Musei Archivi - Cultura https://cultura.biografieonline.it/argomento/arte/musei/ Canale del sito Biografieonline.it Thu, 14 Dec 2023 11:25:42 +0000 it-IT hourly 1 Hermitage, il museo di San Pietroburgo in Russia https://cultura.biografieonline.it/hermitage/ https://cultura.biografieonline.it/hermitage/#comments Thu, 14 Dec 2023 10:21:55 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16526 Sono molti i musei nel mondo nati dalle eccentriche collezioni dei loro facoltosi possessori: conti, baroni, vescovi e cardinali hanno nei secoli arricchito il nostro patrimonio artistico grazie all’accumulo di capolavori acquistati in tutto il mondo. I grandi monarchi europei costituirono il punto nevralgico di quell’immensa matrice artistica che raccolse e custodì il meglio del genio umano nei saloni e nelle aree più lussuose dei grandi palazzi reali. L’Hermitage di San Pietroburgo rappresenta uno degli esempi più lampanti di un collezionismo sfociato in grandiosità museale.

Hermitage - La stanza di Raffaello (o stanza della Maiolica)
La “Stanza di Raffaello” dell’Hermitage: qui vi sono in mostra (sulla destra della foto) due dei capolavori dell’intero museo: la “Sacra Famiglia con san Giuseppe imberbe” (1505-1506) e la “Madonna Conestabile” (1504).

La storia dell’Hermitage

Solitamente la nascita del glorioso museo dell’Hermitage viene associata alla figura dello zar di Russia Pietro il Grande, ma tale ipotesi è vera solo in parte. Si potrebbe dire che il merito dello zar fu quello di creare semplicemente una Wunderkammer, ovvero uno spazio nella residenza reale adibito ad accogliere tutte le meraviglie e le rarità del mondo naturale, ma fu la zarina Caterina II, a metà del XVIII secolo, ad arricchire notevolmente la collezione, prima secondo un gusto esclusivamente estetico e, successivamente, secondo precisi principi classificatori dettati dalla necessità di completare la collezione in tutte le sue parti.

La zarina organizzò il primo nucleo della vasta collezione in un piccolo “Ermitaggio” adiacente il Palazzo d’Inverno, un buen retiro sfruttato da Caterina II come luogo di riflessione e svago tra pochissimi intimi, dove in compagnia dell’imperatrice “senza spada e senza cappello, si doveva lasciar perdere rango e diritti di precedenza, si doveva piuttosto prestare attenzione a non rompere nulla, bisognava parlare a bassa voce ed era proibito sbadigliare. Chi trasgrediva veniva costretto a bere… acqua fresca, un vero insulto per un russo” (Carminati).

Tra piante esotiche, uccelli e piccoli animali prese forma una collezione così ampia da colmare gli spazi di ben cinque edifici dislocati lungo la riva sinistra del fiume Neva: il Palazzo d’Inverno (1754- 1762), il Piccolo Hermitage (1764- 1775), il Grande (o Vecchio) Hermitage (1771- 1787), il Nuovo Hermitage (1839-1851) e il Teatro dell’Hermitage(1783-1789).

Storia della collezione

La raccolta, così come la conosciamo oggi, prese avvio nei fastosi saloni delle proprietà imperiali con l’acquisizione di 225 dipinti fiamminghi e olandesi appartenuti al mercante tedesco Johann Ernst Gotzkowsky, compreso il “Ritratto di uomo con guanto” di Frans Hals.

A partire dal 1764 Caterina II, nel tentativo di competere con le collezioni europee, si servì dei propri ambasciatori, in modo particolare dei corrispondenti francesi Denis Diderot e Friedrich Melchior von Grimm, per acquistare le opere di maggiore rilievo negli ateliers di tutta l’Europa.

Il legame con la Francia fu fondamentale per la storia della collezione russa, relazione tuttora visibile nella ricca presenza di opere francesi di assoluta eccellenza, da Nicolas Poussin a Claude Lorrain.

Al 1772 risale l’acquisizione più prestigiosa: più di quattrocento opere appartenute al banchiere parigino Pierre Crozat, raccolta che comprendeva tele di Tiziano, Raffaello, Giorgione, Tintoretto, Rubens, Rembrandt e altri tra i più grandi maestri della pittura europea.
Nel 1779 Caterina acquistò l’intera galleria di Houghton Hall, comprendente centonovantotto dipinti, all’asta della tenuta di sir Robert Walpole.
La raccolta di dipinti nell’Hermitage si arricchì ulteriormente con la collezione del conte Boudoin, collezione costituita da più di un centinaio di tele tra cui alcuni Rembrandt e sei ritratti di Van Dyck.

Hermitage - Scalinata interna
Una foto degli interni del museo: una sontuosa scalinata porta alle stanze delle Hermitage ricche di opere e capolavori dell’arte. Il nome del museo (dal francese, significa “eremo”) è indicato a volte anche come Ermitage. Il sito ufficiale è www.hermitagemuseum.org

L’accesso del pubblico alla collezione fu possibile a partire dagli anni ottanta del XVIII secolo, ma l’ordinamento museale venne reso noto solo nel 1805, con il nascere di una nuova concezione di museo.

Dopo la morte della zarina Caterina II nel 1796, la collezione crebbe notevolmente con il nipote Alessandro I (1777-1825) che, in seguito alla vittoria su Napoleone (ne abbiamo parlato nell’articolo Come Alessandro I sconfisse Napoleone Bonaparte ), acquistò nel 1814 trentotto tele che avevano decorato la Malmaison di Josèphine Beauharnais, prima moglie dell’imperatore francese.

Nel corso dell’Ottocento si affermò un modo di collezionare non solo incentrato sul gusto estetico degli zar, ma solo e soprattutto un collezionismo basato su una attenta e rigorosa selezione volta a “colmare le lacune e a bilanciare la sproporzione tra le varie scuole, fra le quali fino ad allora aveva prevalso nettamente quella olandese” e lasciando posto al nuovissimo interesse per l’arte spagnola.

Hermitage - Museo - Museum
San Pietroburgo: una recente foto del palazzo che ospita il museo dell’Hermitage

Con la messa in vendita della collezione Barbarigo nel 1850, arrivarono a San Pietroburgo le grandi tele di Tiziano e Veronese, insieme ai capolavori della pittura olandese di Jan Provost e Rogier van der Weyden, provenienti dalla collezione di Guglielmo II d’Olanda.

Durante il regno di Nicola I ci furono numerose cessioni: nel 1866 venne acquistata a Milano la “Madonna Litta” di Leonardo da Vinci e nel 1870 la “Madonna Conestabile” di Raffaello Sanzio.
Nel 1915 il museo accrebbe ulteriormente la sua fama con l’acquisizione dell’enorme collezione di pitture fiamminghe dell’esploratore russo P.P. Semyonov Tian Shansky.

Con la Rivoluzione russa, il patrimonio artistico maturò su larga misura grazie alle requisizioni: i capolavori un tempo appartenuti alle grandi casate principesche e alle famiglie borghesi moscovite entrarono a far parte del museo.

Con lo smantellamento del museo statale di Mosca, tra il 1930 e il 1940, giunsero a Leningrado i dipinti francesi delle raccolte di Schukin e Morozov, massimi collezionisti a livello mondiale di Matisse; di questa collezione si conservano all’Hermitage trentanove opere realizzate da Gauguin e Cézanne.

Note Bibliografiche
A. Fregolet, Ermitage San Pietroburgo, Mondatori – Electa, 2005, Milano

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National Gallery di Londra: un museo ad accesso gratuito https://cultura.biografieonline.it/national-gallery/ https://cultura.biografieonline.it/national-gallery/#comments Tue, 05 Jul 2022 13:05:11 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22645 National Gallery

A Londra c’è uno dei musei più belli del mondo: è la National Gallery, ubicata nella centralissima Trafalgar Square.

La capitale britannica ospita un Museo nazionale che merita davvero di essere visitato. La National Gallery londinese, fondata nel lontano 1824, ai suoi esordi presentava solo qualche collezione di opere d’arte. Oggi, invece, il panorama artistico che si può ammirare è davvero vasto, poiché comprende circa 2.300 dipinti risalenti al XII secolo e altri più moderni.

Per chi è in visita a Londra non è difficile raggiungere la National Gallery, visto che la sede si trova nella centralissima Trafalgar Square, la piazza con al centro la celebre colonna dedicata all’ammiraglio Horatio Nelson. Generalmente la collezione artistica principale può essere visionata gratis, mentre risultano a pagamento le collezioni ed esposizioni “speciali”. E’ considerata, a giusta ragione, una delle gallerie d’arte più belle del mondo.

La nascita della National Gallery

A differenza di altri Paesi europei, che hanno fondato gallerie e musei nazionali attraverso la nazionalizzazione di collezioni d’arte appartenute precedentemente a famiglie reali o principesche, il Regno Unito non ha mai sentito l’esigenza di raccogliere la produzione artistica nazionale in un museo per poterla esporre al pubblico prima del 1824, quando il Governo ha acquistato trentasei dipinti dal banchiere Angerstein.

A questi ben presto si sono aggiunti, nel 1826, le opere facenti parte della collezione di Sir George Beaumont. Dopo qualche tempo l’edificio che ospita la Galleria comincia alcuni cedimenti strutturali. Così si decide di trasferirlo in altro palazzo (anche questo però del tutto inadeguato).

Nel 1832 la Galleria subisce un ulteriore spostamento, presso le scuderie reali nel quartiere di Charing Cross, che poi è diventato Trafalgar Square (considerata a tutti gli effetti “il cuore” di Londra). Anche se più tardi, nel 1850, qualcuno ha richiesto di spostare la National Gallery in altro luogo, si è deciso di lasciarla a Trafalgar Square perché più facilmente raggiungibile da tutti. Da allora il Museo non ha più cambiato sede.

