura.biografieonline.it/kafka-la-metamorfosi/#comments Sun, 10 Nov 2024 20:20:29 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8567 La metamorfosi è il romanzo più noto di Franz Kafka. Venne pubblicato nel 1915 a Lipsia. Il titolo originale è Die Verwandlung. Il romanzo fu inizialmente pensato – e in parte scritto – nel 1912 mentre Kafka stava lavorando a quello che sarebbe stato America. Questo romanzo incompiuto inizialmente aveva il titolo de Il disperso.

La Metamorfosi Kafka
Kafka: La Metamorfosi (1915), illustrazione

La metamorfosi: riassunto e trama

Prima parte

Il protagonista

Gregor Samsa è un commesso viaggiatore ligio al dovere e dedito alla famiglia. Vive nella casa dei suoi genitori, dove risiede anche la sorella. E’ lui che provvede ai bisogni economi di tutti, per questo il suo lavoro è fondamentale. Ogni mattina si sveglia prestissimo per prendere il treno e iniziare la sua giornata di lavoro. Ma quel mattino, in cui inizia la narrazione, gli è impossibile alzarsi dal letto, perché si è trasformato in uno scarafaggio.

Lo scarafaggio

Le proporzioni sono quelle di uno scarafaggio gigantesco, disteso sul letto e che agita le zampette. E’ lui, perché ha mantenuto la coscienza di sé, ma contemporaneamente non è più se stesso, perché anche la voce, oltre al corpo, ha assunto le sembianze di un insetto.

È tardi, sono le sette passate e Gregor non si è ancora alzato; non può farlo perché gli è impossibile girarsi sulle zampe. I suoi genitori e la sorella nel frattempo si sono svegliati e cominciano a preoccuparsi del fatto che Gregor non va al lavoro. Lo chiamano e lui, sforzandosi di parlare con una voce semi umana, cerca di tranquillizzarli.

Nel frattempo, visto che un fattorino doveva aspettarlo in stazione e non lo ha visto arrivare, l’azienda ha mandato il procuratore a controllare il suo stato di salute. Gregor cerca di alzarsi dal letto ma il suo nuovo corpo gli impedisce movimenti repentini e mentre i genitori intrattengono il procuratore che inizia a spazientirsi, Gregor balza dal letto cadendo pesantemente a terra. Cerca di rassicurare tutti quanti, aggiungendo che presto uscirà dalla stanza ma la sua voce somiglia più a quella di un animale che a quella di un essere umano.

Il procuratore si irrita, ritiene di essere preso in giro e avverte Gregor che se continua su questa strada sarà licenziato. Inoltre si lamenta con i suoi genitori del rendimento scarso sul lavoro di Gregor, affermando che negli ultimi mesi è peggiorato nel rendimento professionale. A questo punto Gregor, con uno sforzo immenso, riesce ad aprire la porta con ciò che non è più la sua bocca.

Seconda parte

Il procuratore sopraffatto dall’orrore scappa dalla casa precipitandosi giù per le scale. La madre, vedendo in che cosa il figlio si è trasformato, sviene mentre il padre lo scaccia indietro colpendolo con un giornale. La porta della stanza viene chiusa. Gregor è esausto e si addormenta. Quando si sveglia trova del latte vicino al letto ma non riesce a berlo, i suoi gusti sono cambiati.

Nei giorni seguenti scopre il movimento e decide di nascondersi sotto al divano, così da permettere alla sorella di portargli del cibo più appropriato e di pulire la stanza.

Le giornate di Gregor

Gregor passa le sue giornate ascoltando i discorsi dei familiari che sono sempre più cupi a causa dei problemi economici che lo stato di Gregor ha aggravato.

Le sue giornate passano senza che possa uscire dalla stanza; può vedere, però, nascosto sotto il divano, la sorella che gli porta da mangiare. Scorrazza anche per la stanza, arrampicandosi sui muri per provare le sue nuove abilità.

Grete, la sorella, pensa allora che sia una buona idea togliere alcuni mobili per lasciargli lo spazio necessario per spostarsi. Un giorno, però, Gregor vede la madre prendere un quadro che a lui interessa particolarmente, esce quindi dal divano e quando la madre lo vede grida terrorizzata e fugge dalla stanza. Gregor la insegue e il padre vedendo il figlio-insetto scorrazzare per la casa, gli tira una mela che va a conficcarsi nella sua schiena-corazza.

Gregor ferito torna nella sua stanza e rimane bloccato per diverse settimane, mentre la mela marcisce nella sua schiena.

I giorni passano e la situazione per Gregor si fa sempre più difficile.

I genitori nel frattempo hanno sub-affittato l’appartamento; una sera Grete decide di suonare il violino per i nuovi inquilini.

Gregor esce dalla stanza, perché la porta è rimasta aperta. Appena viene visto, il padre lo ricaccia in camera, ma i nuovi inquilini, terrorizzati e scioccati dalla visione dell’insetto, decidono di andarsene senza pagare l’affitto.

La decisione della famiglia

A questo punto Grete è costretta a trovarsi un nuovo impiego e Gregor rimane solo, abbandonato a se stesso. Il padre, che lo odia, mentre la madre lo teme, decide che è necessario sbarazzarsi del figlio-scarafaggio, perché sarà sempre più un ostacolo alla loro vita e gli impedirà di rialzarsi dal collasso economico in cui sono precipitati.

La metamorfosi: il finale

Gregor dopo aver sentito la discussione della sua famiglia sul suo futuro, capisce di essere un peso inutile e di non avere più alcuna speranza di essere protetto e aiutato dai suoi. Si lascia quindi andare verso un declino inesorabile: non mangia più fino a perdere le forze e a morire. La sua famiglia, dopo aver scoperto la carcassa, si sbarazza di Gregor e comincia una nuova vita. Si trasferiscono, quindi, in un appartamento più piccolo e iniziano a sperare di poter maritare la figlia.

