Analisi musicale della Tosca di Giacomo Puccini

L’analisi musicale qui presente è stata redatta dal Maestro Pietro Busolini e segue l’articolo sulla genesi, la storia e la trama dell’opera Tosca, di Giacomo Puccini.

Primo Atto

Tosca pucciniana

L’azione come detto nella trama, ha inizio in S.Maria della Valle, tre battute d’introduzione in cui risuonano tre potenti accordi perfetti maggiori – si bem- la bem- mi naturale. Data la caratteristica del dramma, Tosca nel suo primo atto è diviso in tre parti, invece delle due abituali di Puccini, ciascheduna con le sua atmosfera, ed molto varia. In scena lo noteremo per tutto il tempo non ci sono mai più di due dei quattro personaggi principali, che poi son rappresentati uno alla volta in maniera di fotografarli bene e imprimerseli nella mente, il Maestro era Maestro proprio in tutto.

Si incomincia con il tema di Scarpia e si termina la prima parte del primo atto con l’arrivo di Tosca. La scena vien tenuta da Angelotti che con gesti ed atteggiamenti cerca qualcosa, questo suo arrivo è preannunciato dalla successione delle quinte diminuite, il sincopato cromatismo discendente deve, come lo voleva Puccini esprime ansietà e dolore. – Dopo l’accordo fa diesis magg-Il movimento cromatico sincopato, ritorna con tutta la forza iniziale, attenuandosi subito e dando spazio ad una breve sinfonia. Finalmente la chiave è trovata, Angelotti reprime un grido di gioia e la musica erompe sul tema di Scarpia- ff-robusto – pp.

Il sacrestano, unica figura umoristica dell’opera lo interpretiamo con i suoi tic nervosi con una croma in là – dopo due pause cade sul sol, serviranno con leggera inflessione a dipingere la sua figura, allorchè egli canterà il – là – della parola “làva”. Seguendo il sacrestano lo vediamo deporre i pennelli lavati del pittore e salendo sull’impalcato vede il paniere intatto; al primo fa- dell’Angelus il sacrestano si segna – sulla pausa coronata – si inginocchia e comincia a salmodiare sull’Andante religioso, intonando “Et Verbum caro factum est”.

Eccoci all’incontro dei due amanti, che intonano quella romanza resa famosa per le particolari frasi d’amore e che la possiamo annoverare tra le più celebri di Puccini, avendola collocata nel giusto momento del dramma. Essa consiste in quattro diverse sezioni, nella seconda godiamo quasi un a solo di Tosca: “Non la sospiri la nostra casetta“.

Ma al sentimento lirico dominante in tutta la scena, il compositore non permette di interferire nell’azione, che la fa proseguire abilmente, inframezzando dei recitativi . I duetto acquista coerenza in quanto ricorre in maniera cadenzale, il ballabile di Tosca e per – l’ordine delle tonalità delle prime tre sezioni: la bem, re bem, mi bemolle.

Terminato il duetto, l’azione scenica ha una rapidità vertiginosa, si sta arrivando all’apice cioè a momento i ragazzi della cantoria seguiti dai chierici si dànno alla pazza gioia, essi credono che lo scellerato Bonaparte sia stato sconfitto alla battaglia di Marengo, “Sfracellato e piombato a Belzebù” – queste son le grida festose che accompagnano la festa dei sacristi.

Si pregusta anche la gioia d’una serata di gala a Palazzo Farnese, con la partecipazione di Floria Tosca. Si inneggia al Re. Si conclama il “Te Deum ed il Gloria”.
Ora si sta raggiungendo uno dei più potenti effetti drammatici di tutta l’opera, quelle trovate teatrali che Puccini conosceva a meraviglia, la scena vien presa da Scarpia e dai suoi sgherri che avendo seguito le mosse dell’Angelotti. Questo lo si capisce, dal tema triaccordale terminante in scala di – mi maggiore. Scarpia aiutato dai suoi uomini comincia frugare in ogni spazio, in ogni angolo, in ogni cappella, ordinando il Te Deum di ringraziamento per la sconfitta del Bonaparte. Il barone, comincia il suo chieder al sacrestano, intimorendolo e facendolo balbettare e creando un clima di paura non indifferente.

