Quadri famosi https://cultura.biografieonline.it/argomento/arte/quadri-famosi/ Canale del sito Biografieonline.it Wed, 06 Nov 2024 08:07:16 +0000 it-IT hourly 1 Chop Suey: descrizione e significato del quadro di Hopper https://cultura.biografieonline.it/chop-suey-quadro/ https://cultura.biografieonline.it/chop-suey-quadro/#comments Thu, 26 Sep 2024 16:14:46 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42400 Chop Suey è un quadro del 1929 realizzato dallo statunitense Edward Hopper. È celebre anche per essere stato venduto nel novembre 2018 per 92 milioni di dollari, diventando una delle opere più costose di sempre.

Dipinto con la tecnica dell’olio su tela, il primo piano dell’opera ritrae due donne che conversano in un ristorante.

Chop Suey - quadro famoso di Hopper
Chop Suey è uno dei quadri più famosi di Edward Hopper

Descrizione del quadro

La scena di Chop Suey – che potremmo tradurre in italiano come Tagliatelle al sugo – raffigura due donne sedute a un tavolo in un ristorante.

C’è anche un’altra coppia sullo sfondo.

Le uniche caratteristiche mostrate in modo particolarmente dettagliato sono il volto della donna dipinta, il cappotto appeso sopra di lei, la schiena del suo compagno, i lineamenti della coppia sullo sfondo, la teiera sul tavolo, il pannello inferiore della finestra mascherato e l’insegna del ristorante all’esterno.

Queste sono tutte caratteristiche che porterebbero un elemento sensoriale (oltre alla vista) alla memoria dipinta: il ronzio della luce esterna, le voci delle persone sullo sfondo, la consistenza del cappotto, il sapore del tè e l’odore del fumo di sigaretta (tenuta dall’uomo) e la luce confusa dalla finestra mascherata.

Il luogo

La statunitense Gail Levin, storica dell’arte, descrive Chop Suey così:

[…] ricorda il ristorante cinese economico al secondo piano che gli Hopper frequentavano a Columbus Circle.

Ciò potrebbe spiegare l’attenzione primaria sulla donna e la monotonia dell’ambiente circostante.

Se fosse stato un posto che Edward Hopper visitava frequentemente, non ci sarebbe stato motivo di concentrarsi sull’ambiente circostante, ma piuttosto sul momento della scena.

Molto probabilmente la moglie dell’artista, Jo Hopper, anch’ella pittrice posò come modella per le tre figure femminili.

Il proprietario del dipinto era Barney A. Ebsworth (1934-2018). Promise di cederlo al Seattle Art Museum, tuttavia alla sua morte la proprietà rimase nel suo patrimonio. Venne venduto solo nel novembre del 2018, come dicevamo all’inizio, stabilendo un record per un’opera di Hopper.

Il collegamento tra pittura e memoria

Le opere di Edward Hopper sono note per le scene realistiche che trasmettono sentimenti di isolamento e solitudine.

Spesso l’artista descriveva la sua arte come una “trascrizione delle sue impressioni più intime della natura”.

Ciò è interpretabile come il collegamento del processo della pittura a quello della memoria.

Questa idea potrebbe essere ulteriormente descritta in un altro modo: come quando, ad esempio, qualcosa si rifà a una memoria personale; certi dettagli possono essere ricordati, ma tutto ciò che si trova al di fuori del focus primario è uno sfondo vuoto.

Chop Suey cattura proprio questo concetto di memoria.

Fa sì che l’osservatore si concentri su particolari elementi della iconografia sensoriale mentre il contesto narrativo raffigura un tema di isolamento.

Chop Suey: dettaglio dei volti
Il dettaglio dei volti

Analisi, interpretazione e significato dell’opera

Secondo il critico d’arte inglese David Anfam (1955 – 2024), un “dettaglio sorprendente di Chop Suey è che il soggetto femminile si trova di fronte al suo sosia”.

Altri hanno invece sottolineato che non sarebbe stato insolito per due donne indossassare cappelli simili all’epoca (fine anni ’20).

Il soggetto del dipinto è l’interno del bar e non si concentra su una figura specifica.

Come in molte opere di Edward Hopper, di fatto, il dipinto porta a prestare grande attenzione agli effetti della luce sui suoi soggetti.

Si vedano ad esempio i quadri “Nighthawks (Nottambuli)” e “Automat (Tavola calda)“.

Rolf G. Renner, autore del libro biografico “Hopper” afferma che:

parte di ciò di cui parlano i dipinti [di Hopper] è quella morte o decadenza che tutti i dipinti in un certo senso rappresentano, poiché distruggono l’immediatezza della percezione attraverso la trasformazione in un’immagine.

Sebbene la scena di “Chop Suey” si svolga in un ambiente sociale, è prevalente il senso di solitudine.

La donna in verde di fronte allo spettatore è seduta con la sua compagna, ma non sembra interagire con lei.

C’è un’analogia con la coppia sullo sfondo: l’uomo sembra essersi ritirato dalla donna di fronte a cui è seduto.

Ogni figura umana è isolata ed emotivamente distante l’una dall’altra: per ognuna c’è riservatezza.

Ciò è rappresentato e trasmesso all’osservatore grazie ai volti nascosti o oscurati: essi ritraggono un’essenza umana.

Ciò si applica ulteriormente alla donna in dettaglio; anche se abbiamo una visione completa del suo viso, c’è un distacco nei suoi confronti a causa del suo trucco netto ed evidente.

La pelle alabastrina con il fard audace e il labbro dipinto suggeriscono solo l’impressione di una donna, simile a una bambola.

Normalmente nel contesto dello stile dell’epoca, ciò potrebbe essere preso come uno stile alla moda, vivace.

Ma Hopper in “Chop Suey” nega questo: attribuisce al volto della donna lo stesso valore del bianco di altre caratteristiche vuote sullo sfondo. Svuota così la sua essenza umana.

L’osservatore la interpreta come se stesse ascoltando distrattamente anziché stabilire un contatto visivo e interagire, come se non fosse concentrata su ciò che la circonda.

La narrazione dietro un ricordo

L’equilibrio è mantenuto nella sezione centrale del dipinto con la presenza di aree prive di dettagli appena sopra la linea di vista dell’occhio.

Queste aree sono contrassegnate da tratti di pennello più ruvidi.

Lo spazio negativo, privo di dettagli sullo sfondo si aggiunge ulteriormente a questo perché l’occhio semplicemente ci passa sopra e si concentra di più sui dettagli presentati.

Questi spazi sono semplici perché le caratteristiche dello sfondo non vengono memorizzate.

Il “peso” è mantenuto nella presenza di dettagli, contenuti tra le figure ai tavoli, fino ai dettagli nel design del cartello esterno, la giacca appesa e la copertura inferiore della finestra.

Tutto ciò ci dà l’impressione che si possa osservare la scena così come tutti gli aspetti importanti, ignorando il contesto esterno.