Visitare la National Gallery

L’ingresso alla National Gallery di Londra è gratuito. Quindi si può pensare di suddividere la visita in più volte. Così si potrà disporre di tempo e calma per visionare tutte le opere d’arte (e sono davvero tante!) presenti all’interno. E’ anche opportuno, prima di entrare, procurarsi una lista delle opere principali da visionare assolutamente. Così da evitare di perdere l’orientamento e rischiare di non focalizzarsi sulle cose più interessanti.

National Gallery Londra - foto quadri
National Gallery di Londra – foto di una delle sale

Se si hanno preferenze per alcuni periodi storico-artistici rispetto ad altri, allora si può limitare la visita alle opere che vi sono ricomprese, nelle sale della Gallerie a queste dedicate. La National Gallery è suddivisa in diverse sale (per la precisione quattro gruppi) proprio in base al periodo storico. Le opere ricomprese nel periodo tra il 1250 e il 1500 sono posizionate nell’Area Blu. Nell’area Viola si trovano invece i dipinti realizzati tra il 1500 e il 1600. Nell’Area Gialla sono esposte le opere realizzate nel periodo di tempo compreso tra il 1600 e il 1700. Per finire, l’Area verde ricomprende tutte le opere artistiche del periodo che va dal 1700 agli inizi del Novecento. In quest’ultima sala in particolare ci sono le opere degli Impressionisti (Van Gogh, Monet, Cézanne).

Principali opere esposte

Nella sala 45 dell’Area Verde (1700-1900) troviamo autori importanti come Van Gogh con alcune opere molto note al grande pubblico. Ad attrarre i visitatori in questa Sala è sicuramente l’opera intitolata “I Girasoli” di Van Gogh. Ma ve ne sono anche altre dello stesso pittore altrettanto belle da ammirare.

Nella sala 38 si trovano alcune opere di Canaletto, tra cui quella considerata la migliore della sua personale collezione: “Cortile dello Scalpellino”.

Nell’Area Gialla (1600-1700), sala 32, sono esposte alcune tra le più importanti opere di Caravaggio e di altri artisti contemporanei.

Non mancate di visitare la sala 58 della medesima Area, dove si possono ammirare alcuni straordinari dipinti del Botticelli, come “Venere e Marte” (del 1485). Nell’Area Viola, sala 8, sono visionabili alcuni dipinti di Michelangelo e Tiziano.

Tra i dipinti di cui abbiamo pubblicato approfondimenti ricordiamo:

La valorosa Téméraire Il sogno del cavaliere (opera di Raffaello) Vergine delle rocce - Parigi e Londra Il ritratto dei coniugi Arnolfini Ragazzo morso da un ramarro - Caravaggio - quadro - dipinto - opera ]]>
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Galleria degli Uffizi https://cultura.biografieonline.it/uffizi/ https://cultura.biografieonline.it/uffizi/#comments Wed, 27 Oct 2021 17:11:31 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16797 Attraversando i saloni espositivi della Galleria degli Uffizi, ci si imbatte in una varietà consistente di percorsi tematici, che consentono di ripercorrere le tappe salienti della storia dell’arte e dei suoi protagonisti. Il polo museale degli Uffizi vanta una storia antica e prestigiosa, circostanza che accresce il fascino di un luogo che deve essere necessariamente visitato se si raggiunge Firenze. Nato nella seconda metà del XVI secolo per volontà del duca Cosimo I, la Galleria degli Uffizi è uno dei musei più visitati e conosciuti al mondo, con una collezione di capolavori che spazia da Giotto fino ai grandi maestri della pittura del XVIII secolo.

Uffizi - Galleria degli Uffizi - Firenze - Museo
Firenze: una veduta esterna della Galleria degli Uffizi

La storia del Museo degli Uffizi

La storia del museo affonda le proprie radici nel pieno Rinascimento fiorentino e deve la sua nascita alla figura di Cosimo I de’ Medici (1519-1574) il quale, dopo la morte di Alessandro de’ Medici (1532-1537) per mano del cugino Lorenzino, assunse il potere a Firenze e il titolo ducale.
Cosimo, figlio del condottiero Giovanni delle Bande Nere (1498-1526) e di Maria Magdalena Romola Salviati (1499-1543), provò senza indugio di essere un monarca abile, accogliendo una politica di conquista territoriale e di accordi con l’Impero e il Papato.

Dopo il trasferimento nell’antico edificio comunale di Palazzo Vecchio, Cosimo I, nell’intenzione di affiancarlo a una nuova sede governativa, commissionò, nel 1560, la costruzione del monumentale complesso degli “Uffizi“, con lo scopo di accogliere gli uffici amministrativi e giudiziari di Firenze in un unico sito.

La costruzione e la decorazione del palazzo furono affidate in un primo momento, tra il 1540 e il 1555, all’architetto e scultore Giovanni Battista del Tasso (1500-1555) e solo in seguito a Giorgio Vasari (1511-1574), che ebbe il merito di celebrare con la sua arte le imprese del duca e quelle di molti altri uomini illustri.

L’edificio presentava tre livelli: al piano superiore erano relegate le attività artigianali, gli opifici, gli studi degli artisti e laboratori; nel primo e secondo piano le magistrature fiorentine (Nove Conservatori del Dominio e della Giurisdizione fiorentina, l’Arte dei Mercatanti, l’Arte del Cambio, l’Arte della Seta, l’Arte dei Medici e Speziali, l’Università dei Fabbricanti e il Tribunale della Mercanzia, Ufficiali dell’Onestà, le Decime e Vendite, gli Ufficiali della Grascia, il Magistrato dei Pupilli, i Conservatori di Leggi e i Commissari delle Bande), la cui presenza è tuttora accertata dall’esistenza di simboli e iscrizioni sugli architravi.

Le nicchie vasariane, destinate ad accogliere le sculture, furono abitate solo a partire del XVIII secolo: ventotto statue che da Giotto a Galileo Galilei, da Machiavelli a Michelangelo esaltavano la grandezza del genio toscano.

Uffizi - sculture personaggi famosi
Uffizi: alcune sculture di celebri personaggi

L’intonaco bianco, tipico della tradizione fiorentina, si alterna alla pietra serena che, proveniente dalla valle della Mensola era tanto pregiata da essere disponibile solo con una licenza di chi governava, fu impiegata per la costruzione dei portali e le nervature del complesso.
Il nobile scalone vasariano, con i suoi 126 gradini di pietra serena, conduceva solo al primo piano del complesso, fermandosi al vestibolo del teatro della corte medicea.

Dell’antico teatro di corte, eretto da Bernardo Buntalenti (1531-1608) nel 1585, resta sul pianerottolo l’antico portale di marmo che introduceva al teatro, oggi adibito a “Gabinetto di disegni e stampe”, e le tre porte, una delle quali, quella centrale, esibisce stemmi medicei, gigli fiorentini e gli emblemi del principe, quali l’alloro e il suo segno astrologico, l’ariete.

In vista delle nozze del figlio Francesco con Giovanna d’Asburgo (1547-1578), nel 1565, Cosimo I incaricò infine il Vasari di realizzare un camminamento, privato ed esclusivo, che consentisse al principe, partendo dalla Reggia, di attraversare la città senza scorta armata lungo quasi un chilometro.

Il camminamento vasariano, costruito in pochi mesi, correva lungo gli Uffizi, s’inseriva nel vivo di case e palazzi, fino a sfociare nel giardino di Boboli. Papa Pio V, con la bolla papale del 13 dicembre 1569, assegnò a Cosimo il titolo e la corona granducale.

“L’incoronazione vera e propria, avvenuta a Roma il 5 marzo dell’anno successivo, fu uno degli ultimi atti ufficiali del nuovo granduca, che già nel 1564 aveva nominato reggente per affari interni dello stato il figlio primogenito Francesco” (TUENA).

Nel XVII secolo, il Cardinale Leopoldo de’ Medici (1617-1675) realizzò il “Gabinetto di disegni e stampe”, uno dei più importanti nuclei di grafica del mondo. Quando nel XVIII secolo giunsero al potere i Lorena, Pietro Leopoldo decise di creare un nuovo ingresso pubblico alla galleria, finalmente aperta secondo il moderno pensiero illuminista. In questo modo il palazzo degli Uffizi divenne – modernamente inteso – il primo museo della storia d’Occidente.

L’attuale sistemazione è ispirata all’originario allestimento del Granduca Francesco I.

La Tribuna

I lavori per la realizzazione della Tribuna furono avviati sotto la supervisione di Bernardo Buontalenti, nel 1584.
“Si è soliti considerare la Tribuna come uno sviluppo consequenziale dell’idea di Studiolo. Ma l’idea che ha generato la Tribuna, la sua funzione successiva, e la sistemazione degli oggetti esposti, ne fanno qualcosa di molto diverso. Piuttosto la Tribuna è la riduzione di un museo e, più specificatamente, la riduzione della Galleria degli Uffizi […] un luogo espositivo, destinato a mostrare piuttosto che conservare; più una sala di rappresentanza che un luogo privato” (TUENA).

La stanza a forma ottagonale richiamava la Torre dei Venti di Atene (“horologion”), poiché il numero otto è il numero cosmico dei venti.

La struttura della Tribuna rievoca un ordine trascendete, nella quale s’inserivano e legittimavano gli emblemi del principe. I colori rosso, blu e oro alludono ai quattro elementi della natura: il simbolo dell’aria è richiamato dalla rosa dei venti collocata nella lanterna da cui filtra la luce naturale, la cupola decorata a conchiglie rimanda all’acqua, il rosso delle pareti al fuoco, mentre la terra è celebrata dai marmi del pavimento.

“Attraverso la lanterna, una banderuola di ferro indicava anche all’interno della Tribuna la direzione del vento: e già questo diretto rapporto col mondo esterno dovrebbe far riflettere quanti fanno derivare direttamente la Tribuna dallo studiolo” (TUENA).

Alla decorazione del tempietto concorsero alcuni dei più importanti artisti di corte: Benvenuto Cellini, Bartolomeo Ammannati (1511-1592), il Giambologna (1509-1608), Vincenzo Danti (1530-1576), Lorenzo della Nera e Vincenzo de’ Rossi (1525-1587).