Scarpia entra anche nella cappella Attavanti ed esce furiosamente con il ventaglio rivelatore, questa sua graduale raccolta di particolari incriminanti son trattati da Puccini col suo noto modo ricercato di indagare, tessuto appositamente per dar una valenza drammatica diversa ai vari colori dell’opera. Entra ora in chiesa Tosca che cerca e chiama Mario, quindi assistiamo ad un travolgente duetto con Scarpia, qui il Maestro da un altro saggio della sua abilità nell’insistere di un suggestivo – ostinato -, creando dopo quel magnifico disegno orchestrale di campane che fan sentire la loro melodia prima da sole e, subito dopo a intervalli, insieme all’orchestra che svolge il mistico tema dello scampanìo.

Il ventaglio vien mostrato a Tosca dall’attempato libertino,-una breve pausa coronata – conclude chiudendo le ironiche insinuazioni di Scarpia, il quale osserva con gioia satanica il mutar di espressioni nel bel volto della cantante nel veder le forme del ventaglio con lo stemma della presunta amante. Le considerazioni dianzi per le campane valgono anche per il colpo di cannone annunciante la fuga di Angelotti da Castel S.Angelo, scandendo il ritmo grandioso ogni quattro battute. Orchestra e organo svolgono a contrappunto il duplice motivo, cui se ne aggiunge uno accidentale. I coristi intonano il Te Deum, nuove campane ripetono le implacabili terzine. Nel gran finale l’orchestra intona il motivo di Scarpia chiudendo l’atto cosi’ come l’aveva aperto, con un – allargando – e, cala rapidamente il sipario – sulla penultima battuta coronata. Cosi, come lo aveva scritto e come lo voleva puccini.

Secondo Atto

Entriamo, come detto nella trama dell’opera, nella camera e nel salotto di Scarpia al primo piano di Palazzo Farnese, iniziamo due volte con gli accordi di Scarpia. Dobbiamo dire che non molte opere hanno un atto così profondamente impostato sù di una costante e progressiva tensione, diamo atto a Puccini che questo suo avventurarsi fino all’estremo limite del verismo lirico non ha inficiato minimamente il suo spessore di grande, grandissimo compositore, unico nel panorama del melodramma italiano fino alla sua morte, avvenuta nel 1924.

Ognuna delle cinque grandi scene è un progressivo, acuto, grave inasprimento dell’azione, nello scorrere del dramma.
Dalla finestra giunge il suono d’una gavotta suonata nel piano inferiore, dove si festeggia “la presunta vittoria degl’austriaci sui francesi”. Puccini voleva che fosse curata la simultaneità delle due azioni: l’apertura della finestra all’ordine del barone ” Apri ” e l’attacco del flauto interno con l’anacrusica croma di – la alla b. 3- come inizio, della gavotta suonata nel piano sottostante. Puccini escogita di sopraffare il finale della gavotta prendendo lo spunto tematico che scende giù giù, di ottava, dall’acuto al registro grave.

Il dramma continua con Sciarrone, che và a consegnare a Tosca un biglietto del barone. Segue l’aria di Scarpia, che si chiuderà sul motivo a terzine dell’inizio del secondo atto. Contemporaneamente, durante la cantata: “dalla finestra giungono le voci dei coristi e di Tosca”, arriva Cavaradossi che – apre alla seconda scena – la cui pecularietà è data dal fattore che la musica rievoca insieme due mondi diametralmente opposti. Si svolge l’interrogatorio del barone al Cavaliere, pesante e carico di cieca cattiveria – qui Puccini procede su di uno dei temi più pesanti dall’apertura del secondo atto inserendo – flauti nel registro basso ed un pizzicato di contrabbassi.