Foto di Franz Kafka
Franz Kafka

Interpretazione

Come tutti i capolavori anche La metamorfosi di Kafka si presta a diverse interpretazioni.

La prima e più spontanea riguarda il tema del diverso: colui che viene emarginato in famiglia e in società per il suo aspetto, le sue idee, il suo comportamento e anche le sue scelte.

È probabile che in questo caso Kafka volesse esprimere i suoi conflitti famigliari che da sempre hanno reso il suo rapporto con l’istituzione famigliare difficile e complesso.

Al di là di questo, il romanzo ha forti venature di ironico sarcasmo. Poche volte esse sono state prese in considerazione perché si è preferito considerarle espressione del romanzo tragico che travolge ogni altra considerazione.

Tuttavia, se si legge con attenzione la prima parte, si nota come la situazione fisica del protagonista lo porti, implicitamente, ad ironizzare su se stesso. Anche se in seguito verrà annichilito dall’egoismo e dalla crudeltà di suo padre e dalla debolezza di sua madre.

Interessante è anche approfondire il modo in cui i famigliari cambiano atteggiamento nei confronti del figlio. Egli finché lavora accettando il suo ruolo sociale è considerato con rispetto e ammirazione dai genitori. Ma quando diventa un peso, il suo ruolo viene ribaltato. Quasi con sollievo i suoi genitori e la sorella ne apprendono la morte.

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Il mito della caverna di Platone https://cultura.biografieonline.it/mito-della-caverna-platone/ https://cultura.biografieonline.it/mito-della-caverna-platone/#respond Sun, 10 Nov 2024 09:51:33 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=36047 Il mito della caverna è uno dei miti di Platone più famosi in assoluto. Esso fa parte del libro VII de La Repubblica, un’opera filosofica in forma dialogica che ha come tema centrale la giustizia e come protagonista Socrate. Il mito è sicuramente uno dei testi fondamentali della cultura occidentale. Da esso sono partite tante correnti di pensiero e interpretazioni che arrivano fino ai giorni nostri.

Illustrazione che spiega l'allegoria del mito della caverna di Platone
Illustrazione che spiega l’allegoria del mito della caverna di Platone

Come è fatta la caverna

Socrate racconta a Glaucone il mito della caverna proprio all’inizio del VII libro. Egli gli chiede di immaginare che alcune persone vivano, dalla nascita, in una caverna, incatenate mani e piedi senza neanche muovere il collo. Esse non vedono l’apertura perché non possono girarsi e sono rivolte verso la parete di fondo.

Alle loro spalle c’è un fuoco che fa luce. A separarli c’è un piccolo muretto. Lungo il muro altri uomini portano oggetti, persone e piante la cui ombra viene proiettata nella parete difronte. Qualunque persona si trovi a passare per la caverna si potrebbe accorgere che si tratta di semplici ombre. I prigionieri invece non lo sanno e pensano che le ombre che vedono, siano in realtà oggetti reali.

La scoperta del mondo esterno

Se uno di questi uomini venisse liberato, innanzitutto sarebbe accecato dalla luce proveniente dall’apertura, che lui però non ha mai visto. Una volta passata questa sensazione, inizierebbe a guardare le ombre delle cose, i riflessi e poi tutto il resto: i paesaggi, il cielo, la natura. Così capirebbe che il mondo non è quello che lui e i suoi compagni erano abituati a vedere.

Dopo essersi reso conto della situazione in cui si trovava precedentemente, sarebbe tornato nella caverna per raccontare ai compagni la sua verità, con lo scopo di liberarli.

Gli altri prima si mostrerebbero increduli poi, addirittura, lo prenderebbero in giro, fino a volerlo uccidere, deridendolo per il suo assurdo racconto.

Mito della caverna: spiegazione

Dopo aver terminato il racconto, Socrate spiega a Glaucone il significato del mito.

Esso è un’allegoria della situazione che, secondo Platone, vivono gli uomini e della scoperta della realtà delle cose.

La caverna rappresenta la prigione, cioè il mondo conoscibile, tutto ciò che si trova intorno agli uomini.

Nella caverna è difficile vedere il sole, che rappresenta il bene; esso però brilla all’esterno della caverna. Gli uomini secondo Platone, sono quindi tenuti prigionieri e costretti ad osservare solo le ombre delle cose, che invece si trovano all’esterno.

Il prigioniero liberato è il filosofo che, attraverso un percorso lungo e complesso, riesce a vedere la realtà delle cose ma non viene accettato dagli altri al suo ritorno nella caverna. Il filosofo, infatti, è l’unico in grado di governare sugli altri con giustizia.

La teoria filosofica dietro il mito

Platone si riferisce al processo che Socrate subì. Il mito della caverna infatti è la metafora della vita del filosofo che conobbe la verità, ma venne ucciso per averla raccontata a tutti gli uomini.

Inoltre, secondo Platone, il mondo che noi percepiamo è soltanto una copia, una rappresentazione mentale di quello perfetto, il mondo delle idee – che sono immutabili e possono essere conosciute solo dai filosofi.

Il filosofo quindi ha un ruolo fondamentale all’interno della società.

Interpretazioni

Il mito della caverna è uno dei più famosi della cultura occidentale e l’idea della liberazione dalle catene, così come della conseguente conoscenza della realtà, ha sempre fatto parte delle tematiche più importanti di tutte le arti.

Ci sono state molteplici rappresentazioni in chiave moderna del mito, soprattutto in campo cinematografico

Basti pensare a due film cult:

Nel primo, il protagonista  sembra vivere una vita apparentemente normale. In realtà poi scopre che si trattava di uno show televisivo di cui lui era l’inconsapevole protagonista.

Ascoltami Truman, là fuori non troverai più verità di quanta non ne esista nel mondo che ho creato per te… le stesse ipocrisie, gli stessi inganni; ma nel mio mondo tu non hai niente da temere.