La collezione della Galleria degli Uffizi

Non è facile ricostruite l’evoluzione delle collezioni medicee dopo l’ingresso di Carlo VIII a Firenze, nel novembre del 1494. La dispersione della collezione non avvenne, come molti credono, con il saccheggio del palazzo, ma inseguito a una serie di divisioni ereditarie e complesse questioni economiche, disgregazione che ebbe luogo fino a quando non venne a istaurarsi a Firenze un governo duraturo.

Il duca acquistò, tra il 1546 e il 1561, due ricche collezioni di medaglie. Non si lasciò scappare l’”Arringatore” e fece di tutto per ottenere la statua dello scita. Scriveva nel marzo 1563:

“… è risoluto di volere ad ogni modo il villano che arrota il coltello e poiché voi ci dite che il patrono d’esso e risoluto a darlo per ottocento scudi, se non potete darli meno, pigliatelo, ad ogni modo…”.

Nel 1565 commissionò l’intaglio con l’effige del Savonarola all’incisore Giovanni delle Corniole (1516-1566) e successivamente acquistò il cammeo in pietra stellata raffigurante serpente arrotolato.

Alla morte di Cosimo, nel 1574, la collezione vantava più di ottanta vasi, tra antichi e moderni, in pietra dura. Il duca si era impegnato a riacquistare le collezioni di Lorenzo de’ Medici, impedendo che entrasse nell’eredità di Margherita d’Austria (1522-1586), moglie del duca Alessandro, andata in sposa a Ottavio Farnese (1524-1586).

Poco amato dai suoi sudditi e poco avvezzo alla politica, Francesco ampliò la raccolta medicea: nel 1575 acquistò la collezione del vescovo di Viterbo Gualtiero, raccolta che comprendeva il cammeo detto dell’ “Ingresso trionfale”. Quando nel 1581 Francesco I istituì il primo nucleo della Galleria con la collezione d’arte di famiglia, intervenne trasformando in sale espositive gli ambienti dell’ultimo piano, alla quale si accedeva soltanto dagli ingressi privati del Palazzo Vecchio.

Attualmente le sale espositive del museo ospitano i più grandi capolavori scultori e pittorici italiani ed europei.

La Primavera Botticelli
La Primavera di Botticelli è una delle opere d’arte più visitate e note, conservate presso gli Uffizi.

Le sale dedicate all’arte medievale accolgono la “Maestà di Santa Trinità” (1290-1300) di Cimabue, la “Maestà di Ognissanti” di Giotto, la “Madonna Rucellai” (1285) di Duccio di Buoninsegna, l’ “Annunciazione tra i santi Ansano e Massima” (1333) di Simone Martini e Lippo Memmi, la “Presentazione al tempio” (1342) di Ambrogio Lorenzetti e la “Pala della beata umiltà” (1341) di Pietro Lorenzetti.

Il gotico internazionale è pronunciato attraverso: “L’incoronazione della Vergine” (1414) di Lorenzo Monaco, “L’adorazione dei Magi” (1423) di Gentile da Fabriano; mentre la sala dedicata al Rinascimento vanta capolavori come la “Sant’Anna Metterza” di Masolino (1424-1425), la “Battaglia di San Romano” (1438) di Paolo Uccello, la “Primavera” di Botticelli (1432), il “Battesimo di Cristo” (1475-1478) di Leonardo e Verrocchio, il “Doppio Ritratto dei duchi di Urbino” (1465-1472) di Piero della Francesca, il “Trittico Portinari” (1477-1478) di Hugo van der Goes, il “Compianto e sepoltura di Cristo” (1460-1463) di Rogier van der Weyden.

Galleria degli Uffizi: note Bibliografiche
F. M. Tuena, Il tesoro dei medici Collezionismo a Firenze dal Quattrocento al Seicento, Giunti

Sito ufficiale
www.uffizi.org

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Mar – museo d’arte di Ravenna e la mostra Studio Luce (Paolo Roversi) https://cultura.biografieonline.it/mar-museo-ravenna-studio-luce/ https://cultura.biografieonline.it/mar-museo-ravenna-studio-luce/#respond Fri, 06 Nov 2020 08:57:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30739 Il MarMuseo d’Arte della città di Ravenna è collocato all’interno del complesso monumentale della Loggetta Lombardesca, il monastero cinquecentesco appartenuto all’Abbazia di Santa Maria in porto. Il museo è un viaggio straordinario fra 300 opere, nello specifico dipinti e sculture, le quali si collocano fra un arco temporale che inizia nel XIV secolo e si conclude nel XX.

Il MAR – Museo d’Arte di Ravenna, si trova in centro città, in Via di Roma al N° 13

Le opere sono tutte di straordinario interesse e il percorso che lo spettatore deve affrontare lo porta ad avere una maggiore consapevolezza sul dialogo artistico fra Ravenna, il Veneto e l’Emilia-Romagna fra il 1300 e il 1400.

L’arte religiosa è mostrata attraverso un percorso che valorizza artisti come Lorenzo Monaco, Taddeo di Bartolo e Antonio Vivarini.

Le opere

Possiamo anche ammirare opere databili fra il ‘400 e i primi del ‘500, la cui funzione artistica e storica è fondamentale per la conoscenza delle vicende che si svilupparono in Romagna fra le corti signorili e la dominazione pontificia.

In particolare, i dipinti di Baldassarre Carrari, Marco Palmezzano, Nicolò Rondinelli, Francesco e Bernardino Zaganelli, insieme a quelle di Bartolomeo Ramenghi e Luca Longhi con i figli Francesco e Barbara, protagonisti della stagione del raffaellismo in Romagna.

Dunque, un museo dove immergersi nella cultura locale, ma non solo. Perché è ampia anche la collezione di quadri e opere dei secoli successivi come, ad esempio, un grande dipinto di Guercino raffigurante San Romualdo. E poi l’importante collezione di opere del ‘900 di Mario Schifano, Mimmo Paladino, Tano Festa, Luigi Vernesi, Maurizio Cattelan e molti altri, fra i quali possiamo ammirare anche un bellissimo disegno di Gustav Klimt.

Studio Luce: mostra temporeanea 2020-2021

Il museo ospita anche mostre temporanee. Dal 10 ottobre 2020 al 31 gennaio 2021 il Mar ospita la mostra Paolo Roversi – Studio Luce a cura di Chiara Bardelli Nonino, con le scenografie di Jean-Hugues de Chatillon e con il progetto esecutivo di Silvestrin & Associati, realizzata dal Comune di Ravenna, Assessorato alla Cultura e MAR, con il prezioso contributo di Christian Dior CoutureDauphin e Pirelli, main sponsor. Essa costituisce un’occasione unica per conoscere a fondo il lavoro del grande fotografo ravennate.

Paolo Roversi - Studio Luce
Paolo Roversi – Studio Luce

Paolo Roversi

Paolo Roversi è nato a Ravenna e lavora a Parigi. Le foto esposte alla mostra “Studio Luce” sono state scattate nel suo atelier in Rue Paul Fort. Lo Studio Luce è il nome che dà anche il titolo alla mostra.

Nelle opere esposte sono numerosi i rimandi a Ravenna, città natale e luogo che più di ogni altro ha influenzato l’immaginario di Paolo Roversi.

La mostra

La mostra si sviluppa su tre piani e comprende moltissime immagini. Nella parte iniziale della mostra appaiono le prime foto che Roversi ha scattato all’inizio della sua carriera, sono immagini che ha creato per la moda, o fotografie di amici dell’artista che ha immortalato nel suo studio; altre, invece, sono immagini di macchine fotografiche o di attrezzi del mestiere.

La parte però più emozionante, a parer mio, è quella dei volti femminili e dei nudi. Gli sguardi colti nello splendore della loro luce sono magnetici, affascinanti e coinvolgenti, perché coinvolgono lo spettatore direttamente nel lavoro di Roversi, che è attendere, osservando il soggetto, fino a quando non emerge il momento decisivo in cui la macchina coglie lo sguardo perfetto.

In una ricerca paziente Paolo Roversi ci mostra i volti di donne diafane, luminose, perfette nel loro momento d’attesa.

Intorno a noi mentre osserviamo le foto e mentre guardiamo il video in cui alcune modelle recitano e raccontano momenti della loro vita, entriamo nello studio del fotografo e ci immergiamo in un contesto di ricerca profonda dell’anima.

Commento video

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Museo del Prado. Breve storia del museo di Madrid https://cultura.biografieonline.it/museo-del-prado-storia/ https://cultura.biografieonline.it/museo-del-prado-storia/#respond Tue, 19 Nov 2019 12:22:36 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=27546 Il Museo del Prado è una delle più belle e celebri pinacoteche del mondo. E’ stato inaugurato il 19 novembre del 1819 e si trova a Madrid, in pieno centro, vicino al Giardino Botanico.

Ingresso del Museo del Prado (Museo Nacional del Prado), Madrid
La facciata anteriore del Museo del Prado (Museo Nacional del Prado), a Madrid (Spagna)

Entrambe le opere, il museo e il Giardino Botanico Reale (Real Jardín Botánico de Madrid), furono progettate dall’architetto Juan de Villanueva su incarico del re Carlo III.

Inizialmente il museo venne chiamato Museo Real de Pinturas perché la sua collezione prevedeva solo opere spagnole che provenivano dalla collezione reale. Avrebbe inoltre dovuto essere destinato alla storia naturale; solo in seguito si decise di destinarlo a pinacoteca.

Il sostegno più importante fu dato da Isabella di Braganza moglie del re Ferdinando VII.

Il Museo del Prado durante la prima metà del ‘900

Durante la Guerra civile spagnola (1936 – 1939) il museo subì alcuni danni ma le opere vennero protette e conservate nei sotterranei. In seguito, con l’inasprirsi dei combattimenti, furono trasferite a Ginevra; poi, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, le opere vennero riportate a Madrid; ciò solo dopo che Francisco Franco dichiarò a Hitler che non sarebbe entrato in guerra a fianco della Germania.