Con questo in mente lo spettatore può supporre una narrazione dietro un particolare ricordo personale.

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Nighthawks (Nottambuli), quadro famoso di Edward Hopper: significato https://cultura.biografieonline.it/nighthawks-nottambuli-quadro-famoso-di-edward-hopper/ https://cultura.biografieonline.it/nighthawks-nottambuli-quadro-famoso-di-edward-hopper/#comments Wed, 25 Sep 2024 13:12:28 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=4704 Nighthawks (Nottambuli), è uno dei quadri più famosi di Edward Hopper e uno dei più simbolici dell’arte americana del XX secolo.

Il quadro è stato dipinto nel 1942, utilizzando la tecnica olio su tela, la sua misura è 30 x 60 cm.

Soggetto rappresentato: significato e messaggio

Rappresenta la solitudine e la desolazione che impregna l’atmosfera di un bar nella New York degli anni ’40, dove alcune persone  stanno sedute al bancone di un bar.

Nighthawks (Nottambuli), quadro famoso di Edward-Hopper (1942)
Nighthawks (Nottambuli), quadro famoso di Edward-Hopper (1942) – Dimensioni: 84 cm x 1,52 m – Art Institute of Chicago Building

La desolazione che si prova guardando queste figure anonime, vuote e che fra loro non comunicano, quasi fossero dei manichini, è totale.

Edward Hopper
Edward Hopper

Tuttavia Edward Hopper stesso, a proposito di questo quadro, dichiarò che non lo considerava un’espressione di solitudine in senso individuale, quanto meno non era questa la sua intenzione.

Più che altro per lui si trattava della solitudine che derivava dal vivere in una grande città.

In risposta a una domanda sulla solitudine e il vuoto nel dipinto, Hopper ha sottolineato che “non lo vedeva come particolarmente solitario”. Ha invece detto:

Inconsciamente, probabilmente, stavo dipingendo la solitudine di una grande città.

Il tema della solitudine

L’impatto psicologico che il quadro produce sullo spettatore, ha una profondità importante, perché si sviluppa con la rappresentazione di momenti di vita reale.

Il tema della solitudine, della noia e dell’alienazione ha contraddistinto gran parte della pittura di Hopper che ha interpretato il malessere della società americana dopo la Grande depressione del 1929.

Si veda ad esempio anche il quadro: Automat (Tavola calda) oppure Chop Suey.

Automat - Tavola calda - quadro - Hopper
Automat (Tavola calda), Edward Hopper, 1927 • Pittura a olio, 71 cm x 91 cm • Il quadro è conservato presso il Des Moines Art Center, Iowa (USA) • L’opera è attribuibile ai periodi: Neoclassicismo, Modernismo

Edward Hopper ha dato forma alla disperazione nelle sue sfumature più difficili da cogliere e l’ha legata alla alienazione derivante dal vivere nelle grandi città.

Qui infatti spesso si ritrovavano persone provenienti dalla provincia, in cerca di lavoro e di nuove opportunità.

Alcune curiosità

La moglie di Hopper – Josephine Verstille Nivison, anch’ella pittrice, conosciuta anche come Jo Hopperin una lettera indirizzata a Marion Hopper, sorella di Edward, scrisse una breve descrizione del quadro Nighthawks (Nottambuli) su cui il marito stava lavorando:

[…] ha appena completato un’immagine molto bella – un locale per mangiare di notte con 3 figure. Night Hawks sarebbe un nome adatto. È stato lo stesso Edward a posare per i 2 uomini grazie ad uno specchio, ed io (ho posato) per la ragazza. Ci ha lavorato un mese e mezzo.

Non sappiamo se il locale dipinto nel quadro fosse reale o fosse frutto dell’immaginazione dell’autore. Hopper dichiarò che si era ispirato ad un locale che si trovava a Greenwich Village, nel quartiere di Manhattan. Alcuni studiosi ritengono invece che questo bar dovesse trovarsi a Mulry Square, all’incrocio tra la 7ª Avenue South, Greenwich Avenue e l’11ª West Street, a sette isolati dallo studio del pittore.

Si pensa anche che Hopper sia stato ispirato da un racconto di Ernest Hemingway, “The Killers” (1927), che Hopper ammirava molto. Oppure dal più filosofico “A Clean, Well-Lighted Place” (1933).

L’Art Institute a Chicago entrò in possesso di questo quadro il 13 maggio 1942, già pochi mesi prime del suo completamento, acquistandolo per 3.000 dollari. Ancora oggi è esposto lì.

Nighthawks ha influenzato la componente “noir” di Blade Runner; il regista Ridley Scott ha dichiarato:

Sventolavo costantemente una riproduzione di questo dipinto sotto il naso del team di produzione per illustrare l’aspetto e l’umore che cercavo.

Il dipinto è presente nel film del 2009 “Una notte al museo 2 – La fuga“: il quadro prende vita attraverso l’animazione CGI con i personaggi che reagiscono agli eventi nel mondo esterno.

 

 

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Nascita di Venere: spiegazione e interpretazione dell’opera di Botticelli https://cultura.biografieonline.it/venere-botticelli/ https://cultura.biografieonline.it/venere-botticelli/#comments Thu, 29 Aug 2024 13:11:10 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17241 Se il concetto di bellezza è per sua natura mutevole e indefinibile, nel tempo risiede l’antidoto che impedisce alla beltà espressa nell’arte di invecchiare e tramutarsi in una lode effimera. La Venere, realizzata da Sandro Botticelli tra il 1482 e il 1485, tracciò con i suoi lunghi capelli e le longilinee gambe affusolate, l’inizio di un periodo glorioso per l’arte italiana, connotando il canone di una bellezza eternamente fulgente e proclamando un’innovazione in pieno spirito rinascimentale. Realizzata per la famiglia de’ Medici, la “Nascita di Venere“, sviluppò in se stessa gli ideali classici che, nel risveglio nell'”humana conscientia“, ritornarono a popolare le tele dei migliori pittori di corte italiani ed europei.

Nascita di Venere (Venere di Botticelli, Birth of Venus)
La “Nascita di Venere” (1482-1485, opera spesso indicata anche come “Venere di Botticelli“) è un dipinto a tempera su tela di lino (172 cm × 278 cm) esposto agli Uffizi di Firenze. Per bellezza, intensità, poesia e notorietà, è di fatto un’opera simbolo per l’intera epoca del Rinascimento.

Per chi fosse interessato ad ammirare in una sola immagine ciò che sotto il nome di Rinascimento riempie libri interi, può concedersi il lusso di un contatto diretto con la storia della Firenze rinascimentale visitando la Galleria degli Uffizi.