Terza scena, ingresso di Tosca, vede Mario, corre ad abbracciarlo, egli arriva a comunicarle di tacere su quanto sà circa il rifugio di Angelotti. Scarpia ordina di procedere con il Cavaliere facendolo torturare, l’orchestra segue la scena con un un marcato, pesante, sostenuto. Tosca smarrita cerca invano di capire il perché, di quella furiosa procedura del Capo della Polizia e contemporaneamente Egli inizia il suo mellifluo corteggiamento all’attrice. Scarpia continua anche con estrema cattiveria ad enunciare a Lei tutte le pratiche di tortura usate nel confronti di Mario, sperando in questo modo di convincerla a parlare e a dir tutto quel che sà di Angelotti, ponendo così fine alla tortura del suo Mario. L’orchestra intona un – andante sostenuto – inteso a caratterizzare il crudele e maligno disegno di Scarpia.

Si ode il primo ” Ahimè!…” di Mario, e nell’udirlo Tosca angosciata implora Scarpia di smetterla e Scarpia incassato il mutuo assenso di Lei, ordina a Sciarrone di sciogliere la corda e lo sgherro interroga : “Tutto?” – “Tutto” – ribadisce il maligno. Tosca implorante chiede di vedere l’amato per poterlo aiutatar con qualche frase d’amore, ella ugualmente riesce a mala pena a far giungere le sue parole; mentre Mario non cessa d’implorare: “Taci, Taci!“, l’orchestra accompagna con un – lento grave. A questo punto Scarpia pretende da Tosca la verità, ma dopo il suo ennesimo diniego Scarpia ordina una punizione ancor più cruenta!

Tosca allora si scaglia contro il feroce e malvagio barone. Dall’orchestra si sentono – i ritenuti ed i stringendo – avvicendarsi in progressione, dando alla scena un’effetto drammaticamente impressionante. Scarpia ancora non sufficientemente contento di cotanta efferatezza, ordina a Spoletta di aprire la porta affinchè Tosca oda le grida di dolore ed i laceranti lamenti
L’orchestra accompagna queste parole, vien ripetuta e la ripete, poi si attuisce così si possono udire le grida di Mario, il –p – continua a dar rilievo sonoro alle parole di Mario che non si stanca di raccomandare a Tosca il silenzio nei riguardi di Angelotti.

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Scarpia continua a ordinare agli sgherri di far tacere il torturato, Tosca ancora confusa da quel che ha potuto intravedere e sentire, si siede sul divano distrutta, ma cerca ancora di commuovere Scarpia con una sequenza di – la – che sembrano campane funeree, con voce implorante scende fino al – re -, continuando con un accordo perfetto di – re min – tenuto lungamente, ora si sente ancor un’ altro lunghissimo lamento. Tosca ha un’improvviso scatto e s’alza dal divano rivelando a Scarpia il nascondiglio dell’Angelotti.

All’annuncio di Sciarrone che Mario è svenuto, Tosca chiede a Scarpia di poterlo vedere, Mario aiutato dagli sgherri, viene adagiato a terra e chiede a Tosca se ha parlato, Ella nega, ma in quell’istante Scarpia ordina a Spoletta di andare nel pozzo del giardino. Quest’ordine lo sente anche Mario, che apostrofa Tosca in maniera greve maledicendola. Cavaradossi sente pure la voce di Sciarrore che annunzia a Scarpia la sconfitta del Gen. Melis e quindi la vittoria di Napoleone, e, lancia – largamente –il suo duplice grido di -vittoria – la musica segue in – la diesis – nella ripetizione Puccini, acconsentiva che le – due minime – fossero – coronate -.
La quarta scena è focalizzata sull’odioso ricatto del barone Scarpia.