Gli anni 2000

La collezione di opere provenienti da tutto il mondo negli anni successivi è cresciuta notevolmente, tanto che fra il 2001 e il 2007 il Museo del Prado ha subito un ampliamento.

200 anni dopo, nel 2019, il Prado vanta una delle collezioni più formidabili del mondo; essa consta di 8.600 quadri e 700 sculture.

guernica picasso grandi dimensioni, museo del prado madrid
Guernica di Picasso: è una della opere più celebri del mondo. Esposta e conservato presso il Prado di Madrid, nella foto si possono apprezzare le sue grandi dimensioni.

Alcune opere celebri che si possono visitare al Prado di Madrid

All’interno del museo del Prado possiamo ammirare opere e capolavori celebri come Guernica di Pablo PicassoLa Maja vestida e La Maja desnuda, di Francisco Goya.

Maja Desnuda
Maja Desnuda (Goya)

Sempre di Goya: Il fantoccio, La famiglia di Carlo IV.

Di Diego Velázquez: Las Meninas, Cristo crocefisso, La resa di Breda.

Tra le opere degli artisti italiani ricordiamo: Cristo in pietà e un angelo di Antonello da Messina, Madonna con il bambino tra le sante Maria Maddalena e Orsola di Giovanni Bellini, I tre episodi della nostalgia degli onesti di Sandro Botticelli, Nascita di San Giovanni Battista di Artemisia Gentileschi.

Un corridoio del Museo del Prado
Un corridoio del Museo del Prado

Visitare il Museo del Prado a Madrid è un’esperienza straordinaria che può travolgere lo spettatore per diversi giorni, considerata la vastità della sua collezione.

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Il Museo del Prado di Madrid https://cultura.biografieonline.it/museo-del-prado-madrid/ https://cultura.biografieonline.it/museo-del-prado-madrid/#comments Wed, 14 Jun 2017 08:58:35 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22652
El Prado - Il Museo del Prado a Madrid
Il Museo del Prado a Madrid

Uno dei musei più famosi del mondo in cui trovare opere pittoriche di grandi artisti è quello del Prado di Madrid: ecco quali sono i dipinti da ammirare.

Uno dei luoghi che un appassionato di arte dovrebbe assolutamente visitare è il Museo del Prado che si trova a Madrid, in Spagna. Si tratta di una delle pinacoteche e dei musei più importanti a livello mondiale. Il Prado custodisce opere pittoriche di enorme valore. In questo Museo si trovano infatti esposti i dipinti dei maestri di arte più bravi e famosi, a partire da quelli che hanno tenuto alto il nome della pittura spagnola in ambito internazionale.

Il Museo del Prado è ubicato in una zona centrale della città, con un grande giardino alberato e circondato da monumenti. Come tutti i Musei, anche quello del Prado madrileno necessita di qualche ora per essere visitato in maniera approfondita e tranquilla. Per una visita senza interruzioni è consigliabile l’accesso nei giorni feriali, quando vi è meno affluenza di pubblico.

Qualche cenno storico

La costruzione dell’edificio che ancora oggi ospita il Museo del Prado fu commissionata da Carlo III di Spagna al fidato architetto Juan de Villaneuva. A lui si deve anche la progettazione dell’adiacente giardino botanico. Carlo III visionò e approvò il progetto architettonico nel 1786, lasciando però una discreta libertà di azione e movimento a Villaneuva, tanto è vero che il risultato finale fu abbastanza diverso dal disegno originario.

I lavori giunsero al termine all’inizio del XIX secolo, ma purtroppo con lo scoppio della Guerra di indipendenza e il conseguente arrivo delle truppe francesi l’edificio venne adibito a fini militari, rischiando la quasi totale distruzione. Successivamente nel 1818 il sovrano Ferdinando VII e sua moglie manifestarono l’intenzione di recuperare la struttura del palazzo, affidandone i lavori al miglior discepolo di Villaneuva, Antonio Lopez Aguado.

Il Museo, dapprima intitolato “Museo Real de Pinturas”, aprì ufficialmente i battenti il 19 novembre 1819, mostrando al pubblico le opere migliori facenti parte della Collezione Reale spagnola. Successivamente il Museo ricevette alcuni fondi dal Museo de la Trinidad fondendosi con il Prado nell’anno 1974.

Cosa visitare al Museo del Prado

All’interno del Museo del Prado si possono ammirare opere pittoriche appartenenti a grandi maestri ed artisti sia del passato che contemporanei. Ci sono i dipinti realizzati da Michelangelo Merisi, conosciuto con il nome di “Caravaggio”, tra i quali spicca l’opera intitolata “Davide e Golia”.

davide e golia caravaggio
Davide e Golia (Caravaggio, 1597-1598)

Altro noto autore presente nel Museo del Prado è Raffaello, con le sue opere interessanti come “L’andata al Calvario”, che racconta appunto la Via Crucis di Gesù Cristo verso il Monte Calvario. Altra raffigurazione dal tema religioso è quella realizzata da Guido di Pietro, conosciuto con il nome di Beato Angelico, che ha magistralmente dipinto il momento dell’Annunciazione.

Tra gli artisti della scuola pittorica spagnola spicca senz’altro il nome di Francisco Goya: una delle sue opere presenti al Prado è quella intitolata “Le fucilazioni del 3 Maggio”. C’è anche il quadro intitolato “La Maja vestita e la Maja desnuda”, in cui è stata ritratta con molta probabilità l’amante del primo ministro spagnolo Godoy. Sono comunque molte le opere di Goya qui presenti.

Maja Desnuda Francisco Goya, Maja Vestida

Per chi ama l’arte al Museo del Prado c’è anche la sezione dedicata alle Sculture. Ve ne sono oltre novecento, dall’arte classica fino al 19° secolo. Ci sono anche opere scultoree realizzate da artisti italiani, che meritano di essere ammirate dal pubblico. Ad esempio la “Venere” di Bartolomeo Ammannati.

Oltre alla scuola pittorica spagnola e a quella italiana, presso il Museo del Prado ci sono anche dipinti provenienti dalla scuola fiamminga (particolarmente notevoli i dipinti che portano la firma di Van der Weyden e Bosch.

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Musei Vaticani https://cultura.biografieonline.it/musei-vaticani/ https://cultura.biografieonline.it/musei-vaticani/#comments Tue, 12 Apr 2016 20:57:24 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17719 Visitare i Musei Vaticani significa immergersi simultaneamente tra le onde di un tempo che rivive il presente nell’immagine del proprio solenne passato, e che s’innesta nel futuro come ideale eterno e universale di un concetto estetico e comunicativo immortale, nato dai padri dell’umanità per impressionare generazioni di figli, nel frangente di una continuità che non sfibra, ma che fortifica ogni antico concetto.

Musei Vaticani

La pluralità della conoscenza incontra le fasi più nobili dello spirito umano nella magnificenza della sede vaticana dove, tra le antichità di una religiosità permeante marmi e antichi segreti, vige il potere indiscusso della Chiesa di Roma. La grandezza incontra il potere nell’incalcolabile connubio tra arte e reggenza clericale, devota a Dio e agli uomini creati a sua immagine e somiglianza. Non esiste vastità più ampia di un complesso dove vige l’anima del mondo, il cuore pulsante di una storia pressoché infinita che articolò i benefici della vittoria sulle rimesse fondamenta del debole pensiero, corrotto e dunque soffocato.

La storia del Vaticano è la storia del mondo, così come ogni parte del mondo fu tassello nel glorioso disegno evangelicamente imperituro di una conquista delle anime lontane dalla Chiesa e quindi da Dio.

L’eccezionalità delle personalità pontificie legò indissolubilmente la storia dei Musei Vaticani a una collezione d’arte stupefacente, in una varietà di manufatti e opere d’arte rappresentanti le fasi più alte dell’artisticità umana, dai corpi perfetti e atletici della statuaria classica fino alla modernità sorprendente e inquieta dei mentori dell’ideale spesso sofferente dell’arte novecentesca.

Musei Vaticani: la Storia

Ripercorrere la storia dei Musei Vaticani significa ripercorrere i vicoli della Roma rinascimentale, quando il potere si decorò d’illustri ornamenti, colpendo il cuore della cristianità di una rinnovata concezione artistica, generata dalla mente dei precursori di una potenza interpretativa senza eguali, di una ricchezza compositiva distillata di passione e sottomissione, di un totale asservimento vincolato alla consapevolezza di una somma missione ordinata e intensissimamente voluta dal vicario di Cristo in terra.

L’ispirazione nacque dalle contorte spire del gruppo scultoreo del “Laocoonte” (I secolo a.C.), per giungere, infine, alla genesi del nucleo primitivo della collezione intrapresa da papa Giulio II (1443 – 1513), che non solo gettò le basi di un complesso museale di un’assoluta importanza, ma la cui prima formazione influenzò in maniera consistente il percorso artistico e la mente sensibile ed estremamente ricettiva dei grandi protagonisti del panorama rinascimentale italiano, come nel caso di Michelangelo Buonarroti (1475 – 1564), che seppe fare del “Torso del Belvedere” (I secolo a.C.) l’anima di una propria poetica, e i cui risvolti riecheggiano tra i corpi nudi e mascolinamente torniti dei personaggi che popolano la volta della Cappella Sistina.

La volta della Cappella Sistina
Musei Vaticani: la volta della Cappella Sistina

Il 1508 coincide con l’incipit di una grandiosa e maestosa volontà collezionistica, sacra al valore dell’umano apprezzamento e allo strumento dell’arte quale mezzo per raggiungere Dio, dunque l’anima del mondo.

Quando Giulio II, Giuliano della Rovere, nell’ampio respiro di un mecenatismo illustre e fortemente classicista, acquistò il mitologico gruppo scultoreo urlante di orrore e ritraente, nelle solide forme di un marmo ammirevole, l’inganno della sorte brutale toccata al sacerdote troiano, qualcosa nella storia variò, cambiando gli attesi destini dello “Status Civitatis Vaticanæ”.