Nascita di Venere: analisi dell’opera con note tecniche e descrittive

Dalla pelle chiara e dai lunghi capelli dorati, Venere sorse dalle acque schiumose di un mare sconosciuto e, nascondendo con la folta chioma divina le pudiche membra, si eresse misteriosa e timida nella sua identità mitologica e manchevole di ogni umana volgarità.
Nell’immagine surreale e pagana di una vita che scorga da una conchiglia, dal cielo piovono rose, generate, secondo la leggenda, dal mite vento primaverile.

La neonata Venere si esibisce timorosamente al mondo e reggendosi su unico piede, contribuisce alla messa in scena del concetto classico di “contrapposto”, con spalle e gambe ruotate rispetto al busto, espediente che conferisce un portamento più sciolto e rilassato.
Il valore classico della pudicizia è rimarcato dalla giovane donna che, avvolta nello splendido abito ricamato a fiordalisi, soccorre la Venere con un mantello quasi a voler a proteggere universalmente il senso del pudore.

La fanciulla che arriva dalla riva è un’Ora (custode dell’Olimpo) e viene in questo caso rappresentata dal Botticelli senza le altre sorelle, innovando e contrastando la versione proposta dalla letteratura mitologica. La giovane donna è cinta al petto da un tralcio di rose identico a quello presente nella “Primavera“, con uno scollo abbellito da ghirlande di mirto, la pianta sacra a Venere.

La Primavera di Botticelli
Primavera (Sandro Botticelli, 1482 circa) – Tempera su tavola, dipinto per la villa medicea di Castello. Conservata a Firenze, nella Galleria degli Uffizi – E’ possibile notare le somiglianze dell’abito della figura femminile sulla destra, cinto di fiori, con la Nascita di Venere.

Il drappo si apre ad accogliere il corpo nudo e tenero della dea; si tratta di un mantello regale dalla lucente e preziosa bellezza della seta vermiglia, ricamata con sottili e raffinati decori floreali.

Mentre Zefiro, Brezza – in alcuni casi identificata con la ninfa Clori, la futura sposa di Zefiro – e l’Ora rivolgono i propri sguardi verso Venere, questa si offre sottomessa alla vista dell’osservatore; gli occhi languidi dalle pupille dilatate e la testa reclinata si oppongono alla tradizionale vocazione classica che invece permea il resto della composizione pittorica.
Gli occhi velati di una triste malinconia, come molti degli altri elementi estremamente naturalistici, elargiscono alla tela fiorentina un’armoniosa bellezza e una potente simbologia.

Un dettaglio della Nascita di Venere (Venere di Botticelli)
Un dettaglio del quadro: i volti e gli sguardi di Zefiro, Brezza (o Clori), e la Venere di Botticelli

Nella rappresentazione di una nascita sovrumana dalle origini violente e divine, Botticelli considerò l’archetipo della “Venere pudica” e della “Afrodite anadyomenē” di echi notoriamente classicheggianti.

Dal punto di vista tecnico Botticelli si servì, inconsuetamente per l’epoca, di una tela di lino su cui stendendo un’imprimitura a base di gesso accorse all’uso di una tempera magra, sperimentando sia l’uso della tecnica a pennello che a “missione”.

Nascita di Venere: la genesi dell’opera

Risulta grandemente difficoltoso definire con certezza, in modo definitivo e approfondito, la storia di questo straordinario capolavoro. Vasari citò per la prima volta l’opera botticelliana nel 1550: la “Nascita di Venere” era collocata nella Villa di Castello del Duca Cosimo dove

“due quadri figuranti, l’un, Venere che nasce, e quelle aure e venti che fanno venire in terra con gli Amori; e così un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la primavera; le quali da lui con grazia si veggono espresse” (VASARI).

La Venere di Poliziano incontra la Venere di Botticelli

Angelo Poliziano (1454-1494) nell’opera incompiuta conosciuta come “Stanze de messer Angelo Poliziano cominciate per la giostra del magnifico Giuliano di Pietro de Medici” (1475) anticipava di qualche anno il tema classico e mitologico dell'”Afrodite anadyomenē” (Ἀφροδίτη Ἀναδυομένη, nascente dal mare), ripreso dal Botticelli solo nel 1482, si profilò come il più adeguato a racchiudere lo spirito del proprio tempo, divenendo, di fatti, l’emblema del primo Rinascimento fiorentino.

Vale la pena riportare un breve estratto dell’opera nella quale Poliziano, sposando l’oraziano “Ut pictura poësis”, redige con delle pennellate fatte di poesia il Regno di Venere, quello che Botticelli (1445-1510) renderà in sinfonie di colori e profumate atmosfere:

“Al regno ov’ogni Grazia si diletta,
ove Biltà di fiori al crin fa brolo,
ove tutto lascivo, drieto a Flora,
Zefiro vola e la verde erba infiora.”
(Poliziano, Il Regno di Venere, Stanza 68)

Simonetta Vespucci: la musa botticelliana

Che cosa induce la nascita di un capolavoro? L’ispirazione spesso fluisce dai più alti emisferi del pensiero umano, intrecciandosi con gli ideali e spesso ricondotta in una forma visibile grazie alla “divina” mano dell’artista. Scultori e pittori rendono visibile l’invisibile, tramutando gli ideali in simbologie e le simbologie in forme e colori.

Quando l’inteligentia è toccata dal mirabile spirito dell’amore, che già di per sé è una forma d’arte, il merito dell’artista è semplicemente quello di aver prestato alla sua arte la bellezza di un volto già esistente.

È questo il caso di Simonetta Vespucci (1453-1476), musa ispiratrice di Botticelli, che inondò di ammirazione i cuori di chi ebbe la fortuna di incontrarla, tanto da prestare i suoi bei connotati alla sposa di Efesto, Venere.

La Vespucci fu l’amante di Giuliano de’ Medici nel segno di un’immagine simbolo di ciò che nell’ideale collettivo incarna il Rinascimento, ma al di là di Botticelli, Simonetta, ispirò opere teatrali e musicali, serbando per sempre la sua giovane anima nel cuore dell’arte e di chi l’amò.

Il dettaglio del viso della Venere di Botticelli
Foto dettagliata del volto poetico della Nascita di Venere, dipinto dalle sapienti mani Sandro Botticelli

Note bibliografiche

  • G. Lazzi, Simonetta Vespucci: la nascita della venere fiorentina, Polistampa, Firenze, 2010
  • E. L. Buchoholz, G. BÜhler, K. Hille, S. Kaeppelle, I. Stotland, Storia dell’arte, Touring Editore, Milano, 2012
  • G. Vasari, Le opere di Giorgio Vasari pittore e architetto aretino, Davide Passigli e soci, Firenze, 1832-2838
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Belle Ferronnière, quadro di Leonardo da Vinci: descrizione e storia https://cultura.biografieonline.it/leonardo-belle-ferronniere/ https://cultura.biografieonline.it/leonardo-belle-ferronniere/#respond Thu, 25 Jul 2024 15:39:22 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=12146 La “Belle Ferronnière”, o “Ritratto di dama”, è un’opera di Leonardo da Vinci realizzata nel suo primo periodo milanese (1482-1500) e conservato nel Musèe du Louvre di Parigi. Si tratta di un dipinto ad olio su tavola delle dimensioni di 63 x 45 cm, collegato agli altri due ritratti della medesima fase il “Ritratto di musico” e la “Dama con l’ermellino”. In questo periodo, Leonardo rimase al servizio di Ludovico il Moro per quasi vent’anni realizzando una serie di progetti di ingegneria idraulica, di lavori di urbanistica, di architettura e disegni per apparati decorativi legati a feste e spettacoli pubblici.