Christof, dal film “The Truman Show”

Nella saga di Matrix, gli uomini vengono sfruttati dalle macchine, credendo di vivere liberamente, quando in realtà il mondo non esiste più da un centinaio di anni ed essi si trovano in una condizione di prigionia.

Il mito della caverna, quindi, non è soltanto un racconto di liberazione di un prigioniero ma il fondamento della cultura europea, che ha spinto letterati e filosofi ad interrogarsi sempre di più sulla vita umana.

caverna

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In morte del fratello Giovanni: testo, parafrasi, analisi e commento alla poesia di Foscolo https://cultura.biografieonline.it/in-morte-del-fratello-giovanni/ https://cultura.biografieonline.it/in-morte-del-fratello-giovanni/#comments Wed, 06 Nov 2024 05:45:31 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21576 La poesia In morte del fratello Giovanni è uno dei sonetti più famosi di tutta la produzione di Ugo Foscolo. Il sonetto è stato composto sicuramente dopo la primavera del 1803 ed è dedicato alla morte del fratello del poeta, Gian Dionisio detto Giovanni. Questi si tolse la vita con un pugnale l’8 dicembre 1801 mentre era soldato a Venezia. Giovanni Foscolo, fratello maggiore (nato a Zante il 27 febbraio 1781) di Ugo, scelse di suicidarsi perché aveva pagato un debito di gioco con del denaro sottratto alla cassa dell’esercito. Questo fu un avvenimento molto doloroso per il poeta, che – oltre alla poesia In morte del fratello Giovanni – affronta l’argomento soprattutto nel suo epistolario.

Ugo Foscolo - Poesie

La raccolta Poesie

La lirica fa parte della raccolta di poesie dell’autore, che sono state pubblicate in un’edizione definitiva nel 1803.

Le Poesie raccolgono dodici sonetti e due odi, composte tra il 1798 e il 1803, e restituiscono ai lettori un ritratto dell’autore.

Tra i componimenti più noti vi sono:

I sonetti sono notevolmente autobiografici, mentre le due odi neoclassiche (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica risanata) si discostano dalla vena personale.

Una parte importante della raccolta è rappresentata dai 12 sonetti, che mettono in luce l’animo tormentato dell’autore e i suoi pensieri.

Ugo Foscolo rinnova completamente la forma del sonetto, inserendovi tematiche lontane dalla tradizione metrica e stilistica precedente.

Nella lirica in esame l’autore inserisce il tema dell’esilio e della morte, vista nei suoi risvolti più tristi.

In morte del fratello Giovanni è un sonetto di endecasillabi, che segue lo schema di rime:

ABAB ABAB CDC DCD

In morte del fratello Giovanni, testo completo

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente, mi vedrai seduto
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
Il fior de’ tuoi gentili anni caduto:

La madre or sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col tuo cenere muto:
Ma io deluse a voi le palme tendo;
E se da lunge i miei tetti saluto,

Sento gli avversi Numi, e le secrete
Cure che al viver tuo furon tempesta;
E prego anch’io nel tuo porto quiete:

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
Allora al petto della madre mesta.

Parafrasi

Un giorno, se non andrò sempre vagando
di popolo in popolo,
mi vedrai seduto sulla tua tomba,
o fratello mio, piangendo il fiore reciso della tua giovinezza.

Solo adesso la madre, portando con sé i giorni della sua vecchiaia (suo dì tardo),
parla di me con il tuo corpo silenzioso,
ma io tendo invano verso di voi le mie mani
e solo da lontano saluto la mia patria.

Sento le avversità del destino e i travagli dell’animo
che hanno provocato la tempesta nella tua vita,
e anche io prego di poter raggiungere la quiete del tuo porto (la morte).

Solo questo mi rimane oggi di tutta speranza!
O genti straniere, restituite al cuore di mia madre triste
almeno le mie ossa.

Analisi

La struttura del sonetto è ben definita. Nella prima quartina vengono introdotti subito i due temi principali: l’esilio e la morte dell’amato fratello.

Nella seconda quartina viene introdotto il terzo personaggio della lirica: la madre che piange per la morte del figlio.

Nella prima terzina il poeta esprime tutti i suoi affanni e le pene del suo animo.

Nella seconda terzina egli rovescia la visione negativa della morte, che diventa così un luogo di pace, che il poeta vuole raggiungere.

Il modello a cui si ispira Foscolo è il Carme 101 di Catullo. I primi versi corrispondono ad una perfetta traduzione dei versi del poeta latino (traduzione del carme di Catullo: “Condotto per molte genti e molti mari, sono giunto a queste tue tristi spoglie, o fratello“). Foscolo, però, non si limita a copiare o citare i versi di Catullo, ma li reinterpreta in chiave moderna, aggiungendovi maggiore pathos e sentimento, perché dubita che possa mai tornare sulla tomba del fratello.

Dal punto di vista stilistico, bisogna ricordare: i numerosi enjambements che spezzano i versi (v. 1-2, v. 2-3., v. 3-4 etc.) sia nelle due quartine che nelle due terzine, la rima in gerundio (fuggendo-gemendo v. 1-3) e l’utilizzo di questo modo verbale anche in altri versi della poesia (v.5).

È presente, inoltre, il latinismo “cenere” al verso 6 e un utilizzo accentuato dei pronomi personali.

Foto di Ugo Foscolo, In morte del Fratello Giovanni
Ugo Foscolo

Commento

Il sonetto In morte del fratello Giovanni è uno dei più intensi della produzione dell’autore.

Qui Ugo Foscolo mette in evidenza il tema dell’esilio, che provocherà sempre un dolore in lui. Evidenzia anche il valore della tomba, che sarà poi approfondito nel carme Dei sepolcri.

Spicca però l’importanza della famiglia: questo è il valore che consola il poeta, in particolare la figura della madre, che crea una connessione tra lui e il fratello morto.

Si tratta di un sonetto intenso e struggente, nel quale Foscolo utilizza il tema della morte del fratello Giovanni per esprimere il dolore per il suo esilio e i suoi affanni.