“[…] Egli, com’era
D’atro sangue, di bava e di veleno
Le bende e ‘l volto asperso, i tristi nodi
Disgroppar con le man tentava indarno,
E d’orribili strida il ciel feriva;
Qual mugghia il toro allor che dagli altari
Sorge ferito, se del maglio appieno
Non cade il colpo, ed ei lo sbatte e fugge.”

(Virgilio, Eneide, Libro II, 370 – 377)

Il classicismo della virgiliana figura morente del “Laocoonte” trova in sé il motivo chiave di una collezione, quella classica, che fece della sua esistenza la giustificazione di quell’impero, un tempo romano e fecondo di conquiste, che proseguì passando dalle contuse mani di Lucius Aemilius Paullus (229 a.C. – 160 a.C.) e Flavio Valerio Aurelio Costantino (306 – 307) alle ingemmate dita di Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici, 1475 – 1521) e Paolo III (Alessandro Farnese, 1468 – 1549), verso la fatalità benedetta e gloriosamente sacra di un “Imperium sine fine”, ovvero di un impero prepotentemente consacrato alla Chiesa Cattolica, nella pagana citazione dell'”His ego nec metas rerum nec tempora pono: imperium sine fine dedi” di Publio Virgilio Marone (70 a.C. – 19 a.C.).

Un ideale sommo, celestialmente guidato nella riuscita di un’opera suprema di materializzare dell’antico binomio che lega la creazione a Dio, nell’esatta corrispondenza dell’uomo capace di creare e trasformare la materia, infondendo in essa la scintilla dell’umana vitalità, come l’assoluta potenza che colma la breve distanza che separa l’indice di Dio da quella di Adamo, negli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina.

Il potere incontrò il prestigioso volto dell’arte rinascimentale nei sublimi ambienti vaticani, portando a compimento il magniloquente incontro, in molti casi agonistico, tra Raffaello Sanzio (1423 – 1520) e Michelangelo Buonarroti.

La fervente contesa che spesso animava gli artisti, volgeva altrettanto frequentemente l’indomita indole ai danni dei giudizi estranei alla volontà personale.

Come nel caso di Michelangelo che con riluttanza accoglieva le opinioni altrui, atteggiamento che palesò nella laconica risposta data al drammaturgo e poeta Pietro Aretino quando questi dispensò alcune indicazioni attinenti la realizzazione del “Giudizio Universale“:

[…] Sommi molto rallegrato per venire da voi, che sete unico di virtù al mondo, et anche mi sono assai doluto, però che, avendo compìto gran parte de l’historia, non posso mettere in opra la vostra imaginazione, la quale è sì fatta, che se il dì del giudicio fusse stato, et voi l’aveste veduto in presenzia, le parole vostre non lo figurarebbono meglio […].

I Musei Vaticani si configurano, dunque, non solo come indiscussi custodi del sublime operato umano, ma come frangente entro cui si sviluppò la sofferenza, l’indocile passione, il sentimento artistico che mosse gli ingranaggi dell’illustre “intelligentia“, nelle afflizioni estenuanti di capolavori d’immensa portata; le illustri esternazioni del genio artistico amalgamavano il colore al sudore della fatica, l’estetica perfezione delle forme all’inguaribile indebolimento fisico, liberando e trasformando ogni mera rinuncia materiale in un supremo capolavoro artistico, in un’evidente elevazione spirituale facilmente deducibile da alcuni dei versi del Buonarroti, che ritraggono, lo stesso, ormai piegato dagli sconfinati sforzi rivolti alla realizzazione degli affreschi della volta della Cappella Sistina:

Dinanzi mi s’allunga la corteccia,
e per piegarsi adietro si ragroppa,
e tendomi com’arco soriano
Però fallace e strano
surge il iudizio che la mente porta,
ché mal si tra’ per cerboctana torta.

(M. Buonarroti, Le Rime, 12 – 17)

Le evoluzioni

L’origine delle collezioni vaticane sbocciò esuberante dal marmoreo “Cortile delle statue“, oggi “Cortile Ottagonale“, per evolversi sovente in quel patrimonio artistico che riempì di magnificenza i lussuosi saloni vaticani, portando alla nascita di nuovi spazi espositivi e dunque museali.

Nel corso del XVIII secolo fu fondato il primo nucleo del “Museo Pio – Clementino” per l’opera culturalmente e artisticamente feconda di Clemente XIV (Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli, 1705 – 1774) e Pio VI (Giannangelo Braschi, 1717 – 1799), mentre nel secolo successivo, con Pio VII (Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, 1742 – 1823) furono fortemente ampliate le raccolte di antichità classiche e la collezione epigrafica, ospitata nella “Galleria lapidaria” (XVIII secolo).

Con Gregorio XVI (Bartolomeo Alberto Cappellari, 1765 – 1846) si aprirono le porte del “Museo Gregoriano Etrusco” (1828) e del “Museo Gregoriano Egizio” (1839), con i reperti provenienti dagli scavi dell’Etruria meridionale e alcuni artefatti nativi del “Museo Capitolino e Vaticano”.

Nel 1844 fu inaugurato il “Museo Lateranense”, luogo espositivo che vanta la presenza di statue, mosaici, bassorilievi di età romana, i quali non trovarono posto nei palazzi vaticani.
Sotto il pontificato di San Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, 1835 – 1914) fu inaugurato il “Lapidario Ebraico” (1910), sezione ospitante 137 iscrizioni degli antichi cimiteri ebraici di Roma.

I Musei Vaticani si figurano come un contesto espositivo diffuso, in altre parole scandito in una moltitudine di spazi dislocati in varie edifici o ambiti museali; nel limite di una sintesi esaustiva è risulta necessario ricordare la “Galleria degli Arazzi” (1838), la “Galleria delle carte geografiche” (1580) voluta da Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1502 – 1585) e restaurata da Urbano VIII (Maffeo Vincenzo Barberini, 1568 – 1644), la “Sala Sobieski”, la “Sala dell’Immacolata Concezione” (1854), la “Loggia di Raffaello” (1517 – 1519), le “Stanze di Raffaello” (1508 – 1524), la “Cappella di Beato Angelico” (“Cappella Niccolina”, 1447) voluta da Niccolò V (Tomaso Parentucelli, 1397 – 1455), la “Cappella Sistina” (1483), gli “Appartamenti Borgia” (1492), la “Pinacoteca Vaticana” (1932) e il “Museo Missionario Etnologico” (1926).

Il 1973 fu l’anno della nascita della collezione d’arte religiosa moderna e contemporanea e quella del “Museo Storico”, ospitante una serie iconografica dei papi nonché i cimeli dei corpi militari soppressi.

La collezione

I Musei Vaticani, vigilanti di un’arte sacra e al contempo contemporanea, riempirono quell’infausta frattura che per secoli aveva emarginato la sacralità dalla modernità, in un concetto che induceva a escludere dalle collezioni vaticane i maggiori esemplari di arte moderna, in una comprensione di una religiosità nuova, sofferta e ricercata, come nella “Pietà” (1889) di Van Gogh, e fortemente discussa nel “Crocifisso” (1954) di Salvador Dalì.

Un’arte moderna che rimanda ai miti del Rinascimento, un’arte rinascimentale che richiama il forte classicismo della statuaria greco – romana, in un’avanzante e galoppante schiera dei più assoluti e universalmente riconosciuti capolavori antichi; è il caso di citare l'”Atena e Marsia” (450 a.C.) di Da Mirone, l’ “Amazzone Mattei” (V secolo a.C.) di Fidia, “Afrodite Cnidia” (360 a.C.) di Prassitele, l’ “Apollo del Belvedere” (350 a.C.) di Leocares, la “Statua colossale di Claudio” (47 d.C.), l’ “Augusto di Prima Porta”, l’ “Apoxyómenos” (330 -320 a.C.) di Lisippo, il “Gruppo del Laocoonte” (I secolo d.C.), gli “Affreschi dell’Odissea dalla casa di via Graziosa” (I secolo a.C.), la “Base dei Vicomagistri” (20 – 40 d.C.), la “Colonna Antonina” (161 – 162 d.C.), il “Sarcofago di Costantina” (340), il “Sarcofago dogmatico” (320 – 340), il “Ritratto del decennale di Traiano” (108 d.C.) e il “Ritratto di Filippo l’Arabo” (244 d.C.).

Il mondo classico sfuma lentamente le brillanti superfici pallide e pagane dei marmi ellenici nella complessità dell’arte medievale che, nel terreno fertile di una venerazione religiosa al limite della faziosità, vide l’investitura di un’arte splendida, narrata dai capolavori vaticani dell'”Evangeliario di Lorsch” (“Codex Aureus di Lorsch”, 778 – 820), dal “Polittico Stefaneschi” (1320) di Giotto, l'”Annunciazione” (1423 – 1425) di Gentile da Fabriano e dai cinque scomparti della predella del “Polittico Quaratesi” (1425).

Nati nel cuore del Rinascimento, i Musei Vaticani godettero del privilegio di artisti contemporanei celebri, che seppero fare dell’arte lo strumento di un potere religioso in progredente crescita, serbando ed esibendo la maestosità di un periodo glorioso attraverso un rinnovamento ideale e materiale che si espresse attraverso gli arazzi della Cappella Sistina di Raffaello, la predella della “Pala di Perugia” (1438) di Beato Angelico, l'”Incoronazione Marsuppini” (1460) di Filippo Lippi, il “San Girolamo” (1480) di Leonardo da Vinci e la “Pietà di Pesaro” (1471-1483) di Giovanni Bellini.

Nel complesso progresso artistico che unì gli uomini al supremo ideale che è l’arte, nell’ottica di uno strumento che cova in sé uno spirito capace di comprendere ogni epoca, si giunge all’illusoria fine di un percorso, nei vasti meandri dell’arte moderna e infine contemporanea, con la “Deposizione” (1602 – 1604) di Caravaggio, il “Martirio di sant’Erasmo” (1628) di Nicolas Poussin, il “Perseo trionfante” di Antonio Canova (1797 – 1801) e le potenti e irrequiete opere sopracitate di Salvator Dalì e Van Gogh.