Belle Ferronnière (Leonardo da Vinci, 1482-1500)
La Belle Ferronnière (o Ritratto di Dama) è uno dei quadri più belli di Leonardo da Vinci. Realizzato durante il suo periodo milanese (1482-1500) oggi si trova esposto al Louvre di Parigi.

L’artista si trovò ad operare in un clima culturale ideale che favorì la sua propensione allo sperimentalismo tecnico, scientifico e formale.

Belle Ferronnière: il quadro

Il ritratto “Belle Ferronnière” mostra una fanciulla a mezzobusto su sfondo scuro e dietro un parapetto alla fiamminga, probabilmente Lucrezia Crivelli, che ha preso il posto di Cecilia Gallerani (presumibilmente la ragazza ritratta nella “Dama con l’ermellino”) come amante di Ludovico il Moro.

Altre ipotesi che però non sono risultate confermate, propendevano che il soggetto femminile del quadro potesse essere una tra: Isabella d’Este, sua sorella Beatrice, moglie del Moro, oppure Elisabetta Gonzaga.

La donna è ritratta con il busto voltato a sinistra, mentre la testa è frontale, come richiamata all’attenzione da qualcosa o qualcuno.

Il suo bel volto, focus dell’opera, si concede all’ammirazione dello spettatore, deviando però il suo sguardo lateralmente, senza stabilire un contatto visivo, conferendo un senso enigmatico al dipinto.

L’abbigliamento della dama è molto curato, ma non particolarmente sfarzoso: nel dipinto, infatti, non osserviamo la presenza di vistosi gioielli.

Leonardo, Dama con l'ermellino
E’ possibile fare un paragone con il celebre dipinto “La dama con l’ermellino”

La donna indossa, come nel dipinto la “Dama con l’ermellino”, un vestito con scollatura rettangolare, tipica dell’abbigliamento nobile del periodo, caratterizzato, secondo la moda del tempo, da maniche intercambiabili, in questo caso legate da lacci che mostrano gli sbuffi della camicia bianca sottostante, e porta in testa un sottile filo annodato sulla fronte che tiene ferma la capigliatura e mostra un piccolo rubino incastonato al centro.

Al collo, indossa una sottile collana bicolore, avvolta in tre cerchi stretti che cade annodata a un nastro sul petto.

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Arlecchino pensoso, analisi dell’opera di Picasso https://cultura.biografieonline.it/arlecchino-pensoso-picasso/ https://cultura.biografieonline.it/arlecchino-pensoso-picasso/#comments Mon, 10 Jun 2024 16:32:29 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30429 L’opera che analizziamo in questo articolo si intitola “Arlecchino pensoso“. Fu realizzata da Pablo Picasso nel 1901.

Arlecchino pensoso - Seated Harlequin - Arlequin accoudé
Arlecchino pensoso (Seated Harlequin)

Picasso e l’anno 1901

Nel giugno del 1901 Picasso si trasferì per la seconda volta a Parigi. La prima volta ci andò un anno prima, con il suo amico Carlos Casagemas. Picasso tornò a Parigi perché il mercante d’arte di origini catalane Pedro Mañach era interessato a comprare i suoi dipinti. Egli voleva inoltre esporre i quadri di Pablo Picasso presso la galleria di Ambroise Vollard, un ricco e famoso gallerista che Picasso ritrarrà nel 1909; questo quadro si chiamerà Ritratto di Ambroise Vollard e verrà realizzato con la tecnica del Cubismo analitico.

Picasso in quell’anno lavorava in Rue de Clichy, in uno studio in cui rimase diverso tempo, non lontano dal ristorante in cui il suo amico Casagemas si sparò suicidandosi nel febbraio dello stesso anno. E’ anche a causa della morte del suo amico che Pablo Picasso diede inizio al suo periodo blu: un percorso dove il colore blu diventa predominante sulle tele, e dove il dolore, la tristezza e la malinconia sono sentimenti che simboleggiano le opere meravigliose che il pittore spagnolo realizza in questo periodo.

Il blu in alcuni di questi lavori diventa quasi il colore dominante: Il funerale di Casagemas, Donna in blu, Le due sorelle, Vecchio cieco con ragazzo, Vecchio chitarrista.

Il dipinto qui analizzato, Arlecchino pensoso, venne realizzato nell’autunno di quell’anno, il 1901. L’opera rappresenta, insieme a I due saltimbanchi, una sorta di passaggio; perché il blu non è ancora preponderante e perché il dipinto mostra un’iniziale influenza della pittura francese sulla tecnica e le forme utilizzate da Picasso.

Arlecchino pensoso: descrizione del quadro di Picasso

Il protagonista, Arlecchino, è dipinto con lo stesso stile utilizzato per i fiori dello sfondo. Picasso pone il personaggio come se fosse adagiato su una scacchiera e le parti che lo compongono sembrano assemblate come in un puzzle, dai contorni definiti ma semplici.

Semplicità e utilizzo delle forme, dunque sono gli elementi chiave.

E’ come se il dipinto fosse smontabile e rimontabile a piacimento dello spettatore.

I personaggi del circo e della commedia saranno i protagonisti di un altro importante periodo artistico nella carriera di Picasso, il periodo rosa, in cui il colore sembrerà attenuare la forza malinconica del blu, giungendo ad un effetto più lieto.

Il teatro e il circo accompagneranno Picasso per tutta la vita e già Gertrude Stein ricordava come gli artisti della sua epoca fossero attratti dai giocolieri, clown, saltimbanchi che popolavano il circo Medrano o i locali notturni di Parigi.

Tecnica

Olio su tela, foderato e montato su un foglio di sughero pressato.

Dimensioni

83.2 x 61.3 cm

Ubicazione

The Metropolitan Museum of Art, New York, USA

Analisi dell’opera e commento video

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Testa bianca e rosa: analisi del quadro cubista di Matisse https://cultura.biografieonline.it/testa-bianca-e-rosa-matisse/ https://cultura.biografieonline.it/testa-bianca-e-rosa-matisse/#respond Thu, 06 Jun 2024 14:05:56 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19699 Sono gli anni della prima guerra mondiale quando Henri Matisse decide di cambiare radicalmente il suo stile e di far acquistare importanza primaria alla geometria, facendo diventare la tavolozza cupa, usando colori dal verde al grigio, al viola e al nero. In questo periodo, nel 1914, realizza l’olio su tela, di centimetri 75 x 47, dal titolo “Testa bianca e rosa“, custodita al Centre Georges Pompidou di Parigi.