Essa è drammaticamente e musicalmente espressa da romanze contenenti quel climax di suspance, e di perversa crudeltà che caratterizzà tutta la scena del ricatto.
Tosca chiede a Scarpia in maniera sprezzante: “il prezzo della liberazione di Mario”, Scarpia, sentendo la richiesta, scoppia in una risata satanica, mentre l’orchestra accompagna la passione di Scarpia con – un’ affrettare – rallentare – le tre battute a seguire per tornare a tempo.

Scarpia non contiene piùla sua indecente libidine, l’orchestra lo accompagna con un – affrettare – una terzina di semicrome. Per sfuggirgli Tosca avendo davanti a lei la finestra aperta tenta di gettarsi, ma Scarpia non intende rinunciare a lei, ella vede passar sotto le finestre i condannati che vengono condotti al patibolo, si ode un lugubre rullio di tamburi, tutto questo spaventa Tosca e pensa a Mario, egli rimarrebbe ugualmente prigioniero di Scarpia, quindi, decide di cedere al barone. Tosca con un doloroso ed espressivo cenno di assenso si siede sul divano ed affonda tra i cuscini, Scarpia prima di avvicinarglisi, dà le ultime disposizioni a Spoletta, dicendogli di usare per Caradossi, lo stesso modo, usato con il Conte Palmieri, indi le chiede uscire e chiudere la porta.

La quinta scena è la piu macabra dell’opera, l’estrema tensione è resa attraverso una delle idee pucciniane piùbelle, tragiche, dove troviamo il climax adatto alle scene che verranno. La frase dei dieci battute intonata dai primi violini in sordina sulla quarta corda. Tosca vien da subito spinta all”idea della vendetta e della liberazione. Tosca chiede a Scarpia di vergare il salvacondotto per lei e per la persona che l’accompagnerà. Un nuovo tema, alla ripresa di esso, Tosca si avvicina alla tavola imbandita, con mano tremante, prende il bicchiere colmo di vin di spagna, offertole dal barone, lo accosta alle labbra quasi per inebriarsi, Tosca vuota il bicchiere d’un fiato. Nel rimettere la coppa sul tavolo scorge un coltello accuminato.

E’ all’attacco della b. 5 che la terribile l’idea si associa alla visione dello strumento di morte. Il suo sguardo accomuna morte e libertà dal libertino, alle cui brame Ella sente di non poter cedere. Nei suoi occhi si spegna per un attimo la luce della libertà per quella del terrore, ma con pavida cautela riesce ad imposessarsi del coltello. Ella porta la mano armata dietro la schiena, ma sentendo venir meno le forze, s’appoggia alla tavola. Scarpia le mostra il salvacondotto, e savvicina per farla sua, ma Floria Tosca in un baleno colpisce il malvagio in pieno petto. Quello è il suo bacio.

Accordi violenti ruvidi accompagnano il dialogo e drammatico di Scarpia e di Tosca . Ciò che segue è mimica: ritorno della melodia in fa diesis minore, accompagna Tosca mentre si pulisce le mani, si riassesta i capelli allo specchio, poi esegue la dolente cerimonia delle candele e della croce, orchestra riprende sottovoce i temi di Scarpia e l’amore di Caradossi. Quindi l’atto si chiude introdotto in maniera impercettibile; chiudendo – in minor – con un altro rullo di tamburi in distanza, presagio di tragedia imminente.

