Quasi amici – recensione del film

E’ difficile non scivolare nella retorica quando si gira un film su un handicap fisico così devastante come la paraplegia. Eppure i registi di un delizioso film francese, “Quasi amici” (Intouchables, 2011), ci sono riusciti con eleganza e intelligenza. Uscito nelle sale italiane il 24 febbraio 2012, Olivier Nakache ed Éric Toledano hanno realizzato un film leggero e divertente sul rapporto fra Philippe, un aristocratico afflitto da paralisi quasi totale e Driss, un ragazzo di colore pieno di vita e refrattario a qualsiasi regola.

Quasi Amici: poster
Quasi Amici, locandina del film

Philippe, dopo aver avuto diversi assistenti che tratta malamente e con snobismo, incontra Driss che non gliele manda a dire ma che lo tratta in modo più che normale come se fosse uno dei ragazzi del suo quartiere, luogo proletario e nemico delle convenzioni. Driss, infatti, vive fra un sussidio e l’altro in un appartamento pieno di parenti e in un quartiere dove gira più droga che lavoro.

Fra Philippe e lui nasce subito una complicità sana e vitale con la quale vivono giornate divertenti, bizzarre, vitali e ai limiti del consentito: corse in macchina di notte a velocità da ritiro della patente, voli con il delta plano, feste un po’ equivoche e poi la quotidianità con tutti gli ostacoli che Philippe deve affrontare a causa del suo handicap.

Il film ha ottenuto in Francia un successo incredibile incassando cifre  impressionanti e la critica lo ha consacrato come un capolavoro. Non è un film così straordinario ma è una storia raccontata con la giusta miscela di ironia e leggerezza non dimenticando il dramma di Philippe ma riuscendo anche a raccontare la difficile integrazione di Driss ragazzo somalo nato in Africa ma cresciuto in una Parigi multietnica con enormi problemi di integrazione interrazziale.

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Trailer di Quasi amici

E poi c’è l’amicizia, un altro tema molto abusato che in questo film vince la palma dell’originalità perché viene narrata in modo commovente e divertente senza lasciare rivoli di retorica o di patetismo che erano facili da incontrare in un gioco di equilibri non scontati ma che sono sempre precari quando il tema è l’handicap e la differenza di razza. Ma al di là dei temi trattati questo film è un inno alla gioia di vivere e alla voglia di guardare la vita con uno sguardo temerario e distaccato cercando quei momenti preziosi e unici che uniscono le persone oltre ogni divisione e incomprensione.

Gli attori sono straordinari e la loro forza espressiva alza di livello la narrazione affascinando lo spettatore il quale osserva con attenzione, anche nei momenti più difficili, le reazioni dei volti dei due protagonisti facendosi trascinare negli intensi scambi della loro amicizia. Un film da vedere.

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Fulvio Caporale

Fulvio Caporale è nato a Padova e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche svolge la professione di consulente editoriale e pubblicitario. Collabora con case editrici e giornali cartacei e online occupandosi di libri, arte ed eventi culturali. Ha tradotto testi letterari e tecnici dallo spagnolo, dal portoghese, dall'inglese e dal catalano.

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Non mi è piaciuto per niente. Non mi ha fatto piangere ne ridere. L'ho trovato persino irritante…. la scena in cui versa l'acqua bollente sulle gambe del paraplegico dove tutti hanno una reazione tollerante (farebbe ridere quella scena!!!.. io la trovo anti educativa) .. la scena in cui incassa 11 mila euro senza fare una piega (11 mila euro.. li avete visti mai tutti assieme ).. si certo poi è molto probabile che un delinquentello di periferia entri senza nessuna competenza e referenza in casa (casa.. palazzo storico) di un milionario .. no non ci siamo.