Testa bianca e rosa - Matisse - Tête blanche et rose - White and rose head
Testa bianca e rosa (Matisse, 1914)

Matisse e gli altri artisti

È il periodo in cui Matisse cerca di arruolarsi, di partire con i suoi amici Camoin e Puy. Richiesta che viene rifiutata. Da qui si trasferisce con la famiglia a Tolosa, poi a Collioure, ed è qui che entra in contatto con Juan Gris, un artista madrileno che, insieme a Georges Braque e Pablo Picasso, aveva contribuito alla nascita del Cubismo.

Qui Matisse ritrova altresì alcuni amici fauves. In più, l’artista frequenta il futurista Gino Severini. Insomma, si tratta di incontri che influiscono sulla sua arte di questi anni, che si appiattisce in forme geometriche.

Matisse e il Cubismo

Il cubismo viene fatto risalire proprio ad un’osservazione di Matisse fatta davanti al dipinto, “L’Estaque“, di Georges Braque esposto al Salon d’Automne. E’ così che la frase “piccoli cubi” di Matisse viene riportata dal critico d’arte Louis Vauxcelles, che per primo utilizza il termine cubismo, per indicare quel movimento artistico d’avanguardia nato a Parigi intorno al 1907.

Nelle opere cubiste il soggetto è spezzato, viene analizzato e poi assemblato in forma astratta. Viene a formarsi un ambiguo spazio vuoto, che caratterizza appunto questo movimento artistico.

Il quadro Testa bianca e rosa (Tête blanche et rose)

In questo contesto nasce quest’opera di Matisse, “Testa bianca e rosa”. La figura rappresenta il ritratto della prima figlia Marguerite, quasi astratto, che il pittore realizza a Parigi nel 1914, nel suo studio di Quai Sanint-Michel.

Il dipinto è caratterizzato da questo volto geometrizzato, dai tratti neri, con il viso colorato a metà. Una parte è colorata di rosa, mentre l’altra parte è bianca. Al collo della donna c’è una collana con ciondolo, il collo è grigio, e si intravede dalla scollatura della camicia a righe rosa e viola.

Con l’avvento della guerra, anche l’arte di Matisse assume una piega malinconica, carica di dolore. Sono anni molto tristi per il pittore, che si sente in colpa per non aver partecipato attivamente, combattendo al fronte.

L’artista francese è lontano dalla famiglia, continua uno studio attento del cubismo di Juan Gris e Pablo Picasso, che trasforma in creazioni schematiche dalle forme geometriche, dall’uso di colori scuri. Il nero diventa talmente carico da conferire alla tela una luce vibrante.

L’evoluzione di Matisse

È il periodo questo che lo porta a dipingere quasi sempre sua moglie Amelie e sua figlia Marguerite. Poi nel 1916 incontra l’italiana Lorette, che inizia a considerare sua musa ispiratrice. Un incontro che si rivela positivo. E’ il momento in cui Matisse è alla ricerca di se stesso, di un nuovo stile e una nuova personalità.

Il pittore non si riconosce più nel fauvismo che aveva inventato, né nel cubismo a cui si era avvicinato e neppure nella passione che lo legava a Van Gogh. Sono mesi di grande turbamento, che tuttavia si risolvono grazie all’incontro con la modella italiana, anche se inizialmente il rapporto di lavoro si rivela traumatico. Pian piano si passa a livelli di armonizzazione lasciando spazio ad imposizioni dolci.

Nel biennio 1915–1917 Matisse ricomincia a raffigurare ciò che aveva osservato durante il viaggio in Marocco: le Odalische, per esempio.

Descrizione e analisi sintetiche per punti

Descrizione

  • Il dipinto raffigura la testa di una donna, con il viso diviso in due metà: il lato sinistro è bianco, mentre il lato destro è rosa.
  • Le forme del viso sono semplificate e geometriche, con linee curve e spigolose che definiscono i lineamenti.
  • I colori sono piatti e non mescolati, creando un effetto di contrasto intenso tra il bianco e il rosa.
  • Lo sfondo è neutro e non ha dettagli, concentrando l’attenzione sul viso della donna.

Analisi

  • Influenze del cubismo: Testa bianca e rosa mostra l’influenza del cubismo, un movimento artistico che si sviluppò all’inizio del XX secolo. I cubisti frammentavano le forme degli oggetti in piani geometrici, rifiutando la prospettiva tradizionale. In questo dipinto, Matisse scompone il viso della donna in forme semplici e geometriche, creando un effetto di astrazione.
  • Uso del colore: Il colore gioca un ruolo fondamentale in Testa bianca e rosa. Il contrasto tra il bianco e il rosa è audace e vibrante, creando un senso di energia e movimento. I colori piatti e non mescolati accentuano l’effetto di astrazione del dipinto.
  • Espressione: L’espressione del viso della donna è ambigua. Può essere interpretata come serena, meditativa o addirittura ansiosa. L’assenza di dettagli nello sfondo contribuisce a questa ambiguità, lasciando all’osservatore la libertà di interpretare l’opera.
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L’ebreo in preghiera (rabbino di Vitebsk): storia e significato del quadro di Chagall https://cultura.biografieonline.it/chagall-ebreo-in-preghiera/ https://cultura.biografieonline.it/chagall-ebreo-in-preghiera/#respond Mon, 20 May 2024 12:11:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11986 Una delle opere più rappresentative e più belle del pittore Marc Chagall è “L’ebreo in preghiera“(Il rabbino di Vitebsk) che risale al 1914. Si tratta di un dipinto a olio su tela, conservato al Museo d’arte Moderna a Cà Pesaro di Venezia.

L'ebreo in preghiera (Il rabbino di Vitebsk): opera di Marc Chagall del 1914
L’ebreo in preghiera (The Jew praying) • Chagall, 1914

L’ebreo in preghiera: breve storia e analisi

Durante questo periodo, Marc Chagall fa ritorno a Vitebsk, in Bielorussia, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo costringe a una più lunga permanenza, durante la quale dipinge soggetti che rappresentano la vita reale della cittadina e soprattutto i personaggi che sono legati alla religione ebraica. Il pittore ha realizzato la prima versione di quest’opera nella sua città natale, Vitebsk, ritraendo un vecchio cui aveva fatto indossare l’abito delle preghiere del padre; in seguito ne avrebbe fatte due repliche, una delle quali sarebbe stata esposta.

L’ebreo in preghiera: il quadro

Il dipinto è caratterizzato da incastri di superfici bianche e nere, e rappresenta un ebreo con l’abito della preghiera del mattino. Nell’ebreo in preghiera, il protagonista è abbigliato con i vestiti rituali che gli ebrei ortodossi sono soliti indossare durante la preghiera del mattino o mentre si recano alla volta della loro sinagoga. L’ebreo viene rappresentato durante il momento di preghiera con uno scialle bianco con le frange, sulla testa e sulle spalle, denominato tallit.