Terzo Atto

Commentando i precedenti due atti, tutta azione, comprendiamo Puccini nel trovar una pausa distensiva ed anche un nuova atmosfera in contrapposizione con quella cupa del dramma. L’atto Comincia evocando la gran pace che si sente dal terrazzato d’armi di Castel S.Angelo, l’orchestra comincia con l’antecipazione dell’inno trionfale: proclamato da quattro corni all’unisono, primadell’alzarsi del sipario, poi c’è un arcaico motivo in perfetti accordi paralleli, simboleggiante il mattino, una melanconica ègloga, cantata dal pastorello intento a pascolar gli armenti sotto le mura.. “Io dè sospiri…“, – con la quarta lidia, diesis in mi maggiore – momento dolcissimo del terzo atto, che introduce l’atmosfera autentica del mattutino con le campane di Roma nelle loro varie tonalità, il campanone nella tonalità di – un mi naturale – il grave rintocco accompagna il motivo – largo – che diventerà, dopo il canto d’amore dei violoncelli, Mario canta la famosa romanza – e lucean le stelle-. Su uno sviluppo orchestrale del tema d’amore in -si maggiore -, dopo uno splendente – si minore. Entra Tosca agitatissima salita sul terrazzato non ha la forza di parlare ma agita le braccia con la franchigia liberatrice, mentre Mario piange ancor, dopo il suo disperato addio alla vita.

Nel duetto che segue s’incontrano non pochi brani notevoli, a cominciare dal racconto dell’uccisione di Scarpia con il concitato scatto di Tosca :” Il tuo sangue o il mio amor volea”, sul sincopato orchestrale. Nel racconto come Ella le ha infilato la lama per ucciderlo :”Io infilai quella lama…”, può subire una corona sul – do.

Segue il dolcissimo canto di Mario: “O dolci mani“. I brani del duetto si rincorrono con una facilità espressiva fantastica, unica, . Con l’annuncio della falsa fucilazione, si apre un nuovo tema, andantino moderatamente mosso; l’anticipata gioia della libertà, – là – “al largo dell’azzurro mare“, – andantino sostenuto; poi l’aria di Cavaradossi, con la più tenera commozione: “Amaro sol per te m’era morire, da tè la prende ogni splendore…“, accompagnato da un’orchestra dolcissima, con l’arpa sugli accordi dei legni.

Puccini non poteva crear di più, di meglio in quanto ogni passaggio musicale è colorato appropriatamente all’all’azione che ed allo stato d’animo dei personaggi.
La tessitura, il colore, la tonalità, tutto è legato al momento di gioia intensa, al momento lirico vissuto dai due spasimanti ; seguendo l’orchestra che intona il duetto con una frase all’unisono: “Trionfal, di nova speme l’anima freme…“, è la medesima frase udita all’inizio dell’atto, proposta dai corni – ma con meno enfasi.

L’ora IV fatalmente è arrivata. Si odono quattro colpi di campana – lentamente. Arrivano i soldati, si allineano. Puccini voleva che questo brano musicale, che si riferisce alla fucilazione di Cavaradossi, a questo passaggio di fraseggio musicale Egli aveva assegnato l’indicazione agogica –largo con gravità -, và sempre eseguita con con lo stesso movimento, esasperatamente grave. Per Tosca questa scena è lunghissima e senza risposta, ella si dice che essendo tutta farsa, finirà prestissimo, ma si accorge lentamente che quel demonio di Scarpia ha tradito. Si vede finita; Mario non risponde ai suoi richiami, Spoletta e Sciarrone con gli altri sgherri si stanno avvicinando, Ella capisce, si alza e guadagna gli spalti, urlando loro che ha ammazzato il barone, e nel vulnus del dramma intona drammaticamente: “O Scarpia, avanti a Dio!“, poi si dà la morte gettandosi nel vuoto.

La musica finisce con una perorazione in – mi bemolle minore – di impressionante sonorità, ricordandosi la prima misura dell’ – andante sostenuto – il tutto eseguito in – f f f – con forza e slancio senza – né rallentare – né rubato.

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Stefano Moraschini

Stefano Moraschini lavora sul web dal 1999. Ha fondato Biografieonline.it nel 2003. Legge e scrive su, per, in, tra e fra molti siti, soprattutto i suoi, tra cui questo. Quando non legge e non scrive, nuota, pedala e corre. È degustatore professionale e giudice internazionale di birre. Copywriter e storyteller, aiuta le persone a posizionarsi sul web raccontando la loro storia. Puoi metterti in contatto con lui su Instagram, LinkedIn, Twitter, Facebook.

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