Perseo trionfante - Scultura di Canova
Perseo trionfante: Perseo tiene con la mano la testa di Medusa (Scultura di Canova)

Note Bibliografiche
C. Rendina, I papi. Da San Pietro a Papa Francesco. Storia e segreti, Newton Compton Editori, Roma, 2013
M. Buonarroti, S. Fanelli (curatore), Rime, Garzanti, Milano, 2006
T. Filippo, La passione dell’error mio. Il carteggio di Michelangelo. Lettere scelte 1532-1564, Fazi, Roma, 2002

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Museo d’Orsay https://cultura.biografieonline.it/museo-d-orsay/ https://cultura.biografieonline.it/museo-d-orsay/#comments Tue, 01 Mar 2016 11:04:34 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16893 Il Museo d’Orsay vanta una storia decisamente metamorfica, permeata e modellata dagli accadimenti del passato. Come nel caso di molti altri illustri musei europei, la nascita della galleria non avvenne secondo un originale progetto di costruzione, ma la funzionalità museale fu integrata circa un secolo dopo. Nel corso dei decenni, nel continuo rischio della demolizione, il museo d’Orsay assunse profili diversi, resistendo alle brutalità della guerra civile e della Prima Guerra Mondiale. Tra i marmi bianchi e l’eleganza di un’ampia vetrata, si snoda una collezione vasta, in una collocazione cronologica che si estende dal 1848 al 1914.

Museo d'Orsay - Musee d'Orsay
Parigi, Museo d’Orsay: veduta aerea con la Senna e la Tour Eiffel sullo sfondo

La storia: il palazzo d’Orsay

Nel XVIII secolo, l’antica area attualmente occupata dal Musée d’Orsay, era sovrastata dalla caserma della cavalleria e dal vecchio Palazzo d’Orsay che, edificato tra 1810 e il 1838, fu progettato dagli architetti francesi Jean Charles Bonnard (1765-1818) e Jacques Lacornée (1779-1856); l’antico palazzo divenne sede del Consiglio dei Ministri e della Corte dei Conti nel 1840.

Quando nel marzo del 1871 s’insediò a Parigi il governo democratico – socialista, l’antico quartiere di rue de Lille fu dato alle fiamme insieme all’imponente Palazzo d’Orsay:

«Il grande incendio, il più enorme, il più terribile, il grande edificio in pietra, i due piani del portico, vomitavano fiamme. I quattro edifici che circondavano il grande cortile, presero fuoco in una sola volta; e, qui, l’olio, versato interamente a tonnellate sulle quattro scale, ai quattro angoli, si era diffuso, riversando lungo i passaggi dei torrenti infernali.»

Émile Zola, La debacle, Bibebook, p. 500

Le mura segnate e annerite dagli incendi testimoniarono, fino alla fine del secolo, gli orrori perpetrati dalla guerra civile.

Da palazzo a stazione

In occasione dell’Esposizione Universale prevista a Parigi nel 1900, il governo francese cedette il terreno dell’ormai dismesso Palazzo d’Orsay alla Compagnia Ferroviaria di Orleans, il cui obiettivo era di costruire una stazione più centralizzata rispetto a quella di Austerlitz. La progettazione richiedeva necessariamente un attento innesto tra un tessuto urbano particolarmente prestigioso, legato alla vicinanza con il Musée du Louvre e il palazzo della Legione d’Onore, e la costruzione di una stazione ferroviaria che doveva ben armonizzare con il contesto particolarmente distinto.

Nel 1897 la Compagnia Ferroviaria di Orleans interpellò tre degli architetti più conosciuti e celebri dell’epoca: Lucien Magne (1849-1916), Henri Jean Émile Bénard (1844-1929) e Victor Laloux (1850-1937). A un anno dalla collaborazione con i tre architetti, la Compagnia approvò il progetto realizzato da Victor Laloux.

Alla costruzione della stazione si accostò la realizzazione di un albergo di lusso, quale snodo fondamentale per una classe aristocratica di viaggiatori, celebri e non, che sceglievano il fastoso hotel francese non solo come luogo per il pernottamento, ma come spazio adeguato allo svolgimento di assemblee e ricevimenti. La stazione e l’hotel furono realizzati in solo due anni e inaugurati per l’apertura dell’Exposition de Paris del 1900. L’hotel svolse un ruolo di primo piano nelle storiche vicende parigine, ospitando la conferenza stampa in cui il generale de Gaulle annunciò il ritorno al potere. Chiuse i battenti nel 1973.

L’avanguardismo di Victor Laloux

L’architetto Victor Laloux espresse, attraverso la costruzione della stazione d’Orsay, un grado eccelso di modernità e avanguardismo. Dal punto di vista di un’esposizione che avrebbe accompagnato la nascita de nuovo secolo, Laloux, combinò l’utilizzo di forme nuove, l’accostamento dei materiali trionfanti dell’era industriale con la modernità di una tecnologia sbocciante, quest’ultima manifestata dalla presenza di montacarichi per i bagagli e di ascensori per i viaggiatori.

Da stazione a museo

La stazione d’Orsay si tramutò nei secoli in un centro di spedizione dei pacchi per i detenuti durante la guerra, accolse i prigionieri nel periodo della Liberazione, divenne sede stabile della compagnia teatrale Renaud Barrault e durante la ricostruzione, nel 1974, diventò la residenza della celebre casa d’aste Drouot.

L’idea di convertire lo stabile in un ambiente museale emerse solo nel 1973, con l’intento di esibire i capolavori artistici del XIX secolo. Il 20 ottobre 1977, su iniziativa del presidente della Repubblica francese Valéry Giscard d’Estaing, fu ufficializzato il progetto, il quale si concluse con la classificazione a monumento storico nel 1978 e l’inaugurazione dello stesso, nel 1986, per mano di François Mitterrand.

Il primo concorso internazionale per la ristrutturazione del museo venne bandito nel 1979 e fu vinto dal progetto del gruppo francese «ACT Architecture» degli architetti Renaud Bardon, Pierre Colboc e Jean-Paul Philippon, i quali s’interessarono al consolidamento delle strutture e alla ridistribuzione degli spazi e delle funzioni. Con il secondo concorso del settembre del 1980, il progetto fu affidato all’architetta italiana Gae Aulenti, pianificazione che si espletò nella programmazione architettonica degli interni e l’allestimento museografico.

“Nel progetto per la trasformazione in museo l’Aulenti e il suo gruppo si pongono, come primo obiettivo, quello di non sovrapporre la propria architettura a quella originaria ma, al contrario, di interagire con quella, facendo scaturire le nuove soluzioni progettuali direttamente dalla conformazione degli spazi primitivi. Anche nell’uso dei materiali e nello studio dell’illuminazione il tentativo è di stabilire nuove relazioni con le strutture preesistenti. Di conseguenza, il risultato finale dell’intervento – pur apparendo perfettamente distinto e autonomo rispetto al contenitore architettonico di Laloux – si armonizza con esso sfruttandone a fondo, anche se in chiave diversa, tutte le potenzialità.” (ZANICHELLI).

Una scelta progettuale di questa portata consentì un allestimento tale da creare una serie diversificata di percorsi espositivi, sia in piano sia nello spazio, attraverso un utilizzo congeniale delle scale interne, una predisposizione architettonica di grande valore pratico, il quale permise di accedere ai diversi livelli, sfruttando, di fatto, lo spazio che sarebbe rimasto inutilizzato nel caso dell’originaria conformazione ferroviaria.

Museo d'Orsay - interno
Una foto dell’interno del museo d’Orsay: si può notare l’originaria conformazione dell’ambiente ferroviario

Il recupero degli spazi tramite la costruzione dei vari livelli consentì l’aumento delle aree espositive, la creazione di settori d’allestimento diversificati (pittura, scultura, architettura, arti decorative), la realizzazione di un preciso percorso cronologico (Romanticismo, Impressionismo, Art Nouveau, etc.) e infine donò al visitatore l’opportunità di apprezzare i molteplici dettagli degli stucchi e delle vetrate della navata centrale, particolari impossibili da osservare a grande distanza.

La presenza di ascensori e scale mobili permette di poter visitare il museo d’Orsay in ogni direzione, percorrendo tutti i livelli della struttura; il museo è dotato di una biblioteca, di un centro di documentazione audiovisiva e di due ristoranti, entrambi affacciati sui tetti di Parigi.

Monet - Ninfee blu - Blue water lilies - Nympheas bleus - 1916-1919
Ninfee blu” (Blue water lilies – Nympheas bleus, 1916-1919), conservato presso il museo d’Orsay, è uno dei quadri più famosi di Monet, ed è uno dei più riprodotti.

La collezione del museo d’Orsay

La collezione del museo d’Orsay rientra in uno specifico frangente storico, con un allestimento delle sale espositive secondo le principali tendenze artistiche del XIX secolo.

Tra i maggiori capolavori custoditi nel museo: i “Bagnanti” di Paul Cézanne (1839-1906), “La classe di danza” di Edgar Degas (1834-1917), le “Due donne Tahitiane” di Paul Gauguin (1848-1903), la “Colazione sull’erba” di Manet (1832-1883), “Lusso, calma e voluttà” di Matisse (1869-1954), la “Primavera” di Jean-François Millet (1814-1874), “La Gare Saint-Lazare” di Monet (1840-1926), “Ballo al moulin de la Galette” di Pierre-Auguste Renoir (1841-1919), “L’incantatrice di serpenti” di Henri Rousseau (1844-1910), “Il circo” di Georges Seurat (1859-1891), “Port de La Rochelle” di Paul Signac (1863-1935), “La chiesa di Auvers” di Vincent van Gogh (1853-1890).