Questa poesia rappresenta non solo un lamento funebre per la morte del fratello, ma anche una riflessione più ampia sulla condizione umana e sull’esilio. La distanza fisica dalla tomba del fratello diventa metafora della distanza esistenziale che separa i vivi dai morti.

Dal punto di vista letterario vi sono 3 elementi innovativi:

  1. La fusione tra elemento autobiografico e riflessione universale.
  2. L’intreccio tra dolore personale e condizione storica.
  3. La modernità della riflessione sulla solitudine dell’individuo.

La perfezione formale del sonetto si fonde con l’intensità emotiva del contenuto, creando un equilibrio magistrale tra forma e sostanza.

Il tema dell’esilio, così centrale nella vita di Foscolo, si intreccia qui con il dolore per la perdita del fratello, creando un doppio livello di separazione: quella fisica dalla patria e quella esistenziale dalla persona amata.

Il componimento rappresenta uno dei momenti più alti della lirica foscoliana, dove l’esperienza personale si trasforma in poesia universale.

Foscolo riesce di fatto a trasformare un evento tragico personale in una riflessione universale sulla condizione umana.

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Perché si dice “mettere le corna” o “avere le corna”? https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-mettere-o-avere-le-corna/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-mettere-o-avere-le-corna/#comments Wed, 18 Sep 2024 15:49:45 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7567 Nel linguaggio comune mettere le corna equivale a “tradire il proprio partner”, mentre “avere le corna” è lo stato in cui si trova il poveretto che viene tradito ed è vittima del fedifrago.

Il significato di queste due espressioni è condiviso in alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia.

Qual è l’origine di questi modi di dire per intendere rispettivamente il compiere e il subire adulterio?

mettere le corna, avere le corna
Da dove deriva il modo di dire avere o mettere le corna

Il mito del Minotuaro

L’ipotesi più accreditata risale all’antica civiltà greca.

Si racconta che la moglie del re di Creta Minosse, chiamata Pasifae, si invaghì di un toro dalla rara bellezza che era stato inviato in dono da Poseidone al re per essere sacrificato.

Il re Minosse, accortosi della straordinaria bellezza dell’animale, decise di sacrificarne un altro al suo posto.

Ciò scatenò l’ira di Poseidone, che pensò di vendicarsi.

La vendetta fu di far innamorare Pasifae del toro, tanto da farla impazzire per la passione.

La donna infatti, per potersi congiungere carnalmente con il toro, chiese a Dedalo di costruire una mucca di legno.

Dall’unione tra Pasifae e il toro nacque il Minotauro, famoso personaggio leggendario dell’antica mitologia greca.

Da qual giorno gli abitanti di Creta cominciarono a salutare il re Minosse facendo il segno delle corna per schernirlo del tradimento di sua moglie con il toro.

=> Leggi anche: frasi sul tradimento <=

Il Minotauro in una foto mitologica
Una raffigurazione del mitologico Minotauro

Le corna

Però in genere anticamente le corna non avevano una valenza negativa.

Anzi, le divinità e i personaggi più in vista venivano spesso rappresentati con le corna in testa per evidenziare la virilità e il coraggio.

Per esempio a Roma esisteva la nobile famiglia dei Cornelii.

I poeti latini Tibullo e Orazio dedicarono versi alle “corna d’oro” del Dio Bacco.

Leonardo da Vinci - Bacco - 1510-1515
Leonardo da Vinci, Bacco, 1510-1515

Quando, invece, le corna cominciarono ad assumere il connotato negativo che gli diamo noi oggi?

A partire da quando dire “cornuto” a qualcuno diventa un insulto?

I cornuti

La storia narra di un imperatore bizantino, chiamato Andronico I Comneno, che era un tipo poco raccomandabile, violento e con il vizio delle donne.

L’imperatore non era ben visto né dalla sua famiglia, né dai sudditi, sia perché tramava contro lo stesso impero, sia perché era capace di portarsi a letto qualsiasi donna volesse.

Dal 1183 al 1185 Andronico Comneno conquistò il potere e cominciò ad accanirsi contro i sudditi, soprattutto contro chi lo avversava.

Oltre a fare imprigionare chiunque senza alcuna ragione, l’imperatore rapiva le donne e le manteneva come concubine fino a quando non si stancava.

Poi faceva appendere sui muri delle case dei poveri mariti delle teste di cervi per burlarsi di loro.

Dal 1185 in poi cherata poiein in greco significò “mettere le corna” per indicare lo scherno pubblico subito dai poveri mariti sudditi dell’imperatore Andronico.

Quando i soldati del re  Guglielmo II il Normanno entrarono nella città di Salonicco e videro le corna appese sui muri e le finestre di alcuni palazzi, ne chiesero il motivo.

L’epiteto “cornuto” raggiunse così la terra di Sicilia, poi il resto d’Italia e infine altri Paesi europei.

Dopo la caduta di Salonicco nelle mani dell’esercito siciliano, i sudditi-cornuti di Andronico insorsero contro di lui.

Dopo essere stato catturato e seviziato, l’imperatore venne appeso alla facciata del suo palazzo: una punizione esemplare per le sue nefandezze.

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Il Rosso e il Nero di Stendhal: riassunto e analisi approfondita del capolavoro https://cultura.biografieonline.it/riassunto-il-rosso-e-il-nero/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-il-rosso-e-il-nero/#respond Wed, 18 Sep 2024 15:22:08 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10019 Romanzo dello scrittore francese Stendhal, “Il rosso e il nero” reca come data della prima stampa 1831 ma in realtà fu redatto e completato nel 1830. Lo scrittore fu uno dei maggiori rappresentanti del romanzo francese del XIX secolo. È ricordato per essere profondamente romantico ma anche altrettanto critico: infatti i suoi romanzi sono pieni di aspra analisi dei personaggi.