Nel dipinto sono ben visibili anche i tefillim, due piccoli astucci quadrati che gli ebrei usano portare durante la preghiera del mattino, chiamata Shachrit. L’espressione del rabbino è intensa e assorta, e cattura l’attenzione.

Chagall - Ebreo in preghiera: dettaglio delle mani
Un dettaglio del celebre quadro di Chagall

La luce e i colori

Ciò si nota grazie all’attenta distribuzione delle luci, che creano un’atmosfera di assoluta e solenne spiritualità.

Nel dipinto, Chagall usa prettamente le cromie del bianco e del nero, servendosi di pochi altri colori.

Inoltre il pittore è solito accentuare i contrasti tra le zone bianche e quelle più scure, mentre lo sfondo è caratterizzato dalla presenza di alcune semplificazioni geometriche che documentano la conoscenza delle opere suprematiste e costruttiviste.

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Il Violinista: storia e interpretazione del quadro di Chagall https://cultura.biografieonline.it/chagall-il-violinista/ https://cultura.biografieonline.it/chagall-il-violinista/#comments Mon, 20 May 2024 11:45:55 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11928 Il violino come mezzo per incontrare il divino

È difficile riscontrare nei grandi artisti di inizio Novecento un profondo attaccamento, quasi morboso, ad uno strumento musicale, come invece emerge dal mondo artistico di Marc Chagall. Per il pittore, il violino, che appare ripetutamente nelle sue opere, non è solo uno strumento musicale, ma rappresenta il mezzo per incontrare Dio e i grandi segreti della vita e della morte.

Il Violinista (Marc Chagall, 1912-1913)
Il Violinista (Marc Chagall, 1912-1913). Olio su tela; 188 cm x 158 cm. Stedelijk Museum, Amsterdam.

La figura dello zio

Ne “Il violinista”, l’immagine raffigura suo zio Neuch, fratello della madre, intento a suonare sul “tetto del mondo” aspirando, tramite l’estasi musicale e la danza, alla comunione con Dio.

La rappresentazione simbolica si rifà al dettato di una congregazione religiosa di Ebrei russi e polacchi, gli Hasidim.

Il Violinista: descrizione e spiegazione del quadro

Di volta in volta, Chagall è investito di significati diversi dalla figura del violino e, nella cultura tradizionale ebraica, il violinista aveva un ruolo importante in occasione di nascite, matrimoni e funerali; da qui, nasce la necessità di raffigurarlo in questo quadro rappresentandolo nel suo paese natale, Lyozno, trascinando nella sua scia una figura circondata da un alone d’oro.

In fondo, come dargli torto.

La condizione degli Ebrei di quel tempo era ben raffigurata nel quadro: una vita instabile come quella del musicista che deve suonare stando in equilibrio su un tetto.

Pur essendo dipinto a Parigi, il quadro si ricollega alle opere di Vitebsk del 1909, nelle quali, come dice Chagall, egli tendeva a vedere le cose in bianco, grigio e nero. Ma nelle zone in cui dominano il nero e il bianco, il pittore ha introdotto una modulazione cromatica che dona al dipinto morbidezza calda e luminosa.

La piccola figura a sinistra del dipinto, con le tre teste, è la raffigurazione di un’esteticità ammirativa e ricorda certi affollamenti di devoti attorno ai santi, nei vecchi dipinti bizantini dove tra la folla in preghiera si scorgono solo le teste e il biancore degli occhi. Il violinista risulta essere il vero e unico eroe.

Dati tecnici

Il violinista” è un dipinto olio su tela di 188 cm x 158 cm, realizzato tra il 1912 e il 1913 dal pittore ed è conservato al Stedelijk Museum di Amsterdam – Olanda.

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Sposalizio della Vergine, opera di Raffaello: analisi e significato https://cultura.biografieonline.it/sposalizio-vergine-raffaello-storia-significato/ https://cultura.biografieonline.it/sposalizio-vergine-raffaello-storia-significato/#respond Wed, 24 Apr 2024 16:36:29 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42014 Immaginate una scena piena di luce e armonia, dove la bellezza e la sacralità si intrecciano in un racconto senza tempo. Questo è ciò che ci offre il dipinto “Sposalizio della Vergine” di Raffaello Sanzio, un capolavoro del Rinascimento italiano che oggi possiamo ammirare nella Pinacoteca di Brera a Milano.

Storia del quadro

Siamo nel 1504 e Raffaello, un giovane pittore di appena 21 anni, riceve un incarico importante: realizzare una pala d’altare per la chiesa di San Francesco a Città di Castello (Perugia). Il tema scelto è un evento fondamentale della tradizione cristiana: lo sposalizio della Vergine Maria con Giuseppe.

Sposalizio della Vergine (Raffaello)
Sposalizio della Vergine (Raffaello)

La scena

Un tempio circolare in marmo domina la piazza, la sua cupola sormontata da una statua dorata che brilla alla luce del sole. Le linee architettoniche sono perfette, richiamando i modelli classici dell’antica Roma.

Sotto l’arco solenne del tempio, l’evento principale prende vita. Maria, vestita di una tunica e Giuseppe in una dalmatica con decori dorati, si porgono la mano destra.

I loro volti, sereni e composti, sono incorniciati da capelli castani e biondi.

Negli occhi di Maria si scorge una dolcezza angelica, mentre Giuseppe guarda le dita della sua sposa con amore e rispetto.

Un sacerdote con barba grigia, posto tra loro, unisce le loro mani e benedice l’unione.

Osserva le figure che circondano la coppia.

A sinistra, cinque giovani donne vegliano sulla sposa. Le loro vesti candide e i loro veli bianchi simboleggiano la purezza di Maria. I loro sguardi sono rivolti verso la coppia con devozione e partecipazione.

A destra, cinque uomini assistono alla cerimonia. Tra di loro, uno tiene in mano un bastone spezzato: è il segno del suo fallimento nel tentativo di conquistare Maria. Gli altri uomini, con i loro bastoni fioriti, rappresentano i pretendenti respinti. Le loro espressioni sono composte e rassegnate, accettando il volere divino.

La luce

Alza lo sguardo verso il cielo.

Un cielo terso e azzurro si apre sopra la scena, come un immenso mare di serenità.

L’elemento che più di tutti cattura l’attenzione è la luce. Essa proviene da una fonte divina che illumina dall’alto la scena, creando un effetto di grande luminosità e profondità. La luce avvolge i personaggi e sottolinea la loro bellezza ideale, rendendoli quasi divini.

Una luce dorata, quasi divina, illumina il tempio, la piazza e i personaggi.

Presta attenzione ai dettagli.

