Digitale purpurea, poesia di Pascoli

La poesia “Digitale purpurea” è una delle più particolari della produzione di Giovanni Pascoli. La lirica descrive un dialogo tra due compagne di studio in un convento, Maria e Rachele che parlano di un fiore. La pubblicazione avvenne per la prima volta sulla rivista “Il Marzocco” nel 1898. Digitale purpurea venne poi inserita nell’edizione dei Poemetti del 1900.

Digitale Purpurea - poesia
Foto del fiore della digitale purpurea (Digitalis purpurea)

Questa raccolta fu pubblicata per la prima volta nel 1897. La seconda edizione (quella del 1900) venne poi arricchita con molti più testi: quella definitiva fu divisa in Primi Poemetti (1904) e Nuovi Poemetti (1909).

I Poemetti di Pascoli

Pascoli inserisce come epigrafe a questa raccolta due versi del poeta Virgilio: “Paulo maiora” (un po’ più in alto) perché in essa vuole innalzare sia i contenuti che la forma della sua poesia, distaccandosi dall’esperienza della precedente raccolta Myricae, nella quale aveva descritto la poesia delle piccole cose.

I testi di Poemetti sono infatti più ampi, hanno un andamento narrativo e soprattutto sono costituiti da terzine dantesche.

Le tematiche sono sempre simili a quelle di Myricae. Vengono descritte le vicende di una famiglia di contadini che vive nella campagna  di Lucca, in maniera semplice e modesta.

Uno degli intenti della raccolta è la celebrazione della piccola proprietà terriera, in modo da criticare in maniera velata la società industriale che all’epoca stava nascendo

Tra i Poemetti più importanti si ricordano: Italy (che racconta la storia di una famiglia di Lucca emigrata in America), La vertigine (che rappresenta il senso di vuoto dell’uomo moderno) e Digitale purpurea, la poesia che andiamo qui ad analizzare.

Questa poesia è composta da 75 versi, divisi in terzine dantesche con rima ABA-BCB etc. (rima incatenata).  Più che poesia, essa si può definire un poemetto narrativo perché racconta l’incontro tra due amiche che ricordano gli anni trascorsi in un convento.

Il componimento prende nome dal fiore, Digitalis Purpurea, che le due amiche scoprirono proprio in convento. Una delle due protagoniste del dialogo è Maria Pascoli, la sorella di Giovanni Pascoli, l’altra, di nome Rachele, è invece invenzione del poeta.

Leggi: il testo completo di Digitale purpurea.

Digitale purpurea: le tre parti

Il poemetto è diviso dall’autore in tre parti.

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Nella prima parte del componimento, alle ragazze  torna in mente proprio questo fiore, che viene definito strano, triste e fiore di morte. Esse, da fanciulle, avvistarono il fiore nel giardino e ne furono incuriosite. La suora, che a quel tempo le sorvegliava, intimò loro di non avvicinarsi ad esso perché emanava un odore talmente intenso che faceva morire.

Nella seconda parte del poemetto, esse ricordano l’atmosfera del convento, pieno di incenso, dove si potevano sentire sempre le litanie. Le fanciulle erano vestite con abiti candidi e risuonava nel corridoio il suono delle loro voci. Alla fine compare sempre un riferimento al fiore, che viene definito come dita macchiate di sangue.

Nella terza, ed ultima parte, Rachele confessa a Maria di aver sfidato la paura ed essersi avventurata nel giardino per sentire il profumo del fiore. Qui è ormai evidente che il fiore è diventato la metafora della pulsione erotica, che può portare alla perdizione e alla morte.

Analisi della poesia

Il componimento può definirsi pienamente decadente per la sua atmosfera inquieta e sensuale allo stesso tempo. Prevalgono le sensazioni visive ma soprattutto olfattive. Il passato e il presente si alternano continuamente nel discorso, creando un senso di ambiguità.

Dal punto di vista stilistico, sono presenti moltissimi enjambement, quindi i versi vengono spesso frantumati. Si ricorda poi il gioco di allitterazioni già nel primo verso (l’una…l’altra, l’una). Questo viene utilizzato proprio per contrapporre le parole delle due ragazze, e anche il loro modo di affrontare la vita.

Maria, che rappresenta il poeta, resta in disparte e non sente il profumo del fiore. Rachele invece sì, ha il coraggio di lanciarsi nella sfida con l’ignoto, con l’amore e quindi con la vita.

Nel componimento Digitale purpurea, si avverte quanto il rapporto con l’eros fosse complicato per il poeta Giovanni Pascoli. Egli infatti utilizza la metafora del profumo del fiore proprio per indicare la pulsione erotica. Essa, come il fiore, emana un profumo talmente intenso che però porta alla morte.

Questo evidenzia quanto sia stato difficoltoso il modo di avvicinarsi del poeta a questa sfera della vita. Soprattutto quali erano le sue contraddizioni interiori, oggi rilevabili dai suoi componimenti straordinariamente innovativi e moderni.

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Anna D'Agostino

Anna D'Agostino, napoletana di nascita portodanzese d'adozione, laureata in Filologia Moderna e appassionata di scrittura. Ha collaborato con varie testate come giornalista pubblicista, attualmente insegna Lettere in una scuola secondaria di primo grado.

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