Egli è infatti considerato l’iniziatore del romanzo in senso moderno, ma fu quasi ignorato dai suoi contemporanei.

Il rosso e il nero - copertina
Stendhal: Il rosso e il nero. Una copertina italiana e una riproduzione fotografica della prima edizione francese, del 1831.

Il rosso e il nero (titolo francese originale: Le Rouge et Le noir), è il secondo romanzo di Stendhal (pseudonimo di Henri Beyle) e prende spunto proprio da una storia vera: la condanna a morte di un figlio di un maniscalco dopo aver assassinato l’amante, una vicenda molto nota della Francia del tempo.

Con questo romanzo, l’autore cerca di dipingere uno spaccato della società francese a seguito delle rivoluzioni del 1830 e quindi dell’età post napoleonica.

Il rosso e il nero: riassunto

La storia narrata è quella del giovane Julien Sorel, un ragazzo molto ambizioso e studioso, che ammira Napoleone Bonaparte.

Diventato precettore a casa del sindaco della sua città, Monsieur Renal, il giovane Julien aspira a diventare l’amante di sua moglie Madame de Renal, ma i due si innamorano dando inizio ad una chiacchierata storia. Le voci iniziano a diffondersi in paese e per questo il giovane sceglie di entrare in seminario.

La sua ambizione però ancora non si placa perché anche qui riesce ad entrare in un giro di potenti amicizie e ad andare a Parigi come segretario del marchese de la Mole. Qui conduce una vita mondana e si innamora della figlia del marchese, Mathilde. I due riescono a stare insieme e la ragazza aspetta anche un bambino. Il marchese non è molto contento ma accetta comunque di far sposare i due giovani.

Prima del matrimonio arriva una lettera di Madame de Renal, la prima amante di Julien per informare il marchese che Julien è un truffatore, ovviamente per vendetta personale. Il marchese crede a queste cattiverie e quindi annulla il matrimonio.

Julien Sorel per vendetta torna nel suo paese e ferisce Madame de Renal con un colpo di pistola. Per questo è condannato alla ghigliottina; alla sua morte Mathilde recupera la testa e la bacia. Madame de Renal morirà di colera pochi giorni dopo.

Commento e breve analisi

Il romanzo Il rosso e il nero, vuole illustrare la Francia del tempo con un tocco di intensità e romanticismo per la descrizione dei personaggi. Importante è il titolo col suo simbolismo.

Il rosso evoca il colore del sangue. Mentre il nero evoca il colore della morte. C’ anche la contrapposizione tra il colore della rivoluzione francese (rosso) e quello del clero (nero).

Tutte le azioni dei personaggi vengono analizzate, soprattutto l’ambizione del protagonista. Resta così a noi un’opera ricca di forze fatali e di passione.

Analisi approfondita per punti

Chi è il protagonista?
Il protagonista è Julien Sorel, un ragazzo povero ma molto intelligente. Julien sogna di diventare importante e ricco, anche se proviene da una famiglia umile. È affascinato da due cose:

Il rosso
Rappresenta la carriera militare e l’eroismo di Napoleone.

Il nero
Simboleggia la carriera ecclesiastica (cioè diventare prete). 

Cosa succede nella storia?

L’inizio della scalata
Julien diventa precettore (insegnante privato) nella casa del sindaco de Rênal.
Qui, inizia una relazione segreta con la signora de Rênal.

Il seminario
Dopo essere stato scoperto, Julien va in seminario per diventare prete. Qui impara a essere furbo e a fingere per ottenere ciò che vuole.

Parigi
Julien diventa segretario del marchese de La Mole a Parigi. Si innamora di Mathilde, la figlia del marchese, e lei rimane incinta.
La vendetta: Quando tutto sembra andare bene, Julien riceve una lettera della signora de Rênal che lo descrive come un imbroglione. Furioso, Julien torna al paese e le spara, ferendola.

Il processo e la fine
Julien viene arrestato e condannato a morte. In prigione, capisce di amare veramente solo la signora de Rênal e accetta il suo destino.

I temi principali del libro

Ambizione
Julien vuole a tutti i costi diventare importante nella società.

Ipocrisia
Il libro mostra come molte persone fingono di essere ciò che non sono per ottenere vantaggi.

Amore
Julien ha relazioni con due donne molto diverse tra loro, la signora de Rênal e Mathilde.

Conflitto di classe
Il libro mostra le differenze tra ricchi e poveri nella Francia dell’epoca.

Perché questo libro è importante?

Critica la società
Stendhal usa la storia di Julien per criticare la società francese del suo tempo, mostrando come fosse piena di ingiustizie e falsità.

Psicologia dei personaggi
L’autore descrive molto bene i pensieri e i sentimenti dei personaggi, facendoli sembrare reali.

Realismo
Il libro racconta una storia che sembra vera, mostrando la vita quotidiana dell’epoca in modo realistico.

Stile innovativo
Stendhal usa uno stile di scrittura diretto e moderno per la sua epoca, che influenzerà molti scrittori successivi.

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Madame Bovary: riassunto e analisi del romanzo di Flaubert https://cultura.biografieonline.it/riassunto-madame-bovary/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-madame-bovary/#comments Mon, 09 Sep 2024 09:11:18 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10519 Gustave Flaubert è l’autore del celebre romanzo Madame Bovary, tradotto in italiano con il titolo La signora Bovary. Per il suo romanzo, l’autore trae spunto dalle vicende realmente accadute ad una giovane donna di provincia, Delphine Delamare, del cui suicidio ne parlò la stampa nel 1848. Nel romanzo, l’autore mette in risalto l’ipocrisia della società e la sua decadenza; messo subito sotto inchiesta per oltraggio alla morale dell’epoca, è senza dubbio un romanzo realista e rivoluzionario.

Madame Bovary
Madame Bovary

Un infinito di passioni può concentrarsi in un attimo come una folla in un piccolo spazio.

Breve commento introduttivo

L’autore Gustave Flaubert critica sia la società del suo tempo, che le vite dei suoi personaggi.