Sitografia
Historie du Musée, HTML, http://www.musee-orsay.fr/ [Accesso: 24/02/2016]
Itinerari Museali Zanichelli, PDF, http://online.scuola.zanichelli.it/ilcriccoditeodoro/files/2012/10/it-museali34.pdf [Accesso: 24/02/2016]

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Louvre. Storia del museo del Louvre https://cultura.biografieonline.it/louvre/ https://cultura.biografieonline.it/louvre/#comments Thu, 25 Feb 2016 09:44:09 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16790 Mausoleo del culto vivo dell’arte, il Louvre racconta l’anima del mondo a chi decide di percorrere i suoi immensi saloni che, metro dopo metro, espongono il visitatore a un sentimento artistico vecchio di migliaia di anni, ma al contempo nuovo e immortale.
In un perenne viaggio temporale, il museo, consente di apprezzare il meglio del genio umano e la grandezza dei suoi ideatori, in un itinerario che connette epoche e artisti e che non tralascia il forte legame che unisce la storia del museo alla storia di Francia: dal XVI secolo in poi la missione di ampliamento del museo parigino non si è mai conclusa, i suoi tesori si sono ampliati e le tecniche di tutela e conservazione sono state ottimizzate.

Louvre, storia
Una foto recente del Louvre, uno dei musei più famosi del mondo

Una modernità nell’antico e antichità nel moderno, in un continuo dialogo con il mondo, dove il Louvre non si configura solo come un’istituzione immobile e confinata nei perimetri dei propri confini, ma si apre al mondo accogliendo l’esigenza di un’arte mobile e nuova, come nel caso del Louvre Lens e Louvre Abu Dhabi.

Da fortezza a palazzo

Il re capetingio di Francia Filippo Augusto (1165 – 1223), prima di imbarcarsi per la Terza Crociata contro i musulmani, assicurò la supremazia di Parigi edificando una prestigiosa università presso la Sorbona e costruendo una fortezza difensiva fuori la cinta muraria della città. La roccaforte era dotata di un fossato, torri circolari e di un dongione di quindici metri.
Fu per merito di Francesco I di Valois (1494 – 1547) se, nel XVI secolo, la fortezza divenne una residenza reale: i lavori di ricostruzione della rocca furono affidati all’architetto Pierre Lescot (1500/1515 – 1578) e allo scultore Jean Goujon (1510 – 1568).

Il palazzo fu restaurato in una chiave del tutto rinascimentale: gli elementi architettonici classici dell’antica Roma si armonizzavano al gusto moderno delle ampie finestre e degli alti tetti.
Il palazzo fu abitato nel corso del secolo dal re di Francia Enrico II di Valois (1519 -1559) e dalla moglie Caterina de Medici (1519 – 1589) che, nel 1564, fece costruire davanti al palazzo delle Tuileries, un giardino e la famosa tribuna delle cariatidi di Jean Goujon il quale, s’ispirò all’Eretteo dell’acropoli di Atene.

Nel XVI secolo, Enrico IV di Borbone (1553 – 1610), con lo scopo di collegare il palazzo reale ai giardini del Tuileries, annetté al palazzo una “Grande Gallerie”.
“I lavori continuarono sotto Luigi XIII e poi con il Re Sole il quale, benché porti a Versailles la corte e la vita, l’amplia e ne fa sede dell’amministrazione nonché residenza d’obbligo per gran parte della nobiltà domata dopo la Fronda” (Daverio).

«Odio Versailles perché ogni uomo appare insignificante. Amo Parigi perché rende ogni uomo importante.» (Montesquieu)

Con lo spostamento della residenza reale a Versailles, “testimonianza visibile del suo (Luigi XIV) ambizioso progetto assolutista”, il palazzo reale divenne sede delle accademie di scienze, architettura, scultura e pittura, raffigurandosi come un rilevante nucleo artistico.
Il Palais du Luxemburg, voluto da Maria de Medici (1575 – 1642) per il figlio Luigi XIII di Borbone (1601 – 1643), ospitò nel 1723 più di cento delle opere appartenute alle collezioni reali le quali, furono esposte insieme al ciclo di dipinti di Pieter Paul Rubens (1577 – 1640) nella galleria de Medici, fino alla restituzione del palazzo al fratello del re, quando le collezioni furono smantellate.

Nel 1725 fu inaugurato il “Salon Carré”, in cui furono esposti i dipinti appartenenti all’Accademia Reale di pittura e scultura.
In seguito alla rivoluzione francese, il Louvre tornò a ricoprire un posto di primo piano tra l’aristocrazia: nel 1793 le sale del palazzo, incredibilmente arricchite in seguito alle confische napoleoniche, vennero per la prima volta aperte al pubblico.

Da palazzo a museo

Con la morte di Luigi XVI “il Louvre fu inaugurato dallo stesso Robespierre (1758 – 1794) come museo aperto ai citoyens, esattamente un anno dopo la deposizione, il 10 agosto 1793″ (DAVERIO).

Si devono a Charles Claude Flahaut de La Billarderie (1730 – 1809), conte d’Angiviller, ultimo sovrintendente alle fabbriche del re, molti dei rinnovamenti che resero grande il Louvre: riunendo nella Grande Gallerie le collezioni reali divise tra le diverse residenze di Luigi XVI, il conte, badò nel distribuirle ed esporle secondo principi razionali e coerenti.

Robespierre
Maximilien de Robespierre inaugurò il Louvre il 10 agosto 1793

Il 10 agosto del 1793 il Louvre fu inaugurato con il nome di “Musée Français“, il primo museo della Repubblica, dove più di seicento opere furono restituite simbolicamente al popolo.

Il nuovo museo nazionale presentava molti aspetti innovativi: ogni opera era accompagnata da un cartellino indicante il titolo e l’autore, inoltre era possibile avvalersi della guida di un esperto e di un catalogo a basso prezzo.

Nel 1796 il grande afflusso di visitatori rese indispensabile un ampio intervento di restauro della “Grande Gallerie”, condotta che implicò il cambiamento del nome da “Musée Français” a “Musée central des arts“.

Il museo ben presto si arricchì di grandi capolavori europei, molti dei quali requisiti nelle nazioni occupate dall’esercito francese, come ad esempio il “Polittico dell’agnello mistico” di Jan van Eyck (1390 – 1441) a Gand, il “Laocoonte” e l’”Apollo del Belvedere” dalle collezioni papali.

L’entità notevole delle opere costrinse i curatori del museo a riorganizzare l’esposizione.
Dopo il restauro del XIX secolo il museo assunse il nome di “Musée Napoleon“, nel 1802.

Agli inizi del XX secolo fu inaugurato il “Grand Louvre” che, voluto da François Mitterrand, accompagnò l’esecuzione della stimata piramide di vetro di Ming Pei, nel 1989.

Louvre - Piramide
Parigi, Museo del Louvre: la piramide di vetro fu realizzata nel 1989 dall’architetto cinese Ieoh Ming Pei. In anni più recenti ebbe grande visibilità grazie al film di Ron HowardIl codice da Vinci” (2006) tratto dal romanzo best-seller di Dan Brown, in cui la trama ruota intorno al Louvre, alla sua piramide, ai simboli e alle opere d’arte.

Nel 2012 fu inaugurato il dipartimento delle arti islamiche nella “Cour Visconti”, progettata dall’architetto milanese Mario Bellini e dal francese Rudy Ricciotti.

I nuovi Louvre

Il Louvre Lens è una sezione distaccata del museo che, a 200 Km a nord della capitale, rivoluzionò il concetto stesso di esperienza museale con una serie di esposizioni, mai permanenti, di opere appartenenti a periodi differenti.

Un altro esempio interessante di sconfinamento museale è rappresentato dal Louvre Abu Dhabi, realizzato dall’architetto Jean Nouvel, dopo un accordo trentennale tra gli emirati arabi e il governo francese, raccoglie le opere dei principali dodici musei francesi, testimoniando, di fatto, il massimo dialogo tra arte occidentale e orientale.

Dominique Vivant Denon

Dominique Vivant Denon fu il primo direttore del Louvre, e grande diplomatico, illustre scrittore, archeologo, disegnatore e collezionista. La sua carriera diplomatica si svolse sotto la sovranità di Luigi XV e luigi XVI, per questa ragione fu spogliato dei tutti i suoi beni in seguito alla rivoluzione del 1789.

Grazie all’amicizia con Jacques-Louis David (1748 – 1825) riuscì a inserirsi nella corte di Robespierre e a entrare nelle grazie di Giuseppina di Beauharnais (1763 – 1814), che lo presentò a Napoleone (1769 – 1821).

Nel 1798 seguì Bonaparte nella campagna di Egitto, realizzando il celebre reportage conosciuto con il titolo di “Basse et l’haunte Egypte” e contribuendo alla campagna di propaganda a favore dell’imperatore, Vivant, funse da consigliere per la scelta dei capolavori da requisire sui campi di battaglia, obbligando l’inserimento delle opere d’arte nelle clausole dei trattati di pace.

Dominique Vivant Denon prediligeva i “pittori primitivi” come Giotto e Masaccio: il 25 luglio 1814 allestì la prima collezione di “primitivi“, parte della quale fu restituita ai paesi originari, tranne che per il Gran Ducato di Toscana, che in seguito ad un accordo concesse i suoi capolavori al Louvre.

La Gioconda - Monnalisa
La Gioconda – Monnalisa (Leonardo da Vinci) è l’opera-simbolo del Louvre, ed è considerato il quadro più celebre del mondo

La collezione del Louvre

Le antichità orientali costituiscono il primo nucleo di una vasta collezione, raccogliendo tutti quei reperti archeologici provenienti dal vicino e dal Medio Oriente, per un arco di temporale che va dal 10000 a.C. fino all’avvento dell’Islam. La collezione custodisce reperti di altissimo livello, come i rilievi del palazzo di Sargon II di Khorsabad o le decorazioni del palazzo degli Achemenidi di Susa.

Nel 1826 fu creata l’antichissima collezione di antichità egizie che, fornendo un quadro molto completo delle civiltà nilotiche tra il 4000 a.C. fino all’epoca cristiana, preserva molti dei reperti recuperati negli scavi di Abu Roach, Assiut, Bawit, Medamud e di Deir el Medina, insieme alle collezioni Clot, Tyszkiwics, Delaporte, Curtis.