Sposalizio della Vergine - Raffaello - dettaglio dei personaggi
Il dettaglio dei personaggi centrali

Le decorazioni marmoree del tempio, i ricami dorati sugli abiti, gli sguardi e le mani di ogni personaggio: ogni elemento è curato con meticolosa precisione. Raffaello ha utilizzato la tecnica della prospettiva per creare un senso di profondità e dimensione, trasportandoti virtualmente all’interno della scena.

Lasciati avvolgere dall’atmosfera di armonia, bellezza e spiritualità che emana da questo capolavoro.

Ispirazione di valore

L’opera “Sposalizio della Vergine” non è solo un dipinto religioso, ma anche un’opera che celebra l’amore e la purezza.

Raffaello, con il suo stile elegante e armonioso, ci invita a riflettere sui valori più alti dell’animo umano.

Come approcciarsi alla visione di questo quadro

Visitando la Pinacoteca di Brera a Milano per ammirare dal vivo questo quadri si ha l’opportunità di:

  • Viaggiare nel tempo e immergervi nell’atmosfera del Rinascimento italiano.
  • Conoscere un episodio importante della storia della Vergine Maria.
  • Ammirare la bellezza e l’armonia di un capolavoro dell’arte.
  • Riflettere sui valori dell’amore, del rispetto e della purezza.

Interpretazioni

Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello Sanzio, oltre ad essere un capolavoro di bellezza e armonia, è un’opera ricca di simbolismi e significati che hanno dato vita a diverse interpretazioni nel corso dei secoli.

Principali

Un primo livello di lettura, quello più immediato, è quello religioso.

Il dipinto rappresenta un episodio fondamentale della tradizione cristiana: le nozze tra Maria, madre di Gesù, e Giuseppe. La luce dorata che illumina la scena, proveniente da una fonte divina non visibile, sottolinea la sacralità del momento e la natura divina del bambino che Maria porterà in grembo.

Ad un’analisi più approfondita, emerge un’interpretazione simbolico-allegorica.

I personaggi e gli elementi del dipinto assumono un significato più profondo. Il tempio circolare, ispirato ai modelli classici, può essere visto come simbolo dell’universo o del cosmo, mentre le figure disposte simmetricamente rappresentano l’ordine e l’armonia divina.

I fiori sbocciati sul bastone di Giuseppe simboleggiano la sua scelta divina come sposo di Maria, mentre i bastoni spezzati degli altri pretendenti rappresentano la vanità delle cose terrene.

Alcuni studiosi hanno visto anche un’interpretazione messianica nel dipinto.

La figura di Maria, con il suo abito bianco e azzurro e il velo che le copre il capo, potrebbe rappresentare la Chiesa, mentre Giuseppe, con la sua dalmatica rosa, potrebbe simboleggiare l’umanità. In questa prospettiva, lo sposalizio tra Maria e Giuseppe prefigurerebbe l’unione tra Dio e l’umanità che si realizzerà con l’incarnazione di Gesù.

Altre

Oltre a queste interpretazioni principali, lo Sposalizio della Vergine può essere letto anche a diversi altri livelli.

Alcuni critici hanno visto nel dipinto una celebrazione dell’amore puro e spirituale, mentre altri lo hanno interpretato come un’esaltazione dei valori familiari e della tradizione.

Indipendentemente dall’interpretazione specifica che si sceglie di adottare, lo Sposalizio della Vergine rimane un’opera straordinaria che ci invita a riflettere su temi universali come l’amore, la fede, la speranza e la bellezza.

La sua capacità di suscitare emozioni e di generare nuove interpretazioni nel corso dei secoli è una testimonianza della sua ineguagliabile potenza espressiva.

Il confronto con lo Sposalizio della Vergine del Perugino

Le due versioni dello Sposalizio della Vergine, realizzate da Perugino (1503) e Raffaello (1504), sono opere iconiche del Rinascimento italiano, entrambe incentrate sul tema sacro del matrimonio tra Maria e Giuseppe.

Nonostante condividano lo stesso soggetto e alcuni elementi compositivi, presentano notevoli differenze che riflettono gli stili distinti dei due maestri e la loro evoluzione artistica.

Lo Sposalizio della Vergine - Perugino
Sposalizio della Vergine (Perugino)

Composizione

  1. Perugino: la scena si svolge in un’ampia piazza davanti a un tempio ottagonale, con figure disposte in maniera ordinata e simmetrica. L’architettura domina la composizione, creando un senso di solennità e ieraticità.
  2. Raffaello: la scena è ambientata all’interno di un tempietto a pianta centrale, con figure disposte in modo più dinamico e asimmetrico. L’architettura è più armoniosa e integrata con le figure, creando un senso di maggiore profondità e naturalismo.

Figure

  1. Perugino: Le figure sono idealizzate, con espressioni serene e composte. I panneggi sono fluenti e delicati, i colori tenui e luminosi. La luce è uniforme e diffusa, creando un’atmosfera di pace e spiritualità.
  2. Raffaello: Le figure sono più realistiche, con espressioni più individuali e mosse. I panneggi sono più corposi e definiti, i colori più vivaci e contrastanti. La luce è più direzionale, creando un maggiore senso di volume e profondità.

Stile

  1. Perugino: Lo stile di Perugino è caratterizzato da una linea morbida e continua, da un uso delicato del colore e da una composizione armoniosa. La sua arte è permeata da un senso di serenità e spiritualità.
  2. Raffaello: Lo stile di Raffaello è più maturo e complesso, con una maggiore attenzione all’anatomia, alla prospettiva e alla resa naturalistica. La sua arte è espressione di equilibrio, armonia e bellezza ideale.

Influenza

  1. Perugino: L’opera di Perugino ha avuto una profonda influenza sul giovane Raffaello, che ha assimilato la sua tecnica e il suo stile, per poi svilupparne una versione personale.
  2. Raffaello: Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello è considerato un capolavoro del Rinascimento e ha influenzato generazioni di artisti successivi.

Dati tecnici e ubicazione

  1. Perugino
    • Anno: 1501-1504
    • Tecnica: Olio su tavola
    • Dimensioni: 234×186 cm
    • Luogo: Musée des Beaux-Arts, Caen (Francia)
  2. Raffaello
    • Anno: 1504
    • Tecnica: Olio su tavola
    • Dimensioni: 170×117 cm
    • Luogo: Pinacoteca di Brera, Milano (Italia)

In sintesi

Il confronto tra le due opere di Perugino e Raffaello mette in luce l’evoluzione artistica di Raffaello, che, pur partendo dalla lezione del suo maestro, ha saputo sviluppare un linguaggio pittorico personale, più dinamico, naturalistico e ricco di tensione ideale.

Altri quadri da vedere quando visiti la Pinacoteca di Brera a Milano

Oltre allo Sposalizio della Vergine, la Pinacoteca di Brera ospita una ricca collezione di capolavori che meritano la tua attenzione. Ecco alcuni consigli di seguito.