La narrazione non è invadente ma realistica e permette al lettore di immedesimarsi e di calarsi alla perfezione nei panni dei personaggi principali.

L’autore focalizza la sua attenzione sullo spietato ritratto del microcosmo di provincia, popolato da piccoli uomini, che perseguono solo il proprio utile individuale.

A detta dell’autore, per loro non c’è nessuna via di salvezza né tantomeno di redenzione.

Riassunto e analisi

Prima parte

Il romanzo è incentrato sulla signora Emma Bovary, moglie di un ufficiale sanitario, che, stanca della noiosa vita di provincia, si dà all’adulterio ed inizia a vivere socialmente in modo esagerato e al di sopra dei suoi mezzi.

La vita della Signora Bovary non è un caso a sé, perché tutt’oggi all’interno della nostra società, molte persone si sentono come lei, vorrebbero essere qualcun altro, per poter avere l’illusione di cambiare vita. Il lettore si immedesima con la protagonista principale e ne segue tutte le varie vicissitudini amorose. Madame Bovary proietta i suoi castelli immaginari nella mediocre e provinciale realtà quotidiana.

La protagonista del romanzo risulta essere sempre più insoddisfatta, poiché le sue fantasie, che trascendono la sua vita, non potranno mai evidentemente realizzarsi. I sentimenti dei personaggi vengono enfatizzati dall’autore solo attraverso una continua progressione di percezioni corporee e sensoriali.

Il libro narra le vicende di una bella ragazza di campagna, Emma Rouault, che accetta di buon grado di sposarsi con Charles Bovary, ufficiale sanitario rimasto vedono in giovane età.

Emma si rivela sin da subito una donna colma di desideri di lusso, vagheggiamenti e romanticherie che provengono dalla sua lettura dei romanzi rosa.

Il marito vive con lei felice, ma lei lo trova segretamente debole e rozzo: odia lui, i suoi familiari, i suoi modi di fare e di vivere.

La donna pensa che la nascita di un figlio maschio porterà beneficio al loro matrimonio. Ma quando partorisce una figlia femmina, la donna ricade nell’ansia e si risente persa e smarrita. Il marito cerca di venirle incontro facendola trasferire dal villaggio di Tostes a quello di Yonville. Ma Madame Bovary trova la vita di provincia molto deprimente e noiosa.

Seconda parte

Per cercare di uscire da questa situazione, Emma cede al corteggiamento di un giovane studente di giurisprudenza, Léon Dupuis, che sembra condividere con lei il gusto per le “cose più belle della vita”.

Quando l’uomo parte alla volta di Parigi per trasferirsi, Emma inizia ad intrattenere una relazione amorosa con un ricco proprietario terriero, monsieur Rodolphe Boulanger.

Emma vorrebbe fuggire con Rodolphe ma lui non se la sente di abbandonare tutta la sua vita per scappare con lei e, seppur avendo deciso di farlo, la sera prima del giorno fatidico, decide di non partire con lei e lascia una sua ultima lettera d’addio sul fondo di un cesto di albicocche.

La protagonista, a questo punto, rimane talmente scossa dall’accaduto che cade in un periodo di malattia fisica ma soprattutto psichica. Si chiude completamente in se stessa e cerca rifugio perfino nella religione. Ma è solo un periodo passeggero e momentaneo.

Madame Bovary, mentre si trova ad assistere all’opera a Roan con il marito Charles, rincontra di nuovo Lèon.

A quel punto di nuovo scocca la scintilla, cede nuovamente alla passione amorosa ed inizia a frequentare il giovane ogni settimana, il giovedì.

Usa come scusa nei confronti del marito, quella di andare a prendere lezioni di pianoforte. Ma presto viene riconosciuta in città e, se non bastasse, il marito scopre, incontrando l’ipotetica sua maestra di pianoforte, che Emma non frequenta nessuna lezione.

Di questa situazione ingarbugliata ne approfitta Lheureux, merciaio ed usuraio che avendola riconosciuta in compagnia di Léon, la inganna facendole firmare delle cambiali.

Il tempo passa ed il debito di Emma nei confronti dell’usuraio arriva alla notevole somma di 8.000 franchi.

Finale

A questo punto, Lheureux le fa mandare un’ingiunzione del tribunale che prevede il pignoramento dei beni per la cifra dovuta.

Emma inizia a chiedere aiuto a tutti, arrivando anche prostituirsi, senza però riuscire a risolvere il problema.

In preda alla disperazione si fa dare da un farmacista dell’arsenico e, stanca di tutto e tutti, decide di berlo per porre fine alla sua vita, scrivendo prima una lettera d’addio a Charles. Dopo la morte di Emma, il marito per un lungo periodo vive nel ricordo nostalgico di lei, fino a che un giorno scopre per caso tutte le lettere d’amore che Rodolphe e Léon avevano scritto a sua moglie.

Quasi impazzito dal dolore decide di lasciarsi andare ed incomincia a bere. Un giorno, la figlia lo trova morto seduto su di una panchina, con in mano una ciocca di capelli di Emma, Madame Bovary.

Madame Bovary (1856)
Madame Bovary, celebre romanzo di Gusttave Flaubert del 1856

Al cinema e oltre

Il romanzo, nonostante tutte le critiche avute per oltraggio alla morale, fu adattato per il grande schermo la prima volta nel 1933 da Jean Renoir, poi giunse la Madame Bovary cinematografica del 1949 di Vincente Minnelli, quella del 1969 dal titolo “I peccati di Madame Bovary” di Hans Schott-Schöbinger, con Edwige Fenech, fino all’ultimo adattamento, quello del 1991 di Claude Chabrol.

Successivamente, nel 1997, Madame Bovary è stata trasposta in manga dalla Mangaka Yumiko Igarashi.