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Sono altrettanto cospicue le antichità greche, etrusche e romane: testimonianze delle prime manifestazioni artistiche del mondo ellenico legato all’ambiente insulare delle Cicladi e di Creta, vantano esemplari come il tesoro di Boscoreale, un insieme di pezzi di argenteria e gioielleria provenienti da una cisterna romana.

La raccolta dei dipinti italiani risale ai tempi di Francesco I che “innamoratosi dell’arte italiana, acquisto opere di Michelangelo e Raffaello e invitò Leonardo e altri artisti a lavorare presso di lui “: oltre alla “Gioconda“, simbolo del museo, è possibile ammirare i capolavori di Giotto, Mantegna, Botticelli, Tiziano, Caravaggio.

La sezione riservata alla pittura francese è ovviamente la più nutrita, con una progressione dei capolavori dalle origini medievali fino a Delacroix.

Dopo la rivoluzione del 1789 fu realizzato il Musée du Luxemburg, il primo vero museo di arte contemporanea; in seguito al crescente numero di dipinti francesi fu creato il Musée d’Orsay, dove, nel 1986, furono trasferite le opere precedenti al 1848.

La pittura europea trova ampio spazio all’interno della collezione, comprendente opere spagnole, fiamminghe, olandesi, tedesche e inglesi, con pittori come Bartolomé Esteban Pérez Murillo (1618 – 1682), Jan Vermeer (1632 – 1675), Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 – 1669), Lucas Cranach (1472 – 1553) e William Turner (1775 – 1851).

Amore e Psiche
Tra le sculture presenti al museo del Louvre, “Amore e Psiche” di Antonio Canova è una delle più celebri ed ammirate

Il dipartimento dedicato alla scultura espone opere che datano dall’epoca medievale fino all’Ottocento, raccogliendo opere d’arte italiana, tedesca e inglese. La scultura italiana ha tra i suoi massimi rappresentanti opere di Donatello (1386 – 1466), Michelangelo Buonarroti (1475 – 1564), Benvenuto Cellini (1500 – 1571), Gian Lorenzo Bernini (1598 – 1680) e Antonio Canova (1757 – 1822). Particolarmente degne di nota sono le sculture dello “Schiavo morente e lo schiavo ribelle” di Michelangelo, la “Ninfa” di Cellini, il “Busto del Cardinale Richelieu” di Bernini e “Amore e Psiche” di Canova.

Il sito ufficiale del museo: louvre.fr

Note Bibliografiche
Philippe Daverio, Louvre, Scala, Firenze, 2016

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La Tate Modern Gallery di Londra https://cultura.biografieonline.it/tate-modern-gallery/ https://cultura.biografieonline.it/tate-modern-gallery/#comments Wed, 15 Apr 2015 09:30:51 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13964 Il 12 maggio 2000 è stata inaugurata a Londra la Tate Modern Gallery, galleria di arte moderna tra le più visitate al mondo. Ogni anno infatti accoglie circa 5 milioni di persone. Il complesso si trova in una struttura particolarissima: una centrale termoelettrica situata sulle rive del Tamigi. La struttura, abbandonata dal 1984 in quando i costi di gestione erano diventati troppo elevati, è stata riconvertita in museo e tutt’oggi ospita sia mostre permanenti che temporanee, quasi tutte gratuite, da qui il segreto del suo successo. Filo rosso delle esposizioni ovviamente l’arte moderna e contemporanea.

Tate Modern Gallery - London
L’edificio della Tate Modern Gallery di Londra visto dall’esterno: l’inconfondibile ciminiera si affaccia sul Tamigi

L’edificio

Il Tate Modern sorge su un sito termoelettrico Bankside Power Station. L’edificio è formato da una ciminiera alta 99 metri ed è stato costruito tra il 1947 e il 1963. Originariamente veniva utilizzato per la produzione di energia ma cadde in disuso negli anni Ottanta quando il prezzo del petrolio si innalzò e i costi superarono le entrate, per questo si decise per la definitiva chiusura nel 1983.

Nel 1995 la Tate Gallery, complesso museale statale, che contava all’epoca ben 3 strutture (Tate Britain, Tate Liverpool, Tate St. Ives), decise di acquistare l’intero sito industriale e riconvertirlo in polo museale. La direzione dei lavori venne affidata allo studio di architetti svizzero Herzog & de Meuron, gli stessi che hanno realizzato l’Allianz Arena di Monaco e lo stadio di Pechino delle Olimpiadi del 2008.

La Tate Modern è stata inaugurata nel maggio del 2000 ed è stato previsto anche un collegamento fluviale tra essa e la Tate Britain, in modo da indirizzare i turisti più facilmente.

Novità del 2012 è stata la piramide di vetro sul lato meridionale, realizzata sempre dallo stesso studio di architetti, che ha incrementato la superficie di molti metri quadrati ed è costata ben 215 milioni di sterline. L’edificio è bellissimo da visitare anche indipendentemente dalle esposizioni al suo interno: le strutture sono state conservate e migliorate per non guastare l’assetto originale.

Le esposizioni

Lo spazio espositivo è stato è diviso in 5 livelli: al secondo e al quarto piano ci sono le esposizioni temporanee, mentre al quinto e al terzo ci sono le esposizioni permanenti, organizzate per linee tematiche. Al terzo piano si trovano due linee tematiche importanti: Poetry and Dream e Material Gestures. La prima è formata da una grande sala centrale e una serie di sale laterali tutte dedicate al Surrealismo ed opere di influenza surrealista. La seconda invece è dedicata ad Espressionismo ed Astrattismo con opere di Claude Monet, Henri Matisse, Tacita Dean, Anish Kapoor, Barnett Newman, Mark Rothko e molti altri.

Il quinto piano ospita invece il tema Energy and Process, che vede come protagonisti l’Arte Povera con alcuni dei suoi più importanti artisti tra cui Alighiero Boetti, Ana Mendieta e Mario Merz. Inoltre è collocato allo stesso piano anche l’altro tema importantissimo: States of Flux. Qui è possibile trovare quadri appartenenti al periodo cubista, futurista, pop art con opere di Picasso, Andy Warhol e del fotografo Eugene Atget.

Tate Modern - Museo
Tate Modern: una foto interna del museo

Altro importante spazio espositivo del museo è la sala delle Turbine, che ospitava i generatori elettrici della centrale ed è una delle più grandi, occupando uno spazio complessivo di 3.400 metri quadri con un’altezza pari a quella di un edificio di sette piani. Viene utilizzata solo tra ottobre e marzo per ospitare delle opere appositamente commissionate ad artisti contemporanei. L’iniziativa fu sponsorizzata da Unilever, multinazionale olandese, e doveva durare solo per i primi 5 anni di vita del museo, ma ha riscosso talmente tanto successo che è stata prorogata fino al 2008.

La disposizione delle opere in ordine tematico è dovuta al fatto che ne mancano alcune di determinati periodi storici. Dal maggio 2006 c’è stato un cambiamento importante: sono stati favoriti i percorsi di alcuni movimenti del XX secolo con l’ampliamento di molte collezioni, in modo da offrire al visitatore uno spaccato ancora migliore sull’arte moderna e contemporanea.

Altri due importanti spazi da menzionare sono: il The Tanks, che si trovano al pianterreno dell’edificio ed erano gli antichi serbatoi di petrolio sotterranei , e il Project Space, una piccola galleria al lato nord dell’edificio 1. Insomma, un museo tutto da visitare e scoprire!

Le opere più importanti

Partendo dal terzo piano, si può visitare prima il settore astrattista, che ospita opere degli anni Cinquanta provenienti sia dall’Europa che dall’America. Tra questi dobbiamo annoverare le opere di Victor Pasmore, padre dell’astrattismo inglese, che elaborò collages con diversi materiali, tra cui plexiglas e tubi di metallo.

Tra gli artisti esposti nel settore Material Gestures dobbiamo annoverare Piet Mondrian, pittore olandese che aderì a movimenti avanguardistici del Novecento. Egli è famoso per aver dipinto quadri molto semplici nella loro apparenza, con quadrati e rettangoli dei colori base quali rosso, blu, giallo, bianco e nero, ma che nascondo una grande complessità di pensiero e chiamati per questo quadri non rappresentativi. In questa zona, in particolare nella sala 7, è possibile ammirare anche alcuni quadri del famoso pittore impressionista francese Claude Monet.

Nella sezione Poetry and dream invece l’attenzione si concentra sui quadri surrealisti di De Chirico nella sala 1 ed altri artisti sempre vicini a questo movimento. Il Surrealismo infatti, partendo dalle idee di Freud, voleva far emergere nella pittura il mondo del subconscio e del sogno, e l’immaginazione che procede senza freni inibitori.

Al quinto piano il settore Energy and Process guarda con interesse a come le forze della natura trasformano i materiali di ogni tipo. Nella sala centrale sono esposte per la maggior parte sculture degli anni Sessanta che non utilizzano più i materiali classici come legno e marmo ma optano per altri di tipo quotidiano, anche organici.

La maggior parte delle opere esposte fanno parte del movimento dell’Arte povera, che privilegiava l’emozione che bisognava suscitare nello spettatore. Tra gli artisti che dobbiamo annoverare e che trova posto al Tate troviamo Michelangelo Pistoletto, la cui Venere degli Stracci rappresenta al meglio la sua creatività ed è proprio qui esposta.

Venere degli stracci - Michelangelo Pistoletto
Venere degli stracci (Michelangelo Pistoletto)

Al quinto piano si trova sia la sala dedicata al Cubismo che quella al Futurismo, tutti movimenti d’avanguardia che cercano di rappresentare la realtà moderna del progresso nel miglior modo possibile. Presenti anche opere dell’italiano Umberto Boccioni, uno tra i più importanti esponenti del movimento futurista. Da qui si passa poi alla pop art di Warhol e di Roy Lichtenstein. Al Tate è infatti possibile ammirare il famoso Whaam (1963) che rappresenta in forma fumettistica lo schianto di un aereo ed è diventato un’icona della pop art mondiale. Consigliatissima la visita di questo grande capolavoro.

Da fabbrica abbandonata a polo museale tra i più visti al mondo: questa la trasformazione della Tate Modern Gallery di Londra.

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