Rinascimento italiano

  • Pala di Brera di Piero della Francesca: un’opera di straordinaria armonia e compostezza, con una prospettiva impeccabile e una luce delicata che avvolge le figure.
  • Cristo alla Colonna di Donato Bramante: un dipinto intenso e drammatico che rappresenta la sofferenza di Cristo prima della crocifissione.
  • Cena in Emmaus di Caravaggio: un capolavoro del chiaroscuro che raffigura l’incontro tra Gesù e i suoi discepoli dopo la Resurrezione.

Seicento lombardo

Ottocento italiano

  • Il Riposo di Giovanni Fattori: un dipinto realista che raffigura un contadino con i suoi buoi al tramonto, trasmettendo un senso di pace e di armonia con la natura.
  • Enfant gras di Amedeo Modigliani: un ritratto emblematico dello stile di Modigliani, con le sue figure allungate e i colori intensi.
  • L’inondazione di Tranquillo Cremona: un dipinto di grande impatto emotivo che rappresenta la devastazione causata da un’inondazione.

Questi sono solo alcuni dei tanti capolavori che potrai ammirare alla Pinacoteca di Brera. Con le sue 38 sale e oltre 400 opere, il museo offre un viaggio affascinante attraverso la storia dell’arte italiana dal XIV al XX secolo.

Un consiglio: prima di visitare la Pinacoteca, consulta il sito web ufficiale per scoprire le mostre temporanee in corso e per pianificare il tuo percorso.

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Ultima cena: perché è celebre questa opera di Leonardo? https://cultura.biografieonline.it/leonardo-ultima-cena/ https://cultura.biografieonline.it/leonardo-ultima-cena/#comments Fri, 19 Apr 2024 08:29:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5427 L’Ultima cena è uno dei dipinti più famosi e citati di Leonardo. È stato realizzato fra il 1495 e il 1498. La tecnica utilizzata è tempera grossa su intonaco. L’opera misura 460 x 880 cm e si trova nel refettorio di santa Maria delle Grazie a Milano. La tecnica pittorica di Leonardo da Vinci, assolutamente innovativa per l’epoca, consistette nella stesura di colori a tempera posti sopra a due strati di calcina fresca.

Il secondo strato aveva una notevole quantità di gesso, che nel tempo causò diversi problemi all’opera, soprattutto a causa dell’umidità, richiedendo la realizzazione di numerosi progetti di restauro.

Ultima cena, Leonardo da Vinci (1495 - 1498)
L’Ultima cena, uno dei dipinti più noti al mondo. Opera di Leonardo da Vinci

L’immortalità di un momento drammatico

Dopo cinquant’anni dalla realizzazione dell’opera, Giorgio Vasari notava come fosse diventata una macchia indistinta di colori proprio a causa dell’umidità.

I restauri hanno mantenuto l’opera più o meno nel suo stato originario ma hanno anche permesso la scoperta di dettagli dimenticati, come ad esempio gli alimenti presenti sul tavolo, dettagli ritrovati con l’ultimo importante restauro del 1999.

Il dipinto rappresenta l’ultima cena a cui Gesù partecipò con i dodici apostoli. La ricostruzione storica si basa sul Vangelo di Giovanni.

Durante la cena Gesù annuncia che verrà tradito da uno dei suoi apostoli. Leonardo ritrae questo momento, rappresentando l’esatto istante in cui gli apostoli reagiscono con sconcerto all’annuncio. È un momento drammatico che si ripete all’infinito nella liturgia cristiana e che in questo capolavoro assume una rappresentazione immaginifica immortale.

Le ragioni di un’opera celeberrima

L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è celebre per molteplici ragioni, che la rendono un capolavoro assoluto e una delle opere d’arte più iconiche al mondo. Tra i suoi aspetti più salienti troviamo i seguenti.

Innovazione tecnica e artistica

  • Tecnica: Leonardo sperimentò una nuova tecnica pittorica, la tempera ad olio, che gli permise di ottenere effetti di sfumature e morbidezza senza precedenti, rendendo l’opera incredibilmente realistica.
  • Prospettiva: La scena è costruita con una prospettiva impeccabile, che crea un’illusione di profondità tridimensionale e coinvolge lo spettatore nella scena.
  • Psicologia dei personaggi: Leonardo diede vita ai personaggi rappresentando le loro emozioni e i loro stati d’animo con straordinaria maestria, facendo di quest’opera non solo un dipinto religioso, ma anche un profondo ritratto dell’umanità.

Composizione e iconografia

  • Composizione: I dodici apostoli sono disposti in gruppi di quattro, creando un ritmo armonico e sottolineando le diverse reazioni all’annuncio di Gesù del tradimento di uno di loro.
  • Figura di Cristo: Gesù è posto al centro della scena, in una posizione di calma e serenità, contrapposta all’agitazione degli apostoli. La sua figura irradia luce e dona un senso di pace all’intera composizione.
  • Iconografia: Leonardo reinterpretò la tradizionale iconografia dell’Ultima Cena, scegliendo di rappresentare il momento in cui Gesù rivela il tradimento di Giuda, creando una scena ricca di tensione drammatica.

Significato e influenza

  • Significato religioso: L’opera rappresenta un momento cruciale della storia di Cristo e del cristianesimo, e invita a riflettere sul tema del tradimento, del sacrificio e dell’amore.
  • Influenza artistica: L’Ultima Cena ha avuto un’influenza profonda sulla storia dell’arte, ispirando generazioni di artisti e diventando un modello per la rappresentazione di scene bibliche e non.
  • Valore culturale: L’opera è considerata un capolavoro del Rinascimento italiano e un patrimonio artistico di inestimabile valore, non solo per l’Italia ma per l’intero mondo.

Oltre a questi aspetti principali, l’Ultima Cena è celebre anche per la sua bellezza mozzafiato, la sua complessità simbolica e la sua capacità di suscitare emozioni profonde in chi la osserva. Si può parlare a buon titolo di un’opera capace di suscitare la Sindrome di Stendhal.

Per queste ragioni, l’opera continua ad affascinare e ispirare persone di tutto il mondo, a distanza di secoli dalla sua creazione.

Fattori che hanno contribuito alla sua fama

  • Ubicazione: L’opera si trova nel Cenacolo Vinciano, un convento domenicano a Milano, che è un luogo suggestivo e ricco di storia.
  • Storia: L’opera ha subito una storia travagliata, con restauri e vicissitudini che ne hanno aumentato il fascino e la mistero.
  • Popolarità: L’Ultima Cena è stata oggetto di numerosi studi, pubblicazioni e riproduzioni, diventando un’immagine iconica riconosciuta a livello globale.
  • Riferimenti nella cultura di massa: L’opera è stata citata e omaggiata innumerevoli volte in film, libri, musica e altri media, contribuendo a renderla ancora più famosa e conosciuta.

In definitiva, la fama dell’Ultima Cena è il risultato di una combinazione unica di fattori artistici, storici, culturali e popolari che l’hanno resa un’opera d’arte senza eguali.

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