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Nascita di Venere: spiegazione e interpretazione dell’opera di Botticelli https://cultura.biografieonline.it/venere-botticelli/ https://cultura.biografieonline.it/venere-botticelli/#comments Thu, 29 Aug 2024 13:11:10 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17241 Se il concetto di bellezza è per sua natura mutevole e indefinibile, nel tempo risiede l’antidoto che impedisce alla beltà espressa nell’arte di invecchiare e tramutarsi in una lode effimera. La Venere, realizzata da Sandro Botticelli tra il 1482 e il 1485, tracciò con i suoi lunghi capelli e le longilinee gambe affusolate, l’inizio di un periodo glorioso per l’arte italiana, connotando il canone di una bellezza eternamente fulgente e proclamando un’innovazione in pieno spirito rinascimentale. Realizzata per la famiglia de’ Medici, la “Nascita di Venere“, sviluppò in se stessa gli ideali classici che, nel risveglio nell'”humana conscientia“, ritornarono a popolare le tele dei migliori pittori di corte italiani ed europei.

Nascita di Venere (Venere di Botticelli, Birth of Venus)
La “Nascita di Venere” (1482-1485, opera spesso indicata anche come “Venere di Botticelli“) è un dipinto a tempera su tela di lino (172 cm × 278 cm) esposto agli Uffizi di Firenze. Per bellezza, intensità, poesia e notorietà, è di fatto un’opera simbolo per l’intera epoca del Rinascimento.

Per chi fosse interessato ad ammirare in una sola immagine ciò che sotto il nome di Rinascimento riempie libri interi, può concedersi il lusso di un contatto diretto con la storia della Firenze rinascimentale visitando la Galleria degli Uffizi.

Nascita di Venere: analisi dell’opera con note tecniche e descrittive

Dalla pelle chiara e dai lunghi capelli dorati, Venere sorse dalle acque schiumose di un mare sconosciuto e, nascondendo con la folta chioma divina le pudiche membra, si eresse misteriosa e timida nella sua identità mitologica e manchevole di ogni umana volgarità.
Nell’immagine surreale e pagana di una vita che scorga da una conchiglia, dal cielo piovono rose, generate, secondo la leggenda, dal mite vento primaverile.

La neonata Venere si esibisce timorosamente al mondo e reggendosi su unico piede, contribuisce alla messa in scena del concetto classico di “contrapposto”, con spalle e gambe ruotate rispetto al busto, espediente che conferisce un portamento più sciolto e rilassato.
Il valore classico della pudicizia è rimarcato dalla giovane donna che, avvolta nello splendido abito ricamato a fiordalisi, soccorre la Venere con un mantello quasi a voler a proteggere universalmente il senso del pudore.

La fanciulla che arriva dalla riva è un’Ora (custode dell’Olimpo) e viene in questo caso rappresentata dal Botticelli senza le altre sorelle, innovando e contrastando la versione proposta dalla letteratura mitologica. La giovane donna è cinta al petto da un tralcio di rose identico a quello presente nella “Primavera“, con uno scollo abbellito da ghirlande di mirto, la pianta sacra a Venere.

La Primavera di Botticelli
Primavera (Sandro Botticelli, 1482 circa) – Tempera su tavola, dipinto per la villa medicea di Castello. Conservata a Firenze, nella Galleria degli Uffizi – E’ possibile notare le somiglianze dell’abito della figura femminile sulla destra, cinto di fiori, con la Nascita di Venere.

Il drappo si apre ad accogliere il corpo nudo e tenero della dea; si tratta di un mantello regale dalla lucente e preziosa bellezza della seta vermiglia, ricamata con sottili e raffinati decori floreali.

Mentre Zefiro, Brezza – in alcuni casi identificata con la ninfa Clori, la futura sposa di Zefiro – e l’Ora rivolgono i propri sguardi verso Venere, questa si offre sottomessa alla vista dell’osservatore; gli occhi languidi dalle pupille dilatate e la testa reclinata si oppongono alla tradizionale vocazione classica che invece permea il resto della composizione pittorica.
Gli occhi velati di una triste malinconia, come molti degli altri elementi estremamente naturalistici, elargiscono alla tela fiorentina un’armoniosa bellezza e una potente simbologia.

Un dettaglio della Nascita di Venere (Venere di Botticelli)
Un dettaglio del quadro: i volti e gli sguardi di Zefiro, Brezza (o Clori), e la Venere di Botticelli

Nella rappresentazione di una nascita sovrumana dalle origini violente e divine, Botticelli considerò l’archetipo della “Venere pudica” e della “Afrodite anadyomenē” di echi notoriamente classicheggianti.

Dal punto di vista tecnico Botticelli si servì, inconsuetamente per l’epoca, di una tela di lino su cui stendendo un’imprimitura a base di gesso accorse all’uso di una tempera magra, sperimentando sia l’uso della tecnica a pennello che a “missione”.

Nascita di Venere: la genesi dell’opera

Risulta grandemente difficoltoso definire con certezza, in modo definitivo e approfondito, la storia di questo straordinario capolavoro. Vasari citò per la prima volta l’opera botticelliana nel 1550: la “Nascita di Venere” era collocata nella Villa di Castello del Duca Cosimo dove

“due quadri figuranti, l’un, Venere che nasce, e quelle aure e venti che fanno venire in terra con gli Amori; e così un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la primavera; le quali da lui con grazia si veggono espresse” (VASARI).

La Venere di Poliziano incontra la Venere di Botticelli

Angelo Poliziano (1454-1494) nell’opera incompiuta conosciuta come “Stanze de messer Angelo Poliziano cominciate per la giostra del magnifico Giuliano di Pietro de Medici” (1475) anticipava di qualche anno il tema classico e mitologico dell'”Afrodite anadyomenē” (Ἀφροδίτη Ἀναδυομένη, nascente dal mare), ripreso dal Botticelli solo nel 1482, si profilò come il più adeguato a racchiudere lo spirito del proprio tempo, divenendo, di fatti, l’emblema del primo Rinascimento fiorentino.

Vale la pena riportare un breve estratto dell’opera nella quale Poliziano, sposando l’oraziano “Ut pictura poësis”, redige con delle pennellate fatte di poesia il Regno di Venere, quello che Botticelli (1445-1510) renderà in sinfonie di colori e profumate atmosfere:

“Al regno ov’ogni Grazia si diletta,
ove Biltà di fiori al crin fa brolo,
ove tutto lascivo, drieto a Flora,
Zefiro vola e la verde erba infiora.”
(Poliziano, Il Regno di Venere, Stanza 68)

Simonetta Vespucci: la musa botticelliana

Che cosa induce la nascita di un capolavoro? L’ispirazione spesso fluisce dai più alti emisferi del pensiero umano, intrecciandosi con gli ideali e spesso ricondotta in una forma visibile grazie alla “divina” mano dell’artista. Scultori e pittori rendono visibile l’invisibile, tramutando gli ideali in simbologie e le simbologie in forme e colori.

Quando l’inteligentia è toccata dal mirabile spirito dell’amore, che già di per sé è una forma d’arte, il merito dell’artista è semplicemente quello di aver prestato alla sua arte la bellezza di un volto già esistente.

È questo il caso di Simonetta Vespucci (1453-1476), musa ispiratrice di Botticelli, che inondò di ammirazione i cuori di chi ebbe la fortuna di incontrarla, tanto da prestare i suoi bei connotati alla sposa di Efesto, Venere.

La Vespucci fu l’amante di Giuliano de’ Medici nel segno di un’immagine simbolo di ciò che nell’ideale collettivo incarna il Rinascimento, ma al di là di Botticelli, Simonetta, ispirò opere teatrali e musicali, serbando per sempre la sua giovane anima nel cuore dell’arte e di chi l’amò.

Il dettaglio del viso della Venere di Botticelli
Foto dettagliata del volto poetico della Nascita di Venere, dipinto dalle sapienti mani Sandro Botticelli

Note bibliografiche

  • G. Lazzi, Simonetta Vespucci: la nascita della venere fiorentina, Polistampa, Firenze, 2010
  • E. L. Buchoholz, G. BÜhler, K. Hille, S. Kaeppelle, I. Stotland, Storia dell’arte, Touring Editore, Milano, 2012
  • G. Vasari, Le opere di Giorgio Vasari pittore e architetto aretino, Davide Passigli e soci, Firenze, 1832-2838
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Le ballate di Narayama: recensione del romanzo. Un racconto ancestrale in un Giappone arcaico https://cultura.biografieonline.it/ballate-narayama-recensione-libro/ https://cultura.biografieonline.it/ballate-narayama-recensione-libro/#respond Thu, 22 Aug 2024 09:09:12 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42325 Il giapponese Fukazawa Shichirō (29 gennaio 1914 – 18 agosto 1987) è l’autore del romanzo Le ballate di Narayama (titolo originale: Narayama bushikō). Scritto nel 1956, il suo primo romanzo vinse il prestigioso premio Chūō Kōron.

Fukazawa Shichiro
Fukazawa Shichirō

Trama del libro

Orin vive in un villaggio circondato da montagne. Sono cinquant’anni che vive nel suo villaggio, il cui nome è “Il villaggio di fronte” e adesso che ha compiuto settant’anni deve compiere come da tradizione centenaria un pellegrinaggio presso il monte Narayama.

Ma prima di partire, Orin vuole essere sicura che la sua famiglia riuscirà a passare l’inverno e per questo è alla ricerca di una moglie per il suo unico figlio, Tatsuhei.

Lui è rimasto vedovo a causa di un incidente, sua moglie è caduta in un burrone e, adesso, Orin deve occuparsi anche dei quattro nipoti. Ma il tempo del pellegrinaggio si avvicina e quando sarà sul monte incontrerà il dio che lo abita e non tornerà mai più indietro.

Le ballate scandiscono il tempo e le due feste del villaggio determinano la conclusione dell’anno, fra queste la festa del Narayama è quella più importante, dura un solo giorno, ma il villaggio la attende per settimane.

Prima della festa Orin avrà preparato tutto, affinché la sua assenza non pesi sulla famiglia. E quando arriverà il giorno della festa lei sarà pronta a partire e noi la accompagneremo fra monti antichi, valli profonde e stagni ancestrali, verso un destino che non ha ritorno.

Le ballate di Narayama - Libro Adelphi
Le ballate di Narayama – copertina del libro

L’edizione Adelphi è del 2024: il libro su Amazon

Commento

Questo romanzo, Le ballate di Narayama, edito da Adelphi, è un vero gioiello della letteratura giapponese. Contiene una gamma impressionante di sentimenti e incastona in una favola ancestrale tradizioni millenarie.

L’autore del romanzo, Fukazawa Shichirō, quando pubblicò su una rivista Le ballate era un autore sconosciuto in un ambiente letterario chiuso. Subito ebbe un notevole riconoscimento dal pubblico e dalla critica.

Alcuni scrittori lo definirono un capolavoro. E d’altra parte il libro arrivò come un evento inaspettato a scuotere lo stagno della letteratura dell’epoca.

La figura di Orin, la protagonista, una donna anziana che dedicata tutta la sua vita alla famiglia per poi accettare in pace il suo destino, commosse molti lettori, in un contesto in cui la povertà rendeva ancora più debole la vecchiaia.

Oggi il Giappone, uno dei paesi con più persone anziane al mondo, sta cambiando ma in passato questa considerazione verso le persone anziane era diffusa. Ma non è sufficiente, a decretare il successo del libro, un’opinione sociale.

Credo, invece, che il romanzo, intriso di favole e leggende, abbia risvegliato un inconscio collettivo verso ciò che il Giappone può essere stato e soprattutto verso un senso ancestrale del vivere in comunità.

Qualsiasi sia il motivo, questo romanzo breve è un capolavoro da leggere, a mio parere, con l’interesse riservato ai classici.

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